se torna il latino,allora ci manca il greco...
se torna il latino,allora ci manca il greco...
Secondo me, data la presenza alla celebrazione odierna dei Patriarchi cattolici di rito orientale (nonché del Patriarca ortodosso di Costantinopoli), sarebbe stato molto opportuno cantare il Vangelo non solo in latino da parte del diacono "romano" ma anche in greco da parte di un diacono orientale.
«Sicut dilexi vos, ut et vos diligatis invicem».
(Io. 13,34)
Prima della riforma liturgica la doppia proclamazione del Vangelo era una prassi fissa della Messa solenne papale. Attualmente lo si fa in pochissime circostanze (Messa in Coena Domini, Canonizzazioni e mi sa nient'altro, neppure nelle grandi solennità quali Pasqua e Natale...)
«Sicut dilexi vos, ut et vos diligatis invicem».
(Io. 13,34)
«Sicut dilexi vos, ut et vos diligatis invicem».
(Io. 13,34)
Posso sbagliare, ma mi pare di ricordare che, fin tanto che durò il “magistrato” di Mons. Noé (peraltro, a quanto riportatomi, non fatto oggetto vuoi pure di un solo cenno di memoria da parte di S.Em. il Cardinal Decano nell’omelia pronunciata in occasione della di lui S.Messa esequiale), la doppia proclamazione rimase prassi comune nelle celebrazioni “solenni”. Come rimase prassi comune l’assegnazione delle prime due letture, e del salmo responsoriale, a lettori istituiti, e regolarmente parati in amitto, camice e cingolo, anziché . . . ma lasciamo perdere!
E lo rimarco non certo da fan a oltranza di S.Em. Noé, ma da miserrimo laico che pure, per la sua ignoranza, non riesce a “perdonare” alla stessa Eminenza la “distruzione” (come mi pare ebbe a definirla Vox in un suo vetusto messaggio del quale non so se conserverà memoria) che seppe operare del Caeremoniale Episcoporum.
Per curiosità riporto dal Moroni:
"...Nello stesso venerdì santo, secondo l’antico rito, Benedetto XIII nel 1725 nella cappella pontificia dopo il Passio, fece dire il vangelo in greco, come avea fatto della Lezione, da due alunni del Collegio greco. E siccome anticamente nella stessa cappella pontificia la prima profezia del sabbato santo pronunziavasi in greco, e ripetevasi in latino, lo stesso Benedetto XIII nella prima funzione del sabbato santo da lui celebrata, volle che un alunno del Collegio greco leggesse la prima profezia in lingua greca, dopo di essere stata pronunziata in latino da un cantore della medesima cappella. Su di che è a consultarsi il Rodotà, Origine del rito greco in Italia pag. 240. A due alunni poi di questo Collegio stabilì Sisto V, con sua costituzione del primo settembre 1586, che appartenesse l’onorevole uffizio del diacono, e del suddiacono greco nei pontificali solenni, cui celebra il sommo Pontefice per la sua coronazione, per la canonizzazione, per le feste di Natale, Pasqua, e s. Pietro, non che per circostanze straordinarie, permettendo Sisto V colla stessa costituzione, che la loro ordinazione si potesse eseguire anco da un vescovo latino, affinché non debbano mai mancare al servigio della cappella pontificia, come si legge nel t. V, parte I, pag. 160, del Bull. Rom. Fu Clemente VIII che nel 1595 destinò il vescovo greco a conferire gli ordini sagri agli alunni greci d’Italia. V. il Mortene De antiquitate Eccl. etc., t. I, p. 378, e 380; il Giorgi Liturgia Rom. Pont. t. Il, p. 140, ed il p. Gattico Acta Caerem. p. 99.
Pompilio Totti nel Ritratto di Roma moderna a pag. 452, dice che nel 1638 si cantava l’evangelo in greco da uno scrittore greco della biblioteca vaticana, e l’epistola da un alunno del Collegio greco. (lo stesso autore poche righe prima dice che in precedenza erano cantati da due monaci di Grottaferrata) Fu poi Benedetto XIII, che introdusse l’uso di vestire cogli abiti della chiesa greca il diacono e suddiacono, i quali debbono cantare nella messa pontificale del Papa, e nel greco idioma il vangelo, e l’epistola, che presso la chiesa greca cantasi dall’Anagnoste con un abito suddiaconale, di nuova foggia, diverso dalla tonicella latina, che prima si usava, non avendo il suddiacono presso i greci abito proprio, e non accostandosi neppure all’altare, peraché non è di un ordine sagro. Forse Benedetto XIII avrà voluto seguire l’esempio dei concilio di Lione, celebrato da Gregorio X, nella cui messa solenne celebrata dal Papa alla presenza di Michele Paleologo imperatore greco, in argomento di sincera unione della Chiesa latina alla greca, furono cantati il vangelo e l’epistola greca in abiti sagri, e dai Cardinali e prelati latini venne cantato il simbolo della fede, in latino, il quale fu recitato in greco dal patriarca di Costantinopoli, e dai vescovi greci della Calabria, come racconta il citato Rodotà, Origine del rito greco in Italia, t. III, p. 243. Non sono poi nella messa del Papa comunicati il diacono, e suddiacono greci, perché molte volte sono sacerdoti, e per non farli variare nel rito senza bisogno, comunicandosi i greci in fermentato. V. Jo. Gottfr. Hermanni, Historia concertationum de pane azymo et fermentato in Coena Domini, Lipsiae :737. V. CAPPELLE PONTIFICIE.
(Gaetano Moroni: Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica. vol. XV pag 166 e segg.)