Già nell'antichità, siamo agli inizi del IV secolo, nasce un embrione della settimana santa: giovedì, venerdì, sabato e Domenica. Tutto però rispettando l'ordine logico, secondo cui la festa più importante è la Domenica e tutto il resto serve alla Chiesa per fare catechesi, per spiegare la Festa della Domenica, che rimane come il giorno fondamentale.
Successivamente, siamo ormai verso la fine del IV secolo, viene anticipato a questo blocco di giorni (Giovedì-Domenica) un periodo di preparazione, motivato dal fatto che ciò che si realizza in quei giorni è di una grandezza infinita e quindi presuppone una preparazione in chi si avvicina.
Tale periodo è stato fissato in 40 giorni, laddove il 40 è un numero simbolico, che non ha cioè un valore temporale, magico, ma ha invece valore simbolico nel senso di richiamare il tempo destinato a creare le condizioni per avvicinarsi all'EVENTO.
Nell'Antico Testamento (ma anche Gesù stesso), quando inizia il periodo di preparazione di 40 giorni è sempre un periodo destinato a concludersi con un incontro con Dio.
Il numero 40 richiama appunto il soggetto che sta procedendo a questa preparazione, alla santità di Colui che deve incontrare alla fine.
Allora il numero 40 dice che la Persona che verrà incontrata alla fine è più grande di colui che sta camminando nei 40 giorni.
E la Liturgia ha scelto un periodo di 40 giorni per ricordare la cosa che logicamente ne deriva: e cioè che non siamo noi che facciamo quaresima, ma è Lui che ci aspetta alla fine.
Il numero 40 ci deve richiamare a questo: che è un periodo destinato a mettere in luce non tanto la nostra bravura, la nostra grandezza, il nostro essere capaci di fare molti sacrifici o molta ascesi, ma invece un periodo che ci richiama al fatto che alla fine ci incontreremo con Uno che è molto più grande di noi.
Questo è il senso del numero 40: richiamare alla nostra attenzione la sproporzione, la distanza, l'infinita grandezza di Colui che verrà incontrato alla fine di questa Quaresima.