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Discussione: John Ronald Reuel Tolkien

  1. #251
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    Il primo volume (La compagnia dell'Anello) della nuova traduzione di cui parlavo in un post precedente uscirà il 24 ottobre.

    Sono davvero curioso di vedere come la nuova traduzione renderà nomi come "Gran Burrone" "Hobbiville" "Omorzo Cactaceo" e i tanti nomi che sono stati resi dall'inglese in italiano nella traduzione storica. Pare ci saranno molti cambiamenti.

    Peccato per la copertina scelta, davvero bruttina. Pare che sia un paesagggio di Marte. Magari vista dal vivo avrà un effetto migliore.

    Non riesco a trovarla sui siti di vendita dei libri quindi vi dò il linlk ad una pagina tolkeniana su facebook. QUI42196861_1914250461947777_3227724062461526016_n.jpg
    O Signore, dai a ciascuno la sua morte. La morte che è il frutto di quella vita in cui aveva amore, senso e necessità (R. M. Rilke)

  2. #252
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    Sfortunatamente pare che la nuova traduzione - che doveva uscire dopodomani - dovrà attendere ancora un poco. La Bompiani (rispondendo ad un post sulla pagina facebook (LINK)che presenta nuove edizioni dei libri - tra cui, piuttosto assurdamente a mio parere, un'edizione illustrata de Il Signore degi Anelli) ha dichiarato che si è scelto di posticipare la data per presentare un'edizione che sia la più accurata possibille.

    Non abbiamo ancora una nuova data anche se confido che sia prima di Natale, anche per approfittare delle feste. Speriamo che si abbrevi l'attesa per i volumi successivi, "Le due Torri" e "Il ritorno del Re", visto che Il Signore degli Anelli è in sostanza un libro unico, sarebbe un peccato averlo per lungo tempo solo "a pezzi".
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  3. #253
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    Ritorno nuovamente sulla questione "Nuova traduzione" perchè Franco Cardini, nel suo blog personale ha pubblicato un post che getta una luce diversa sulla vicenda del ritardo (il libro doveva uscire ieri)

    Citazione Originariamente Scritto da Franco Cardini
    QUER PASTICCIACCIO BBRUTTO DELLA TRADUZIONE TOLKIENIANA
    STORIA SEMISERIA DI OPPOSTI TOLKIENISMI, DI UNA TRADUZIONE “SBAGLIATA” PER DENUNZIA INQUISITORIALE, DI UNA TRADUZIONE “CORRETTA” PER AUTOREFERENZA CHE PERO’ DEVE ANCORA USCIRE, DI UNA VEEMENTE DENUNZIA AL SALONE DEL LIBRO DI TORINO, DI UNA SCOMUNICA GIORNALISTICA E DI UNA DURA RISPOSTA SOTTO FORMA DI QUERELA…


    …e naturalmente non finisce qui. Anzi, il bello e/o il brutto debbono ancora venire. Cari amici, quanto segue è l’inizio di un discorso che andrà avanti mesi e magari anni. Non ho né il tempo né lo spazio, qui, per esporvelo in extenso: ma ritengo indispensabile che prendiate atto della cosa, che senza dubbio alcuno interessa molti di voi.


    Le vicende e l’attività del filologo e narratore John Ronald Reuel Tolkien e del composito gruppo di scrittori e intellettuali ai quali egli apparteneva, gli Inklings, sono troppo note perché valga la pena di richiamarle in poche righe. E’ nota anche la travolgente fortuna del suo capolavoro, l’oceanico Il signore degli anelli, e di tutte le opere tolkieniane che lo precedettero, lo accompagnarono e lo seguirono, nonché quelle della pletora dei suoi seguaci, ammiratori, plagiatori e continuatori. Il romanzo epico-mitico di Tolkien divenne negli Anni Sessanta uno dei più affascinanti segnacoli in vessillo della “rivolta giovanile” contro i valori dell’establishment negli Stati Uniti d’America. Dall’opposizione alla guerra in Vietnam fino al “volo magico” della droga: tutto veniva sintetizzato e simbolizzato nelle pur contraddittorie istanze volte contro il ciclo capitalistico di produzione-profitto-consumo, contro quel che Fromm definiva “società dell’Avere”, contrapposta all’”Essere”, contro il conformismo etico e politico dell’American way of life. Insomma, Tolkien divenne una bandiera contro il “sistema”.

    In Italia, The Lords of the Rings fu tradotto nel 1967 per i tipi dell’Astrolabio da una giovanissima linguista-interprete-traduttrice di antica e nobilissima nobiltà siciliana, la principessa Vittoria (“Vickhy”) Alliata di Villafranca, che si cimentò in un’impresa ciclopica per la quale fu costantemente sostenuta dallo stesso Tolkien, attento ed esigentissimo revisore delle traduzioni delle sue opere, che le fornì anche una serie di direttive e di strumenti di lavoro. Tre anni dopo, il romanzo fu ripubblicato dalla Rusconi: Elémire Zolla e Quirino Principe si occuparono di rivederne il testo. Un’ulteriore revisione fu effettuata nel 2003 in coincidenza con l’uscita del film di Peter Jackson.

    Va detto che su quell’opera s’impiantò un groviglio di malintesi, originato dal fatto che un gruppo di giovani e di giovanissimi studiosi e studenti, che nello scorcio tra Anni Sessanta e Anni Settanta del secolo scorso stavano uscendo dalle formazioni politiche dell’estrema destra cercando nuove vie d’azione e d’espressione, assunse con entusiasmo una propria versione del messaggio contenuto nel Signore degli Anelli. Risultato di ciò fu che, se in America il racconto dell’epica lotta degli uomini alleati con altre creature contro il malefico Sauron, l’Oscuro Signore, era stata intesa come l’insorgere di pure coscienze giovanili contro l’oppressione/repressione capitalistica, in Italia, i giovani che avevano dato vita ai “Campi Hobbit” mostravano di aver interpretato la Weltanschauung tolkieniana come una rivolta contro la soffocante dittatura della società del denaro e di quello che ancora non si chiamava il “Pensiero Unico”. In fondo, il senso era quello: ma quel che in America parve “di sinistra” in quanto veicolato da forze che in un modo o nell’altro a sinistra si collegavano, in Italia fu avvertito come “di estrema destra” perché a torto o a ragione, anche in forza di molti malintesi e di una notevole pigrizia intellettuale, i gruppi che se n’erano fatti alfieri provenivano da tale area politica: si autodenominavano e venivano denominati “Nuova Destra”, pur incamminati verso quelle che in taluni dei loro ambienti già si definivano “Nuove Sintesi”. Le loro posizioni non erano affatto interpretabili come neofasciste e non si potevano neppur propriamente definire reazionarie: erano semmai “antimoderne”, soprattutto nel senso che gli studi di Davide Bigalli hanno conferito al concetto di Modernità. Quei ragazzacci che provenivano dagli ambienti neofascisti ma non avevano nulla del sentore stantìo del nostalgismo né dell’afrore teppistico dei “picchiatori”, che si occupavano di antropologia e di etologia, che stimavano Gramsci e avevano simpatìa per il “Che”, riuscirono a preoccupare perfino l’intellighentzija di sinistra e obbligarono a guardar nella loro direzione perfino l’esclusivo tiaso di professori e d’intellettuali riunito attorno a Norberto Bobbio.


    Le polemiche continuarono un po’ di tempo: ma alla fine vennero esaurendosi. Intanto naturalmente gli studi tolkieniani continuavano, e fiorivano anche le società che riunivano specialisti e aficionados del grande studioso-scrittore.


    Ed ecco la bomba. Il 29 aprile 2018, sul numero 74 di “Robinson”, inserto culturale de “La Repubblica”, usciva un’intervista di Loredana Lipparini a Ottavio Fatica, presentato come il nuovo traduttore de Il signore degli anelli per conto dell’editore Bompiani, già editore anche di una nuova edizione delle Lettere tolkieniane a cura di Lorenzo Gammarelli. Il testo dell’articolo (dal titolo Vendico il Tolkien tradotto di Frodo) era preceduto dall’”occhiello” La lingua perduta (e rinvenuta) e ci andava giù pesante. La versione Astrolabio-Rusconi sarebbe infedele, approssimativa, piena di arbitrii e di equivoci, profondamente manipolata: “500 errori a pagina per 1500 pagine”. Per la verità, la descrizione di quelli che Fatica definisce (dandone per la verità scarsi esempi) come “lacune e sbagli” è poco convincente. Che un traduttore possa e sovente debba concedersi certe libertà è questione controversa, certo, ma proprio per questo non liquidabile con due svagate battute da intervista promozionale. Ottavio Fatica queste cose le sa bene; e chi tra noi abbia letto almeno Dire quasi la stessa cosa di Umberto Eco le sa altrettanto bene. E’ stato allora prudente, è stato corretto, definire l’impresa dalla Alliata “un’avventura improvvisata”?


    La manovra promozionale è stata comunque ben pensata: ma forse un po’ troppo “sopra le righe”. Il 12 maggio, la nuova traduzione (tre volumi programmati, il primo in uscita a fine anno) è stata presentata al Salone del Libro di Torino dal nuovo traduttore stesso, Ottavio Fatica appunto, affiancato da Roberto Arduini presidente dell’Associazione Italiana di Studi Tolkieniani. Non ero presente a quell’avvento: mi dicono che il tono usato nei confronti di Vittoria Alliata era alquanto aggressivo. In questi casi, qualche cenno polemico può essere scontato: ma davvero l’attacco a un lavoro che ormai ha circa mezzo secolo (per quanto rimaneggiato una quindicina di anni fa) era opportuno? In questi tempi di crisi editoriale e di lotte e addirittura scismi nella case editrici, viene da sospettare che ci sia qualcosa sotto.


    E in effetti chi pensa male – diceva il Divo Giulio (Andreotti) – fa peccato, ma c’indovina. Da Arduini, così caustico nei confronti di Vittoria Alliata in odore di “intellettuale di destra” (ma comunque scrittrice ammirevole: chi ha letto il suo Harem. Memorie d’Arabia di una nobildonna siciliana non lo dimentica), si risale bene a Federico Guglielmi, cofondatore con Arduini dell’Associazione Italiana di Studi Tolkieniani, che è membro del famoso “Collettivo Wu Ming” di Bologna. Egli ha pubblicato con Einaudi il “romanzo epico” Stella del Mattino, coprotagonisti del quale sono Tolkien, sua moglie Edith, Robert Graves, Clive Staples Lewis e perfino Thomas Edward Lawrence che avrebbe addirittura fornito a Tolkien l’”idea” degli anelli fatidici. La costruzione di Guglielmi è romanzesca: egli è ben lontano dal voler rendere conto sotto il profilo storico e filologico di che cosa veramente fosse la “Società degli Inklings”: ma è evidente il suo intento di fornire di quell’avventura intellettuale una versione laicista e, si può in ultima analisi dire, “materialistico-storica” nonché “dissacrante” e forse “riduttiva” per quanto riguarda l’immagine di Tolkien, presentato come un piccolo-borghese con qualche turba psichica.


    Non addentriamoci, tuttavia, sul terreno di queste problematiche: semmai ci torneremo. Basti dire che, ovviamente, una principessa siciliana di nome Vittoria che ha affrontato giovanissima emiri e capi guerriglieri e che ha al suo attivo un impressionante curriculum professionale di giornalista e di traduttrice non è il tipo che si lasci facilmente né deridere, né insultare. E, difatti, ha immediatamente sporto denunzia per diffamazione indirizzata al procuratore della Repubblica del tribunale di Palermo, capoluogo della regione nella quale essa risiede.

    Siamo dinanzi a una lite originata da motivi professionistici o ci sono sotto faide editoriali se non implicite ragioni politiche? Tra chi segue questo blog, i tolkieniani sono molti: e confesso che lo sono un po’ anch’io, se non altro perché faccio il medievista e Tolkien ha studiato ammirevolmente sia il Beowulf, sia il Sir Galvano e il Cavaliere Verde. Penso che di questa faccenda dovremo occuparci ancora. FC

    Fonte
    Se ciò che dice Cardini è vero non è improbabile che la denuncia per diffamazione abbia qualcosa a che vedere con la decisione di rinviare la pubblicazione della nuova traduzione a data da destinarsi. Devo dire che, pur essendo molto curioso di questa nuova traduzione, non posso che comprendere le ragioni della principessa Alliata: le critiche a lei rivolte sono state ingenerose ed offensive. Non tutte le sue rese saranno state perfette (per esempio "Vagabondo" per "Troll"), ma in alcuni casi ha saputo rendere bene in Italiano alcune scelte non facili (Gran Burrone per Rivendell) ed era davvero giovanissima all'epoca della sua impresa.

    Su un tono più positivo: è finalmente uscita l'edizione italiana di "La caduta di Gondolin" che narra in maniera più ampia una delle "grandi storie" dei Tempi Remoti contenute nel Silmarillion.

    Qui un articolo a riguardo.
    Ultima modifica di Atanvarno; 25-10-2018 alle 19:51 Motivo: Migliorata la leggibilità
    O Signore, dai a ciascuno la sua morte. La morte che è il frutto di quella vita in cui aveva amore, senso e necessità (R. M. Rilke)

  4. #254
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    Discussione tolkieniana interessante

    Discussione tolkieniana – che ho letto integralmente e viva, vedo, da una bella decina d’anni – molto interessante, essendo anch'io appassionato del caro buon vecchio Tolkien, ammirabile e coraggioso cattolico romano, in terra ostica per detta fede, e non si esagera affatto nel dire che fosse “in odor di santità” (assieme a Chesterton).

    Così come san Tommaso d’Aquino, il sommo Dottore Angelico, ha saputo perfezionare il pensiero aristotelico adattandolo alla luce della Verità cristiana, allo stesso modo, mutatis mutandis, forse può anche dirsi del Nostro: Tolkien, credo bene, ha saputo “cristianizzare” quel grande patrimonio epico e leggendario – proveniente soprattutto dalle nostre terre europee –, quei racconti popolari, miti e fiabe qui vivi sin dall’era precristiana, cercando di estrapolarne i significati più pregnanti e valorosi, presenti in quelle antichissime popolazioni, nostri antenati che, pur tenendo doverosamente conto della realtà della caduta primigenia dell’uomo, conservavano quella preziosa scintilla, quel divin soffio inscritto nelle loro anime – anime ferite, ricordiamo ancora, come quelle d’ogni umana persona, e così anche nei giorni odierni, ma orbene con maggior colpa, essendo noi nell’era cristiana e non più nella disperazione dell’era pagana – e che la legge naturale, in ossequio a quella divina, ricordava loro perennemente.

    Ha saputo Tolkien, ordunque, preservare elementi preziosi di quel patrimonio culturale che s’è tramandato di generazione in generazione, sin da tempi remotissimi, i quali, pur non perfettamente conoscibili, son stati da lui magistralmente immaginati, tra sillogismi, simbologie e analogie che ha puntualmente saputo cogliere, in gran maestria, giustappunto da quel ricco patrimonio culturale, da quelle tradizioni, costumi e racconti che la miopia secolarizzata, illuminista e rivoluzionaria ha voluto cacciar via, relegando ingiustamente tali tesori nel novero di vecchie e inutili cianfrusaglie da far usare ai bimbi prima di gettarli via nell’oblio. Difatti questo tipo di letteratura è ancora oggi ritenuta, sia da alcune élite di intellettuali che dalla moltitudine, di “serie b”, di levatura inferiore rispetto a tutto il resto (persino rispetto ad oscenità inenarrabili che pullulano nell’attuale commercio).

    Il Nostro, ha saputo preservare, altresì, questi beni millenari – nati dalla mente umana che con anima ferita immagina e aspira alle bellezze di quell’Eden, quel giardino perduto – dalla loro deformazione e deviazione che molto spesso s’affaccia nella storia umana, aggrappandosi alle sue innumerevoli debolezze, non solo in forma privata ma anche nel pubblico potere, come è accaduto nel nazismo (altra faccia della medaglia di cui fa parte anche il comunismo) che si appropriava di certi miti nordici (con grande sdegno e giusta ira di Tolkien che invece li studiava e li curava nel giusto modo, perfezionandoli alla luce della Verità cristiana) e filosofie orientaleggianti, d’estremo oriente, in un mostruoso sincretismo (giungendo – come sempre nei casi in cui ci si allontana dall’Unica Via, Verità e Vita – nella becera superstizione, nella follia disperata, nella brutalità e bestialità; così com’è s’è fatto con la “materia celtica”, sfociando nella wicca e altre correnti neopagane; il tutto inscritto nel grande calderone della c.d. “new age”, tra teosofia e gnosi: lo stampo di matrice luciferina è chiaro ed evidente a ogni persona di sana mente e che, scevra da distrazioni, cerca d’informarsi un po’. Ricordiamo sempre che il principio dell’ignoranza è sempre stato, è e sarà sempre, ignorare il proprio Creatore, dando ascolto agli attraenti sussurri del principe delle menzogne, dell’antico Nemico, che colpisce nelle debolezze umane, nella comodità, non già nel sacrificio, ottundendone la ragione e svincolandola dai veri valori che dovrebbero sostenerla, per dannare finalmente le anime.

    Ora, avendo visto alcune pregevoli citazioni, articoli e documentari esposti in questa bella discussione, colgo l’occasione per pubblicare qui, in seguito, qualche ottimo articolo tolkieniano che conservo e, per ragioni di spazio e di ordine, credo sia consono pubblicare in post separati. In particolare, tra gli altri, ho da segnalarvi alcuni articoli molto profondi del lodevole Isacco Tacconi, imperniati ciascuno su vari personaggi del SdA, e che metterò qui a puntate, in modo tale che più persone possano usufruirne nel modo più adeguato. Son queste le cose da conoscere, capire, e diffondere.

    Saluti tolkienani a voi tutti e proteggete sempre le vostre contee e i vostri cari.

    Lascio l’ultima parola al grande Tolkien, con sue massime degne di nota e riflessioni:

    <<Il Signore degli Anelli è fondamentalmente un’opera religiosa e cattolica; all’inizio non ne ero consapevole, lo sono diventato durante la correzione. Questo spiega perché non ho inserito, anzi ho tagliato, praticamente qualsiasi allusione a cose tipo la religione, oppure culti o pratiche, nel mio mondo immaginario. Perché l’elemento religioso è radicato nella storia e nel simbolismo. Tuttavia detto così suona molto grossolano e più presuntuoso di quanto non sia in realtà. Perché a dir la verità, io consciamente ho programmato molto poco; e dovrei essere sommamente grato per essere stato allevato (da quando avevo otto anni) in una fede che mi ha nutrito e mi ha insegnato tutto quel poco che so; e questo lo debbo a mia madre, che ha tenuto duro dopo essersi convertita ed è morta giovane, a causa delle ristrettezze e della povertà che dalla conversione le erano derivate.>>

    <<Le fiabe parlano di cose permanenti: non di lampadine elettriche, ma di fulmini.>>

    <<Esiste una fiaba suprema, che non è una sub-creazione, come altre, ma il compimento della Creazione, il cui rifiuto conduce alla furia o alla tristezza: la vicenda evangelica, in cui storia e leggenda si fondono.>>

    <<Le fiabe hanno tre volti: quello mistico che guarda al soprannaturale, quello magico indirizzato alla natura, e infine lo specchio di scorno e pietà che offrono all’uomo. La triade del cielo, della terra e dell’essere in cui s’incontrano, definisce la sub-creazione o micro-creazione che è la fiaba.>>

    <<O Dio onnipotente ed eterno (che) scegli le creature più miti e più deboli per confondere la potenza del mondo.>>

    <<Io non sono democratico, solo perché l’umiltà e l’uguaglianza sono principi spirituali corrotti dal tentativo di meccanizzarli e formalizzarli, con il risultato che non si ottengono piccolezza e umiltà universali, ma grandezza e orgoglio universali, finché qualche orco non riesce a impossessarsi di un anello di potere, per cui noi otteniamo e otterremo solo di finire in schiavitù.>>

    <<Veniamo da Dio e, inevitabilmente, i miti da noi tessuti, pur contenendo errori, rifletteranno anche una scintilla della luce vera: la verità eterna che è con Dio. Infatti solo creando miti, solo diventando un sub-creatore di storie, l'uomo può aspirare a tornare allo stato di perfezione che conobbe prima della caduta. I nostri miti possono essere male indirizzati, ma anche se vacillano fanno rotta verso il porto, mentre il "progresso" materialista conduce solo a un abisso spalancato e alla Corona di Ferro del potere del male.>>

  5. #255
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    A proposito dell'interpretazione cristiana di Tolkien segnalo un testo di Andrea Monda (attuale direttore de L'Osservatore Romano) di qualche anno fa:

    L'Anello e la Croce. Significato teologico de Il Signore degli Anelli.

    Il libro - che è il frutto di una tesi di magistero in Scienze Religiose discussa nel 2005 presso la Pontificia Università Gregoriana - parte dalla citazione di brano di una lettera di Tolkien a padre Robert Murray:

    Il Signore degli Anelli è fondamentalmente un’opera religiosa e cattolica; all’inizio non ne ero consapevole, lo sono diventato durante la correzione. Questo spiega perché non ho inserito, anzi ho tagliato, praticamente qualsiasi allusione a cose tipo la religione, oppure culti o pratiche, nel mio mondo immaginario. Perché l’elemento religioso è radicato nella storia e nel simbolismo. Tuttavia detto così suona molto grossolano e più presuntuoso di quanto non sia in realtà. Perché a dir la verità, io consciamente ho programmato molto poco; e dovrei essere sommamente grato per essere stato allevato (da quando avevo otto anni) in una fede che mi ha nutrito e mi ha insegnato tutto quel poco che so; e questo lo debbo a mia madre, che ha tenuto duro dopo essersi convertita ed è morta giovane, a causa delle ristrettezze e della povertà che dalla conversione le erano derivate.
    Nel corso del volume Monda cerca di arrivare ad un inveramento di questa affermazione di Tolkien, analizzando i temi portanti del romanzo e i personaggi. Ma anche la stessa vita dell'autore ed il suo rapporto con la religione, nonché la sua concezione della letteratura - in particolare quella fantastica - come "subcreazione".

    Nel complesso è un testo veramente interessante anche se, a mio parere, con qualche eccesso di interpretazione. Particolarmente indovinato è il legame istituito tra gli Hobbit e gli "anawìm" i "poveri in spirito", i "piccoli" della tradizione biblica ed evangelica. Più forzato - mio parere - il voler vedere in Frodo, Gandalf e Aragorn delle "figure cristologiche" (rispettivamente Cristo Sacerdote, Re e Profeta): il rischio di cadere in una "lettura allegorica" (che Tolkien rifiutava apertamente) diventa qui veramente alto.
    O Signore, dai a ciascuno la sua morte. La morte che è il frutto di quella vita in cui aveva amore, senso e necessità (R. M. Rilke)

  6. #256
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    segnalo anche, sullo stesso tema

    Andrea Monda, Saverio Simonelli
    Tolkien, Il signore della fantasia
    Frassinelli, 2002
    Quid quaeritis viventem cum mortuis? (Lc 24, 5)

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    Post Articolo su Tolkien

    Giù le mani da Tolkien (Autore: Franco Cardini)

    Le orde di gente che in queste settimane hanno preso d'assalto le sale di proiezione sono solo in modestissima misura costituite di persone che hanno sul serio letto l'opera maggiore di Tolkien; fra essi, una minoranza infima è in grado di contestualizzarla all'interno degli altri libri tolkieniani; e sono ben pochi, tra questi ultimi, quelli in grado di padroneggiare la problematica complessa che a queste opere presiede, il rapporto fra la fede cattolica di questo grande studioso inglese e il suo impegno di filologo e di medievista e la sua fantasia mitopoietica.

    La versione filmica de Il Signore degli Anelli è molto meno infedele al testo e allo spirito della grande saga tolkieniana di quanto si sarebbe potuto temere: rallegriamocene. Ma con prudenza: ché un conto sono le intenzioni del regista e del soggettista, un altro gli esiti che un qualunque film tratto da un'opera letteraria possono produrre negli spettatori. Le orde di uomini, donne, giovani e giovanissimi e bambini che in queste settimane hanno preso d'assalto le sale di proiezione di tutto l'Occidente sono solo in modestissima misura costituite di persone che hanno sul serio letto l'opera maggiore di Tolkien; fra essi, una minoranza infima è in grado di contestualizzarla all'interno degli altri libri tolkieniani che è necessario conoscere per entrare nello spirito di essa, vale a dire quanto meno Lo Hobbit e Il Silmarillion; e sono ben pochi, tra questi ultimi, quelli in grado di padroneggiare la problematica complessa che a queste opere presiede, il rapporto fra la fede cattolica di questo grande studioso inglese, nato da una madre presto convertitasi al cattolicesimo, e il suo impegno di filologo e di medievista e la sua fantasia mitopoietica.


    Siamo perseguitati da parecchi decenni da una storia di genere kitsch che ci arriva dagli Stati Uniti d'America: improbabili e di solito abbastanza ributtanti mostracci e mostriciattoli, accompagnati dagli effetti speciali alla Steven Spielberg, si sono impadroniti del cinema imponendo un genere sado-maso-horror spesso accompagnato alla ricostruzione fantastica di saghe epiche ambientate in «universi paralleli». A questa già dubbia miscela si è aggiunto un ritorno alla fantasia magica, com'è attestato dal successo dei libri e del film dedicati ad Harry Potter. Ora, che cosa potranno capire i nuovi fans di Tolkien, quelli che ai suoi libri giungono dopo averne vista la versione cinematografica, e che, digiuni di autentici miti e di archetipi ben compresi, poco o niente sanno di saghe, di letteratura cavalleresca, e magari hanno attinto le «leggende del graal» attraverso le grottesche deformazioni d'una letteratura occultistica da tempo arrivata ormai nelle edicole e le ambigue affabulazioni del new age?


    Natura serena e schiva ma tormentata da segrete inquietudini, John Ronald Reuel Tolkien (nella foto) – nato in Sudafrica nel 1892, residente in Inghilterra dall'età di tre anni circa, convertito al cattolicesimo con la madre nel 1900 – aveva cominciato a organizzare il suo mondo di «fiabe perdute» fin dal 1917, quando aveva 25 anni. Filologo e specialista di letteratura inglese medievale, docente a Oxford fin dal 1925, egli aveva partecipato all'eterogeneo cenacolo degli «InglinKs», umanisti anti-modernisti, e aveva per lunghi anni accompagnato la crescita segreta del suo mondo di miti. Il Signore degli Anelli è in realtà una trilogia, pubblicata fra 1954 e 1955. Pochi anni dopo, con la nascita del movimento hippy, quello strano fluviale poema in prosa dove si parlava di maghi, di talismani e di avventure divenne una specie di Bibbia dell'esperienza esistenziale alternativa. Tolkien lo aveva detto con chiarezza: letteratura di «evasione» sì, ma nel senso di «evasione del prigioniero», cioè del prigioniero di guerra, che evade per tornare a combattere; non in quello di «fuga del disertore», che scappa per salvare la pelle e viene meno così facendo al suo dovere. Negli Anni Sessanta–Settanta (Tolkien sarebbe morto, ottantunenne, nel 1973) il successo dello scrittore inglese raggiunse l'Europa: e lo si guardò come un fenomeno «di destra» appunto perché postulava l'«evasione del prigioniero», la scoperta di modelli e di prospettive di tipo alternativo rispetto al determinismo materialista e al «pensiero unico di tipo marxista che in quegli anni costituivano l'atmosfera che quasi uniformemente si respirava a livello intellettuale. Qualcuno, superficialmente, giudicando il mondo mitico di Tolkien e i suoi dèi, parlò di «neopaganesimo», suggerendo che si potesse trattare quasi di un esperimento di fantasia neonazista. Era una calunnia infame: Tolkien, che aveva orrore di Hitler, gli rimproverava anche questo, l'aver inquinato l'immagine dell'antica mitologia germanica piegandola alla sua perversa propaganda. Ma, dinanzi al conformismo di quegli anni, quella fuga nel mondo dei maghi e degli anelli incantati era salutare.


    Da allora, troppa acqua è passata sotto i ponti. Il materialismo dialettico è scomparso, per lasciare il posto a un materialismo volgare fatto di consumismo e di corsa al profitto e al successo. Ma l'angoscia che nel mondo occidentale si è diffusa come contraccolpo di questo inaridirsi di prospettive ha generato, fra le altre cose, un «ritorno selvaggio del sacro» che a sua volta si è tradotto in infinite mistificazioni pseudoreligiose e neoreligiose cavalcate da sette e conventicole neo–orientali, neoceltiche o sedicenti tali. Dinanzi a questa confusione dove allignano perfino pennellate di ridicolo satanismo, dinanzi a questo balbettar di falsi e nuovi miti che scopre al tempo stesso l'incapacità di attingere correttamente al Sacro e di servirsi in modo ordinato della fantasia, ma anche il bisogno dell'uno e dell'altra, Tolkien va riletto non già lasciando spazio a un libero gioco fantastico che quasi nessuno sembra avere più gli strumenti per sostenere, bensì procedendo a una sua rigorosa rifilologizzazione.


    Tale scelta ci conduce a sottolineare quel che, sotto l'aspetto della saga pagana c'è in Tolkien di profondamente cristiano, anzi cristiano-cattolico. Che cosa? Assolutamente tutto. E cominciamo pure dallo stile del Silmarillion, che parla di antichi dèi immaginari ma suggerisce una tematica profondamente e radicalmente monoteista e creazionista, ispirata direttamente allo stile biblico (nel 1960 Tolkien collaborò alla traduzione della «Bibbia di Gerusalemme» dal francese all'inglese). Per proseguire poi in un'analisi sul carattere cristico della figura di Aragorn come Sovrano del Secondo Ritorno, al pari di Artù – ma anche e soprattutto del Cristo – rex venturus; e su analogo carattere di quella di Frodo Baggins, il «portatore dell'Anello» che si carica del malvagio potere dell'oggetto terribile come il Cristo si è caricato della croce di tutti i peccati del mondo. Si è parlato de Il Signore degli Anelli come di un «romanzo manicheo», dove Bene e Male si distinguono chiaramente: Giorno contro Notte, Luce contro Tenebra. Niente di più falso. Nel romanzo, trionfa proprio il grigio: il colore dello stregone Gandalf. Bene e Male si mischiano di continuo, come nella vita degli esseri umani. La vera grande vittoria del bene è quella che Frodo riporta dentro e contro se stesso, rinunziando al potere dell'anello.


    Ma questi dati fondamentali sono del tutto trascurati e sconosciuti almeno a livello massmediale: dove trionfa la lettura di Tolkien, specie dopo il successo del film, in termini di semplice heroic fantasy e di ambigua spiritualità di tipo new age. Nel mare di sciocchezze scritte e pubblicate di recente al riguardo, poche cose si salvano. Segnalo Le radici non gelano. Il conflitto fra tradizione e modernità in Tolkien, di Stefano Giuliano (Ed. Ripostes) e Tolkien, Il mito e la grazia, di Paolo Gulisano (Ed. Ancora). Significativamente, sono solo alcuni piccoli coraggiosi editori a prestar voce alle voci più giudiziose, naturalmente minoritarie. Il resto è consumismo volgare, maghi da baraccone e draghi di plastica aggravati dai trucchi informatici.


    L'Occidente opulento e sicuro di aver ragione rischia di confondere Aragorn con Bush e Sauron con Bin Laden: e non si rende conto di quanto sia pericolosa l'avanzata del Saruman globalizzatore, di quanto sia urgente liberarsi dell'Anello del nuovo materialismo.
    Fonte:https://www.toscanaoggi.it/Cultura-S...ani-da-Tolkien

  8. #258
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    Intanto è in corso, una nuova traduzione del capolavoro di Tolkien: Il Signore degli Anelli.

    L'opera venne per la prima volta tradotta da Vittoria (Vicky) Alliata di Villafranca per l'editore Astrolabio (uscì solo il primo volume La compagnia dell'Anello) nel 1967. I diritti vennero poi acquistati dalla Bompiani che pubblicò l'intera opera nel 1970, la traduzione della Villafranca fu rivista da Quirino Principe. La traduzione fu ulteriormente rivista nel 2003, a seguito dell'uscita del film di Jackson, con la collaborazione della Società Tolkeniana Italiana (con la correzione di alcuni errori ed in particolare la sostituzione di "Orchetti" con "Orchi". In questa nuova edizione tra l'altro "saltarono" venti righe del testo del capitolo "Molti incontri", che l'editore si degnò di ripristinare solo dopo molti anni).

    La nuova traduzione (il primo volume dovrebbe uscire entro l'anno, se non sbaglio), sarà ad opera di Ottavio Fatica.

    Qui una sua intervista sull'argomento

    Ritradurre il Signore degli Anelli
    Riprendo questo messaggio perché abbiamo finalmente una nuova data per la nuova traduzione de "La compagnia dell'Anello". Dopo un ritardo di un anno, il libro dovrebbe uscire alla fine di ottobre.
    L'anteprima su ibs.it dà purtroppo ancora la discutibile copertina "marziana" (nel senso che rappresenta la superficie di Marte).
    O Signore, dai a ciascuno la sua morte. La morte che è il frutto di quella vita in cui aveva amore, senso e necessità (R. M. Rilke)

  9. #259
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    Riprendo questo messaggio perché abbiamo finalmente una nuova data per la nuova traduzione de "La compagnia dell'Anello". Dopo un ritardo di un anno, il libro dovrebbe uscire alla fine di ottobre.
    L'anteprima su ibs.it dà purtroppo ancora la discutibile copertina "marziana" (nel senso che rappresenta la superficie di Marte).
    Come si possa pensare ad una copertina marziana per Tolkien resta un mistero. Comunque ormai sono affezionato ad "orchetti"
    "Chi cerca la verità cerca Dio, che lo sappia o no."

  10. #260
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    Come si possa pensare ad una copertina marziana per Tolkien resta un mistero. Comunque ormai sono affezionato ad "orchetti"

    Mah. Potrebbe andare bene per rappresentare la terra di Mordor, se non fosse che Mordor c'entra ben poco con "La compagnia dell'Anello".

    Io ho ancora la versione cartacea con "Orchetti" e "Vagabondi" ed ovviamente ci sono comunque affezionato. Non mi ha mai pesato, anzi per certi versi mi ha aiutato a rappresentarmeli meglio.

    A proposito, sapevate che, nella traduzione originale della Alliata gli Elfi erano "Gnomi"?
    Fu Quirino Principe, curatore dell'edizione Rusconi, a cambiare con "Elfi".
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