
Originariamente Scritto da
Abbas S:Flaviae
Questa è un'inutile precisazione, per il semplice motivo che le cose vanno contestualizzate.
Nel suo testo Benedetto XVI li utilizza in maniera equivalente, o, almeno, sottintende che il munus fa parte del ministerium e non viceversa. Il testo della rinuncia parla, infatti, sempre di non avere più le forze e la possibilità di esercitare il munus, perché il munus ha bisogno anche della forza fisica, che in lui è diminuita, e per questo motivo rinuncia al ministerium petrinum.
La consequenzialità del discorso è chiara "siccome il munus ha bisogno di... io rinuncio al ministerium", e non avrebbe alcun senso se Benedetto XVI non li intedesse come sinonimi o come l'uno (il munus) già inteso nel secondo (il ministerium), altrimenti il suo discorso suonerebbe come: "siccome sto morendo di sete, mi mangio un bel maritozzo".
Quindi, come ti avrebbe certamente insegnato il tuo professore di latino, nel tradurre la versione avresti dovuto tenere conto del contesto non delle parole a se stanti e, se anche per prudenza ti fossi limitata alla traduzione letterale dei termini (cosa che io a volte facevo proprio per evitare i fraintendimenti), se ti avesse chiamato a spiegare la versione avresti comunque dovuto rendere conto del contesto generale del discorso.
Inoltre, semmai ci fosse ancora dubbio, nel testo dice chiaramente: "a die 28 februarii MMXIII, hora 20, sedes Romae, sedes Sancti Petri vacet et Conclave ad eligendum novum Summum Pontificem ab his quibus competit convocandum esse".
Quindi è chiarissimo che egli stesso ritenga di aver espresso le sue dimissioni nei termini esatti e totali, e dichiara lui stesso la Sede vacante (dichiara quindi che dal momento indicato non ci sarà più papa in alcun modo). Ogni altra parola in merito è solo fuffa tradizionalista che non ha alcun senso.
Io, invece, sono abituato a leggere le opinioni come opinioni e i testi autorevoli (ovvero quelli scritti con l'autorevolezza di chi ha competenza in materia) come testi autorevoli. Una cosa è la differenza fra un canonista progressista e un canonista tradizionalista, perché avendo entrambi una competenza in materia non si può dire a prescindere "ma tu cosa ne capisci di quanto scrivi". Tutt'altra cosa è se uno storico d'arte o il macellaio o la lavandaia o il primario di neonatologia mi scrivono un articolo di ecclesiologia e canonistica non avendone alcuna competenza, cosa peraltro che si evince benissimo sin dalle prime righe di quell'articolo, che sembra più una pagina di Dan Brown che un articolo autorevole.
Se tu non fai attenzione alla mano che scrive ciò che leggi vuol dire che leggi male. Per una grave questione di salute fai forse un consulto dalla parrucchiera? e se hai un problema ai capelli vai a farti visitare dal podologo?
Perché mai la teologia e la canonistica dovrebbero essere competenza del primo passa?
Nota: ho utilizzato il termine "storico d'arte" impropriamente perché, come giustamente dice Barney, il termine giusto è storico dell'arte, è stata una imprecisione che ho poi mantenuto per identificare il soggetto in questione non assimilandolo all'intera categoria, che è fatta da persone che sanno fare il loro lavoro e hanno l'umiltà di non pontificare su questioni che non conoscono.