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Discussione: Jacopone da Todi (1236-1306). Poeta italiano.

  1. #1
    Fedelissimo di CR L'avatar di Anselmo
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    Jacopone da Todi (1236-1306). Poeta italiano.




    Jacopone da Todi, al secolo Jacopo de' Benedetti, nasce a Todi da famiglia nobile intorno al 1230.
    Dopo aver studiato giurisprudenza a Bologna, Jacopone da Todi si avvia alla carriera notarile esercitando nella stessa città. Secondo la tradizione nel 1268, la moglie muore accidentalmente nel crollo di un pavimento. Il momento di dolore e di sconcerto che ne segue, in qualche misura accresciuto dalla scoperta che la moglie faceva uso di strumenti di penitenza (il cilizio), determina un radicale mutamento nella condotta di vita di Jacopone da Todi. Dopo aver abbandonato il lavoro e le persone che fino ad allora lo avevano circondato, si incammina in un percorso di pubblica penitenza e umiliazione. Secondo la tradizione ha momenti e gesti quasi di follia, ad esempio giunse ad un convivio camminando carponi carico di un basto d'asino, oppure alle nozze del fratello si presenta nudo, spalmato di grasso, e rivoltato fra piume. Nel 1278 entra nell'Ordine francescano come frate laico. In quel periodo l'Ordine subisce le lotte intestine fra la fazione dei Conventuali sostenuti da Papa Bonifacio VIII, che vorrebbero attenuare il rigore della regola di San Francesco, e il gruppo degli Spirituali che invece premono per mantenere inalterato lo spirito dell'Ordine. Jacopo, ovviamente vista la sua esperienza di penitenza, si schiera con gli ultimi, e insieme ai cardinali Jacopo e Pietro Colonna disconosce la validità dell'elezione di Bonifacio; ciò provoca come reazione prima la scomunica, poi la carcerazione(1298) dalla quale solo il nuovo Papa Benedetto XI(1303) può liberarlo. Il frate trascorre, infine, gli ultimi suoi anni nel convento di San Lorenzo di Collazzone nelle vicinanze di Todi dove si spegne nel 1306 d.C.
    Il più insigne cittadino tuderte del Medioevo è l'autore di numerose opere fra cui spiccano per qualità ed organicità le "Laudi", componimenti tipici del periodo per qualche verso assimilabili al Cantico delle Creature di San Francesco e da esso probabilmente ispirate. Tuttavia, il tono e la poetica di fondo del frate è meno lieto e mistico, sembra che si sia perso in parte l'armonia con la natura e lo stupore del mondo che caratterizzava lo slancio di S.Francesco. Domina invece l' opera di Jacopo una concezione più materiale e dolorosa, una visione più ripiegata sul proprio io, evidentemente frutto delle sventure che segnarono la vita dell'autore.

    Fonte: www.bellaumbria.net
    Initium sapientiae timor Domini
    Prima di parlare, pensa; dopo aver pensato, taci. (P.M.) A star zitti si fa sempre bella figura

    .

  2. #2
    Fedelissimo di CR L'avatar di Anselmo
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    Que farai, Pier dal Morrone?
    Èi venuto al paragone.

    Vederimo el lavorato,
    ché en cella hai contemplato.
    S'è 'l monno de te engannato, 5
    séquita maledezzone.

    La tua fama alta n'è gita:
    se te sozzi a la finita,
    ai bon' sirai confusïone. 10

    Como segno a saietta,
    tutto lo monno a te affitta:
    se non ten' belancia ritta,
    a Deo ne va appellazione.

    Si se' auro, ferro o rame, 15
    provàrite en esto esame;
    quign' hai filo, lana o stame,
    mustàrite en esta azzone.

    Questa corte è una fucina
    che 'l bon auro se ce affina: 20
    s'ello tene altra ramina,
    torna 'n cennere e 'n carbone.

    Se l'ofizio te deletta,
    nulla malsania è più enfetta,
    e ben è vita maledetta 25
    perder Dio per tal boccone.

    Granne ho avuto en te cordoglio
    como t'escìo de bocca: «Voglio»,
    ché t' hai posto iogo en coglio
    che t' è tua dannazïone. 30

    Quanno l'omo vertüoso
    è posto en loco tempestoso,
    sempre 'l trovi vigoroso
    a portar ritto el gonfalone.

    Grann' è la tua degnetate, 35
    non è men la tempestate,
    grann' è la tua varïetate
    che trovari en tua mascione.
    Initium sapientiae timor Domini
    Prima di parlare, pensa; dopo aver pensato, taci. (P.M.) A star zitti si fa sempre bella figura

    .

  3. #3
    Umanista
    visitatore

    «Stabat mater» (attribuita, con qualche incertezza, a Jacopone da Todi)

    Stabat Mater dolorósa
    iuxta crucem lacrimósa,
    cui pendébat Fílius.

    Cuius ánimam geméntem,
    contristátam et doléntem
    pertransívit gládius.

    O quam tristis et afflícta
    fuit illa benedícta
    Mater Unigéniti !

    Quae moerébat et dolébat,
    pia mater, cum vidébat
    nati poena íncliti.

    Quis est homo, qui non fleret,
    Christi Matrem si vidéret
    in tanto supplício?

    Quis non posset contristári,
    piam Matrem contemplári
    doléntem cum Filio ?

    Pro peccátis suae gentis
    vidit Jesum in torméntis
    et flagéllis subditum.

    Vidit suum dulcem natum
    moriéntem desolátum,
    dum emísit spíritum.

    Eia, mater, fons amóris,
    me sentíre vim dolóris
    fac, ut tecum lúgeam.

    Fac, ut árdeat cor meum
    in amándo Christum Deum,
    ut sibi compláceam.

    Sancta Mater, istud agas,
    crucifíxi fige plagas
    cordi meo válide.

    Tui Nati vulneráti,
    tam dignáti pro me pati,
    poenas mecum dívide.

    Fac me vere tecum flere,
    Crucifíxo condolére
    donec ego víxero.

    Iuxta crucem tecum stare,
    te libenter sociáre
    in planctu desídero.

    Virgo vírginum praeclára,
    mihi iam non sis amára,
    fac me tecum plángere.

    Fac, ut portem Christi mortem,
    passiónis fac me sortem
    et plagas recólere.

    Fac me plagis vulnerári,
    cruce hac inebriári
    et cruóre Fílii.

    Flammis ne urar ne succénsus,
    per te, Virgo, sim defénsus
    in die iudícii.

    Fac me cruce custodíri
    morte Christi praemuníri,
    confovéri grátia.

    Quando corpus moriétur,
    fac, ut ánimae donétur
    paradísi glória. Amen.


    [Traduzione italiana]

    La Madre addolorata stava
    in lacrime presso la Croce
    su cui pendeva il Figlio.

    E il suo animo gemente,
    contristato e dolente
    una spada trafiggeva.

    Oh, quanto triste e afflitta
    fu la benedetta
    Madre dell'Unigenito!

    Come si rattristava e si doleva
    la pia Madre
    vedendo le pene dell'inclito Figlio!

    Chi non piangerebbe
    al vedere la Madre
    in tanto supplizio?

    Chi non si rattristerebbe
    al contemplare la pia Madre
    dolente accanto al Figlio ?

    A causa dei peccati del suo popolo
    Ella vide Gesù nei tormenti,
    sottoposto ai flagelli.

    Vide il suo dolce Figlio
    che moriva, abbandonato da tutti,
    mentre esalava lo spirito.

    Oh, Madre, fonte d'amore,
    fammi forza nel dolore
    perché possa piangere con te.

    Fa' che il mio cuore arda
    nell'amare Cristo Dio
    per fare cosa a lui gradita.

    Santa Madre, fai questo:
    imprimi le piaghe del tuo Figlio crocifisso
    fortemente nel mio cuore.

    Del tuo figlio ferito
    che si è degnato di patire per me,
    dividi con me le pene.

    Fammi piangere intensamente con te,
    condividendo il dolore del Crocifisso,
    finché io vivrò.

    Accanto alla Croce desidero stare con te,
    in tua compagnia,
    nel compianto.

    O Vergine gloriosa fra le vergini
    non essere aspra con me,
    fammi piangere con te.

    Fa' che io porti la morte di Cristo,
    avere parte alla sua passione
    e ricordarmi delle sue piaghe.

    Fa' che sia ferito delle sue ferite,
    che mi inebri con la Croce
    e del sangue del tuo Figlio.

    Che io non sia bruciato dalle fiamme,
    che io sia, o Vergine, da te difeso
    nel giorno del giudizio.

    Fa' che io sia protetto dalla Croce,
    che io sia fortificato dalla morte di Cristo,
    consolato dalla grazia.

    E quando il mio corpo morirà
    fa' che all'anima sia data
    la gloria del Paradiso. Amen.


    [Versione di Franco Sacchetti, 1388]

    Stava Madre dolorosa
    a la croce lagrimosa,
    dov'era il suo Filio;

    la cui anima piangente,
    abattuta e dolente
    trapassò il gladio.

    O quanto tristạ e aflitta
    fue quella beneditta
    Madre de l'Unigenito,

    che piangeva e doleva
    e tremava, ché vedeva
    le pene al Figliuol inclito.

    Qual è l'uomo che non piagnesse
    se questa Madre vedesse
    nel tormento asprissimo?

    Chi non si può contristare,
    pia Madre, contemplare
    il tuo dolore grandissimo?

    Pe' peccati di sue genti
    Iesú vide ne' tormenti
    e ne' flagelli suddito.

    Vide il suo dolce nato
    moriente desolato
    quando amise il spirito.

    E però, fonte d'amore,
    fa' ch'io senta il tuo dolore,
    fammi teco piagnere;

    Fa' ch'egli arda il cor mio
    in amare Cristo Dio
    e 'l suo compiacer cogliere.

    Santa Madre, fammi questo,
    le suo piaghe io abbia presto
    al core si ch'elle vagliano;

    del tuo nato traforato,
    al morire per me degnato,
    le pene in me compartano.

    Fammi sempre piagner teco,
    al Crocifisso doler meco,
    mentre ch'io viverò;

    a la Croce teco stare
    volentieri acompagnare
    pianto con desiderio.

    Virgo de le vergine preclara,
    a me non esser avara,
    fammi teco piagnere.

    Fa' ch'io porti in Cristo morte
    de la sua passion la sorte
    e le piaghe raccogliere;

    da le piaghe essere piagato,
    da la Croce inebriato,
    ne l'amor del Filio.

    Infiamato ed acceso,
    per te, Madre, io sia diffeso
    nel dí del iudicio.

    Fa' che la Croce mi guardi
    e la passion raguardi
    a ciò ch'io trovi grazia.

    Quando il corpo será morto,
    fa' che l'anima abbia porto
    di Paradiso e gloria.
    Ultima modifica di Umanista; 02-12-2007 alle 21:23

  4. #4
    Umanista
    visitatore

    «Donna de Paradiso»

    «Donna de Paradiso,
    lo tuo figliolo è preso
    Iesù Cristo beato.

    Accurre, donna e vide
    che la gente l'allide;

    credo che lo s'occide,
    tanto l'ò flagellato».

    «Como essere porria,
    che non fece follia,

    Cristo, la spene mia,
    om l'avesse pigliato?».

    «Madonna, ello è traduto,
    Iuda sì ll'à venduto;

    trenta denar' n'à auto,
    fatto n'à gran mercato».

    «Soccurri, Madalena,
    ionta m'è adosso piena!

    Cristo figlio se mena,
    como è annunzïato».

    «Soccurre, donna, adiuta,
    cà 'I tuo figlio se sputa

    e la gente lo muta;
    òlo dato a Pilato».

    «O Pilato, non fare
    el figlio meo tormentare,

    ch'eo te pòzzo nustrare
    come a ttorto è accusato».

    «Crucifige, crucifige!
    Omo che se fa rege,

    secondo nostra lege
    contradice al senato».

    «Prego che mm'entennate,
    nel meo dolor pensate!

    Forsa mo vo mutate
    de que avete pensato».

    «Traiàn for li latruni,
    che sian soi compagnuni;

    de spine s'encoroni,
    ché rege ss'è clamato!».

    «O figlio, figlio, figlio,
    figlio, amoroso giglio!

    Figlio, chi dà consiglio
    al cor me' angustïato?

    Figlio occhi iocundi,
    figlio, co' non respundi?

    Figlio, perché t'ascundi
    al petto o' si lattato?».

    «Madonna, ecco la croce,
    che la gente l'aduce,

    ove la vera luce
    déi essere levato».

    «O croce, e que farai?
    El figlio meo torrai?

    E que ci aponerai,
    che no n'à en sé peccato?».

    «Soccurri, plena de doglia,
    cà 'l tuo figliol se spoglia;

    la gente par che voglia
    che sia martirizzato».

    «Se i tollit'el vestire,
    lassatelme vedere,

    com'en crudel firire
    tutto l'ò ensanguenato».

    «Donna, la man li è presa,
    ennella croc'è stesa;

    con un bollon l'ò fesa,
    tanto lo 'n cci ò ficcato.

    L'altra mano se prende,
    ennella croce se stende

    e lo dolor s'accende,
    ch' è plu multiplicato.

    Donna, li pè se prènno
    e clavellanse al lenno;

    onne iontur'aprenno,
    tutto l'ò sdenodato».

    «Et eo comenzo el corrotto;
    figlio, lo meo deporto,

    figlio, chi me tt'à morto,
    figlio meo dilicato?

    Meglio aviriano fatto
    ch'el cor m'avesser tratto,

    ch'ennella croce è tratto,
    stace descilïato!».

    «O mamma, o' n'èi venuta?
    Mortal me dà' feruta,

    cà 'l tuo plagner me stuta,
    ch'el veio sì afferato».

    «Figlio, ch'eo m' aio anvito,
    figlio, pat'e mmarito!

    Figlio, chi tt'à firito?
    Figlio, chi ttà spogliato?».

    «Mamma, perché te lagni?
    Voglio che tu remagni,

    che serve nei compagni,
    ch'êl mondo aio aquistato».

    «Figlio, questo non dire!
    Voglio teco morire,

    non me voglio partire
    fin che mo 'n m'esc' el fiato.

    C'una aiàn sepultura,
    figlio de mamma scura,

    trovarse en afrantura
    mat'e figlio affocato!».

    «Mamma col core afflitto,
    entro 'n le man' te metto

    de Ioanni, meo eletto;
    sia to figlio appellato.

    Ioanni, èsto mea mate:
    tollila en caritate,

    àginne pietate,
    cà 'l core sì à furato».

    «Figlio, l'alma t'è 'scita,
    figlio de la smarrita,

    figlio de la sparita,
    figlio addossecato!

    Figlio bianco e vermiglio,
    figlio senza simiglio,

    figlio, e a ccui m'apiglio?
    Figlio, pur m'ài lassato!

    Figlio bianco e biondo,
    figlio volto iocondo,

    figlio, perché t'à el mondo,
    figlio, cusì sprezzato?

    Figlio dolc'e placente,
    figlio de la dolente,

    fíglio àte la gente
    mala mente trattato.

    Ioanni, figlio novello,
    morto s'è 'l tuo fratello.

    Ora sento 'l coltello
    che fo profitizzato.

    Che moga figlio e mate
    d'una morte afferrate,

    trovarse abraccecate
    mat'e figlio impiccato!».

  5. #5
    Umanista
    visitatore

    Pergolesi, «Stabat mater».

    [youtube]http://www.youtube.com/watch?v=AmcVsrlmQMA&feature=related[/youtube]
    Ultima modifica di Umanista; 12-04-2008 alle 09:03

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