Ultima modifica di Ambrosiano; 02-06-2020 alle 15:01
...Il problema, caro Fiat, è che, di questi tempi, bisogna stare attenti persino a quello che si canta, per non rischiare fraintendimenti e offese......
In un'epoca in cui la Chiesa si sforza in tutti i modi (anche con "mea culpa" ufficiali sugli errori del passato..) di cercare un dialogo e di creare comunione, proclamando a tutta forza la pace e la concordia e aprendosi al futuro, cercare di risvegliare in qualche modo le coscienze dei cristiani con inni che contengono immagini belliche (falangi...eserciti all'altare...schiere, e con versi come "Ogni figlio è pronto alla guerra".....), oltre che anacronistico, è del tutto fuori luogo, e oserei dire pericoloso.
Non mi diffondo, poi, sullo scarso spessore musicale di queste composizioni....che fanno cascare le braccia al pari di "Fratelli d'Italia"....
Ultima modifica di OrganistaPavese; 08-07-2008 alle 17:38
Ecco, sì, appunto.
Il fatto è che c'è LA musica liturgica (il gregoriano) e poi c'è il canto popolare, che può essere più o meno degno, più o meno adatto alla liturgia, all'assemblea, ai tempi.
Per me, Fiat, che sono cresciuta nella fede grazie alla spiritualità dei Focolari e che sono nata nel 1967, i canti del Gen Verde e del Gen Rosso (quelli scritti per la liturgia, beninteso), che a te magari non piacciono, sono "belli", "degni", adatti ad entrare nel Mistero che si celebra, anche se magari lo spessore musicale può non essere eccelso; questo inno, invece, lo percepisco come estremamente inadatto, fastidioso, lontano, e non riesco a non fermarmi allo "scarso spessore musicale", fino a non riuscire proprio a pregare attraverso di esso. Insomma, l'esatto contrario della tua esperienza.
Chi ha torto e chi ha ragione? Entrambi. Perché abbiamo una storia diversa, un'età diversa, un'esperienza diversa. E questo vale per tutte le diverse sensibilità musicali, per tutti i canti popolari, da quelli che ci arrivano dai secoli scorsi a quelli neocatecumenali.
Come musicisti liturgici dovremmo probabilmente riuscire ad aiutare le assemblee delle nostre comunità innanzitutto a riscoprire LA musica liturgica per eccellenza (il gregoriano, appunto) e poi... far TACERE la nostra esperienza e i nostri gusti riguardo ai canti popolari, riuscendo a mettere insieme un repertorio che sia vero specchio di una determinata comunità parrocchiale e/o diocesana: specchio delle sensibilità e spiritualità presenti, ma anche della storia di una particolare comunità.
Se un canto che proponiamo crea perplessità e disagio a una parte dell'assemblea... la cosa va ponderata: perché avviene? Non lo capiscono? Non riescono a cantarlo? O non è adatto per le celebrazioni di quella comunità? Potrà anche essere un canto che io "sento" come importante, evocativo, denso di ricordi spirituali... ma se non va bene per quell'assemblea, non va proposto. Allo stesso modo, un canto che magari per me andrebbe abolito subito va invece mantenuto, perché fa parte della storia di quella comunità.
M.Cristina
...hai scritto delle cose interessanti, ma,,,...un po' fuori tema, attenzione. Qui non si parla dell'utilità liturgica o meno di questi inni (che, comunque, con la liturgia ci stanno come il cavolo a merenda, perchè non le si addicono)..ma dell'inno in questione , dei suoi contenuti e dell'opportunità o meno di riproporlo, insieme ad altre composizioni simili...
A questo proposito, mi riaggancio all'ultima frase che hai scritto: consideriamo se e in quale misura questo inno possa essere considerato parte della storia di una comunità, in questo caso l'A.C., , ripercorriamo la storia della sua composizione, vediamo perchè venisse cantato e in quale contesto storico....e sulla base di queste considerazioni, rendiamoci conto di quanto, ai nostri giorni, molti dei suoi contenuti possano risultare anacronistici e improponibili, nonostante il forte carico emotivo suscitato dal suo andamento musicale..o da altri elementi...
Io l'ho cantato da bambina. (anni 50). Anche da lì ho imparato a voler bene al Papa.
E lo ricordo ancora perfettamente.
"Noi vogliam Dio" lo si canta ancora, da noi, a volte, accompagnato dalla banda, in processione.
Certo segni di un altro gusto e di una differente sensibilità. Ma non "banale".
Il linguaggio disturba la melassa che ci avvolge e ci invischia, e a cui rischiamo di ridurre la verità esigente della carità.
A proposito: una piccola correzione al testo: ogni figlio è pronto alla sua guerra.
Insomma: militia est vita hominis.
Bell'inno, mi piace.