il caso
Preti in rivolta: «Il popolo scelga il vescovo»
Treviso, preti in rivolta: «Il popolo scelga il vescovo»
Il vescovo Andrea Bruno Mazzocato (archivio)
TREVISO — Un’elezione di un pastore per la comunità che assomiglia più alla «nomina di un prefetto, frutto del potere che decide, al massimo consultando chi vuole». Nomina dei vescovi, la rivolta parte dai parroci trevigiani in occasione della nomina del sostituto di Andrea Bruno Mazzocato, in partenza per Udine.
I firmatari Giuliano Vallotto (l’incaricato per i rapporti tra cristiani e musulmani della Diocesi di Treviso), Olivo Bolzon, Giuseppe Furlan, Silvio Favrin, Sandro Dussin, Umberto e Claudio Miglioranza, Giorgio Morlin. Questi otto «don» della Marca - alcuni di loro molto noti - sono categorici. Citano Rosmini («la piaga del piede destro della Santa Chiesa è la nomina dei vescovi abbandonata al potere laicale») e affidano le loro richieste ad una lettera aperta.
La protesta «L’elezione di un vescovo – scrivono - deve essere frutto della partecipazione del clero e del popolo». Ma nei fatti, chiarisce don Vallotto, «ciò non avviene, perché le nomine vengono fatte direttamente dal dicastero della Curia romana, ma è evidente che a Roma poco si conosce della realtà locale; qualcuno, certamente, sarà anche ascoltato, ma non si sa chi e fino a che punto, dunque serve maggiore trasparenza». E quale occasione migliore della nomina del nuovo vescovo di Treviso per avviare il cambiamento? «L’attuale sistema di nomina dei vescovi nella Chiesa cattolica – scrivono i parroci è una struttura obsoleta e necessita di profonda revisione. La Tradizione magisteriale, quella con la T maiuscola, insiste nel dire che non può essere pastore chi non è eletto dal gregge. L’elezione di un vescovo deve essere frutto della partecipazione del clero e del popolo. L’attuale situazione non presenta nessuna di queste caratteristiche essenziali. È frutto del potere che decide, al massimo consultando chi vuole. Ci sembra più la nomina di un prefetto del potere centrale che l’elezione di un pastore. La Chiesa, definita dal Concilio come Lumen Gentium, propone una visione di profonda comunione nella trasparenza e nella corresponsabilità di tutto il popolo di Dio».
L’appello alla gente Da qui la proposta: «Che le nostre parrocchie si ritrovino a riflettere su questo tipo di Tradizione ecclesiale e ad offrire alla Chiesa locale un contributo di riflessione», proseguono i preti trevigiani. Che citano il Papa («Una Chiesa compromessa con poteri e costumi è uno scandalo secondario, artificiale e quindi colpevole, quando con il pretesto di difendere i diritti di Dio, si difende solo una certa situazione sociale e le posizioni di potere in essa acquistate ») e affermano che la «Chiesa di Treviso è chiamata, come del resto la Chiesa universale, a dare segni concreti nell’attuale contesto in cui viviamo affinché i poveri e gli esclusi si sentano i veri prediletti di Cristo». Infine un ultimo appello, «in linea col Vangelo di Matteo ». Quella di chiamare il nuovo vescovo non più con il titolo di eccellenza, padre o altro, ma semplicemente «fratello vescovo». Un appello alla sobrietà, dunque. Che farà discutere a Roma.
Federica Baretti
10 settembre 2009
Da www.corrieredelveneto.it