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Discussione: Cronache dalla Diocesi di Padova

  1. #31
    Partecipante a CR L'avatar di andrealonghin
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    L'ordinazione del nuovo vescovo di Padova, mons. Claudio Cipolla, è fissata per domani domenica 27 settembre, nella concattedrale di Sant'Andrea a Mantova.Tuttavia ad oggi nè sul sito della Diocesi di Mantova, nè su quello della Diocesi di Padova, nè tantomeno sul sito di Catholic Hierarchy ( Dihttp://catholic-hierarchy.org/bishop/bcipolla.html) a parte il nominativo del consacrante principale il vescovo di Mantova mons. Busti, non si conoscono i nomi degli altri vescovi con-consacranti. Mi pare inoltre che non abbondino per niente notizie circa questa ordinazione, ad eccezione delle disposizioni per assistervi. L'impressione è che tale ordinazione episcopale sia in secondo piano se penso ad esempio a recenti ordinazioni espiscopali in diocesi ben piu piccole per importanza e per numero di fedeli.Forse mi sbaglierò, ma tanto la diocesi di Padova, quanto quella di Mantova vivono questa ordinazione in "low-profile".

  2. #32
    Veterano di CR L'avatar di Nikolaus
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    Il programma dell'ingresso del vescovo Claudio in Diocesi di Padova Domenica 18 otto

    Domenica 18 ottobre 2015 il vescovo eletto mons. Claudio Cipolla farà il suo ingresso in Diocesi di Padova, atto canonico che sancisce l’inizio del suo ministero episcopale, alla guida della Chiesa di Padova e rappresenta un momento particolarmente forte e significativo per la comunità diocesana che dalla nomina, il 18 luglio, sta pregando per il nuovo pastore.
    Domenica 27 settembre una folta delegazione di preti (un centinaio da tutto il territorio) e di laici (60 tra membri del Consiglio pastorale diocesano e rappresentanti degli Uffici pastorali e di altre realtà ecclesiali) si è recata a Mantova in segno di vicinanza, gioia e comunione a mons. Claudio Cipolla che veniva ordinato vescovo.
    In questi giorni che separano l’ordinazione dall’ingresso in Diocesi, la Chiesa padovana sta continuando a pregare e in particolare le comunità sono invitate a organizzare a livello vicariale delle veglie di preghiera in cui sono particolarmente invitati presbiteri, membri gli organismi di comunione, operatori pastorali, religiosi e religiose.
    La giornata dell’ingresso del nuovo vescovo, domenica 18 ottobre, sarà scandita da alcuni passaggi. Il vescovo Claudio desidera, infatti, che il suo percorso di avvicinamento alla Cattedrale prenda avvio da un luogo particolarmente significativo della Diocesi. Per questo ha scelto di partire dall’Opera della Provvidenza Sant’Antonio (OPSA) di Sarmeola di Rubano (Pd). È uno dei simboli per eccellenza della carità della Chiesa di Padova, che copre oltre 60 anni di storia e rappresenta una sorta di collegamento ideale nel percorso della storia della Chiesa: nel primato della carità, nel suo essere al servizio dei più deboli, nella familiarità e fiducia alla Provvidenza che mai abbandona i suoi figli.
    Dall’OPSA mons. Claudio Cipolla partirà per raggiungere la Cattedrale di Padova dove ci sarà l’accoglienza e la solenne celebrazione eucaristica d’inizio del ministero pastorale in Diocesi di Padova.
    La Basilica Cattedrale sarà aperta ai fedeli dalle ore 14.
    La celebrazione sarà trasmessa in diretta su Telechiara (canale 14), Telepace (canale 187), BluRadioVeneto (88.7, 94.6 e per l’Altopiano di Asiago 91.9) e in streaming sui siti diocesani: www.diocesipadova.it, www.difesapopolo.it, www.bluradioveneto.it, a partire dalle ore 15.30.
    IL PROGRAMMA
    a) ore 11-12: Auditorium Casa Madre Teresa di Calcutta, Sarmeola di Rubano (Pd) ingresso da via Mazzini 93 – partecipazione solo su invito
    Dalle ore 11 alle ore 12, nell’Auditorium di Casa Madre Teresa di Calcutta, realtà di cura e assistenza contigua all’Opera della Provvidenza Sant’Antonio, il vescovo Claudio incontrerà i rappresentanti del variegato mondo delle istituzioni, che costituiscono il tessuto del territorio dove vivono, abitano, lavorano, pregano le comunità cristiane della Diocesi.
    Un breve incontro in cui simbolicamente alcuni rappresentanti delle amministrazioni locali e dei mondi della scuola, della sanità e del sistema economico, porteranno il saluto al vescovo eletto. In questa sede sono stati invitati i sindaci del territorio diocesano, le autorità civili e militari, i rappresentanti delle realtà sociali.
    Richiesto accredito stampa.

    b) ore 14.30: accompagnato dalla preghiera delle litanie dei Santi il vescovo Claudio partirà dall’Opera della Provvidenza Sant’Antonio verso la Cattedrale.
    La stampa potrà assistere all’uscita dal cancello dell’OPSA.

    c) ore 15.15: arrivo nel sagrato della Cattedrale di Padova
    Alle ore 15.15 è previsto l’arrivo del vescovo Claudio nel sagrato della Cattedrale dove ci sarà l’accoglienza e il saluto del sindaco di Padova, Massimo Bitonci. Quindi inizierà il rito di ingresso.
    Il vescovo Claudio sarà accolto sulla soglia della basilica dall’arciprete della Cattedrale, don Umberto Sordo, che gli porgerà il crocifisso per il bacio. Quindi gli verrà consegnata l’acqua benedetta e il vescovo benedirà sé e i fedeli. Successivamente mons. Cipolla entrerà e salutando i fedeli percorrerà tutta la Basilica fin davanti all’altare maggiore dove riceverà il saluto dell’amministratore diocesano, mons. Paolo Doni e del vicepresidente del Consiglio Pastorale diocesano, Stefano Bertin. Quindi il vescovo Claudio sosterà brevemente in preghiera davanti all’altare del Santissimo. Poi raggiungerà i confratelli vescovi e gli altri presbiteri per vestire i paramenti. Alle 16 la processione d’ingresso e l’avvio della celebrazione eucaristica.

    Fonte: www.diocesipadova.it
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  3. #33
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    Aperta la scuola parentale "scomunicata" dalla Diocesi di Padova

    A Montà, al posto dell'asilo parrocchiale. La maestra è stata scelta e incaricata da un gruppo di genitori ultra-cattolici

    PADOVA. E invece, alla fine, eccola lì la scuola parentale. L’hanno aperta lo stesso, dove c’era lo storico asilo parrocchiale che mezzo rione Montà aveva provato a salvare dalla chiusura. E contro la volontà della diocesi che aveva chiesto al parroco don Giovanni Ferrara di fermare l’iniziativa, di non concedere i locali, di non aprire le porte al fronte anti-gender, anche perché quelle aule dovrebbero restare disponibili per far risorgere la scuola materna, a settembre dell’anno prossimo.

    Ci vanno in pochi, cinque o sei bambini, in età da prime classi della primaria, ma non sono passati inosservati con i loro zainetti in spalla, ogni mattina dalle otto alle otto e un quarto. D’altra parte il quartiere aveva gli occhi puntati sul piazzale della chiesa di Sant’Ignazio di Loyola. Diffidavano, e a ragione, perché tutti i segnali indicavano l’imminente apertura della scuola.
    Tutto, infatti, è andato come doveva andare. La maestra unica è Diana, “arruolata” dai genitori-sostenitori del progetto già in primavera e pubblicizzata nei siti di Alleanza Parentale, gli stessi che hanno sempre dato per certo l’inizio delle lezioni a Padova. I bambini entrano alle otto e vanno a casa presto, senza compiti da fare, così hanno tempo per «stare in famiglia e con gli amici», come prevede il manifesto delle scuole parentali. E in classe si sta bene attenti a non insegnare la teoria del gender «perché sui bambini non si fanno esperimenti». Il programma è quello ministeriale, ma con spiccata inclinazione verso un ritorno al passato: la bella calligrafia, la buona lettura, fare i conti. Lo slogan, d’altra parte, è «Scegli tu come educare i tuoi figli». E i genitori che hanno voluto questa scuola sono tradizionalisti incalliti. Per le rette vale la regola che bisogna coprire le spese, in qualche modo, ciascuno secondo le proprie possibilità. Ma resta il nodo dell’affitto: la scuola lo paga alla parrocchia? E a quanto ammonta?
    Le domande non mancano. E sono così tante e scivolose che dopo neanche un mese di lezioni tutto potrebbe tornare in discussione, a cominciare ovviamente dalla collocazione della scuola. Il quartiere ha ripreso a rumoreggiare. La chiusura della materna parrocchiale - istituzione storica, con i suoi 56 anni di attività alle spalle - non è mai stata digerita e la scusa del “rosso in bilancio” mai accettata da famiglie che erano disposte a svenarsi pur di continuare ad avere il servizio. E poi perché a questo punto don Giovanni Ferrara dovrà dare qualche spiegazione, almeno alla diocesi. Il parroco, già molto discusso per la sua gestione di Sant’Ignazio di Loyola, fino alla fine di marzo aveva assicurato che l’asilo della parrocchia sarebbe rimasto aperto. Poi ha cambiato idea e proprio in quel momento il suo nome è comparso tra i promotori della scuola parentale, tanto che era suo il numero di cellulare da chiamare per aderire al progetto. Dal web è sparita, ma solo di recente, la pagina che lo presentava come assistente ecclesiastico della rete di Alleanza Parentale, ma restano numerose tracce del suo ruolo di sostenitore di questo modello importato dagli Stati Uniti e che si sta diffondendo in Italia, per iniziativa di don Stefano Bimbi. Don Giovanni era stato invitato dalla diocesi, prima privatamente e poi pubblicamente, a fare un passo indietro rispetto al progetto, perché questo non sarebbe stato autorizzato. Oggi la diocesi sa che la scuola è aperta. Della vicenda è stato informato qualche giorno fa il direttore della Pastorale per la scuola don Lorenzo Celi, che a sua volta ha coinvolto l’amministratore diocesano monsignor Paolo Doni. Al quale spetterà il compito di affrontare la questione, in attesa del nuovo vescovo.

    Fonte: Il Mattino di Padova
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  4. #34
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    http://www.ilgazzettino.it/NORDEST/P.../1711068.shtml

    Rinunciare al presepe a scuola:
    passo indietro del vescovo di Padova


    Monsignor Claudio Cipolla parla in tv e si dice pronto «pur
    di mantenerci nella pace e pur di mantenerci nell'amicizia»


    PER APPROFONDIRE: padova, vescovo, presepe, natale, scuole

    di Maria Grazia Bocci
    PADOVA - Le celebrazioni del Natale a scuola? «Io farei tanti passi indietro pur di mantenerci nella pace e pur di mantenerci nell'amicizia». Parole controcorrente, rispetto al dibattito soprattutto politico di questi giorni, quelle pronunciate dal vescovo Claudio Cipolla parlando ai microfoni di Rete Veneta.

    «Non dobbiamo presentarci pretendendo qualsiasi cosa che magari anche la nostra tradizione e la nostra cultura vedrebbe come ovvio - aggiunge - Se fosse necessario per mantenere la tranquillità e le relazioni fraterne tra di noi, io non avrei paura a fare marcia indietro su tante nostre tradizioni».

    Ma proprio ieri il sindaco Massimo Bitonci è partito all’attacco. Presepi, alberi di Natale, canti tradizionali: le scuole padovane rispettano la tradizione cattolica? O sono in atto "censure" oppure "operazioni di disturbo"? Come promesso nei giorni scorsi, in mattinata ha fatto scattare le "ispezioni" nelle scuole cittadine per controllare che la celebrazione del Natale non sia cancellata dai programmi. Non appena incaricata dal sindaco, l’assessore alle politiche scolastiche e al sociale Vera Sodero, accompagnata da un dirigente, si è subito data da fare...

  5. #35
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    http://mattinopadova.gelocal.it/pado...ace-1.12537629

    Celebrazioni di Natale, il vescovo: "Un passo indietro pur di stare in pace"

    Monsignor Cipolla: "Farei marcia indietro su tante nostre tradizioni se fosse necessario per mantenere la tranquillità"



    30 novembre 2015




    PADOVA. «Io farei tanti passi indietro pur di mantenerci nella pace e pur di mantenerci nell'amicizia».
    L'ha detto il vescovo di Padova Claudio Cipolla parlando della celebrazione del Natale nelle scuole ai microfoni di Rete Veneta al termine della messa celebrata in Duomo.
    Celebrazioni del Natale, il vescovo frena: "Un passo indietro per mantenere la serenità"Il vescovo di Padova Claudio Cipolla sulle celebrazioni del Natale ha rilasciato a Rete Veneta una dichiarazione che fa discutere: "Farei un passo indietro per mantenere la per la pace".
    «Non dobbiamo presentarci pretendendo qualsiasi cosa che magari anche la nostra tradizione e la nostra cultura vedrebbe come ovvio - ha aggiunto -. Se fosse necessario per mantenere la tranquillità e le relazioni fraterne tra di noi io non avrei paura a fare marcia indietro su tante nostre tradizioni».


    30 novembre 2015




  6. #36
    coram Deo
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    Scusate se la cronaca diocesana ne risulterà lordata, ma questo vescovo serve a confermare la fede nei fratelli o nel metterla alla prova?

  7. #37
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    http://www.avvenire.it/Cronaca/Pagin...religioni.aspx

    Cronaca



    I simboli religiosi
    Il vescovo di Padova: nessuna rinuncia al presepe





    Antonella Mariani
    1 dicembre 2015











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    Islamici: sì alla festa della Natività


















    Pace e amicizia, giammai rinuncia al presepe. Non si tira indietro, monsignorClaudio Cipolla, vescovo di Padova, per precisare la lettera e il senso delle sue parole, che oggi hanno rischiato di aprire un altro fronte nelle ormai quotidiane polemiche sui simboli religiosi.

    Alla televisione locale Reteveneta il presule lunedì aveva detto che farebbe «tanti passi indietro per mantenerci nella pace, nell’amicizia e nella fraternità. Non vorrei – aveva aggiunto – che ci presentassimo pretendendo qualche cosa che anche le nostre tradizioni considerano come ovvie». Parole semplici, che non lasciano supporre nessuna rinuncia a presepi, Bambinelli, ma che volevano forse stemperare un clima di esasperazione in cui i simboli religiosi talvolta vengono usati in chiave politica.

    In ogni caso, le parole di monsignor Cipolla hanno suscitato molte reazioni: la più articolata è stata quella del governatore veneto Luca Zaia, che in una lunga lettera aperta sostiene che la difesa del presepe «sta diventando un argine identitario» per tutti, credenti e non, perché riguarda i concetti di «democrazia e di di libertà: libertà di pensiero e libertà di professare una religione». Secondo Zaia, la "presa di posizione" (che in realtà tale non è) del vescovo non è a favore della «civile convivenza, ma una affermazione che riesce a far apparire i cristiani che difendono il Presepe, e il suo valore religioso e identitario, come dei veri e propri fondamentalisti». «Un grande errore», conclude Zaia. Del resto, c’è da notare che in questi giorni, da Rozzano a Sassari, il Bambinello è spesso brandito in modo improprio: come una spada di civiltà, un vessilo di battaglia.

    Il sindaco di Padova Massimo Bitonci (Lega Nord) su facebook ha chiesto ai padovani di stringersi «attorno al nostro Vescovo Padre Claudio perché non abbia paura di difendere le nostre tradizioni, la nostra cultura, le nostre radici cristiane». Toni concilianti, anche se in un'intervista aReteveneta parallela a quella di monsignor Cipolla annunciava una serie di verifiche da parte dei funzionari negli asili e nei nidi comunali per capire se il Natale «viene celebrato con canti e presepi in maniera dignitosa».

    In ogni caso, il presule, che altri in alcuni blog hanno accusato di «appeasement» (una sorta di "volemose bene"), ha voluto rimarcare di non aver mai detto di rinunciare al presepe. Piuttosto, in questo tempo in cui Papa Francesco chiama a costruire un mondo di pace, «non possiamo utilizzare le religioni per alimentare conflitti o inutili tensioni. Purtroppo le religioni spesso sono strumentalizzate per altri interessi».

    A monsignor Cipolla è toccato di ribadire l’ovvio, è cioè di non essere contro la «presenza della religione nello spazio pubblico, né tantomeno contro le tradizioni religiose», ma né l’una né l’altra possono essere «strumenti di separazioni, conflittualità, divisioni». Fare un passo indietro dunque non è certo nascondere il presepe in cantina, ma «trovare nelle tradizioni, che ci appartengono e alimentano la nostra fede, germi di dialogo». Le fedi religiose, in particolare la fede cristiana, è la conclusione del vescovo, che è fatto il suo ingresso a Padova da poche settimane, "costruiscono relazioni, rispetto e dialogo e aprono ponti. Tutto ciò significa rifiutare ogni forma di strumentalizzazione polemica, perché le fedi sono sempre occasioni di incontro e di reciprocità, senza rinunciare alla propria storia, ma riscoprendone il valore più autentico".

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  8. #38
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    Padre Ezechiele Ramin, si apre la rogatoria diocesana per la causa di beatificazione

    Il comboniano padovano era stata ucciso il 24 luglio 1985 a Cacoal in Brasile. Sono 31 i testimoni che verranno sentiti dal tribunale istituito a Padova, tra cui familiari e persone che lo hanno conosciuto

    Inizia sabato 9 aprile, con la prima sessione pubblica, il processo rogatoriale diocesano per la causa di beatificazione del "servo di Dio" padre Ezechiele Ramin, il comboniano padovano, ucciso il 24 luglio 1985 a Cacoal in Brasile. L’indagine sulla fama di santità, avvalorata dall’indicazione “super martyrio” – ossia nella consapevolezza che il religioso è morto nella difesa della propria fede, per la pace e la giustizia – è stata avviata ufficialmente il primo aprile 2016 dalla Diocesi di Ji-Paranà, in Brasile, dove il missionario è morto. Dal vescovo di Ji-Paranà, mons. Bruno Pedron, è giunta la richiesta al vescovo di Padova, Claudio Cipolla, di aprire un processo rogatoriale nella Diocesi di origine di padre Ramin per poter procedere alla raccolta delle testimonianze di numerose persone che hanno conosciuto il comboniano.

    I TESTIMONI. Sono 31 i testimoni che verranno sentiti dal tribunale istituito a Padova, tra cui familiari, persone che hanno conosciuto padre Ramin nelle diverse fasi di vita in Italia e nel periodo di formazione e un nutrito gruppo di comboniani. La rogatoria diocesana si aprirà sabato 9 aprile con l’istituzione del tribunale sul processo “super martyrio” e il giuramento dei componenti. L’appuntamento è alle ore 15.30 nella chiesa dei missionari comboniani di via San Giovanni da Verdara a Padova. Dopo un primo momento di preghiera, monsignor Pietro Brazzale, coordinatore generale della rogatoria ne presenterà le motivazioni e il significato; seguirà il giuramento del vescovo Cipolla e dei membri del Tribunale per la rogatoria diocesana: il postulatore, padre Arnaldo Baritussio, comboniano; il giudice delegato monsignor Giuseppe Zanon; il promotore di giustizia don Antonio Oriente; il notaio attuario avvocato Mariano Paolin e il notaio aggiunto e coordinatore generale della rogatoria, monsignor Pietro Brazzale.

    LE DOMANDE. Dopo il giuramento, ci saranno gli interventi di padre Giovanni Munari, provinciale dei Missionari Comboniani in Italia e la presentazione della biografia di padre Ramin da parte di Samuele Salvato, un giovane postulante. Quindi verranno consegnati al giudice delegato l’elenco dei testimoni da sentire e il questionario da sottoporre che è composto di 36 domande suddivise in quattro parti, relative a: dati anagrafici e biografici; domande sulla vita di padre Ezechiele Ramin, domande sulla morte e altri quesiti che riguardano la fama del suo martirio.

    CHI ERA. Ezechiele Ramin nasce a Padova (parrocchia di San Giuseppe), il 9 febbraio 1953. Dopo aver frequentato le medie e conseguito la maturità classica all’Istituto vescovile Barbarigo, inizia il postulantato tra i Comboniani a Firenze, dove prosegue gli studi teologici. Entra in noviziato nel 1974 a Venegono Superiore (Varese) ed emette i primi voti il 5 giugno 1976. Prosegue la sua formazione ed esperienza a Kampala (Uganda), Mirfield-Yorkshire, Chicago-USA, Campesina (Mexico), Cabo-S. Lucas (Bassa California). Il 15 maggio 1980 emette i voti perpetui, e il 28 settembre dello stesso anno, in Italia, è ordinato presbitero. Il 20 gennaio 1984 arriva in Brasile, successivamente destinato a Cacoal in Rondonia, dove prende a cuore la problematica indigena della ripartizione delle terre. Il 24 luglio 1985 viene ucciso. Pochi giorni dopo papa Giovanni Paolo II parlerà di lui come un "martire della carità".


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  9. #39
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    Mattiazzo, il vescovo «missionario»

    Sara Melchiori
    7 settembre 2016


    «Sto bene. Vivo su un altopiano a 2700 metri, mangio ortaggi, latte, poca carne come il resto della popolazione, le temperature sono sub tropicali, la grande differenza è tra stagione secca e umida, ma la salute è ottima».

    Ha il sorriso disteso e lo sguardo limpido di chi è sereno, l’arcivescovo Antonio Mattiazzo, 76 anni, vescovo emerito di Padova. Annunciando le sue dimissioni, nel giugno 2015, espresse la volontà di «andare come semplice missionario in Etiopia».

    Il 7 settembre dello scorso anno è partito per la sua nuova “casa”, a Kofele, nella Prefettura di Robe (eretta nel 2012), affidata alla protezione di Madre Teresa di Calcutta e guidata dal cappuccino padre Angelo Antolini. In questo periodo è stato in Italia anche per rappresentare la Prefettura alla canonizzazione della suora albanese, dopodiché a nuova partenza portando con sé Enrico Rigoni, un “casaro” del caseificio di Asiago «per insegnare a fare il formaggio alla gente di Nansebo, una comunità a un centinaio di chilometri da Kofele», racconta sorridendo. Eh sì, perché l’Etiopia è uno dei paesi più poveri del mondo, l’analfabetismo elevatissimo, c’è bisogno di istruzione ma anche di formazione. E se i cattolici sono meno dell’1% della popolazione, molto dell’attività di promozione umana si deve alla Chiesa: a Kofele la Prefettura gestisce la scuola fino all’ottavo grado e un “centro sportivo”. Annuncio del Vangelo e cura della persona camminano insieme.

    Lasciare tutto e andare dai più poveri del mondo dopo essere stato vescovo, perché? «La mia scelta vocazionale iniziale era missionaria – racconta il presule –. Questa prima fiamma è rimasta sempre accesa. La salute me lo permetteva e ho iniziato una ricerca per capire dove proseguire l’impegno di evangelizzazione. Ero indeciso tra Thailandia (monsignor Mattiazzo è stato fautore della missione triveneta in Asia, ndr) e Africa. Questa Prefettura aveva bisogno, era la più povera dal punto di vista ecclesiale, il clima era buono, e poi fa parte della missione il dialogo interreligioso e qui siamo tra musulmani».

    A Kofele, “padre” Antonio, vive con un cappuccino etiope e una signora che provvede alle cure domestiche; settimanalmente li raggiunge da Addis Abeba, padre Bernardo Coccia. L’agenda del vescovo missionario è densa dalla catechesi alla visita alle famiglie, dall’ascolto agli incontri di lettura e spiegazione delle letture domenicali, alla Messa al più recente corso di dottrina sociale della Chiesa per chi ha formazione più avanzata. Ma non mancano idee e progetti – una cooperativa, una scuola tecnica professionale, sostegno per i disabili – né le gioie, come l’avvio lo scorso 19 giugno, solennità di Pentecoste per la Chiesa etiopica, di una piccola comunità cristiana a Kokossa, una realtà che monsignor Mattiazzo ha seguito e accompagnato settimanalmente a costo di lunghi e a volte faticosi viaggi. «È una cittadina a 60 km da Kofele, padre Angelo e padre Bernardo avevano iniziato, ho preso il testimone da loro. Appena arrivato ho cominciato ad andare ogni settimana. Si è formato un piccolo gruppo, li ho incontrati e conosciuti uno a uno, e abbiamo avviato il percorso del catecumenato. 36 sono stati ammessi ai sacramenti, altri sono in cammino».

    Cosa significa per loro diventare cristiani? «Dicono che si sentono rinati. Prima erano abbandonati a se stessi ora si sono sentiti valorizzati, sentono che c’è qualcuno che gli vuole bene, che c’è qualcuno mandato da Dio per loro. Un altro elemento che ha dato loro molta speranza è stato l’avvio del microcredito in modo che, soprattutto le donne, potessero comprarsi una pecora: qui significa moltissimo ». Accoglienza, essenzialità, cura, gioia, sono i segni della Chiesa che inizia e che sollecita: «Qui la pratica delle opere di misericordia corporali ci interpella di continuo e il cuore non può restare insensibile di fronte a tante necessità. Si sperimenta che i poveri ci evangelizzano perché ci interpellano e ci provocano sul nostro benessere e sui nostri stili di vita» annota nel suo diario l’arcivescovo Mattiazzo.


    fonte: Avvenire
    «Vigilate ergo; nescitis enim quando dominus domus veniat».
    (Mar. 13, 35)

  10. #40
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