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Discussione: XII Ass. del Sinodo dei Vescovi (2008) ed Esort. apostolica "Verbum Domini" (2010)

  1. #91
    Cronista di CR L'avatar di PaoVac
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    I quattro momenti della lettura meditata e orante

    della Parola di Dio


    Il dinamismo della «lectio divina»

    nucleo della vita spirituale


    di Enzo Bianchi

    "È necessario che l'ascolto della Parola diventi un incontro vitale, nell'antica e sempre valida tradizione della lectio divina che fa cogliere nel testo biblico la Parola viva che interpella, orienta, plasma l'esistenza" (Giovanni Paolo ii, Novo millennio ineunte, 39). La lectio divina è un atto di lettura della Bibbia che diviene ascolto della Parola di Dio. Suo fondamento teologico è la non coincidenza tra Parola di Dio (realtà rivelata pienamente nel Figlio Gesù Cristo) e Scrittura (che contiene la Parola senza esaurirla). Questa "lettura meditata e orante della Parola di Dio" (Giovanni Paolo ii, Pastores dabo vobis, 47), chiamata thèia anàgnosis (lectio divina) da Origene, indica l'applicazione quotidiana alla Scrittura per meditarla, pregarla e metterla in pratica. Finalizzata alla conoscenza di Gesù Cristo (Dei Verbum, 25), essa è una lettura individuale o comunitaria della Scrittura che si svolge, secondo la formulazione di Guigo il Certosino (XII secolo) in quattro momenti: lectio, meditatio, oratio e contemplatio.
    Preceduto dall'invocazione dello Spirito, il primo movimento della lectio divina è la lettura. Si legge la Bibbia nella fede che in essa Dio ci viene incontro ed entra in relazione con noi. La lectio divina si esercita sulla Scrittura e non va confusa con un pio esercizio di lettura spirituale di un'opera di edificazione. Criteri pratici di lettura sono: o la lettura continua di un libro biblico oppure i testi (o il solo Vangelo) della liturgia del giorno. Occorre evitare il dilettantismo di chi sceglie soggettivamente i testi. È bene leggere il testo più volte e non solo con gli occhi, ma ad alta voce, per entrare realmente in quell'ascolto che, in quanto accoglienza di Colui che parla, è già preghiera. Chi fatica a leggere può ricopiare il testo scrivendolo. Chi conosce le lingue in cui la Bibbia è stata scritta troverà giovamento dal ricorso al testo originale. Comunque una buona traduzione, o il confronto con più traduzioni, aiuta a cogliere meglio il senso del testo.
    Per introdurre persone semplici alla lectio divina è bene stabilire una gerarchia di libri da affrontare progressivamente accordando un primato ai vangeli che "tra tutte le Scritture (...) meritatamente eccellono" (Dei Verbum, 18). La struttura del Vangelo secondo Marco, basata su due parti rispondenti alle domande "Chi è Gesù? Come seguirlo?", è un'eccellente iniziazione alla lectio divina.
    La meditazione non è un'autoanalisi psicologizzante: la lectio divina cerca il volto del Signore liberando il credente da atteggiamenti autocentrati. La meditazione è approfondimento del senso della pagina biblica, dunque "studio", sforzo per superare la distanza culturale che ci separa dal testo. Questo momento è importante per rispettare il testo e non "falsificare la Parola di Dio" (Seconda lettera ai Corinzi, 4, 2). Nella meditazione è utile il ricorso alle note della Bibbia, alla consultazione dei passi paralleli, al confronto sinottico se si sta leggendo un vangelo, a una concordanza per allargare il significato del testo e per "leggere la Bibbia con la Bibbia". Anche strumenti come un vocabolario biblico o un commentario esegetico possono essere un valido aiuto per comprendere meglio il testo. Testi patristici ed eucologici possono fornire utili chiavi ermeneutiche. Tuttavia questo momento è finalizzato all'ascolto di una parola rivolta "a me oggi". Il fine non è l'erudizione ma la comunione con il Signore.
    Nella meditazione si fa emergere la punta teologica del testo, il suo messaggio centrale, o comunque un suo aspetto che in quella concreta lectio divina si rivela "parlante". Allora con l'applicazione del testo a sé e di sé al testo inizia il dialogo e l'interazione tra il credente e la parola ascoltata. Il principio espresso dal filologo luterano Johann Albrecht Bengel - te totum applica ad textum, rem totam applica ad te - consente il passaggio alla preghiera.
    Con la preghiera la parola uscita da Dio ritorna a Dio in forma di ringraziamento, lode, supplica, intercessione (Isaia, 55, 10-11). La lectio divina si apre al "colloquio tra Dio e l'uomo" (Dei Verbum, 25) e diviene ingresso nell'alleanza. È lo Spirito che guida questo momento, ma a ispirare la preghiera è anche la Parola di Dio ascoltata: la lectio divina plasma una preghiera non devozionale, ma biblica ed essenziale. "La Parola di Dio cresce con chi la legge" (Gregorio Magno, In Hiezechielem i, 7, 8): se il testo biblico è immutabile, il lettore muta, cresce, e l'assiduità con le Scritture gli fa vivere i passaggi della vita come relazione con il Signore. I modi della oratio sono quelli che lo Spirito suscita: lacrime di gioia o di compunzione; silenzio adorante; intercessione per persone sofferenti evocate dal testo; lode e ringraziamento. A volte si resta nell'aridità e la preghiera non riesce a sgorgare. Allora si tratta di presentare il corpo atono come preghiera muta al Signore. Anche questi momenti concorrono a fare del credente un uomo di ascolto, sensibile alla presenza del Signore e capace di contemplazione.
    Il credente sperimenta la "gioia ineffabile" (Prima lettera di Pietro, 1, 8) dell'inabitazione della presenza del Signore in lui. Bernardo ha parlato di tale esperienza successiva all'ascolto della Parola di Dio nei termini di "visita del Verbo": "Confesso che il Verbo mi ha visitato, e parecchie volte. Sebbene spesso sia entrato in me, io non me ne sono neppure accorto. Sentivo che era presente, ricordo che era venuto; a volte ho potuto presentire la sua visita, ma non sentirla; e neppure sentivo il suo andarsene, poiché di dove sia entrato in me, o dove se ne sia andato lasciandomi di nuovo, e per dove sia entrato o uscito, anche ora confesso di ignorarlo, secondo quanto è detto: "Non sai di dove venga e dove vada"" (Sul Cantico dei Cantici, lxxiv, 5).
    La contemplazione non allude a "visioni" o a esperienze mistiche particolari, ma indica la progressiva conformazione dello sguardo dell'uomo a quello divino; indica l'acquisizione del dono dello Spirito che diviene nell'uomo spirito di ringraziamento e di compassione, di discernimento e di makrothymía. La contemplatio non è un momento in cui bisogna fare qualcosa di particolarmente spirituale, ma è quotidiano allenamento ad assumere lo sguardo di Dio su di noi e sulla realtà, purificazione dello sguardo del cuore che arriva a discernere la terra, il mondo e gli uomini come templum, dimora di Dio.
    La lectio divina plasma un uomo eucaristico, capace di gratitudine e di gratuità, di carità e di discernimento della presenza del Signore nelle diverse situazioni dell'esistenza.
    Iniziata con l'invocazione dello Spirito, la lectio divina sfocia nella contemplazione. Essa tende all'eucaristia, svelando il suo intrinseco legame con la liturgia: "La lectio divina, nella quale la Parola di Dio è letta e meditata per trasformarsi in preghiera, è radicata nella celebrazione liturgica" (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1177).
    Il dinamismo della lectio divina rappresenta il nucleo di tutta quanta la vita spirituale. Alla luce di questo, comprendiamo l'invito pressante di Benedetto XVI a riprendere e a diffondere la pratica della lectio divina per un rinnovamento della vita ecclesiale: "Vorrei soprattutto evocare e raccomandare l'antica tradizione della lectio divina... Questa prassi, se efficacemente promossa, apporterà alla Chiesa - ne sono convinto - una nuova primavera spirituale. La pastorale biblica deve dunque insistere particolarmente sulla lectio divina e incoraggiarla grazie a metodi nuovi, elaborati con cura e al passo con i nostri tempi" (Messaggio rivolto ai partecipanti al Congresso internazionale sulla Sacra Scrittura nella vita della Chiesa, Roma, 14-18 settembre 2005).
    (©L'Osservatore Romano - 25 ottobre 2008)

  2. #92
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    Il facsimile del papiro Bodmer XIV-XV conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana donato dal Papa ai partecipanti all'assemblea sinodale


    Quell'antichissimo manoscritto
    che conferma la tradizione dei vangeli

    Nella serata di venerdì 24 ottobre Papa Benedetto XVI dona a tutti i partecipanti al Sinodo dei vescovi una copia del facsimile di due fogli del papiro Bodmer XIV-XV (P75), il manoscritto più antico dei vangeli di Luca e di Giovanni, trascritto negli ultimi decenni del ii secolo o poco più tardi. Accompagna la riproduzione una premessa del cardinale Archivista e Bibliotecario di Santa Romana Chiesa che pubblichiamo quasi integralmente.


    di Raffaele Farina

    Il Papiro Bodmer XIV-XV (P75) è arrivato nella Biblioteca Apostolica Vaticana il 22 novembre 2006, il giorno dopo essere stato acquistato, ed è stato ufficialmente presentato e donato al Santo Padre Benedetto XVI dal signor Frank J. Hanna iii nel corso dell'udienza del 22 gennaio 2007. Dopo tale acquisizione la Biblioteca Apostolica Vaticana annovera un nuovo gioiello tra i suoi più preziosi tesori.
    Di questo manoscritto eccezionale, in occasione della XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, la Biblioteca Apostolica Vaticana è lieta di presentare ai padri sinodali due pagine significative. Si tratta del Padre Nostro secondo Luca (Luca, 11, 1-4) e del prologo del vangelo secondo Giovanni (Giovanni, 1, 1-18).
    Il contesto in cui appare questo passo è tipicamente lucano. Più di ogni altro scritto del Nuovo Testamento, il vangelo di Luca ama ritrarre Gesù in atteggiamento di preghiera, spesso solitaria (cfr. Luca, 3, 21; 5,16; 6,12; 9,18-28, e così via).
    I discepoli si sentono in qualche modo esclusi e ricordano al Signore che Giovanni il precursore aveva insegnato ai propri discepoli a pregare. Gesù recita allora il Padre nostro. La formulazione tramandata da Luca è diversa da quella, più lunga, del vangelo secondo Matteo (6, 9-13), che è sostanzialmente identica a quella in uso in tutte le liturgie cristiane.
    Matteo e la tradizione liturgica precisano inoltre che il Padre al quale ci si rivolge sta nei cieli, aggiungono la petizione che "la tua volontà si compia, come in cielo così in terra" e si chiudono implorando la protezione del Padre contro le insidie del maligno.
    La differenza più notevole è che, mentre il testo lucano si presenta come una preghiera, in qualche misura, informale, quello di Matteo è decisamente orientato verso la recitazione comunitaria. Da questo fatto sembra potersi dedurre che la formulazione lucana è più arcaica. Invece, il parallelo matteano, in armonia con le preoccupazioni ecclesiali del primo vangelo, sembra avere accolto una formulazione già in uso nelle celebrazioni liturgiche della comunità apostolica.
    Riguardo al Padre Nostro, la testimonianza di P75 è estremamente importante anche sotto il profilo critico. Infatti, la recitazione quotidiana della formula matteana ha indotto spesso, molto spesso, i copisti a correggere il testo lucano per avvicinarlo il più possibile alla formulazione liturgica.
    Il prologo del vangelo secondo Giovanni (1, 1-18) è uno dei passi più noti del Nuovo Testamento, le cui qualità poetiche sono state apprezzate fin dall'antichità cristiana. Al pari dei cosiddetti vangeli dell'infanzia di Matteo e di Luca, il prologo del Vangelo secondo Giovanni si allontana dalla tradizione evangelica più antica, rappresentata dal vangelo di Marco, che inizia direttamente con la testimonianza di Giovanni Battista come premessa al ministero di Gesù.
    Uno dei probabili motivi di queste aggiunte iniziali è che molto presto ci si è resi conto che la presentazione marciana dava adito ad ambiguità sulla natura, e quindi sulla missione di Gesù. Ma mentre Matteo e Luca si accontentano di sottolineare il carattere eccezionale della nascita di Gesù, come avveramento delle promesse anticotestamentarie, Giovanni compie un passo in più e afferma esplicitamente che Gesù ha una relazione unica con Dio cioè che è di natura divina.
    Questa pagina è forse la più importante del papiro, non tanto per il testo che trasmette, ma, piuttosto, per il fatto che è la prima testimonianza manoscritta dell'esistenza di un canone dei quattro vangeli.
    Dal punto di vista testuale, P75 riproduce, tranne qualche variante ortografica, quasi esattamente il testo ricostruito nelle edizioni critiche. Anzi, nonostante il carattere sporadico e irregolare della sua punteggiatura, il suo apporto critico è rilevante là dove conferma l'antichità della lezione - probabilmente originale - che collega sintatticamente i versetti 3b e 4. Si tratta di una variante nota alla tradizione patristica, ma che evidentemente è andata perduta più tardi, quando si è operata la suddivisione del testo in versetti.
    I due passi or ora citati sono soltanto un campione della qualità del testo tramandato da P75 ed evidenziano ancora una volta la cura con la quale la Chiesa ha preservato il tenore originale delle sacre Scritture.
    Afferma infatti il concilio Vaticano II nella Costituzione Dogmatica Dei Verbum sulla Divina Rivelazione: "La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture come ha fatto per il Corpo stesso di Cristo, non mancando mai, soprattutto nella sacra liturgia, di nutrirsi del pane di vita dalla mensa sia della parola di Dio che del Corpo di Cristo, e di porgerlo ai fedeli" (21). Questa interazione tra Parola di Dio e Corpo di Cristo come nutrimento e cibo quotidiano del discepolo di Cristo è tema ricorrente nella tradizione della Chiesa ed è adombrata con evidenza nella scelta fatta di queste due pagine che vengono offerte alla considerazione dei nostri lettori, ma anche nella storia del nostro prezioso manoscritto e sull'uso liturgico che di esso è stato fatto nei primi secoli della sua storia.
    Scelgo tra i testi più significativi della tradizione patristica sulla Parola di Dio come nutrimento dell'anima, un brano di sant'Ambrogio di Milano: "Null'altro fa vivere l'anima razionale, se non la parola che le rivolge Dio. Come infatti il discorso di Dio cresce nell'anima nostra, quando esso viene accolto, capito, ritenuto, così anche cresce la vita dell'anima. E al contrario, come la parola di Dio vien meno nell'anima nostra, così succede che anche la vita dell'anima venga meno. Pertanto, come questa unione dell'anima e del corpo nostri è animata, nutrita e mantenuta dallo spirito vitale, così l'anima nostra è vivificata dalla parola di Dio e dalla grazia spirituale. Perciò dobbiamo cercare in ogni modo - come cosa primaria rispetto a tutto il resto - di radunare in noi le parole di Dio, di accumularle al centro del nostro essere, nei pensieri, nelle preoccupazioni, nelle attenzioni e nei nostri atti, affinché le nostre azioni corrispondano alle parole delle Scritture e il nostro agire non sembri discordare da tutta la serie dei precetti celesti. E possiamo anche noi dire: "La tua parola ci ha infuso la vita" (Salmi, 118, 50)".
    L'assimilazione e la prolungata ruminazione della Parola di Dio porta di conseguenza ad un'adeguata condotta di vita. Significativo a questo proposito il riferimento all'Eucaristia e alla preghiera del Padre nostro nell'esortazione Sacramentum caritatis: "Il mistero dell'Eucaristia ci abilita e ci spinge ad un impegno coraggioso nelle strutture di questo mondo per portarvi quella novità di rapporti che ha nel dono di Dio la sua fonte inesauribile. La preghiera, che ripetiamo in ogni Santa Messa: "Dacci oggi il nostro pane quotidiano", ci obbliga a fare tutto il possibile, in collaborazione con le istituzioni internazionali, statali, private, perché cessi o perlomeno diminuisca nel mondo lo scandalo della fame e della sottoalimentazione di cui soffrono tanti milioni di persone, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo".
    La scelta dei due passi, la cui splendida riproduzione dei rispettivi fogli è dovuta all'editore Testimonio Editorial di Madrid, non è casuale; è, invece, significativa e indovinata. Essa è stata voluta dal donatore del papiro, che al momento della pubblicazione dei Lineamenta della XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, il 25 gennaio 2007, ha subito pensato ad un dono particolare da offrire al Santo Padre e in vista del Sinodo dei Vescovi.



    (©L'Osservatore Romano - 25 ottobre 2008)
    "Vi scongiuro, sosteniamoci in questo cammino" Card.Angelo Scola

  3. #93
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    COMPOSIZIONE DEL XII CONSIGLIO DELLA SEGRETERIA GENERALE DEL SINODO DEI VESCOVI

    In apertura della Ventiduesima Congregazione Generale, il Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, S.E.R. Mons. NIKOLA ETEROVIĆ ha comunicato i nominativi dei 12 Membri eletti del XII Consiglio della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi e i nominativi dei 3 Membri nominati dal Santo Padre:

    - S.Em.R. Card. Francis ARINZE, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti (CITTÀ DEL VATICANO)

    - S.Em.R. Card. Francis Eugene GEORGE, O.M.I., Arcivescovo di Chicago, Presidente della Conferenza Episcopale (STATI UNITI D'AMERICA)

    - S.Em.R. Card. Oscar Andrés RODRÍGUEZ MARADIAGA, S.D.B., Arcivescovo di Tegucigalpa, Presidente della Conferenza Episcopale (HONDURAS)

    - S.Em.R. Card. Peter Kodwo Appiah TURKSON, Arcivescovo di Cape Coast, Presidente dell’Associazione delle Conferenze Episcopali dell’Africa occidentale (A.C.E.A.O.) (GHANA)

    - S.Em.R. Card. Marc OUELLET, P.S.S., Arcivescovo di Québec (CANADA)

    - S.Em.R. Card. Joseph ZEN ZE-KIUN, S.D.B., Vescovo di Hong Kong (CINA)

    - S.Em.R. Card. Odilo Pedro SCHERER, Arcivescovo di São Paulo (BRASILE)

    - S.Em.R. Card. Walter KASPER, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani (CITTÀ DEL VATICANO)

    - S.E.R. Mons. Laurent MONSENGWO PASINYA, Arcivescovo di Kinshasa, Presidente della Conferenza Episcopale (REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO)

    - S.E.R. Mons. Thomas MENAMPARAMPIL, S.D.B., Arcivescovo di Guwahati (INDIA)- S.E.R. Mons. Diarmuid MARTIN, Arcivescovo di Dublin (IRLANDA)

    - S.E.R. Mons. Mark Benedict COLERIDGE, Arcivescovo di Canberra-Goulburn (AUSTRALIA)

    - S.E.R. Mons. Gianfranco RAVASI, Arcivescovo titolare di Villamagna di Proconsolare, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura (CITTÀ DEL VATICANO)

    - S.E.R. Mons. Florentin CRIHĂLMEANU, Vescovo di Cluj-Gherla, Claudiopoli-Armenopoli dei Romeni (ROMANIA)

    - S.E.R. Mons. Luis Antonio G. TAGLE, Vescovo di Imus (FILIPPINE)

    fonte: Bollettino "Synodus Episcoporum" n. 35
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  4. #94
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    Queste le competenze del Consiglio della Segreteria Generale, tratte dall'Ordo Synodi Episcoporum:

    Articolo 13

    Costituzione, compiti e riunioni del Consiglio della Segreteria Generale

    §1. Il Consiglio Ordinario della Segreteria Generale viene costituito alla fine di ogni Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo.

    §2. Esso è formato da quindici Membri, dei quali dodici sono eletti dallo stesso Sinodo, tenuto conto della rappresentanza dei Vescovi sparsi in tutto il mondo, e tre sono designati dal Romano Pontefice.

    §3. L'elezione dei Membri avviene per scrutinio segreto ed ha efficacia giuridica quando, tolti i voti nulli, risulterà a favore la maggioranza assoluta dei votanti, oppure, dopo il primo scrutinio inefficace, al secondo scrutinio la maggioranza relativa. Se i voti fossero in parità si procederà a norma del C.I.C., can. 119, 1°.

    §4. I Vescovi eletti al Consiglio della Segreteria Generale conservano il proprio ufficio fino a quando inizia la nuova Assemblea Generale Ordinaria.

    §5. Spetta al Consiglio della Segreteria Generale collaborare con il Segretario Generale:

    1º nell'esaminare tutte le proposte dei Sinodi dei Vescovi e dei Consigli dei Gerarchi delle Chiese Orientali Cattoliche, delle Conferenze Episcopali, dei Dicasteri della Curia Romana e dell’Unione dei Superiori Generali a riguardo delle questioni da trattare al Sinodo, tenuto conto dell'art. 1, §1, 2º;

    2º nel preparare i lavori da svolgere nella prossima assemblea del Sinodo;

    3º nel dare consigli per l’esecuzione di quanto proposto dal Sinodo e approvato dal Romano Pontefice;

    4º infine nelle altre questioni che il Romano Pontefice gli avrà assegnato.

    §6. I Membri del Consiglio della Segreteria Generale sono convocati dal Segretario Generale due volte l'anno ed inoltre tutte le volte che, a giudizio del Romano Pontefice, sembrerà opportuno.

    §7. Analogamente all’Assemblea Generale Ordinaria, alla fine dell’Assemblea Speciale viene costituito un Consiglio Speciale della Segreteria Generale per un periodo di cinque anni, al cui termine il Romano Pontefice delibera circa la proroga del Consiglio stesso e la conferma o la sostituzione dei suoi Membri.
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  5. #95
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    ELENCO FINALE DELLE PROPOSIZIONI


    In conformità all’Ordo Synodi Episcoporum ( cf. Artt. 15 e 39), l’Elenco Finale delle Proposizioni delle Assemblee Generali Ordinarie del Sinodo dei Vescovi, il cui testo ufficiale è in latino, oggetto di voto personale da parte dei Padri Sinodali, è destinato al Sommo Pontefice, al quale è stato debitamente consegnato. Tale testo per sua natura è riservato e non sarà pubblicato per rispettare il carattere consultivo dell’assise sinodale. Questo testo infatti ha carattere propositivo.

    Per benevola decisione il Sommo Pontefice Benedetto XVI concede in questa occasione che una versione in lingua italiana, provvisoria, ufficiosa e non ufficiale, a cura della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, venga pubblicata nel Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede.

    Al riguardo occore precisare ancora che le Proposizioni sono un momento del lungo processo del Sinodo aperto all’eventuale promulgazione di un documento pontificio. Esso non esaurisce la ricchezza degli apporti dei Lineamenta, dell’Instrumentum laboris, della Disceptatio in aula, della Relatio ante Disceptationem e della Relatio post Disceptationem e del Messaggio (Nuntius). Il lavoro dei Circoli Minori ha consentito l’elaborazione del consenso sinodale, in un clima di intensa comunione episcopale cum Petro e sub Petro attraverso l’ascolto reciproco, anche nella immediatezza della discussione spontanea.

    ELENCO FINALE DELLE PROPOSIZIONI


    Introduzione

    1. Documenti che si presentano al Sommo Pontefice
    2. Dalla Costituzione Dogmatica Dei Verbum al Sinodo
    sulla Parola di Dio

    Prima parte
    La Parola di Dio nella fede della Chiesa

    3. Analogia Verbi Dei
    4. Dimensione dialogica della Rivelazione
    5. Spirito Santo e Parola di Dio
    6. Lettura patristica della Scrittura
    7. Unità tra Parola di Dio ed Eucaristia
    8. Parola di riconciliazione e conversione
    9. Incontro con la Parola nella lettura della Sacra Scrittura
    10. L’Antico Testamento nella Bibbia cristiana
    11. Parola di Dio e carità verso i poveri
    12. Ispirazione e verità della Bibbia
    13. Parola di Dio e Legge naturale

    Seconda parte
    La Parola di Dio nella vita della Chiesa

    14. Parola di Dio e Liturgia
    15. Attualizzazione omiletica e “Direttorio sull’omelia”
    16. Lezionario
    17. Ministero della Parola e donne
    18. Celebrazioni della Parola di Dio
    19. Liturgia delle Ore
    20. Parola di Dio, matrimonio e famiglia
    21. Parola di Dio e piccole comunità
    22. Parola di Dio e lettura orante
    23. Catechesi e Sacra Scrittura
    24. Parola di Dio e vita consacrata
    25. Necessità di due livelli nella ricerca esegetica
    26. Allargare le prospettive dello studio esegetico attuale
    27. Superare il dualismo tra esegesi e teologia
    28. Dialogo tra esegeti, teologi e pastori
    29. Difficoltà della lettura dell’Antico Testamento
    30. Pastorale biblica
    31. Parola di Dio e presbiteri
    32. Formazione dei candidati all’ordine sacro
    33. Formazione biblica dei cristiani
    34. Animazione biblica e giovani
    35. Bibbia e Pastorale della Salute
    36. Sacra Scrittura e unità dei cristiani
    37. Presenza di Sua Santità Bartolomeo I

    Terza parte
    La Parola di Dio nella missione della Chiesa

    38. Compito missionario di tutti i battezzati
    39. Parola di Dio e impegno nel mondo
    40. Parola di Dio e arte liturgica
    41. Parola di Dio e cultura
    42. Bibbia e traduzione
    43. Bibbia e diffusione
    44. Mezzi di comunicazione sociale
    45. Parola di Dio e Congresso mondiale
    46. Lettura credente delle Scritture: storicità e fondamentalismo
    47. Bibbia e fenomeno delle sette
    48. Bibbia e inculturazione
    49. Missio ad gentes
    50. Bibbia e dialogo interreligioso
    51. Terra Santa
    52. Dialogo tra cristiani ed ebrei
    53. Dialogo tra cristiani e musulmani
    54. Dimensioni cosmiche della Parola di Dio e custodia del creato

    Conclusione
    55. Maria Mater Dei et Mater fidei

    fonte: Bollettino "Synonus Episcoporum", n. 37

    Il testo della versione italiana non ufficiale delle Proposizioni è pubblicato qui
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  6. #96
    princeps ecclesiae
    visitatore
    Pubblico un articolo tratto da IncrociNews, nel quale l'Arcivescovo Coccopalmerio viene intervistato su alcuni aspetti dei lavori sinodali.
    Il neretto è dell'autrice.

    Leggiamo la Bibbia tutti i giorni

    È l’auspicio che monsignor Francesco
    Coccopalmerio, presidente del Pontificio
    Consiglio per i testi legislativi, esprime
    alla conclusione del Sinodo dei vescovi
    sulla Parola di Dio a cui ha partecipato






    24/10/2008

    di Rita SALERNO

    È reduce dall’esperienza sul Sinodo, la prima da quando è a capo del dicastero vaticano per i testi legislativi, monsignor Francesco Coccopalmerio. Per tre settimane, con 253 Padri sinodali e a molti laici, divisi tra 41 esperti e 37 uditori, si è immerso nel dibattito su nuovi linguaggi, esegesi e omiletica.

    Come lui stesso tiene a precisare, ha scambiato opinioni ed esperienze e intrecciato conoscenze: «Èstata un’esperienza di comunione fraterna con tanti vescovi provenienti da ogni parte del mondo, ognuno con la sua storia e lingua diversi. Dopo i primi momenti d’incertezza, sono nate grandi amicizie e scambi di esperienze e di propositi. La definirei un’esperienza rilevante e di considerevole arricchimento».

    Giudica positivamente anche la componente femminile presente al Sinodo. Ben 25 tra esperte e uditrici: la più elevata partecipazione femminile nella storia di questa istituzione ecclesiale. «Una presenza significativa - aggiunge -, che ha dato un apporto concreto sia in aula, sia nei circoli minori».

    Tanti i rappresentanti del laicato che monsignor Coccopalmerio ha conosciuto in questa occasione, storica anche per la partecipazione del patriarca ecumenico Bartolomeo I e del rabbino capo di Haifa Cohen. «Una novità assoluta, che sta a significare che la Chiesa desidera sempre più apertura, comunione, presenza - racconta -. Direi che in particolare il Patriarca di Costantinopoli ha lasciato un segno indelebile e ha dato la misura della sua spiritualità e della sua grande fede nei confronti della Sacra Scrittura. Nella Cappella Sistina abbiamo vissuto davvero un momento toccante».

    A dimostrazione che anche la Bibbia può essere strumento di dialogo nel cammino verso l’unità: «Anche se non siamo pienamente uniti sul piano della comunione ecclesiale, lo siamo per quello che riguarda le Scritture e lo diventiamo sempre più per l’amore che ci unisce nei confronti della Bibbia. È da considerare una via privilegiata per arrivare alla piena unità, quando il Signore ce la darà».

    L’ Instrumentum Laboris del Sinodo ha dedicato un capitolo «ai rapporti ecumenici e interreligiosi, senza dimenticare i nessi della Bibbia con coloro che si dichiarano lontani dalla Chiesa o addirittura non credenti». E sappiamo che tra le priorità del Papa c’è proprio il cammino ecumenico...
    La Parola di Dio e la lettura della Sacra Scrittura sono certamente elementi di comunione tra la Chiesa cattolica e le altre Chiese cristiane, perché tutti leggiamo e ascoltiamo la stessa Parola di Dio. È necessario che la Sacra Scrittura sia portata a conoscenza di coloro che non credono o che non sono battezzati. Non si tratta solo della cosiddetta missione ad gentes, cioè rivolta a quei popoli che non hanno ancora la fede cristiana. Ma, al contrario, si tratta di far conoscere la Bibbia a quanti non vanno a messa, oppure che si sono allontanati dalla Chiesa. Non sotto la forma della predicazione, ma per esempio offrendola su un piano culturale, mettendo a disposizione la storia e le sue implicazioni. Mi sembra che, soprattutto a Milano, i Centri culturali parrocchiali fanno molto in questa direzione e da sempre sono molto attenti a questo aspetto.

    Il primato della Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa è stato l’obiettivo di questo Sinodo. Come si presenta la situazione italiana rispetto a quella di altri Paesi europei e in particolare nella diocesi di Milano?
    La situazione italiana è migliore rispetto a tanti Paesi europei. Penso alla diocesi di Milano, che ha avuto per più di vent’anni come arcivescovo il cardinale Martini, che ha impresso un segno forte sul tema Bibbia. Ha insegnato, l’ha predicata, ha voluto fortemente la pratica della Lectio divina. La diocesi di Milano, in questo senso, è privilegiata. Probabilmente ci sono alcune diocesi nel mondo che hanno molto bisogno di sviluppare maggiormente la presenza della Parola di Dio. Mi risulta, infatti, che in alcune regioni non ci sono ancora traduzioni della Bibbia e c’è molto analfabetismo. Molti ancora la conoscono solo perché gli è stata riportata da altri.

    Contro la secolarizzazione - ha detto recentemente Benedetto XVI - c’è solo la Parola di Dio. Ma per rivitalizzarla bastano le settimane bibliche o la Lectio divina?
    È difficile rispondere. Penso che le settimane bibliche e la Lectio divina siano importanti. Probabilmente è necessaria un’azione pastorale capillare che parta dai vescovi e arrivi ai parroci, perché sensibilizzino molto i fedeli sulla pratica della lettura della Parola di Dio.

    Il suo auspicio a conclusione di questo Sinodo?
    Mi auguro che quello che è stato detto al Sinodo e che sarà consegnato al Santo Padre per scaturirne come esortazione post-sinodale possa veramente arrivare a tutti i fedeli, anche a quelli più giovani, con un linguaggio accessibile a tutti, scaldando i cuori e infondendo un grande amore per la Parola di Dio e per la lettura della Sacra Scrittura. Mi piacerebbe proprio che tutti arrivassero a leggere ogni giorno la Sacra Scrittura. È importante che nella nostra preghiera, d’ora in poi, si ascolti quello che il Signore ha da dirci. Il che significa leggere la Sacra Scrittura. Il mio auspicio è che in tutte le liturgie eucaristiche, specialmente in quelle della domenica, la Parola di Dio sia proclamata in modo perfetto. Voglio dire da lettori veramente preparati, in grado di conquistare l’attenzione dei fedeli e capaci di trasmetterla nella sua ricchezza emozionale. Per questo è necessario che siano sempre più qualificati, tenendo contoche a Milano, per esempio, ci sono valide scuole per operatori pastorali. È molto importante che i parroci acquistino questa sensibilità.

  7. #97
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    L'augurio di Benedetto XVI ai padri sinodali

    Camminiamo insieme
    guidati dalla Parola di Dio




    Sabato 25 ottobre - dopo aver partecipato alla ventitreesima congregazione generale durante la quale sono state votate e approvate le Proposizioni - il Papa ha pranzato con i partecipanti al Sinodo dei vescovi, nell'atrio dell'Aula Paolo VI, in Vaticano. Al termine ha salutato i presenti con le parole che pubblichiamo di seguito.


    Cari fratelli nell'Episcopato e nel sacerdozio, cari fratelli e sorelle,
    il Sinodo sta per finire, ma il camminare insieme sotto la guida della Parola di Dio continua. In questo senso, siamo sempre anche in "sinodo", in cammino comune al Signore sotto la guida della Parola di Dio.
    L'Instrumentum laboris aveva parlato della polifonia delle Sacre Scritture. E mi sembra possiamo dire che adesso, nei contributi di questo Sinodo, abbiamo anche sentito una bella polifonia della fede, una sinfonia della fede, con tanti contributi, anche da parte dei delegati fraterni. Così abbiamo realmente sentito la bellezza e la ricchezza della Parola di Dio.
    È stata anche una scuola dell'ascolto. Abbiamo ascoltato gli uni gli altri. È stato un ascolto reciproco. E proprio ascoltandoci gli uni gli altri abbiamo imparato meglio ad ascoltare la Parola di Dio. Abbiamo fatto esperienza di come sia vera la parola di san Gregorio Magno: la Scrittura cresce con chi lalegge. Solo alla luce delle diverse realtà della nostra vita, solo nel confronto con la realtà di ogni giorno, si scoprono le potenzialità, le ricchezze nascoste della Parola di Dio. Vediamo che nel confronto con la realtà si apre in modo nuovo anche il senso della Parola che ci è donata nelle Sacre Scritture.
    Così siamo realmente arricchiti. Abbiamo visto che nessuna meditazione, nessuna riflessione scientifica può da sé tirare fuori da questa Parola di Dio tutti i tesori, tutte le potenzialità che si scoprono solo nella storia di ogni vita.
    Non so se il Sinodo è stato più interessante o edificante. In ogni caso è stato commovente. Siamo arricchiti da questo ascolto reciproco. Nell'ascoltare l'altro, ascoltiamo meglio anche il Signore stesso. E in questo dialogo dell'ascoltare impariamo poi la realtà più profonda, l'obbedienza alla Parola di Dio, la conformazione del nostro pensiero, della nostra volontà al pensiero e alla volontà di Dio. Un'obbedienza che non è attacco alla libertà ma sviluppa tutte le possibilità della nostra libertà.
    Sono arrivato adesso al punto di dover ringraziare tutti quelli che hanno lavorato per il Sinodo. Non oso adesso elencare tutti i singoli che hanno operato, perché dimenticherei certamente molti. Ma ringrazio tutti per il grande lavoro che hanno fatto: i presidenti delegati, il relatore, con il suo segretario aggiunto, tutti i relatori, i collaboratori, i tecnici, gli esperti, gli uditori e le uditrici, dai quali abbiamo imparato cose commoventi. Un cordiale grazie a tutti. Sono un po' inquieto, perché mi sembra che abbiamo violato il diritto umano di alcuni al riposo notturno e anche al riposo della domenica, perché sono realmente diritti fondamentali. Dobbiamo riflettere su come migliorare nei prossimi Sinodi questa situazione. Vorrei dire grazie adesso anche alla ditta che ci ha preparato questo meraviglioso pranzo e a tutti coloro che hanno servito. Grazie per questo dono.
    Adesso dobbiamo cominciare a elaborare il documento postsinodale con l'aiuto di tutti questi testi. Sarà anche questa una scuola di ascolto. In questo senso rimaniamo insieme, ascoltiamo tutte le voci degli altri. E vediamo che solo se l'altro mi legge la Scrittura, io posso entrare nella ricchezza della Scrittura. Abbiamo sempre bisogno di questo dialogo, di ascoltare la Scrittura letta dall'altro nella sua prospettiva, nella sua visione, per imparare insieme la ricchezza di questo dono.
    A tutti auguro adesso un buon viaggio e grazie per tutto il vostro lavoro.



    (©L'Osservatore Romano - 26 ottobre 2008)
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  8. #98
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    Approvato il testo delle proposizioni dei padri sinodali

    Una Parola viva incarnata
    nella missione della Chiesa

    Non è un testo ufficiale quello distribuito in italiano nella Sala stampa della Santa Sede, nel quale sono raccolte le 55 proposizioni approvate sabato mattina, 25 ottobre, dai padri sinodali e che saranno ora rimesse, nella loro lingua originale, il latino, al Papa. "Si tratta solo di un testo - ha spiegato il cardinale Ouellet, relatore generale, ai giornalisti riuniti per la conferenza stampa conclusiva dei lavori sinodali - messo a vostra disposizione per aiutarvi a capire quello che è stato fatto in questi giorni, in modo che possiate informare la gente". Due cose sono comunque certe: "Il testo - ha detto il cardinale - è fedele all'originale; ma sarà l'esortazione apostolica il documento conclusivo ufficiale di questo Sinodo". Un'altra precisazione del cardinale: "Nelle mani del Papa è stato rimesso un materiale ricco e abbondante, ma soprattutto un materiale totalmente condiviso dai padri sinodali, frutto di un lavoro comune e comunitario. Se dovessi definire una caratteristica di questo Sinodo, direi che si è trattato veramente di una delle più belle espressioni della collegialità episcopale, vissuta in uno spirito di perfetta comunione".
    E veniamo alle proposizioni. Nel complesso si può dire che la più grande attenzione sia stata posta sulla necessità di ribadire che nella narrazione della Parola di Dio è Gesù che parla, il Verbo incarnato. Dunque si tratta di una Parola viva, e le Sacre Scritture hanno come punto centrale Gesù che parla. Dunque la scrittura in quanto tale viene messa in secondo piano, poiché si tratta solo della testimonianza scritta della Parola viva. Proprio in considerazione di questa verità - riaffermata contro il pericolo di ogni fondamentalismo "negazione dell'incarnazione" stessa - altra preoccupazione dei padri è stata quella di ribadire che la liturgia è il luogo privilegiato per l'espressione di questa vitalità della Parola. Anzi è stato proposto di rendere ancora più evidente questa valorizzazione della Parola di Dio nel momento liturgico, per esempio con la benedizione del lettore e del libro prima della lettura stessa. E a proposito di lettore è stata ribadita la necessità di garantire una certa formazione di chi legge perché proprio dal modo di leggere e dal come la lettura viene ascoltata si determina la possibilità di capire. La proposizione 17, tra l'altro più volte richiamata in conferenza stampa, auspica l'apertura del ministero del lettorato anche alle donne in modo che sia riconosciuto il loro ruolo di annunciatrici della Parola di Dio. "Si tratta - ha spiegato il cardinale Ouellet - del riconoscimento di una cosa che già avviene. In tantissime chiese le donne ormai leggono le Sacre Scritture. Ammetterle alla formazione significa riconoscerne il ruolo"; il lettorato infatti "nelle norme - ha spiegato il vescovo Filippo Santoro, membro della commissione sinodale per l'informazione - era sino a oggi riservato agli uomini". Dunque è un importante riconoscimento che il Sinodo ha fatto circa il ruolo delle donne nella vita della Chiesa.
    Altra indicazione ricorrente riguarda la valorizzazione della lettura della Bibbia come momento di preghiera. Per questo si è molto insistito sull'interpretazione della lectio divina come lettura orante della Bibbia. Ma proprio perché preghiera, alla lettura deve seguire una coerenza nella vita di chi proclama e medita la Parola di Dio; deve cioè seguire una testimonianza coerente. Ed è richiesta a tutti, sacerdoti e laici, soprattutto a quelli che di questa Parola si fanno missionari nel mondo.
    Sempre riferendosi alla lettura come preghiera, numerose proposizioni si riferiscono al dialogo con le altre religioni, con gli ebrei e con i musulmani in particolare. Per ciò che riguarda il dialogo con gli ebrei, i padri lo ritengono possibile vista la comunanza di alcuni testi. Per ciò che riguarda il confronto con i musulmani lo si giudica necessario per il futuro dell'umanità. "Se si vuole assicurare un futuro di pace - ha detto l'arcivescovo Monsengwo Pasinya, segretario speciale del Sinodo, anch'egli intervenuto alla conferenza stampa - è necessario prendere coscienza della necessità di trovare un serio incontro con loro.
    Nelle proposizioni i padri sono andati anche oltre. Nel senso che hanno ribadito il sì a un dialogo che sia però aperto alla sfera dei diritti umani anche in riferimento alle donne, alla libertà religiosa, alla netta separazione tra ambito politico e ambito religioso.
    L'arcivescovo di Kinshasa ha poi parlato dei riferimenti, nelle proposizioni, al proselitismo delle sette per ribadire l'opinione comune dei padri sinodali che ritengono fondamentale la formazione di quanti sono chiamati a diffondere, senza cedere ad atteggiamenti integralisti, la Parola di Dio.
    Significativa infine la proposizione che richiama la necessità di denunciare le azioni dell'uomo contemporaneo che non rispettano la natura come creazione e la conclusione dedicata a Maria Mater Dei et Mater fidei.
    L'approvazione delle proposizioni è avvenuta durante i lavori della ventitreesima congregazione, alla quale erano presenti 244 padri sinodali; si sono alternati nella lettura in latino delle proposizioni il cardinale Ouellet e monsignor Monsengwo Pasinya. Per tutte con il voto elettronico in aula è stata raggiunta la maggioranza qualificata di 163 voti; le schede personali sono state poi consegnate alla segreteria e sono iniziati subito i lavori della Commissione per il suffragio.
    Chiudendo i lavori il segretario ha comunicato la decisione di Benedetto XVI di concedere in questa occasione che una versione in lingua italiana provvisoria, ufficiosa e non ufficiale, fosse pubblicata nel Bollettino della Sala stampa della Santa Sede.
    Lasciata l'Aula del Sinodo, i Padri hanno raggiunto l'atrio dell'Aula Paolo vi dove si è svolto il pranzo al quale ha partecipato anche il Papa.
    Durante il pranzo l'arcivescovo Eterovic ha dato alcune informazioni a proposito della consegna del Messaggio nelle diverse lingue e della partecipazione alla messa di domenica 26 nella basilica di San Pietro per la chiusura ufficiale del Sinodo. Poi ha fornito alcuni dati sull'andamento dei lavori: "Sono intervenuti 223 padri sinodali; sei hanno dato in scriptis il loro contributo.
    "Gli interventi liberi sono stati 171; 22 le relazioni di vario tipo svolte dai padri, di cui due di circoli minori. Hanno parlato dodici delegati fraterni e hanno preso la parola anche 34 uditori".
    Ha poi preso la parola il cardinale George Pell, arcivescovo di Sydney, uno dei tre presidenti delegati, il quale ha sottolineato il valore del Sinodo come esperienza ormai consolidata nella vita della Chiesa dopo il concilio Vaticano II.
    Il porporato australiano ha messo in evidenza in particolare l'importanza dello stare insieme, dell'ascolto, della condivisione di sofferenze e speranze, rilevando, inoltre, che i lavori sinodali hanno rappresentato un'importante occasione di conoscenza reciproca tra Curia romana e vescovi di tutto il mondo.
    Quanto al tema di questa assemblea, l'arcivescovo di Sydney ha affermato che l'insegnamento conciliare della Dei Verbum sulla Parola di Dio costituisce un dato ormai acquisito. Le controversie e le divisioni - ha assicurato - appartengono al passato. Oggi si può riscontrare un atteggiamento unanime nel riconoscimento di Cristo, della Scrittura e della Tradizione. Così come acquisita è la volontà di un impegno sempre maggiore nel campo ecumenico. A proposito del quale il cardinale ha ricordato lo storico intervento del Patriarca ecumenico Bartolomeo, il primo a prendere la parola dinanzi a un Sinodo dei vescovi cattolici.


    (©L'Osservatore Romano - 26 ottobre 2008)
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  9. #99
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    Conclusi i lavori dell'assemblea

    Il sinodo alla prova

    Questa volta per capire il sinodo ci sarà da studiare. E tutti, ecclesiastici e laici, dovranno farlo. Ma non è tanto il sinodo da capire, quanto piuttosto il suo tema e il ruolo che la Sacra Scrittura ha ricoperto e ricoprirà in futuro all'interno dell'organizzazione e nella missione della Chiesa. Lavorare intorno a questo tema, scontato solo in apparenza, è stato impegnativo, agli inizi anche un po' duro. Capire questa Parola non è facile. La tentazione di prenderla ciascuno a modo proprio è sempre in agguato, anche nella Chiesa.
    Sulla Bibbia a volte si è questionato tra credenti. Altre volte è rimasta ai margini, affogata tra le devozioni particolari, dimenticata negli scaffali, riservata agli specialisti. Scegliendo di farne argomento di un sinodo Benedetto XVI aveva in mente di rilanciare uno dei capisaldi del concilio, racchiuso nella Dei Verbum, una delle costituzioni più importanti del Vaticano II. Nel suo continuo esortare la Chiesa di rimettere Dio al centro dei propri pensieri e della propria azione, non poteva mancare una scelta collegiale - come appunto è un'assemblea sinodale - per dare seguito concreto a questo programma immenso. È stato lo stesso Papa a guidare la svolta di percezione che la lettura della Bibbia richiede alla Chiesa, radicandola cioè nella storia umana con una prospettiva soprannaturale.
    Da subito Papa Ratzinger ha disegnato il contesto dell'assemblea, dipingendo fin dal primo giorno un mondo preoccupato da una crisi finanziaria inattesa e sconvolgente per gli assetti economici finora consolidati che, naturalmente, toccano anche le istituzioni ecclesiastiche. E, poi, l'invito a riporre in Dio e nella sua Parola le basi di fiducia nel presente e per il futuro, perché la Parola di Dio non passa e non va in crisi come le borse e i mercati finanziari. Si tratta di una svolta di prospettiva impegnativa per la pastorale cattolica a ogni livello.
    In un secondo momento Benedetto XVI, in un intervento non programmato, inserendosi nel dibattito, ha chiarito che la Chiesa può fare il salto di qualità per essere riconosciuta da tutti come testimone dell'amore di Dio, solo se comprende e vive la Parola che legge e ascolta. Serve, pertanto, mettere insieme due piani di comprensione, quello scientifico - noto ormai come metodo storico-critico - e quello teologico, che aiuta a leggere la Bibbia con gli occhi della fede. Separando i due momenti di comprensione possono crearsi squilibri - come già è avvenuto - che rendono vana e sterile la stessa predicazione cristiana. È a questo punto che il Papa ha aperto uno scenario imponente: per la vita e la missione della Chiesa, per il futuro della fede, è assolutamente necessario superare il dualismo tra esegesi e teologia, tra teoria e pratica.
    Ecco rivelata l'importanza della posta in gioco. I partecipanti dell'assemblea sinodale se ne sono resi conto gradualmente, fino a stilare un messaggio di vasto respiro e 55 proposizioni operative che attendono ora di confluire in un documento con il quale il Papa renderà pienamente operative per tutta la Chiesa le indicazioni del sinodo. Il messaggio ha cercato in qualche modo di cucire i momenti del dibattito in un afflato spirituale, una grande visione di Dio che ama l'umanità e la sua storia piena di incognite e fatiche quotidiane. Se il messaggio, diversamente da precedenti assemblee, è stato descritto come testo da "studiare, approfondire, presentare", vuol dire che il sinodo ha fatto un bel lavoro e soprattutto ha compiuto un cammino di riscoperta della Sacra Scrittura quale guida della vita della Chiesa.
    Il messaggio lancia poi un obiettivo molto concreto: in ogni casa la sua Bibbia. Traguardo solo in apparenza minimale. Serve a porsi domande sulla Parola di Dio, serve a rendere familiare il libro della Scrittura alle nuove generazioni. Il sinodo si è posto ripetutamente, e con interventi qualificati, l'urgenza di parlare della Sacra Scrittura ai giovani e di irrobustire l'azione pedagogica cristiana sulla Parola di Dio come azione preventiva del successivo sviluppo educativo. È stata una scelta alta. Ci si è aperti al futuro, considerando la difficoltà della pastorale a comunicare nella quale non di rado si trova, specialmente nei Paesi di consolidata tradizione cristiana.
    Il sinodo messo di fronte alla Parola di Dio è stato come una parabola, che Gesù raccontava per rendere semplici insegnamenti difficili. I Padri sinodali si sono trovati nella condizione del profeta Ezechiele, invitato da Dio a mangiare il rotolo della parola del Signore prima di andare ad annunziarla. "Io lo mangiai e fu per la mia bocca dolce come il miele" riferisce il profeta. All'inizio, libro forse un po' indigesto, duro da capire e accogliere. Ogni padre sinodale potrebbe raccontare la sua conversione in proposito.
    È importante che il primo annunzio maturato nelle ultime ore di lavori sinodali sia stato un appello per la giustizia e la pace nelle regioni più sofferenti d'Oriente: Terra Santa, Libano, Iraq, India. Appello firmato insieme dai patriarchi dei Paesi colpiti, dalla presidenza del sinodo, dal segretario di Stato vaticano e dal prefetto della Congregazione per le Chiese orientali. Un segnale di novità che nasce dalla Parola di Dio.
    Il sinodo è stato dottrinale quel tanto che basta e pastorale quel tanto di cui si sentiva il bisogno. Ora comincia il tempo di metterlo alla prova e verificarne la forza di animazione.

    c. d. c.



    (©L'Osservatore Romano - 26 ottobre 2008)
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    CAPPELLA PAPALE PER LA CONCLUSIONE DELLA XII ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA DEL SINODO DEI VESCOVI , 26.10.2008

    OMELIA DEL SANTO PADRE


    Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,

    cari fratelli e sorelle!

    La Parola del Signore, risuonata poc’anzi nel Vangelo, ci ha ricordato che nell’amore si riassume tutta la Legge divina. L’Evangelista Matteo racconta che i farisei, dopo che Gesù ebbe risposto ai sadducei chiudendo loro la bocca, si riunirono per metterlo alla prova (cfr 22,34-35). Uno di questi, un dottore della legge, gli chiese: "Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?" (v. 36). La domanda lascia trasparire la preoccupazione, presente nell’antica tradizione giudaica, di trovare un principio unificatore delle varie formulazioni della volontà di Dio. Era domanda non facile, considerato che nella Legge di Mosè sono contemplati ben 613 precetti e divieti. Come discernere, tra tutti questi, il più grande? Ma Gesù non ha nessuna esitazione, e risponde prontamente: "Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande e primo comandamento" (vv. 37-38). Nella sua risposta, Gesù cita lo Shemà, la preghiera che il pio israelita recita più volte al giorno, soprattutto al mattino e alla sera (cfr Dt 6,4-9; 11,13-21; Nm 15,37-41): la proclamazione dell’amore integro e totale dovuto a Dio, come unico Signore. L’accento è posto sulla totalità di questa dedizione a Dio, elencando le tre facoltà che definiscono l’uomo nelle sue strutture psicologiche profonde: cuore, anima e mente. Il termine mente, diánoia, contiene l’elemento razionale. Dio non è soltanto oggetto dell’amore, dell’impegno, della volontà e del sentimento, ma anche dell’intelletto, che pertanto non va escluso da questo ambito. E’ anzi proprio il nostro pensiero a doversi conformare al pensiero di Dio. Poi, però, Gesù aggiunge qualcosa che, in verità, non era stato richiesto dal dottore della legge: "Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso" (v. 39). L’aspetto sorprendente della risposta di Gesù consiste nel fatto che egli stabilisce una relazione di somiglianza tra il primo e il secondo comandamento, definito anche questa volta con una formula biblica desunta dal codice levitico di santità (cfr Lv 19,18). Ed ecco quindi che nella conclusione del brano i due comandamenti vengono associati nel ruolo di principio cardine sul quale poggia l’intera Rivelazione biblica: "Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti" (v. 40).

    La pagina evangelica sulla quale stiamo meditando pone in luce che essere discepoli di Cristo è mettere in pratica i suoi insegnamenti, che si riassumono nel primo e più grande comandamento della Legge divina, il comandamento dell’amore. Anche la prima Lettura, tratta dal libro dell’Esodo, insiste sul dovere dell’amore; un amore testimoniato concretamente nei rapporti tra le persone: devono essere rapporti di rispetto, di collaborazione, di aiuto generoso. Il prossimo da amare è anche il forestiero, l’orfano, la vedova e l’indigente, quei cittadini cioè che non hanno alcun "difensore". L’autore sacro scende a dettagli particolareggiati, come nel caso dell’oggetto dato in pegno da uno di questi poveri (cfr Es 20,25-26). In tal caso è Dio stesso a farsi garante della situazione di questo prossimo.

    Nella seconda Lettura possiamo vedere una concreta applicazione del sommo comandamento dell’amore in una delle prime comunità cristiane. San Paolo scrive ai Tessalonicesi, lasciando loro capire che, pur avendoli conosciuti da poco, li apprezza e li porta con affetto nel cuore. Per questo egli li addita come un "modello per tutti i credenti della Macedonia e dell’Acaia" (1 Ts 1,6-7). Non mancano certo debolezze e difficoltà in quella comunità fondata di recente, ma è l’amore che tutto supera, tutto rinnova, tutto vince: l’amore di chi, consapevole dei propri limiti, segue docilmente le parole di Cristo, divino Maestro, trasmesse attraverso un suo fedele discepolo. "Voi avete seguito il nostro esempio e quello del Signore – scrive san Paolo – avendo accolto la Parola in mezzo a grandi prove". "Per mezzo vostro – prosegue l’Apostolo - la parola del Signore risuona non soltanto in Macedonia e in Acaia, ma la vostra fede si è diffusa dappertutto" (1 Ts 1,6.8). L’insegnamento che traiamo dall’esperienza dei Tessalonicesi, esperienza che in verità accomuna ogni autentica comunità cristiana, è che l’amore per il prossimo nasce dall’ascolto docile della Parola divina. E’ un amore che accetta anche dure prove per la verità della parola divina e proprio così il vero amore cresce e la verità risplende in tutto il suo fulgore. Quanto è importante allora ascoltare la Parola e incarnarla nell’esistenza personale e comunitaria!

    In questa celebrazione eucaristica, che chiude i lavori sinodali, avvertiamo in maniera singolare il legame che esiste tra l’ascolto amorevole della Parola di Dio e il servizio disinteressato verso i fratelli. Quante volte, nei giorni scorsi, abbiamo sentito esperienze e riflessioni che evidenziano il bisogno oggi emergente di un ascolto più intimo di Dio, di una conoscenza più vera della sua parola di salvezza; di una condivisione più sincera della fede che alla mensa della parola divina si alimenta costantemente! Cari e venerati Fratelli, grazie per il contributo che ciascuno di voi ha offerto all’approfondimento del tema del Sinodo: "La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa". Tutti vi saluto con affetto. Un saluto speciale rivolgo ai Signori Cardinali Presidenti delegati del Sinodo e al Segretario Generale, che ringrazio per la loro costante dedizione. Saluto voi, cari fratelli e sorelle, che siete venuti da ogni continente recando la vostra arricchente esperienza. Tornando a casa, trasmettete a tutti il saluto affettuoso del Vescovo di Roma. Saluto i Delegati Fraterni, gli Esperti, gli Uditori e gli Invitati speciali: i membri della Segreteria Generale del Sinodo, quanti si sono occupati dei rapporti con la stampa. Un pensiero speciale va ai Vescovi della Cina Continentale, che non hanno potuto essere rappresentati in questa assemblea sinodale. Desidero farmi qui interprete, e renderne grazie a Dio, del loro amore per Cristo, della loro comunione con la Chiesa universale e della loro fedeltà al Successore dell’Apostolo Pietro. Essi sono presenti nella nostra preghiera, insieme con tutti i fedeli che sono affidati alle loro cure pastorali. Chiediamo al «Pastore supremo del gregge» (1 Pt 5, 4) di dare ad essi gioia, forza e zelo apostolico per guidare con sapienza e con lungimiranza la comunità cattolica in Cina, a tutti noi così cara.

    Noi tutti, che abbiamo preso parte ai lavori sinodali, portiamo con noi la rinnovata consapevolezza che compito prioritario della Chiesa, all'inizio di questo nuovo millennio, è innanzitutto nutrirsi della Parola di Dio, per rendere efficace l'impegno della nuova evangelizzazione, dell’annuncio nei nostri tempi. Occorre ora che questa esperienza ecclesiale sia recata in ogni comunità; è necessario che si comprenda la necessità di tradurre in gesti di amore la parola ascoltata, perché solo così diviene credibile l’annuncio del Vangelo, nonostante le umane fragilità che segnano le persone. Ciò richiede in primo luogo una conoscenza più intima di Cristo ed un ascolto sempre docile della sua parola.

    In quest’Anno Paolino, facendo nostre le parole dell'Apostolo: "guai a me se non predicassi il Vangelo" (1 Cor 9,16), auspico di cuore che in ogni comunità si avverta con più salda convinzione quest’anelito di Paolo come vocazione al servizio del Vangelo per il mondo. Ricordavo all’inizio dei lavori sinodali l’appello di Gesù: "la messe è molta" (Mt 9,37), appello a cui non dobbiamo mai stancarci di rispondere malgrado le difficoltà che possiamo incontrare. Tanta gente è alla ricerca, talora persino senza rendersene conto, dell’incontro con Cristo e col suo Vangelo; tanti hanno bisogno di ritrovare in Lui il senso della loro vita. Dare chiara e condivisa testimonianza di una vita secondo la Parola di Dio, attestata da Gesù, diventa pertanto indispensabile criterio di verifica della missione della Chiesa.

    La letture che la liturgia offre oggi alla nostra meditazione ci ricordano che la pienezza della Legge, come di tutte le Scritture divine, è l'amore. Chi dunque crede di aver compreso le Scritture, o almeno una qualsiasi parte di esse, senza impegnarsi a costruire, mediante la loro intelligenza, il duplice amore di Dio e del prossimo, dimostra in realtà di essere ancora lontano dall’averne colto il senso profondo. Ma come mettere in pratica questo comandamento, come vivere l’amore di Dio e dei fratelli senza un contatto vivo e intenso con le Sacre Scritture? Il Concilio Vaticano II afferma essere "necessario che i fedeli abbiano largo accesso alla Sacra Scrittura" (Cost. Dei Verbum, 22), perché le persone, incontrando la verità, possano crescere nell’amore autentico. Si tratta di un requisito oggi indispensabile per l’evangelizzazione. E poiché non di rado l'incontro con la Scrittura rischia di non essere "un fatto" di Chiesa, ma esposto al soggettivismo e all'arbitrarietà, diventa indispensabile una promozione pastorale robusta e credibile della conoscenza della Sacra Scrittura, per annunciare, celebrare e vivere la Parola nella comunità cristiana, dialogando con le culture del nostro tempo, mettendosi al servizio della verità e non delle ideologie correnti e incrementando il dialogo che Dio vuole avere con tutti gli uomini (cfr ibid., 21). A questo scopo va curata in modo speciale la preparazione dei pastori, preposti poi alla necessaria azione di diffondere la pratica biblica con opportuni sussidi. Vanno incoraggiati gli sforzi in atto per suscitare il movimento biblico tra i laici, la formazione degli animatori dei gruppi, con particolare attenzione ai giovani. È da sostenere lo sforzo di far conoscere la fede attraverso la Parola di Dio anche a chi è "lontano" e specialmente a quanti sono in sincera ricerca del senso della vita.

    Molte altre riflessioni sarebbero da aggiungere, ma mi limito infine a sottolineare che il luogo privilegiato in cui risuona la Parola di Dio, che edifica la Chiesa, come è stato detto tante volte nel Sinodo, è senza dubbio la liturgia. In essa appare che la Bibbia è il libro di un popolo e per un popolo; un'eredità, un testamento consegnato a lettori, perché attualizzino nella loro vita la storia di salvezza testimoniata nello scritto. Vi è pertanto un rapporto di reciproca vitale appartenenza tra popolo e Libro: la Bibbia rimane un Libro vivo con il popolo, suo soggetto, che lo legge; il popolo non sussiste senza il Libro, perché in esso trova la sua ragion d'essere, la sua vocazione, la sua identità. Questa mutua appartenenza fra popolo e Sacra Scrittura è celebrata in ogni assemblea liturgica, la quale, grazie allo Spirito Santo, ascolta Cristo, poiché è Lui che parla quando nella Chiesa si legge la Scrittura e si accoglie l'alleanza che Dio rinnova con il suo popolo. Scrittura e liturgia convergono, dunque, nell'unico fine di portare il popolo al dialogo con il Signore e all’obbedienza alla volontà del Signore. La Parola uscita dalla bocca di Dio e testimoniata nelle Scritture torna a Lui in forma di risposta orante, di risposta vissuta, di risposta sgorgante dall’amore (cfr Is 55,10-11).

    Cari fratelli e sorelle, preghiamo perché dal rinnovato ascolto della Parola di Dio, sotto l'azione dello Spirito Santo, possa sgorgare un autentico rinnovamento nella Chiesa universale, ed in ogni comunità cristiana. Affidiamo i frutti di questa Assemblea sinodale alla materna intercessione della Vergine Maria. A Lei affido anche la II Assemblea Speciale del Sinodo per l’Africa, che si svolgerà a Roma nell’ottobre del prossimo anno. E’ mia intenzione recarmi nel marzo prossimo in Camerun per consegnare ai rappresentanti delle Conferenze Episcopali dell’Africa l’Instrumentum laboris di tale Assemblea sinodale. Di lì proseguirò, a Dio piacendo, per l’Angola, per celebrare solennemente il 500° anniversario di evangelizzazione del Paese. Maria Santissima, che ha offerto la sua vita come "serva del Signore", perché tutto si compisse in conformità ai divini voleri (cfr Lc 1,38) e che ha esortato a fare tutto ciò che Gesù avrebbe detto (cfr Gv 2,5), ci insegni a riconoscere nella nostra vita il primato della Parola che sola ci può dare salvezza. E così sia!

    [01658-01.01] [Testo originale: Italiano]

    [B0672-XX.02]

    fonte: Sala Stampa della Santa Sede

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