Nel n. 295, cominciando a descrivere la disposizione del presbiterio, l’Introduzione Generale del Messale Romano parla di un’opportuna sua distinzione dalla navata della chiesa “per mezzo di un’elevazione, o mediante strutture ornamentali particolari”. È evidente che si vuole giustamente sottolineare in questo modo la differenza essenziale fra sacerdozio ministeriale e dei fedeli. È anche vero che tale norma deve essere coordinata con l’esigenza espressa dal paragrafo precedente (n. 294), per cui “è necessario che la disposizione generale del luogo sacro sia tale da presentare in certo modo l’immagine dell’assemblea riunita, consentire l’ordinata e organica partecipazione di tutti e favorire il regolare svolgimento dei compiti di ciascuno”.
Pertanto ogni elevazione o elemento strutturale dovrà servire a sottolineare la dignità del presbiterio e a creare un’area di rispetto e non certo a respingere i fedeli. Assolvevano a questo scopo le antiche pergulae nelle basiliche paleocristiane, che in seguito si sono evolute in elementi separatori dell’altare dall’assemblea (jubé, Lettner, trascoros, cancel) tanto da essere quasi ovunque rimosse dopo il Concilio di Trento per permettere la visione dell’altare.
Le balaustre furono ideate in seguito per favorire la distribuzione della comunione in ginocchio e non hanno necessariamente terminato la loro funzione: la distribuzione della comunione in ginocchio non è certamente proibita e, inoltre, nelle chiese antiche sarebbe scriteriato rimuoverle.