Lo Staff del Forum dichiara la propria fedeltà al Magistero. Se, per qualche svista o disattenzione, dovessimo incorrere in qualche errore o inesattezza, accettiamo fin da ora, con filiale ubbidienza, quanto la Santa Chiesa giudica e insegna. Le affermazioni dei singoli forumisti non rappresentano in alcun modo la posizione del forum, e quindi dello Staff, che ospita tutti gli interventi non esplicitamente contrari al Regolamento di CR (dalla Magna Charta). O Maria concepita senza peccato prega per noi che ricorriamo a Te.
Pagina 1 di 2 12 UltimaUltima
Risultati da 1 a 10 di 13

Discussione: Sant'Anselmo, vescovo e dottore della Chiesa. Nel IX centenario della morte.

  1. #1
    ProPontificeNostro
    visitatore

    Sant'Anselmo, vescovo e dottore della Chiesa. Nel IX centenario della morte.




    21 Aprile


    Sant'Anselmo d'Aosta,
    Vescovo e Dottore della Chiesa



    Aosta, 1033 - Canterbury, Inghilterra, 21 aprile 1109


    Nasce verso il 1033 ad Aosta da madre Piemontese, entrambi Nobili e ricchi. Travagliato il rapporto con la Famiglia che lo invia da un parente per l'educazione. Sarà solo con i Benedettini d'Aosta che Anselmo trova il suo posto: a quindici anni sente il desiderio di farsi Monaco. Contrastato dai genitori decide di andarsene: dopo tre anni tra la Borgogna e la Francia centrale, va ad Avranches, in Normandia, dove si trova l'abbazia del Bec con la Scuola, Fondata nel 1034. Qui conosce il Priore Lanfranco di Pavia che ne cura il percorso di Studio. Nel 1060 Anselmo entra nel Seminario Benedettino del Bec, di cui diventerà Priore. Qui avvierà la sua attività di ricerca Teologica che lo porterà ad essere annoverato tra i Maggiori Teologi dell'Occidente. Nel 1076 pubblica il «Monologion». Nel 1093 diventa Arcivescovo di Canterbury. A causa di dissapori con il potere politico è costretto all'esilio a Roma due volte. Muore a Canterbury nel 1109. (Avvenire)



    Etimologia: Anselmo = protetto da Dio, Dio gli è elmo, dal tedesco



    Emblema: Bastone pastorale



    Il celeberrimo Sant'Anselmo è una tra le più Grandi Glorie del Piemonte e della Valle d'Aosta, essendo nato verso il 1033 ad Aosta da madre Piemontese. I suoi genitori erano Nobili e ricchi: sua madre Ermemberga era una perfetta madre di Famiglia, mentre suo padre Gandolfo viveva immerso nei suoi impegni secolari. Anselmo sin dalla sua infanzia sognò di poter raggiungere Dio e nella sua semplicità ipotizzava che risiedesse sulla sommità delle montagne. Già avido di sapere, fu affidato ad un parente per un'accurata educazione, ma non essendo stato compreso dal brutale maestro cadde in una terribile crisi d'ipocondria. Per guarirlo occorsero tutto il tatto e l'amorevolezza della mamma, la quale finalmente lo affidò poi ai Benedettini d'Aosta. All'età di quindici anni Anselmo iniziò a sentire il desiderio di farsi Monaco, ma il padre non ne volle sapere preferendo farlo erede dei suoi averi. Le attrattive del mondo e le passioni prevalsero allora sul giovane, specialmente dopo la morte della madre. Il padre, che morì poi Monaco, lo prese in tale avversione che Anselmo decise di abbandonare la famiglia e la patria in compagnia di un servo.



    Dopo tre anni trascorsi tra la Borgogna e la Francia centrale, Anselmo si recò ad Avranches, in Normandia, ove venne a conoscenza dell'abbazia del Bec e della sua Scuola, fondata nel 1034. Vi si recò per conoscere il Priore, Lanfranco di Pavia, e restare presso di lui, come tanti altri Chierici attratti dalla fama del suo Sapere. I progressi nello Studio furono tanto sorprendenti che lo stesso Lanfranco prese a prediligerlo ed addirittura a farsi coadiuvare da lui nell'Insegnamento. In tale contesto Anselmo sentì rinascere in sé il desiderio di vestire l'Abito Monacale. Avrebbe però altri posti dove poter sfoggiare la sua Sapienza senza dover competere con il Maestro Lanfranco, ma non trovando valide alternative nel 1060 entrò nel Seminario Benedettino del Bec. Dopo soli tre anni di Regolare Osservanza meritò di succedere a Lanfranco nella Carica di Priore e di Direttore della Scuola, visto che quest'ultimo era stato destinato a Governare l'abbazia di Saint'Etienne-de-Caen. Nonostante il moltiplicarsi delle responsabilità, Anselmo non trascurò di dedicarsi sempre più a Dio ed allo Studio, preparandosi così a risolvere le più oscure questioni rimaste sino ad allora insolute. Non bastandogli le ore diurne per approfondire le Scritture ed i Padri della Chiesa, egli soleva trascorrere parte della notte in Preghiera e correggendo manoscritti. Ci si può fare un'idea del suo Insegnamento leggendo gli Opuscoli ed i Dialoghi da lui lasciati, alcuni dei quali sono veri e propri Piccoli Capolavori Pedagogici e Dogmatici.


    Sant'Anselmo fu indubbiamente un grande speculativo, ma anche un grande Direttore di Anime. La fama del suo Monastero si sparse ovunque ed attirò un'élite avida di Scienza e di Perfezione Religiosa. Egli se ne occupava in prima persona con cura speciale. Molte delle sue 447 lettere mostrano l'arte che possedeva per guadagnare i cuori, adattandosi all'età di ciascuno e puntando sull'affabilità dei modi. Alla morte dell'abate Herluin, il 26 agosto 1078 i Confratelli all'unanimità designarono Anselmo a succedergli. L'acutezza dell'intelligenza, la straordinaria dolcezza di carattere e la Santità della vita gli meritarono un immenso ascendente tanto nel Monastero quanto fuori. Intraprese relazioni con il Maestro Lanfranco, Nominato Arcivescovo di Canterbury nel 1070, e collaborò all'organizzazione di alcuni Monasteri Inglesi: ciò gli permise inoltre di farsi conoscere dalla Nobiltà del paese ed apprezzare dalla Corte di Londra.



    Nel 1076 Anselmo pubblicò il “Monologion” per soddisfare il desiderio dei Monaci di Meditare sull'Essenza Divina. Questa sua Prima Opera si rivelò un Capolavoro per la densità e lucidità di pensiero circa l'Esistenza di Dio, i suoi attributi e la Trinità. Ad essa seguì il “Proslogion”, più celebre della precedente per l'assai discusso argomento che escogitò a dimostrazione dell'Esistenza dell'Essere Supremo, in sostituzione dei lunghi e noiosi ragionamenti che aveva esposto nel “Monologion”. “Dio è l'Essere di cui non si può pensare il Maggiore; il concetto di tale Essere è nella nostra mente, ma tale essere deve Esistere anche nella realtà, fuori della nostra mente, perché, se esistesse solo nella mente, se ne potrebbe pensare un altro maggiore, uno, cioè, che esistesse non solo nella mente, ma anche nella realtà fuori di essa”.



    La fama di Anselmo si diffuse ancora di più in tutta Europa. Era talmente venerato e amato in Inghilterra che il 6 marzo 1093, in seguito alle pressioni dei Vescovi, dei signori e di tutto il popolo, fu eletto dal Re Guglielmo II il Rosso Arcivescovo di Canterbury, Sede ormai Vacante dalla morte di Lanfranco avvenuta nel 1089. La sua resistenza fu tenace ma inutile ed in riferimento alle difficoltà d'intesa tra il Re e il Primate affermò con i Vescovi ed i Nobili che l'accompagnavano: “Voi volete soggiogare insieme un toro non domo e una povera pecora. Il toro trascinerà la pecora tra i rovi e la farà a pezzi senza che sia servita a nulla. La vostra gioia si muterà in tristezza. Vedrete la Chiesa di Canterbury ricadere nella vedovanza vivente il suo Pastore. Nessuno di voi oserà resistere dopo di me e il Re vi calpesterà a piacimento”.


    La situazione della Chiesa Inglese era effettivamente molto triste in quel periodo a causa della simonia, della decadenza dei costumi e della violazione della Libertà Religiosa da parte del Re. Sant'Anselmo tentò di rimediare a tutto ciò, nella scia della Riforma adottata da Papa San Gregorio VII. Non destò quindi meraviglia se, nel 1095, scoppiò tra l'autorità secolare e quella Religiosa un aspro conflitto circa il riconoscimento del Pontefice Urbano II. Nulla convinse l'Arcivescovo a recedere dal suo proposito e, dopo molte difficoltà, nel 1097 poté recarsi a Roma per consultare il Papa stesso. Questi lo ricevette con grandi manifestazioni di stima e nel 1098 lo invitò al Concilio di Bari, convocato per ricondurre all'Unità della Chiesa gli aderenti allo scisma consumatosi nel 1054 tra Oriente ed Occidente. Nelle questioni discusse Sant'Anselmo apparve come il Teologo dei latini, confutando vittoriosamente le obiezioni degli avversari contro la Processione dello Spirito Santo da parte di entrambe la altre Persone della Santissima Trinità. Nel 1099 prese ancora parte al Sinodo di Roma, in cui furono ribaditi i Decreti contro la simonia, il concubinato dei Chierici e la reinvestitura laica. Partì poi per Lione, ove fu però costretto a trattenersi poiché il Re non lo autorizzava a tornare alla sua Sede. In Italia aveva completato il suo Grande Trattato sui “Motivi dell'Incarnazione”, mentre a Lione ne ultimò un altro “Sulla Nascita Verginale di Cristo e il peccato originale”.


    Nel 1110 Enrico Beauclerc successe al fratello Guglielmo sul Trono Inglese e, desiderando avere l'Arcivescovo di Canterbury tra i suoi sostenitori, lo invitò a ritornare. Il nuovo Sovrano non aveva però alcuna intenzione di rinunciare a spadroneggiare sulla Chiesa, motivo per cui nel 1103 Anselmo, inflessibile nella Difesa dei suoi Diritti, dovette una seconda volta andare in esilio a Roma. Dopo lunghe trattative con il nuovo Papa Pasquale II, il Sovrano rinunciò infine all'Investitura dei Feudi Ecclesiastici, accontentandosi solo dell'omaggio. Nel 1106 il Primate poté così ritornare nella sua Sede e dedicare all'intenso Lavoro Pastorale gli ultimi anni della sua vita. Non potendo più camminare, si faceva quotidianamente trasportare in Chiesa per assistere alla Messa. Sul letto di morte provò solo il rimpianto di non aver avuto tempo sufficiente per poter chiarire il problema dell'Origine dell'Anima. Sant'Anselmo morì il 21 aprile 1109 a Canterbury e fu sepolto nella Celebre Cattedrale. Il Pontefice Alessandro III nel 1163 concesse all'Arcivescovo Tommaso Becket, di Procedere all'Elevazione” del corpo del suo Predecessore, atto che a quel tempo corrispondeva a tutti gli effetti ad un'Odierna Canonizzazione. Sant'Anselmo d'Aosta fu infine Annoverato tra i Dottori della Chiesa da Clemente XI l'8 febbraio 1720. Il Martyrologium Romanum ed il Calendario Liturgico della Chiesa Universale commemorano il Santo nell'Anniversario della Nascita al Cielo. Aosta, sua Città Natale, ha dedicato la strada principale del centro storico alla memoria del suo Figlio più Celebre.



    Autore: Fabio Arduino
    _______________________
    Tratto dal sito:
    www.santiebeati.it





  2. #2
    Vecchia guardia di CR L'avatar di WIlPapa
    Data Registrazione
    Dec 2007
    Località
    Venegono Inferiore
    Messaggi
    2,691
    Iniziative per le celebrazioni anselmiane nel corso dell'anno in cui si celebra il nono centenario della sua morte (21 aprile 1109).

    Lunedì 16 marzo 2009 | Aula Magna Università della Valle d'Aosta | ore 17.30
    presentazione del volume "La verità sull'uomo. L'antropologia di Anselmo d'Aosta"
    di Matteo Zoppi; interventi di L. Mauro e L. Malusa

    Giovedì 19 marzo 2009 | Salone Aurora di Maria Immacolata in Aosta | ore 20.45
    "Insegna al mio cuore dove e come cercarti...
    Tracce di riflessione sulla spiritualità di Anselmo", Manuela Lucianaz

    Lunedì 30 marzo 2009 | Scuola primaria di Gressan | ore 15.00
    presentazione dei volumi per bambini e ragazzi sulla vita di Sant'Anselmo
    "Sant'Anselmo, un amico da scoprire"
    a cura delle monache benedettine del monastero Regina Pacis di Saint-Oyen
    "Il tesoro di Anselmo" di Manuela Lucianaz

    Domenica 19 - Martedì 21 aprile 2009 | Liceo classico di Aosta e UNI-VdA
    Certamina per studenti
    (19/4 arrivo partecipanti, 20/4 svolgmento prove, 21/4 premiazioni)

    Domenica 19 aprile 2009 | Chiesa di Santa Croce in Aosta | ore 21.00
    VII edizione del Concerto di Sant'Anselmo a cura della Cappella Musicale di San Grato

    Lunedì 20 aprile 2009 | Biblioteca regionale di Aosta | ore 18.00
    presentazione del volume "Eadmero e Giovanni di Salisbury, Due Vite di Anselmo"
    a cura di Inos Biffi

    Martedì 21 aprile 2009 | Salone del Palazzo Vescovile di Aosta | ore 11.00
    presentazione degli interventi svolti nella Cattedrale e riapertura del Museo del Tesoro

    Martedì 21 aprile 2009 | Cattedrale Santa Maria Assunta di Aosta
    17.30, inaugurazione del cenotafio di Sant'Anselmo (ingresso meridionale)
    18.00, SOLENNE EUCARISTIA presieduta da S.Em. il Card. Giacomo Biffi

    Giovedì 7 maggio 2009 | Chiotro della Cattedrale di Aosta | ore 16.00
    Apertura della mostra sulla figura di Sant'Anselmo d'Aosta

    Giovedì 1 - Sabato 3 ottobre 2009 | Palazzo regionale di Aosta | seguiranno dettagli
    Congresso internazionale "Anselmo d'Aosta, figura europea"

    NELL'AMBITO DEL CONVEGNO:
    • presentazione del volume "Eadmero, Historia Novorum" a cura di Inos Biffi
    • presentazione del documentario istituzionale sulla figura di Sant'Anselmo d'Aosta
    • suite musicale in onore del Santo (1 ottobre 2009 | Cattedrale | ore 21.00)
    • solenne Eucaristia (2 ottobre 2009 | Collegiata di Sant'Orso | ore 18.00)

    Sabato 21 novembre 2009 | Maison Saint Anselme di Gressan | ore 15.00
    inaugurazione della nuova sede dell'Académie Saint Anselme

    Lunedì 7 dicembre 2009 | Chiesa parrocchiale di Challand-Saint-Anselme | ore 20.30
    Conferenza sulla figura di Anselmo, intermezzo musicale, proiezione documentario
    Chiusura ufficiale delle celebrazioni anselmiane

    fonte:http://www.diocesiaosta.it/chiesa/in...ndanselmo.html
    "Vi scongiuro, sosteniamoci in questo cammino" Card.Angelo Scola

  3. #3
    Moderatore Globale L'avatar di Vox Populi
    Data Registrazione
    Apr 2006
    Località
    casa mia
    Messaggi
    65,108
    19/04/2009 17.01.05
    Al via le celebrazioni a chiusura dell’Anno dedicato a Sant’Anselmo



    Si conclude con una settimana di manifestazioni che hanno inizio oggi l’Anno Anselmiano, indetto dalla diocesi di Aosta nel IX centenario della morte di Sant’Anselmo. Proprio nella città che ha dato i natali al monaco benedettino, presiederà liturgie ed iniziative culturali il cardinale Giacomo Biffi, inviato speciale del Papa che ha scritto una lettera per l’occasione. Anselmo di Aosta è morto il 21 aprile del 1109 e proprio martedì si apre a Roma, al Pontificio Ateneo Sant’Anselmo, un simposio internazionale sul pensiero dell’arcivescovo di Canterbury. Tiziana Campisi ha chiesto a don Roberto Nardin, benedettino dell’Abbazia di Monte Oliveto Maggiore e docente dell’Università Lateranense e dell’Ateneo anselmiano, quale contributo ha offerto alla storia la figura di Sant’Anselmo:

    R. – Direi l’importanza della ragione, ovvero il poter indagare il mistero di Dio non semplicemente dalla fede ma da una fede che indaga all’interno, sforzandosi di cogliere in profondità le ragioni della fede, quindi una fede che dialoga con la ragione: al punto che Anselmo direbbe: si potrebbero togliere alcuni “pezzetti” di fede e la ragione me li farebbe vedere perché c’è un legame talmente forte tra fede e ragione che se manca “un pezzetto” di fede la ragione mi mostra quel pezzetto. Quindi c’è un legame molto forte, non c’è antagonismo, ma collaborazione, con la preminenza della fede. Non è la ragione che dimostra la fede, è la fede che indaga nella ragione.


    D. – Come si rivolgerebbe Sant’Anselmo all’uomo di oggi?


    R. – Io direi: avere più fiducia nella ragione. Oggi siamo nell’epoca del pensiero debole, dove il piccolo frammento che la ragione intuisce ha la pretesa di essere assoluto. Sono adesso sempre di più i “fondamentalismi”, dove il piccolo frammento ha la pretesa di ergersi come dignità assoluta, ha la pretesa di diventare Dio; c’è una “visione idolatrica” dei frammenti. Sant’Anselmo direbbe: è tutta la ragione che deve essere indagata, non soltanto il frammento e, comunque, nella prospettiva della fede.


    D. - Cosa può “regalare” l’Anno anselmiano alla Chiesa?


    R. – Questa apertura del cuore nel cogliere la totalità della realtà, come ha fatto Anselmo. Guardando la vita di Anselmo vediamo una vita che ha accolto la fedeltà della sua vocazione nella storia. Ha fatto il monaco, veramente il monaco. Poi è arrivata la vocazione episcopale: ha fatto veramente l’arcivescovo, ha sofferto l’esilio due volte pur di tenere fede alla vocazione di custode della Chiesa in Inghilterra.


    D. – Ci può lasciare con un pensiero, con parole di Sant’Anselmo?


    R. – Il programma di Anselmo è molto lineare, limpido: “Fides quaerens intellectum”, è proprio la fede che cerca l’intelletto, che cerca la ragione, una fede matura, una fede che accoglie il volto di Cristo nella propria vita, quindi, non una fede astratta, teorica, intellettuale, ma una fede vissuta, una ricerca profonda, con tutto il cuore con tutto me stesso, non solo con una parte; e infine la ragione che diventa l’obiettivo con il quale comprendere ancora meglio la fede.

    fonte: Radio Vaticana
    Oboedientia et Pax

  4. #4
    Partecipante a CR L'avatar di gionni
    Data Registrazione
    Jan 2009
    Località
    CECCANO
    Età
    30
    Messaggi
    990
    Nella Chiesa di Sant'Anselmo a Roma,non si farà nulla per la sua festa?

  5. #5
    Vecchia guardia di CR L'avatar di WIlPapa
    Data Registrazione
    Dec 2007
    Località
    Venegono Inferiore
    Messaggi
    2,691
    di Franco Cardini

    Anselmo e la nascita dell’Occidente

    Anselmo d’Aosta: ancora meno di una reminiscenza liceale, per chi ha fatto storia della filosofia con un bravo insegnante. Non fosse per questa bislacca ma ormai radicata abitudine di far cultura per anniversari e per centenari, probabilmente pochi, anche fra i teologi, si sarebbero ricordati di lui: un teologo che si rispetti oggi deve aver letto Barth, Bultmann – quindi Heidegger –, Küng, non certo l’autore del Monologion.
    Ma c’è il fatto del novecentenario della scomparsa: nato ad Aosta nel fatidico 1033 ( mille anni dopo la data tradizionale della morte del Cristo: c’era chi aspettava la fine del mondo in quell’anno) o forse l’anno dopo, morto a Canterbury il 21 aprile del 1109, data della sua festa liturgica dopo la canonizzazione voluta nel 1163 da papa Alessandro III. Chi si sarà preso la briga di dare un’occhiata a una buona enciclopedia, si sarà accorto che quest’ecclesiastico nato tra i monti e finito Oltremanica era tutt’altro che un personaggio dappoco. In effetti, si è davanti a un gigante del pensiero occidentale: il più grande forse, dopo Agostino e Giovanni Scoto Eriugena e prima di Bernardo di Clairvaux, di Abelardo e di Tommaso d’Aquino. Anzi, l’ultimo di essi non sarebbe nemmeno concepibile senza Anselmo da una parte, la filosofia aristotelica rientrata nel circolo del pensiero occidentale grazie alle traduzioni dal greco attraverso l’arabo e al commento di Averroè dall’altra. Difatti Anselmo, venerato nella tradizione sapienziale della Chiesa come Doctor magnificus, è considerato il ' padre' della filosofia scolastica. Il che è come dire che egli appartiene al ristretto novero dei fondatori del pensiero moderno: quindi della Modernità. Ma, per vedere come, bisogna sinteticamente ricordare chi fosse.
    Fu, anzitutto, un uomo della grande riforma ecclesiastica e per molti aspetti anche politica del secolo XI, quella che prese il suo avvio dall’abbazia benedettina di Cluny in Borgogna e da alcune diocesi dell’area renana saldamente guidate da un gruppo di vescovi sovente di nascita aristocratica ( talvolta imparentati con gli imperatori delle case di Sassonia e di Franconia) caratterizzati da una raffinata cultura teologica e da un robusto e profondo senso morale. Non a caso, ad autorizzare per primo il culto indirizzato alle sue reliquie fu un altro papa- riformatore, Alessandro III: anche se si dovette aspettare il 1494 per vederlo canonizzato e il 1720 per assistere alla sua proclamazione di Dottore della chiesa.
    Anselmo fu uno dei protagonisti di quella riforma dell’XI secolo ch’è riduttivo definire – come ancor oggi si fa in alcuni manuali di scuola – ' gregoriana', dal nome del cluniacense Ildebrando di Soana, papa col nome di Gregorio VII ( 1020- 1075): ben altre figure contribuirono a quel movimento complesso che liberò il clero latino dalla soggezione rispetto alle aristocrazie militari laiche e ne rifondò letteralmente la vita etica, disciplinare e culturale; e per il quale fu del resto pagato per questo un prezzo altissimo a causa dei contraccolpi che ne furono determinati, dallo ' scisma d’Oriente' che nel 1054 separò definitivamente la Chiesa latina da quella greca, e che perdura tuttora, sino al diffondersi di nuove forme di eresia che presero l’avvio dalla contestazione del clero corrotto per degenerare abbastanza presto in forme diffuse di ribellismo antidisciplinare.
    Tappe fondamentali del movimento furono la lotta alla venalità nella compravendita degli uffici ecclesiali ( la ' simonia'), uso corrente nella Chiesa infeudata ai poteri laicali, e contro l’uso che consentiva il matrimonio e che sorvolava con indulgenza sullo stesso concubinato del clero secolare. D’altronde l’obbligo del celibato ( che va ovviamente distinto dal voto di castità, cosa che riguardava e riguarda solo il clero regolare, cioè i monaci), che fu appunto introdotto dai riformatori e che ebbe il pregio di liberare i chierici dalle cure e dagli obblighi di tipo familiare – che troppo spesso conducevano all’alienazione dei beni della Chiesa, dei quali i familiari dei chierici tendevano ad appropriarsi – fu uno dei tratti distintivi d’una divergenza disciplinare e morale che condusse alla rottura con le Chiese d’Oriente, rigorosissime per quanto riguarda la castità dei monaci ma nelle quali i legami coniugali del basso clero erano ( e permangono) consentiti: ma nelle quali, attenzione, i vescovi provengono unicamente dal ' clero bianco', cioè dai monasteri.
    Non va d’altro canto dimenticato che la riforma del secolo XI fu resa possibile, tra gli altri fattori, anche dall’alleanza che i riformatori seppero contrarre con alcuni settori della vita civile del tempo: una parte dell’aristocrazia che siamo abituati a definire ' feudale', il clero e il popolo di molti centri urbani ( in Italia vanno ricordati almeno i casi di Milano, di Pavia, di Piacenza, di Lucca, di Firenze) e soprattutto alcune bande di avventurieri straordinariamente dotati in termini d’intelligenza politica che scendevano nella penisola italica, lungo la Via Francigena che conduceva i pellegrini a Roma e poi al monastero pugliese dell’arcangelo Michele sul Gargano e che finivano con l’andar a combattere i bizantini nell’Italia meridionale continentale e i saraceni in Sicilia. Erano quelli noti complessivamente come ' normanni', per quanto provenissero anche da altre aree della Francia settentrionale limitrofe alla Normandia, come il Maine e l’Anjou. Fu grazie al sostegno di una splendida dinastia di abili ed energici tagliagole normanni, gli Hauteville ( per gli italiani ' Altavilla'), oltre ad alcuni grandi principi imperiali della penisola, come Matilde di Canossa marchesa di Toscana, se i riformatori poterono trionfare e imporsi agli ambienti ancora tradizionalisti della Chiesa e della società.

    La riforma aveva quindi consentito, tra le altre cose, la creazione di un legame diretto tra la penisola italica e il settentrione francese: ne è prova, tra l’altro, il diffondersi del culto dell’arcangelo Michele, molto diffuso nel mondo guerriero, tra il santuario di Puglia e quello bretone- normanno di Mont- Saint- Michel. Sul fascio viario che dal Gargano conduce al santuario michelita di Normandia sorge, guarda caso, un altro ' alto luogo' dedicato all’arcangelo: la Sacra di San Michele che domina la Val di Susa.
    La tradizione agiografica vuole che Anselmo fosse disceso, da parte di madre, da una grande famiglia aristocratica savoiardo*borgognona, e che dalla madre appunto avesse ereditato il profondo senso religioso che lo condusse a trasferirsi in Normandia per seguire l’insegnamento del più grande maestro di teologia e di filosofia del tempo, Lanfranco di Pavia, priore dell’abbazia benedettina di Le Bec. Giunse venticinquenne in quel monastero, nel 1059; vi prese i voti nell’anno successivo, il 1060, e nel ’ 63 sostituì nella prioria e nell’insegnamento il maestro che era stato trasferito al monastero di Santo Stefano di Caen.
    Nel 1078 Anselmo venne eletto all’unanimità abate di Le Bec; rimase nell’abbazia, governandola e intanto studiando, fino al 1092. Prima come priore, quindi come abate, dovette affrontare numerosi viaggi – un’attività di solito vietata o comunque sconsigliata ai monaci –: e recarsi, in particolare, a Canterbury, l’importante sede episcopale inglese protetta dal conquistatore normanno dell’Inghilterra, Guglielmo duca di Normandia ( detto, appunto, ' il Conquistatore') e della quale il suo maestro Lanfranco era divenuto vescovo. Tutta la vita e la carriera di Anselmo si svolgono, e in parte almeno si comprendono, alla luce del magistero di Lanfranco e della protezione dei duchi di Normandia divenuti re d’Inghilterra.

    Tuttavia, la strada dei riformatori conduceva prima o poi, si direbbe fatalmente, allo scontro con i detentori del potere politico per la libertà della Chiesa: Anselmo dovette affrontare, una volta divenuto a suo turno arcivescovo di Canterbury e primate d’Inghilterra, i successori di Guglielmo il Conquistatore, cioè Guglielmo II ed Enrico I. Fu uno scontro sfibrante, durissimo, amaro, che lo condusse due volte sulla via dell’esilio sino alla morte, settantacinquenne circa, nel 1109. Nella contesa con l’autorità civile la vita di Anselmo è pertanto obiettivamente il modello per i successivi e più tragici casi – sempre inglesi – del duello tra Enrico II e san Tommaso Becket e di quello tra Enrico VIII e san Tommaso Moro.
    Nonostante la vita di Anselmo sia stata, per gli standard del suo tempo, piuttosto lunga, è straordinaria la mole di lavoro scientifico ch’egli fu in grado di produrre pur tra cure temporali, viaggi e contese violente. Autore di opere teologiche e filosofiche destinate a divenir fondamentali nel pensiero occidentale, come il Proslogion, il Monologion e il Cur Deus Homo. Il nucleo profondo del pensiero di Anselmo insiste sul rapporto tra concetto di perfezione assoluta e realtà esistenziale ed essenziale: dal momento che Dio è ' l’Essere perfettissimo', la realtà è sua caratteristica intrinseca in quanto attributo della perfezione. Di una cosa inesistente, non si potrebbe mai dire ch’essa sia perfetta.
    L’argomentazione anselmiana svolta al riguardo nel Proslogion, pur oggetto fin dal suo tempo di dure critiche alle quali il santo replicò nel Liber apologeticus, fu ripresa, approfondita e perfezionata da Tommaso d’Aquino, che l’utilizzò come base per le sue celebri prove dell’esistenza di Dio, rimaste incontestate fino ad Immanuel Kant, che ne fornì la definizione di ' prove ontologiche'.
    Ma, soprattutto, la ' modernità' e l’' occidentalità' di Anselmo si fonda sul trattato del quale il Proslogion è la prosecuzione, cioè sul Monologion, dove egli assegna alla ragione umana il compito di tradurre le certezze della fede in evidenze umanamente comprensibili. È l’intelligo ut credam, la necessità di comprendere per rafforzare la fede stessa ( fides quaerens intellectum), per quanto resti fermo che la ragione è insufficiente per giungere alla radice ultima della fede, che resta per sua natura metarazionale e che può presentarsi addirittura, data la limitatezza della ragione, come ad essa opposta ( credo quia absurdum). In questo senso Anselmo è al tempo stesso il ' padre' del metodo scolastico, che Pietro Abelardo canonizzerà attraverso l’impiego sistematico della dialettica, ma anche della consapevolezza dell’antinomia fede- ragione che apologetica e patristica, fondandosi sul commento alla Scrittura e sull’indiscutibilità del primato della fede sancito dal concilio di Nicea del 325, avevano messo da parte, mentre la Modernità lo ha riproposto in tutto il suo esplosivo potenziale tragico, che solo la mistica è in grado di superare. Anche per questi motivi, novecento anni dopo, Anselmo d’Aosta, di Le Bec e di Canterbury – un autentico santo europeo – continua ad essere nostro contemporaneo.

    fonte: Avvenire
    "Vi scongiuro, sosteniamoci in questo cammino" Card.Angelo Scola

  6. #6
    Moderatore Globale L'avatar di Vox Populi
    Data Registrazione
    Apr 2006
    Località
    casa mia
    Messaggi
    65,108
    Anselmo d'Aosta e l'«unum argumentum»

    Storia di un malinteso

    di Alessandro Ghisalberti


    Negli ultimi decenni una cospicua serie di monografie e di saggi pubblicati a livello internazionale ha testimoniato l'interesse degli studiosi per una rilettura attenta e fedele all'ispirazione euristica e metodologica del Proslógion di Anselmo d'Aosta, in particolare dell'unico argomento (unum argumentum) sviluppato nei capitoli 2-4 dell'opera. Anselmo nel Proemio all'opera lo presenta come l'argomento unico, che per essere provato non necessita di altro che di sé solo. Ritenendo condivisibile la tesi degli interpreti più recenti - tra cui spiccano Michael Corbin, Jean-Luc Marion, Pavel Evdokimov, Coloman Etienne Viola - i quali individuano una notevole divergenza tra l'argomento sviluppato da Anselmo nel Proslógion e la rielaborazione compiuta nella successiva storia della filosofia, che l'ha costretto nella denominazione di "argomento ontologico", intendiamo qui proporre una lettura puntuale dei tre capitoli menzionati dell'opera anselmiana, rimarcandone successivamente la distanza dalla rielaborazione fatta dai sostenitori dell'argomento ontologico.
    Nel Proslógion Anselmo si dichiara insoddisfatto delle argomentazioni dialettiche su Dio, la creazione e la Trinità, elaborate in una precedente opera intitolata Monólogion, perché troppo ampie e frammentate; nel frattempo la ricerca di un argomento dalla forza probativa più concentrata ha avuto successo e, nel suo nucleo dialettico essenziale, esso coincide con una precisa nozione di Dio come "ciò di cui non si può pensare il maggiore". Anselmo ricava la formula dalla tradizione - in particolare da Agostino e da Boezio - ma la ritiene anche una valida sintesi dei connotati del Dio della rivelazione biblica, e perciò la introduce con il verbo "crediamo", che vale sia per dire di un dettato della fede, sia per esplicitare una denominazione coestesa con la struttura del pensiero, riscontrabile in ogni tradizione culturale o religiosa che attribuisca un significato alla parola "Dio".
    Di fronte a questa nominazione di Dio, Anselmo passa a valutare la posizione dell'insipiente - desunta da un passaggio del Salmo 13 - il quale afferma che Dio non esiste, e si domanda che cosa può significare l'affermazione "Dio non esiste". Perché l'affermazione raggiunga un livello di comprensione da parte dell'intelletto, l'insipiente deve riferirsi al termine Dio intendendolo come ciò di cui non si può pensare il maggiore; pertanto il senso del suo dire si traduce nell'affermazione che Dio esiste solo nell'intelletto: infatti, se di esso negasse l'esistenza anche nell'intelletto, l'insipiente non potrebbe attribuire più alcun significato alla parola Dio, né alla sua negazione.
    In questa direzione circoscritta, la negazione dell'esistenza di Dio - riportata, in positivo, all'affermazione che Dio esiste solo nell'intelletto e non nella realtà - implica una contraddizione: è contraddittorio dire che ciò di cui non si può pensare il maggiore sia ciò che esiste solo nell'intelletto, poiché io posso pensarlo esistente anche nella realtà, e così facendo penso qualcosa di "maggiore".
    Non resta perciò che respingere la posizione dell'insipiente perché inficiata da manifesta contraddizione. Anselmo si appella all'evidenza: non siamo di fronte ad una dimostrazione vera e propria, articolata in premessa maggiore e minore; l'esistenza nella realtà (in re) non significa esistenza empirica, ma esistenza in generale o esistenza reale, e la forza probativa della conclusione è demandata al principio di non-contraddizione, ossia è immediatamente evidente l'aporeticità della tesi dell'insipiente, il quale, confinando ciò di cui non si può pensare il maggiore nel solo intelletto, finisce con affermare che non è ciò di cui non si può pensare il maggiore. La contraddizione è tolta solo affermando che ciò di cui non si può pensare il maggiore deve essere pensato esistente e nel pensiero e nella realtà.
    Nel successivo capitolo terzo Anselmo presenta una seconda argomentazione, volta a rafforzare la conclusione precedente, facendo vedere che, in ultima istanza, si deve concludere che Dio esiste in modo così vero che non può nemmeno essere pensato non esistente, sia per cogenza della ragione dialettica, sia secondando l'istanza teologica, connessa con la "logica della rivelazione": dire che Dio non esiste significa dire - senza poterlo pensare - che ciò di cui non si può pensare il maggiore è ciò di cui si può pensare il maggiore, ossia equivale a dire: Dio non è Dio; Dio è un idolo; Dio è pari a una qualsiasi cosa creata, di cui si può pensare il maggiore:
    L'ultimo interrogativo del capitolo terzo, apparentemente retorico, è assai importante: se è così evidente alla mente razionale che Dio esiste più di ogni altra cosa, perché l'insipiente dice che Dio non esiste? In realtà lo dice, precisa Anselmo, ma non può pensarlo, e quindi l'insipiente è realmente uno stolto, che non sa quello che dice, e che vorrebbe negare la struttura originaria della mente, ossia la sua capacità di pensare il massimo del pensabile, un massimo che non può essere trasceso né da altro essere, né dal pensiero. Anselmo si assesta in una posizione teoretica che proclama l'evidenza della coincidenza di "ciò di cui non si può pensare il maggiore" con l'essere che non può non essere pensato esistente, e ciò vale solo per la formula dell'unico argomento; è altresì evidente che esso è più grande di tutto quanto si possa pensare, ossia che deve essere pensato come impensabile.
    L'unico argomento di Anselmo, denominato a partire dal secolo XVIII "argomento ontologico", ha avuto diverse valutazioni e riprese nella storia della filosofia: l'hanno criticato Gaunilone, Tommaso d'Aquino, Kant; l'hanno considerato valido, con rielaborazioni, Duns Scoto, Leibniz, Wolff, Hegel.
    La presentazione dell'argomento ancor oggi prevalente nei manuali di storia della filosofia è così riassumibile: Anselmo vorrebbe dare una vera e propria dimostrazione dell'esistenza di Dio, partendo dal concetto di Dio come essere supremo dalla perfezione insuperabile. Paradigmatica la formulazione dell'argomento che si riscontra nella Quinta Meditazione Metafisica di Cartesio, che intende Dio come l'essere perfettissimo: all'essere che assomma in sé la totalità delle perfezioni pensabili non può mancare la perfezione dell'esistenza nella realtà. La lettura cartesiana riconduce cioè l'argomento all'idea che dall'essenza di Dio si ricavi la sua esistenza; questa lettura è stata quella sempre proposta dagli avversari dell'argomento di Anselmo, a cominciare da Gaunilone, che ha ritenuto insostenibile la prova, perché l'idea del perfettissimo può essere una proiezione vuota del pensiero, pari a quella di un'isola sperduta nell'oceano piena di ogni dovizia. Ma siffatta lettura è stata considerata inautentica e illegittima dallo stesso Anselmo, nella risposta a Gaunilone: "In primo luogo, spesso mi fai dire che l'ente maggiore di tutti è nell'intelletto e che, se è nell'intelletto, esiste anche nella realtà, altrimenti l'ente maggiore di tutti non sarebbe maggiore di tutti; ma una tale argomentazione, in tutto ciò che io ho detto, non si trova in alcun luogo" (Risposta di Anselmo a Gaunilone, 5).
    In questo modo Anselmo evidenzia il cardine del suo argomento, che non ricorre all'idea di perfettissimo, ma all'idea di essere intrascendibile detto con formula negativa: "Ciò di cui non si può pensare il maggiore".
    La formulazione dell'unico argomento attesta cioè l'evidenza dell'esistenza di Dio, provando paradossalmente che essa non deve essere "dimostrata", dal momento che si "prova" con evidenza che chi la nega è "insipiente", ossia si assesta nell' impossibilità di pensare.



    (©L'Osservatore Romano - 20-21 aprile 2009)
    Oboedientia et Pax

  7. #7
    Moderatore Globale L'avatar di Vox Populi
    Data Registrazione
    Apr 2006
    Località
    casa mia
    Messaggi
    65,108
    Il teologo negli scritti di Eadmero e Giovanni di Salisbury

    Le tante vite del Magnifico

    di Stefano Maria Malaspina



    Quello anselmiano è un nuovo modo di concepire la relazione tra logica e scienza sacra, capace di inaugurare un nuovo periodo, nell'adozione di un linguaggio originale: "Per la prima volta dopo Agostino un pensatore cristiano di lingua latina costruisce un'opera, forgia degli strumenti, inventa una lingua" (Alain De libera).
    Non siamo però di fronte ad una concezione razionalistica della ragione; "siamo semplicemente in una ragione riconosciuta, obiettiva, intesa all'evidenza umana che soddisfa" (Inos Biffi).
    Vale per tutte le sue opere filosofiche e teologiche: dal trattato di dialettica, il De Grammatico, al De veritate e al De libertate arbitrii; dal Monólogion e Proslógion, al Cur Deus homo.
    Si potrebbe dire che non esiste nucleo teologico fondamentale che da Anselmo non sia stato affrontato: così è per la creazione, la caduta, la redenzione, la predestinazione, la libertà, la rettitudine, il bene e il male, fino alla ben nota formulazione di una prova originale dell'esistenza di Dio.
    Il Dottore Magnifico - è il giudizio ancora di Alain De Libera - passa così, con la disinvoltura propria di chi possiede genio teologico, dall'apologia difensiva ai vertici della speculazione.
    Ma l'Anselmo pensatore che si avvale degli strumenti della ricerca filosofica con l'obiettivo di giungere coraggiosamente alle "ragioni necessarie", sul quale si è spesso focalizzata l'attenzione degli studiosi, non ha mai smesso di essere l'Anselmo conosciuto, incontrato e amato dai suoi monaci, che educava con similitudini e parabole e formava sui comportamenti umani.
    Ed è stata anzitutto la sua personalità ad attrarre lo sguardo dei contemporanei, e non solo dei teologi: "Se il pensiero sottile e audace di Anselmo destava interesse presso gli uomini di studio e di scuola, la sua bontà, i suoi gesti pieni di grazia, la sua parola accessibile e suadente, lo rendevano popolare e attraevano facilmente la gente che lo incontrava nei suoi numerosi e tribolati viaggi" (Inos Biffi).
    Tanto che sarà lui stesso a scrivere, in una delle sue lettere: "Siete stati in molti, se non quasi tutti, a venire al Bec per me".
    Fra i testimoni della ricca personalità di Anselmo - splendida figura di monaco, di pensatore e di pastore d'anime, che appare tra le più luminose e originali nella tradizione della Chiesa e nella stessa storia del pensiero occidentale europeo - svolge un ruolo di primo piano Eadmero. Il monaco, testimone diretto di molte delle vicende del primate di Inghilterra, e suo compagno di esilio e di peripezie, ebbe il privilegio di vivere a lungo fianco a fianco dell'arcivescovo di Canterbury, potendo così raccogliere racconti e confidenze sui tempi anteriori alla sua partenza da Aosta.
    La sua Vita è un documento fondamentale per la biografia, e anche punto di riferimento per l'approfondimento dello sviluppo del suo pensiero. Singolari, tuttavia, sono le circostanze in cui questa biografia è stata composta e si è conservata, e ne rende ragione lo stesso autore: Anselmo infatti aveva ordinato la distruzione degli appunti che Eadmero aveva annotato, e che solo con uno stratagemma riuscì a salvare, rimanendo però escluso da ulteriori confidenze nell'ultimo periodo della vita del primate inglese, che pur lo aveva definito "bastone della mia vecchiaia".
    Grazie a lui sono disponibili numerosi tratti della storia e della personalità anselmiana che altrimenti non potrebbero essere conosciuti. Prendono dunque forma il legame con la famiglia di origine, la città di Aosta e le montagne che la circondano - tema ricorrente anche nei suoi sogni - la non semplice scelta della vita monastica, ostacolata dalla resistenza paterna, la ricerca di un maestro, trovato in Lanfranco di Pavia, e di un ambiente monastico, caduta su Le Bec, i trentatré anni lì trascorsi, dapprima come monaco e poi come priore e come abate, l'attenzione educativa nei confronti dei giovani monaci, la riluttanza e le vane resistenze nei confronti della nomina episcopale, l'opposizione verso le ingerenze dei regnanti, in nome della libertà della Chiesa, che costò difficili anni di esilio, conclusi con il rientro alla sede primaziale di Canterbury, e infine i miracoli avvenuti dopo la sua morte.
    Questa testimonianza di prima mano è ora pubblicata in italiano, accompagnata da una seconda Vita di sant'Anselmo, breve e chiara: è quella di Giovanni di Salisbury, uno dei più celebri scrittori del medioevo, un umanista ante litteram dallo stile accurato e dalla narrazione lineare e nitida, che si riferisce ampiamente alle testimonianze di Eadmero.
    Il volume (Eadmero e Giovanni di Salisbury, Vite di Anselmo d'Aosta, Milano, Jaca Book, 2009, a cura di Inos Biffi, Aldo Granata, Stefano Maria Malaspina, Costante Marabelli con la collaborazione di Antonio Tombolini, pagine 560, euro 58) include inoltre una vita brevior, alcuni epitaffi, un epicedio e altre testimonianze contemporanee.
    Continua così, con l'illuminato patrocinio della Regione Autonoma Valle d'Aosta, la pubblicazione in lingua italiana, sempre accompagnata dal testo latino a fronte, dei testi della ricca costellazione anselmiana.
    Così era stato per l'edizione dell'epistolario, fonte preziosa per una conoscenza intima della tenacia del santo nella ricerca dell'indipendenza della Chiesa, del rigore logico nella ricerca della verità, dell'affetto per i monaci a lui affidati nella tensione al loro ultimo bene.
    Queste lettere - scriveva Richard William Southern, il grande specialista di sant'Anselmo, tra l'altro, autore dell'edizione critica della Vita Sancti Anselmi redatta da Eadmero - "contengono la documentazione migliore di cui disponiamo per comprendere parecchi aspetti del suo spirito e della sua personalità", in particolare quelle del suo periodo a Le Bec, dove fra i numerosi temi "ce n'è uno che eclissa tutti gli altri per il modo vivido in cui è espresso. È il tema dell'amicizia".
    Ha inoltre contribuito alla conoscenza di Anselmo anche un'opera singolare, che ebbe larghissima diffusione del medioevo, ossia le Orazioni e Meditazioni, di cui Sofia Vanni Rovighi suggeriva la lettura "per avere un'idea della sua personalità, del suo temperamento affettivo, della profondità del suo senso religioso".
    Sembra perciò quasi trovare compimento il desiderio espresso da Giovanni di Salisbury nel prologo alla sua Vita, che di Anselmo scriveva: "Se uno desidera conoscere - e sarebbe indubbiamente utile per tutti - quanto grande egli sia stato, legga con attenzione i libri da lui scritti su vari temi e le sue lettere; faccia passare la storia scritta su di lui e sui recenti re degli inglesi, compresi i due libri sulla sua vita e la sua condotta stesi con stile accurato e con estrema oggettività dal venerabile monaco e presbitero Eadmero"; l'Historia Novorum in Anglia, di prossima edizione per la cura di Antonio Tombolini, metterà a disposizione un'ulteriore fonte per la conoscenza e lo studio del santo di Aosta, Le Bec e Canterbury.



    (©L'Osservatore Romano - 20-21 aprile 2009)
    Oboedientia et Pax

  8. #8
    Vecchia guardia di CR L'avatar di WIlPapa
    Data Registrazione
    Dec 2007
    Località
    Venegono Inferiore
    Messaggi
    2,691
    AOSTA / OGGI ALLE 18
    Sant’Anselmo: su Sat2000 Messa con Biffi

    Nell’ambito delle celebrazioni per il nono centenario della morte di sant’Anselmo, oggi alle 18, nella cattedrale di Aosta, il cardinale Giacomo Biffi, inviato speciale di papa Benedetto XVI e arcivescovo emerito di Bologna, presiede la celebrazione eucaristica nel giorno della memoria liturgica del grande vescovo e dottore della Chiesa.
    La celebrazione sarà trasmessa in diretta su Sat2000, preceduta da uno ' speciale' di approfondimento sulla figura di sant’Anselmo, con inizio alle 17,40.


    Fonte : Avvenire
    "Vi scongiuro, sosteniamoci in questo cammino" Card.Angelo Scola

  9. #9
    princeps ecclesiae
    visitatore
    Amarcord, sant'Anselmo
    di Gianfranco Ravasi
    in “Il Sole-24 Ore” del 19 aprile 2009 (inserto "Domenica")

    «Io non credo in Dio... Detto questo, chi come me si occupa di filosofia immiserirebbe il suo campo d'indagine e isterilirebbe la sua mente se rinunciasse a riflettere su argomenti religiosi.
    Quell'oggetto inconcepibile che è Dio non può non chiamare a raccolta tutte le nostre risorse
    intellettuali; non esiste grande pensatore che non sia stato spronato ad affrontarlo dando il meglio di sé, sia pure sotto forma di critiche acute e impietose». Così Ermanno Bencivenga, 59 anni, calabrese trapiantato in California, ove insegna filosofia all'università di Irvine, apre il suo significativo, denso (e un po' arduo) saggio sulla
    Dimostrazione di Dio, da poco edito presso Mondadori. Non è nostra intenzione presentarlo ora, anche se salutiamo una riflessione "ateologica" seria dopo i libelli irriverenti, vani e vanitosi, gli ateismi "stradali" o l'ultimo negazionismo eroticoedonistico alla Onfray.
    Citiamo Bencivenga perché il suo primo capitolo parte dall'analisi dell'argomentazione di Anselmo d'Aosta sull'esistenza di Dio e dalla relativa replica critica di un altro teologo, come lui monaco benedettino, un certo Gaunilone. Prima abate di Bec in Normandia, ove compose il celebre dittico teologico del
    Monologion e del Proslogion - transitando dal genere del "soliloquio" a quello del "colloquio" - e poi, con obbedienza sofferta, arcivescovo di Canterbury nel 1093, Anselmo è una delle figure più alte del pensiero medievale, saldamente attestato sul crinale tra filosofia e teologia, tanto da creare dispute tra i suoi esegeti sulla corretta sua collocazione: teologo per Karl Barth, teologo mistico per Anselm Stolz, filosofo per Adolf Kolping, apologeta per Franciscus Salesius Schmitt, "filosofia nell'unità della teologia" quella anselmiana per Gottlieb Söhngen.
    Finito nei manuali scolastici per una sua famosa definizione di Dio come
    id quo maius cogitari
    nequit,
    ossia come l'Essere «di cui non si può pensare nulla di più grande», in realtà la sua
    riflessione rivela una grandiosa e ben più complessa architettura, desiderosa di coniugare fede e intelligenza, credere e comprendere, pregare e interrogare, aperta quindi al dialogo con l'«infedele», cioè col non credente, essendo comune la dotazione della mente e del suo retto riflettere (ed è per questo che siamo partiti dal saggio di Bencivenga).
    Ebbene, il 21 aprile di quest'anno cade il lX centenario della morte di questo figlio d'Aosta, migrato altrove, e il modo migliore per celebrare questa ricorrenza - che avrà nella città natale il suo apice rituale - sarebbe quello di riproporre le sue opere.
    Il progetto dell'Opera omnia anselmiana è stato messo in cantiere dalla Jaca Book, all'interno della sua importante e coraggiosa «Biblioteca di Cultura Medievale», diretta da Inos Biffi e Costante Marabelli. Già sono apparse le
    Lettere, sia del periodo di Bec sia di quello di Canterbury (1988; 1990; 1993), e le Orazioni e Meditazioni (1997); ora, in un grosso tomo, sempre col patrocinio del Consiglio Regionale della Valle d'Aosta, appaiono i cosiddetti Memorials, cioè "parabole, detti, miracoli" di s. Anselmo raccolti dai suoi discepoli, in particolare i monaci Eadmero, Alessandro e forse Bosone. Come è stato scritto da specialisti anselmiani, abbiamo probabilmente qui «un Anselmo di minore rilevanza e di meno certa autenticità, un Anselmo parziale, come fu ascoltato dagli altri o come gli altri credettero di ascoltare». Tuttavia, il ritratto risultante, ricomposto coi lineamenti dei suoi atti prodigiosi, delle sue parole folgoranti, dei suoi ammonimenti sapienziali ed esistenziali («sui comportamenti umani mediante similitudini»), è sorprendentemente vivace e affascinante.
    Infatti, «era nelle conversazioni - osserva l'editor inglese Richard William Southern - che Anselmo faceva l'impressione più potente sui suoi contemporanei, rivelando l'incontro dell'età benedettina con quella scolastica in una personalità di tratto e genio squisiti». È curioso notare, leggendo queste pagine spesso molto gustose, come un genio speculativo quale egli era sapesse trasformarsi in un vigoroso autore popolare, pronto a ricorrere a tutte le risorse della psicologia, dell'immaginario, della simbologia (suggestiva
    , è quella numerica) e della quotidianità (le professioni sono spesso di scena: medico e paziente, cavaliere, domestiche e matrone, giardiniere, costruttore edile, assistenza sanitaria, cantiniere, governanti, allevatori). Per non parlare poi dei "fioretti" legati ai suoi miracoli, ove si dispiega tutto l'arsenale narrativo della più fantasmagorica agiografia taumaturgica. Si ha, così, un vero e proprio affresco che colloca l'etereo pensatore nella carnalità della sua missione
    pastorale e che ci permette di essere spettatori di un mondo pieno di vita e di colori, ben lontano dallo stereotipo (per fortuna sempre più emarginato) di un Medioevo buio, represso e astenico.


    Articolo copiato da: http://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/Stampa200904/090419ravasi.pdf


  10. #10
    utente cancellato
    Data Registrazione
    Jan 2008
    Messaggi
    1,831
    LETTERA DEL SANTO PADRE ALL’EM.MO CARD. GIACOMO BIFFI, INVIATO SPECIALE ALLE CELEBRAZIONI DEL IX CENTENARIO DELLA MORTE DI SANT’ANSELMO

    Pubblichiamo di seguito la Lettera che il Santo Padre Benedetto XVI ha inviato all’Em.mo Card. Giacomo Biffi, Suo Inviato Speciale alle celebrazioni del IX centenario della morte di Sant’Anselmo d’Aosta:


    LETTERA DEL SANTO PADRE
    Al Signor Cardinale GIACOMO BIFFI

    Inviato Speciale alle celebrazioni del IX centenario
    della morte di sant’Anselmo

    In vista delle celebrazioni a cui Ella, venerato Fratello, prenderà parte come mio Legato nella illustre città di Aosta per il IX centenario della morte di sant’Anselmo, avvenuta a Canterbury il 21 aprile 1109, mi è caro affidarLe uno speciale messaggio nel quale desidero richiamare i tratti salienti di questo grande monaco, teologo e pastore d’anime, la cui opera ha lasciato una traccia profonda nella storia della Chiesa. La ricorrenza costituisce infatti un’opportunità da non perdere per rinnovare la memoria di una tra le figure più luminose nella tradizione della Chiesa e nella stessa storia del pensiero occidentale europeo. L’esemplare esperienza monastica di Anselmo, il suo metodo originale nel ripensare il mistero cristiano, la sua sottile dottrina teologica e filosofica, il suo insegnamento sul valore inviolabile della coscienza e sulla libertà come responsabile adesione alla verità e al bene, la sua appassionata opera di pastore d’anime, dedito con tutte le forze alla promozione della "libertà della Chiesa", non hanno mai cessato di suscitare nel passato il più vivo interesse, che il ricordo della morte sta felicemente riaccendendo e favorendo in diversi modi e in vari luoghi.

    In questa memoria del «Dottore magnifico» – come sant’Anselmo è chiamato – non può non distinguersi in modo particolare la Chiesa di Aosta, nella quale egli ebbe i natali e che giustamente si compiace di considerarlo il suo figlio più illustre. Anche quando lascerà Aosta nel tempo della sua giovinezza, egli continuerà a portare nella memoria e nel cuore un fascio di ricordi che non mancheranno di riaffiorare alla sua coscienza nei momenti più importanti della vita. Tra questi ricordi, un posto particolare avevano certamente l’immagine dolcissima della madre e quella maestosa dei monti della sua Valle con le loro cime altissime e perennemente innevate, in cui egli vedeva raffigurata, come in un simbolo avvincente e suggestivo, la sublimità di Dio. Ad Anselmo – «un fanciullo cresciuto tra i monti», come lo definisce il suo biografo Eadmero (Vita Sancti Anselmi, i, 2) – Dio appare come ciò di cui non è possibile pensare qualcosa di più grande: forse a questa sua intuizione non era estraneo lo sguardo volto fin dalla fanciullezza a quelle vette inaccessibili. Già da bambino infatti riteneva che per incontrare Dio occorreva «salire sul vertice della montagna» (ibid.). Di fatto, sempre meglio egli si renderà conto che Dio si trova a una altezza inaccessibile, situata oltre i traguardi a cui l’uomo può arrivare, dal momento che Dio sta al di là del pensabile. Per questo il viaggio alla ricerca di Dio, almeno su questa terra, non si concluderà mai, ma sarà sempre pensiero e anelito, rigoroso procedimento dell’intelletto e implorante domanda del cuore.

    L’intensa brama di sapere e l’innata propensione alla chiarezza e al rigore logico spingeranno Anselmo verso le scholae del suo tempo. Egli approderà così al monastero di Le Bec, dove verrà soddisfatta la sua inclinazione per la dialettica, e soprattutto si accenderà la sua vocazione claustrale. Soffermarsi sugli anni della vita monastica di Anselmo significa incontrare un religioso fedele, «costantemente occupato in Dio solo e nelle discipline celesti» - come scrive il suo biografo – tanto da raggiungere «un tale vertice di speculazione divina, da essere in grado, per la via aperta da Dio, di penetrare e, una volta penetrate, di spiegare le questioni più oscure, e in precedenza insolute, riguardanti la divinità di Dio e la nostra fede, e di provare con chiare ragioni che quanto affermava apparteneva alla sicura dottrina cattolica» (Vita Sancti Anselmi, i, 7). Con queste parole il suo biografo delinea il metodo teologico di sant’Anselmo, il cui pensiero si accendeva e illuminava nell’orazione. E’ lui stesso a confessare, in una sua opera famosa, che l’intelligenza della fede è un avvicinarsi alla visione, alla quale tutti aneliamo e della quale speriamo di godere alla fine del nostro pellegrinaggio terreno: «Quoniam inter fidem et speciem intellectum quem in hac vita capimus esse medium intelligo: quanto aliquis ad illum proficit, tanto eum propinquare speciei, ad quam omnes anhelamus, existimo» (Cur Deus homo, Commendatio). Il Santo mirava a raggiungere la visione dei nessi logici intrinseci al mistero, a percepire la «chiarezza della verità», e perciò a cogliere l’evidenza delle «ragioni necessarie», intimamente sottese al mistero. Un intento certamente audace, sul cui esito si soffermano ancora oggi gli studiosi di Anselmo. In realtà, la sua ricerca dell’«intelletto (intellectus)» disposto tra la «fede (fides)» e la «visione (species)» proviene, come fonte, dalla stessa fede ed è sostenuta dalla confidenza nella ragione, mediante la quale la fede in certa misura si illumina. L’intento di Anselmo è chiaro: «innalzare la mente alla contemplazione di Dio» (Proslogion, Proemium). Rimangono, in ogni caso, programmatiche per ogni ricerca teologica le sue parole: «Non tento, Signore, di penetrare la tua profondità, perché non posso neppure da lontano mettere a confronto con essa il mio intelletto; ma desidero intendere, almeno fino a un certo punto, la tua verità, che il mio cuore crede e ama. Non cerco infatti di capire per credere, ma credo per capire"(Non quaero intelligere ut credam, sed credo ut intelligam)» (Proslogion, 1).

    In Anselmo, priore ed abate di Le Bec, rileviamo poi alcune caratteristiche che ne definiscono ulteriormente il profilo personale. Colpisce innanzitutto, in lui, il carisma di esperto maestro di vita spirituale, che conosce e illustra sapientemente le vie della perfezione monastica. Al tempo stesso, si resta affascinati dalla sua genialità educativa, che si esprime in quel metodo del discernimento – lui lo qualifica via discretionis (Ep. 61) – che è lo stile un po’ di tutta la sua vita, uno stile in cui si compongono la misericordia e la fermezza. Peculiare è infine la capacità che egli dimostra nell’iniziare i discepoli all’esperienza dell’autentica preghiera: in particolare, le sue Orationes sive Meditationes, avidamente richieste e largamente usate, hanno contribuito a fare di tante persone del suo tempo delle "anime oranti", così come le altre sue opere si sono rivelate un prezioso coefficiente per rendere il medioevo un periodo "pensante" e, possiamo aggiungere, "coscienzioso". Si direbbe che l’Anselmo più autentico lo si ritrovi a Le Bec, dove rimase trentatré anni, e dove fu molto amato. Grazie alla maturazione acquisita in un simile ambiente di riflessione e preghiera, egli potrà anche in mezzo alle successive tribolazioni episcopali dichiarare: «Non conserverò nel cuore alcun rancore per nessuno» (Ep. 321).

    La nostalgia del monastero lo accompagnerà per il resto della sua vita. Lo confessò egli stesso quando fu costretto, con vivissimo dolore suo e dei suoi monaci, a lasciare il monastero per assumere il ministero episcopale al quale non si sentiva adatto: «È noto a molti – scrisse al Papa Urbano II – quale violenza mi sia stata fatta, e quanto fossi restio e contrario, quando venni trattenuto come vescovo in Inghilterra e come abbia esposto le ragioni di natura, età, debolezza e ignoranza, che si opponevano a questo ufficio e che rifuggono e detestano assolutamente gli impegni secolari, che non posso affatto svolgere senza mettere in pericolo la salvezza dell’anima mia» (Ep. 206). Con i suoi monaci poi si confida in questi termini: «Sono vissuto per trentatré anni da monaco – tre anni senza incarichi, quindici come priore, e altrettanti come abate –, in modo tale che tutti i buoni che mi hanno conosciuto mi volevano bene, certo non per merito mio ma per la grazia di Dio, e più mi volevano bene quelli che mi conoscevano più intimamente e con maggiore familiarità» (Ep. 156). Ed aggiungeva: «Siete stati in molti a venire al Bec …Molti tra voi circondavo d’un affetto così tenero e soave che ciascuno poteva aver l’impressione che io non amassi nessun altro in uguale misura» (ibid.).

    Nominato arcivescovo di Cantebury e iniziatosi, così, il suo cammino più tribolato, appariranno in tutta la loro luce il suo «amore della verità» (Ep. 327), la sua rettitudine, la sua rigorosa fedeltà alla coscienza, la sua «libertà episcopale» (Ep. 206), la sua «onestà episcopale» (Ep. 314), la sua insonne opera per la liberazione della Chiesa dai condizionamenti temporali e dalle servitù di calcoli non compatibili con la sua natura spirituale. Rimangono esemplari, a questo proposito, le sue parole al re Enrico: «Rispondo che né nel battesimo né in nessun’altra mia ordinazione ho promesso di osservare la legge o la consuetudine di vostro padre o dell’arcivescovo Lanfranco, ma la legge di Dio e di tutti gli ordini ricevuti» (Ep. 319). Per Anselmo primate della Chiesa d’Inghilterra vale il principio: «Sono cristiano, sono monaco, sono vescovo: voglio quindi essere a tutti fedele, secondo il debito che ho verso ciascuno» (Ep. 314). In quest’ottica egli non esita ad affermare: «Preferisco essere in disaccordo con gli uomini che, d’accordo con loro, essere in disaccordo con Dio» (Ep. 314). Proprio per questo egli si sente disposto anche al sacrificio supremo: «Non ho paura di effondere il mio sangue; non temo nessuna ferita nel mio corpo né la perdita dei beni» (Ep. 311).

    Si comprende come, per tutte queste ragioni, Anselmo conservi tuttora una grande attualità e un forte fascino, e quanto possa essere proficuo rivisitare e ripubblicare i suoi scritti, e insieme rimeditare sulla sua vita. Ho appreso perciò con gioia che Aosta, nella ricorrenza del ix centenario della morte del Santo, si stia distinguendo per un insieme di opportune e intelligenti iniziative – specialmente con l’accurata edizione delle sue opere – nell’intento di far conoscere e amare gli insegnamenti e gli esempi di questo illustre suo figlio. Affido a Lei, venerato Fratello, il compito di recare ai fedeli dell’antica e cara Città di Aosta l’esortazione a guardare con ammirazione e affetto a questo grande loro concittadino, la cui luce continua a brillare in tutta la Chiesa, soprattutto là dove sono coltivati l’amore per le verità della fede e il gusto per il loro approfondimento mediante la ragione. E, infatti, la fede e la ragione – fides et ratio – si trovano in Anselmo mirabilmente unite. Con questi sentimenti invio di cuore per Suo tramite, venerato Fratello, al Vescovo, Mons. Giuseppe Anfossi, al clero, ai religiosi e ai fedeli di Aosta e a quanti prendono parte alla celebrazioni in onore del "Dottore magnifico" una speciale Benedizione Apostolica, propiziatrice di copiose effusioni di favori celesti.

    Dal Vaticano, 15 aprile 2009

    BENEDICTUS PP. XVI


    fonte: sala stampa santa sede del 22/04/2009

Discussioni Simili

  1. 28 gennaio: San Tommaso d'Aquino, Dottore della Chiesa
    Di Sofia nel forum Storia della Chiesa e Agiografia
    Risposte: 20
    Ultimo Messaggio: 11-07-2023, 11:12
  2. Venerabile Matteo Ricci, S.J., missionario in Cina (1552-1610)
    Di WIlPapa nel forum Storia della Chiesa e Agiografia
    Risposte: 27
    Ultimo Messaggio: 17-12-2022, 15:02
  3. 30 settembre: san Gerolamo, dottore e Padre della Chiesa
    Di Umanista nel forum Storia della Chiesa e Agiografia
    Risposte: 8
    Ultimo Messaggio: 30-09-2020, 18:16

Tag per Questa Discussione

Permessi di Scrittura

  • Tu non puoi inviare nuove discussioni
  • Tu non puoi inviare risposte
  • Tu non puoi inviare allegati
  • Tu non puoi modificare i tuoi messaggi
  •  
>