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Discussione: In Armenia abbattute 3000 croci

  1. #1
    Fedelissimo di CR L'avatar di Anselmo
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    Apr 2006
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    DENUNCIA
    Ondata iconoclasta in una terra segnata da guerre e massacri. I "Katchkar", cippi devozionali eretti in aperta campagna, sono stati abbattuti dal governo dell’Azerbaigian. Distrutte 3.000 lapidi

    Croci armene, sos dal Caucaso

    Un film clandestino ha portato il caso al Parlamento europeo. Il governo azero respinge le accuse


    Di Giovanni Bensi

    Uno degli elementi più caratteristici dell'arte armena antica sono i "khatchkar", letteralmente "croci-pietre" ("khach", croce, "kar" pietra). Si tratta di stele sulle quali sono raffigurati a bassorilievo una croce, con o senza l'effigie di Cristo, fiancheggiata da scene bibliche oppure da preghiere o versetti evangelici in antico armeno: ricordiamo che l'Armenia è stato il primo stato a divenire ufficialmente cristiano, nel 301, 12 anni prima dell'editto di Costantino. I "khatchkar" venivano usati come lapidi tombali, ma più spesso anche come stele votive, come segni di devozione: se ne trovavano decine, soprattutto ai margini di strade e sentieri. Ma il Caucaso, di cui l'Armenia è parte, non è solo un crogiuolo di nazionalità, di lingue (oltre 30) e di religioni: cristianesimo ortodosso (Georgia, Ossezia), monofisita (Armenia), islam sunnita (Nord-Caucaso, con la Cecenia) e sciita (Azerbaigian), ma purtroppo è anche un concentrato di controversie, odii e rivalità storiche di cui gli armeni sono stati assai spesso vittime. In antico essi occupavano una regione più vasta di quella in cui sono concentrati oggi. Al di fuori dell'Armenia essi vivono, per esempio, nel Nagornyj Karabakh, enclave in territorio azerbaigiano, per il quale vi è stata una sanguinosa guerra (per ora congelata).
    Ma in antico gli armeni abitavano anche nel Nakhicevan, una regione oggi appartenente all'Azerbaigian, ma separata da esso da territorio armeno. Sono rimaste però importanti tracce dell'antica presenza armena, in particolare le rovine della città di Julfà (o Jugà), distrutta nel 1605 dallo scià di Persia Abbas I che ne deportò gli abitanti, e poi risorta nelle vicinanze come "Nuova Julfà". La città era famosa per i suoi "khatchkar", risalenti al XV-XVI secolo, che ne punteggiavano la periferia e si estendevano lungo la riva del fiume Arasse che segna il confine fra il Nakhicevan (e quindi l'Azerbaigian) con l'Iran. Un vero e proprio museo all'aperto che perfino lo scià Abbas aveva rispettato. Ora però questo tesoro artistico è seriamente minacciato. Il Nakhicevan, assegnato all'Azerbaigian da Lenin (e Stalin, allora commissario alle nazionalità) nel 1922, è il feudo politico della famiglia Aliyev che governa l'Azerbaigian fin dai tempi sovietici con il padre Heyder, già capo del Pc e del Kgb locale, ed ora con il figlio Ilham che ne ha ereditato i modi dittatoriali.
    Ilham Aliyev ha deciso di farla finita con l'imbarazzante presenza armena nel Nakhicevan, sia pure solo storica e pietrificata nei "khatchkar". Queste sacre pietre, si è deciso a Bakù, devono scomparire. E così alla fine del 2002 reparti dell'esercito azerbaigiano hanno incominciato a distruggere il vecchio cimitero armeno nella zona di Julfà, compresi i numerosi "khatchkar". Sull'area del cimitero è stato costruito un poligono di tiro. Dei circa 10-12.000 "khatchkar" che esistevano nel XVII secolo ne erano rimasti in piedi solo 3.000 che nel 2002 sono stati quasi totalmente abbattuti: se ne salvarono circa 200, per lo più più gravemente danneggiati. Ma non basta: tra il dicembre 2005 e il gennaio 2006 i militari azerbaigiani, circa 200 uomini, muniti di bulldozer, sono intervenuti di nuovo riducendo in frantumi e spianando le stele che in parte furono gettate nell'Arasse. Questo scempio è stato documentato da un film ripreso clandestinamente da attivisti per la difesa della cultura armena, appostati sulla riva opposta, quelle iraniana, dell'Arasse.
    Questa azione ha fatto sì che lo scempio dei "khatchkar", a lungo ignorato dalla comunità internazionale, divenisse di dominio pubblico. Nei mesi scorsi il Parlamento europeo a Strasburgo, per interessamento, in particolare, di Mary-Ann Isler Begin, presidente della Commissione parlamentare per la cooperazione Ue-Armenia, ha adottato una risoluzione, redatta da Charles Tannock, membro britannico della "European Neighborhood Policy", nella quale viene condannata la distruzione dei monumenti armeni nel Nakhicevan. Anche Benit a Ferrero Waldner, commissario europeo per le relazioni estere, ha sottolineato l'importanza di coinvolgere il Sud-Caucaso (Transcaucasia) nella politica di "buon vicinato" europeo, contribuendo ad appianare i conflitti e a favorire il superamento delle tradizionali rivalità della regione. Un portavoce del ministero degli esteri azerbaigiano, Tair Tagizadeh, ha respinto le accuse affermando che il suo paese considera le stele di Julfà "monumenti archeologici", ma, curiosamente, sostiene che non si tratta di monumenti armeni, bensì relativi all'"Albania Caucasica", stato sorto nella regione alla fine del I millenio a. C. e confluito poi nella Persia sassanide.
    I vandalismi azeri nel Nakhicevan dovrebbero indurre l'Europa a salvare la cultura armena, da sempre paladina dei valori cristiani nella regione.


    Avvenire, 12 luglio 2006
    Initium sapientiae timor Domini
    Prima di parlare, pensa; dopo aver pensato, taci. (P.M.) A star zitti si fa sempre bella figura

    .

  2. #2
    Arjuna
    visitatore
    Notizia tristissima

  3. #3
    vince
    visitatore
    ... Non gliene frega niente a nessuno... ci sono troppi "codardi" all&#39;UE... al massimo qualcuno dirà... "è una barbaria" ... <_< ... ma poi alla fine nessuno si "sporcherà" le mani a dei "ruderi" soprattutto se poi sono origine "cristiana"...

  4. #4
    emmegiemme
    visitatore
    Leggo solo adesso questi messaggi e vorrei aggiungere qualcosa. Come molti di voi sanno, buona parte dell'Armenia storica è oggi politicamente parte della Turchia. Qui viveva fi no all'inizio del XX secolo una numerosa minoranza armena, gravemente decimata o annientata dal genocidio. Ricordiamo che la Turchia ha sempre negato l'esistenza di una minoranza armena sul suo territorio. Le poche migliaia di armeni rimasti o tornati nei loro antichi villaggi, praticamente isolati dal resto del mondo (le frontiere tra Turchia e Armenia sono chiuse), parlano un dialetto che risulta incomprensibile anche agli specialisti, persino al prete armeno di Istanbul che una volta all'anno si reca a visitarli (Nichanian, Ages et usages de la langue arménienne, Parigi 1989, pag. 252 ss.). Eliminate le persone, resterebbero le vestigia materiali del passato, tra cui tesori incredibili di arte paleocristiana. Molte di queste meraviglie stanno lentamente scomparendo tra il disinteresse generale. La rivista France Arménie nel numero di ottobre 2005 presenta uno starordinario réportage fotografico che documenta in modo impressionante, in una serie di immagini quanto mai tristi, lo stato di degrado della cattedrale di Van, illustre città armena divenuta capitale nel 953 all'epoca dei Bagratidi: danneggiata da un terremoto in anni recenti, la cattedrale (come altre chiese della stessa città) sta cadendo a pezzi tra le erbacce e l'abbandono, e le immagini dei santi stanno scomparendo, dopo che un recente restauro aveva accuratamente eliminato le croci che adornavano i capitelli ionici. Analoga sorte subiscono le chiese della vicina Ani. Tutte queste zone, saldamente presidiate dall'armata turca, sono interdette alle viste dei turisti e praticamente inaccessibili. Solo pochi coraggiosi archeologi sono riusciti ad avvicinarsi a queste meraviglie ddel passato cristiano di queti territori.

    (mi spiace non poervi fornire le straordinarie immagini della rivista, ma in questo momento sono senza scanner, scusate!)

  5. #5
    Fedelissimo di CR L'avatar di ago86
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    Notizia vecchia. Un temop esistevano migliaia di croci, oggi sono solo 200. Nessuno se ne occupa, tanto non è importante.

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