Scusa se prendo parte alla discussione e ai tuoi quesiti e pene circa il matrimonio. Ci sono delle perplessità che non inquadrano la tua situazione, in questo senso: non ottieni il permeso dell'Ordinario perchè non ancora divorziata secondo la legge? Penso tu l'abbia già fatto, ma sarebbe utile ascoltare un parere di un avvocato rotarile. Quello che hai detto è vero: se conoscessimo gli errori, non avremmo bisogno di sbagliare. A partire da me, non conosco nessuno in questa vita che non si sia macchiato di colpa o di errore. Se mi permetti, volevo concludere dicendoti se è il caso che tu avvii una convivenza, con i noti pericoli che, nonostante tutte le buone intenzioni, sono sempre in agguato per intrappolare chiunque?
Il tuo cammino testimonia di fatto una presa di coscienza sul sacramento del matrimonio, non sciupare quello che con molta tribolazione e fatica hai raggiunto. Mi scuso se sono stato invadente. Grazie.
Mah, non credo che questo sarebbe un problema, anche se non ne sono sicura. Il matrimonio canonico per lo Stato ha la stessa rilevanza giuridica di una convivenza. Anche se il parroco trasmette una notifica al Comune, per es., riguardo un vedovo che si risposa solo in Chiesa, quel matrimonio non ha la forza di far cessare la pensione di reversibilità, così come non ce l’ha la convivenza. Non sono neanche sicura che il parroco sia tenuto a tale trasmissione in caso di matrimonio non concordatario.
Sono contenta che tu sia d’accordo con me, purtroppo invece la CEI non concede matrimoni canonici in costanza di un legame civile.
Esatto.
Non l’ho ancora fatto perché ho un Piano B e sto aspettando di vedere come va a finire; ho trasferito la residenza a Madrid e questo mi consente di divorziare in Spagna secondo la legge spagnola, che non prevede un tempo di separazione (cioè i coniugi accedono al divorzio consensuale in maniera immediata, giusto il tempo dell’iter della pratica nella cancelleria del tribunale). Se per qualche motivo il divorzio non dovesse andare a buon fine, ci rivolgeremo alla Sacra Rota come suggeritomi anche da un sacerdote (straniero: i sacerdoti stranieri sono rimasti tutti sbalorditi quando ho raccontato ‘sta cosa).
Scusami se mi permetto di rispondere, ma mi sta a cuore la tua vicenda. Sai, l'incomprensione, la delusione, la rabbia e il non scorgere una soluzione, possono portare a errori, spesso senza ritorno. Spero per te, per voi, che lo Spirito di consiglio e di fortezza vi aiuti a sciogliere questa matassa. Forse il passaggio legislativo spagnolo non è la soluzione adatta. Se hai un padre spirituale o un sacerdote che possa comprendere, lasciati aiutare. La Sacra Rota, penso sia la via da percorrere. Immagino che tu stia soffrendo, ma proprio per questo, se è un progetto benedetto dal Signore, non rimarrà senza risoluzione.
Mi sono perso un passaggio: ma il tuo precedente matrimonio era solo civile, se non ho capito male. Mi spieghi cosa c'entri la Sacra Rota? Cosa dovrebbe fare? Per sciogliere un matrimonio solo civile, si deve seguire l'iter civile (separazione e poi divorzio, se in Italia). Non vedo altre soluzioni. L'unica soluzione è cercare di parlare con il proprio vescovo, spiegare la situazione e cercare di affidarsi a lui ed alle sue decisioni. Spiegando la situazione di persona potrebbe concedere il matrimonio solo canonico (per essere a posto con la coscienza) nell'attesa del divorzio civile. Poi, ottenuto il divorzio civile potrete sposarvi anche in comune per avere gli effetti legali/civili della vostra unione.
Senza una sentenza di divorzio del precedente matrimonio civile è altamente improbabile, per non dire impossibile, la concessione della dispensa dalla forma concordataria: la situazione giuridica che se ne verrebbe a creare, anche se solo temporanea, sarebbe davvero troppo ingarbugliata.
Se per un motivo qualsiasi, il più assurdo e impossibile che possa venire in mente, il divorzio civile non dovesse poi andare in porto la situazione sarebbe completamente bloccata: il matrimonio canonico, perfettamente valido davanti alla Chiesa, non potrebbe più essere trascritto agli effetti civili perchè si creerebbe una situazione di bigamia, e la persona sarebbe a tutti gli effetti sposata con una persona davanti alla Chiesa e con un'altra persona davanti allo Stato.
Chiaro che in questo caso specifico il matrimonio civile è destinato al divorzio che prima o poi arriverà, ma nel valutare la concessione della dispensa il Vescovo deve tenere conto di tutte le ipotesi sui possibili effetti futuri di un matrimonio non concordatario, comprese le più improbabili.
La Sacra Rota è il gradino giudiziario superiore al vescovo e fa capo alla Santa sede, non alla CEI: laddove il vescovo italiano mi nega la dispensa al matrimonio canonico, perché queste sono appunto le disposizioni della CEI in base al Concordato *italiano*, il giudice vaticano invece non è tenuto ovviamente all’osservanza delle disposizioni della CEI e potrebbe valutare, tenuto conto delle circostanze, di rilasciare la dispensa. Potrebbe anche decidere di non rilasciarla, io non me ne intendo, ma è una possibilità.
Perché?
Non vedo molta differenza tra le due soluzioni, tranne il fatto che il suggerimento riguardo la Sacra Rota è arrivato dopo che le pratiche per il divorzio in Spagna erano già state avviate e già firmato il mandato all’avvocato. Se ce lo avessero consigliato subito, i vari sacerdoti a cui ci siamo rivolti (almeno 4-5), invece di dire “aspettate tre anni”, avremmo provato questa strada. C’è anche una differenza sostanziale: la dispensa rilasciata dalla Sacra Rota sarebbe sicuramente una benedizione, tuttavia, come è stato fatto osservare, io per tre anni avrei due mariti, anche se uno soltanto sulla carta. Certamente una soluzione migliore della convivenza, non ci sono dubbi; infatti se non riuscirò a divorziare ci rivolgeremo senz’altro alla Sacra Rota, sempre che i tempi non siano talmente lunghi che arrivi prima il divorzio in Italia.
Vorrei comunque dire una cosa: non c’è rabbia nella nostra decisione. La negazione del sacramento ci sembra un’enormità e una gravissima responsabilità di cui si caricano i vescovi davanti al Signore, che ha loro affidato i sacramenti di salvezza per la salvezza dei fedeli, non per perdersi nelle scartoffie; ma questo è un problema della coscienza dei vescovi, non della nostra. Sicuramente la scelta della convivenza ci pone al di fuori della comunione ecclesiale e grava sulla “nostra” coscienza, ma abbiamo accettato la nostra debolezza e ci affidiamo alla misericordia del Signore. Per noi non è né un escamotage né una ripicca né una prova, ma un matrimonio naturale secondo la Genesi. Chiaramente essendo battezzati preferiremmo il sacramento, che resta in ogni caso il nostro obiettivo; è una grazia che chiediamo costantemente e io, personalmente, sono fiduciosa che Dio non ci abbandonerà e, anche se non ha molto senso dirlo, sono sicura che farà in modo che questa vita in comune inizi sotto il segno della Sua Gloria. In caso contrario, la mia fede mi dice che Dio permette il male solo in vista di un maggior bene.
Mha, io ritengo che il matrimonio sia, oltre un patto tra due persone, battezzate o no, anche una "dichiarazione" di queste due persone nei confronti della società civile in cui vivono, una dichiarazione del loro intento di vivere insieme, di formare una famiglia, di sostenersi a vicenda fino a che morte non le separi, nella cattiva e buona sorte, procreare e accudire i figli... da cui ne conseguono i giusti diritti che la società conferisce al nuovo nucleo famigliare ed i doveri che i componenti del nuovo nucleo famigliare si assumono nei confronti uno del l'altro e nei confronti della società come coppia e famiglia. Per questo ritengo che il matrimonio non possa avere solo valore puramente privatistico, ma ha valore pubblico/sociale. Di conseguenza comprendo come il vescovo possa giustamente ritenere che concedervi la dispensa per il matrimonio canonico, quando per la società civile tu sei ancora sposata, non sia del tutto coerente con la logica del matrimonio. Sarebbe più normale sciogliere il precedente matrimonio e formare in seguito il nuovo nucleo famigliare tramite il matrimonio concordatario. Ovviamente comprendo il problema attuale circa la convivenza, problema ovviamente di coscienza. La situazione non è semplice, ma non mi sento di giudicare la decisione dei vari sacerdoti che avete consultato così priva di fondamento.
Sicuramente la scelta della convivenza ci pone al di fuori della comunione ecclesiale e grava sulla “nostra” coscienza, ma abbiamo accettato la nostra debolezza e ci affidiamo alla misericordia del Signore.
Ciao bqanto, come ti avevo già significato, non è mia intenzione intromettermi nella tua dolorosa e delicata situazione. Ho riportato una delle tue frasi, perchè è la più significativa e pone in rilievo il problema principale, al di la delle questioni di errata o ritardata informazione che tu dici di aver avuto. In virtù della tua sensibilità e della coscienza puoi scegliere come agire, ma, personalmente non mi accollerei il rischio maggiore di uscire dalla comunione ecclesiale. Per quale ragione metteresti a repentaglio una vita di comunione con un situazione, che si sa, è solo legata al tempo di vita terrena? Comprendo la delusione e il rammarico, ma da fratello ti esorto a rivedere una scelta che tu stessa, consapevolmente, vuoi far tua.
Concordo con TGC quando esprime " Sarebbe più normale sciogliere il precedente matrimonio e formare in seguito il nuovo nucleo famigliare tramite il matrimonio concordatario."
Se ti ho ferito involontariamente, mi scuso, non era certo un giudizio volutamente dato.
Tu hai ragione, ma devi tener conto che i coniugi separati sono, appunto, separati, davanti alla società, davanti allo Stato, davanti alla magistratura che emette sentenza di separazione. Vivono in case separate, vedono i figli separatamente, potrebbero non vedersi e non sentirsi per tre anni (come i separati senza figli), non vivono un elemento fondante del matrimonio come l'unione fisica, possono avere lo stato di famiglia con altre persone; spesso hanno in corso delle cause. È proprio davanti alla società che viene ufficializzata la fine della vita come coniugi, anche se gli "effetti civili" del coniugio non cessano fino al divorzio (ma, per es., non hanno diritto agli assegni familiari per il coniuge). Il nuovo compagno acquisisce addirittura alcuni diritti, come fare assistenza in ospedale, che il "coniuge" separato non ha. Direi anzi che la terminologia "coniuge separato" sia una contraddizione in termini. Quindi ribadisco che tutta questa premura dei vescovi per tutelare un'unione civile riconosciuta come interrotta dallo Stato e dalla società, a fronte di una convivenza *socialmente* accettata come unione stabile, con tanto di residenza e stato di famiglia e magari nuova prole, mi sembra una difesa del principio sbagliato.
So che non mi stai giudicando, non mi sento ferita, ma la risposta alla tua domanda l'ho già data: abbiamo accettato la nostra debolezza. Amarsi da lontano è una prova che non siamo in grado di sostenere. La debolezza non ha una "ragione", fa parte della vita umana, e se tutti fossimo in grado di esercitare le virtù eroicamente la Chiesa sarebbe totalmente immacolata, cosa che non è.
Antonella