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Discussione: Cronache dell'Arcidiocesi Metropolitana di Vercelli - 2013

  1. #11
    CierRino di platino L'avatar di maurum
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    La Censura del Divino

    Si dice che il malanno che affligge di questi tempi l’Europa sia la crisi economica. Sia pure, ma c’è ben di peggio. Ci sono ben altri malanni più perversi e insidiosi, come ad esempio la crisi del divino. Per farmi capire porto un sintomatico esempio. L’altra sera in telegiornale si parlava di calunnia. Dopo avere ricordato immancabilmente che “la calunnia è un venticello”, è stato intervistato uno psichiatra che discettava sui meccanismi cerebrali che fanno scattare la calunnia, i disastri mentali che provoca nel calunniatore, i guasti che produce nelle relazioni umane. La calunnia è stata visitata esclusivamente a livello psico-sociale, senza che il “sofo” di turno fosse minimamente sfiorato dal sospetto che la calunnia possa anche essere peccato. Già, perché se si dice che la calunnia è peccato, si tira in ballo Dio sul quale à calata una grande censura culturale. Accennarvi anche solo di sfuggita è più dannoso che la calunnia stessa. Quando bisogna ragionare di calunnia i media non vanno a pescare un prete, che potrebbe illustrarne la responsabilità morale, ma uno spremi-cervelli che spieghi in quale circonvoluzione cerebrale alligna. Dio deve essere costantemente obliterato per rispettare i sentimenti di quelli che non ci credono. Ormai i media sono giunti a questo eccesso di sofisticazione, quindi tutto deve essere laico ed è laicizzata persino l’etica tradizionale se nella calunnia, come in altri misfatti, si ravvisa solo disordine sociale e non trasgressione di un preciso precetto morale (ottavo comandamento) che vieta di dire in male cose false sul conto altrui. Non solo non esiste più una percezione della morale religiosa, ma neppure della morale kantiana. Il filosofo di Königsberg aveva impiantato un sistema morale sul precetto del dovere, condiviso da ogni uomo di retto sentire, salvo essersi accorto cammin facendo che quel sistema non stava in piedi se non aveva Dio come garante. Quindi Dio non dimostrabile con la ragione teoretica, viene ricuperato come postulato dalla ragione pratica per garantire il sistema etico. Ma se l’etica non esiste più, anche in questa sede si può fare a meno di Dio. In ciò la laica Europa è coerente. L’uomo quando ha l’arrogante pretesa di essere arbitro di se stesso, spazzando via Autorità a sé superiori, ossia Dio, combina solo dei pasticci, e lo stiamo vedendo negli gli omo-matrimoni che varie legislazioni europee hanno deciso si legittimare o stanno per farlo. So che così dicendo mi autoclassifico come un bieco omofobo, ma accetto con orgoglio la taccia. Dio è colpito da censura mediatica per rispetto verso i liberi pensatori. Le parolacce in televisione invece risuonano perché sono espressione culturale! Le patrie istituzioni Dio non lo menzionato mai, perché sono laiche, ma ogni ceto della pubblica amministrazione, sia civile sia militare, ha il suo Santo protettore. Quando Obama raccomanda di pregare per qualcuno – recentemente lo ha fatto per Mandela – dimostra di vivere in un altro pianeta, molto diverso dalla “moderna” Europa. Lo fa con grande libertà di pensiero, per nulla complessato: cosa che capi e capoccia europei non si sognerebbero mai di fare, perché l’Europa è nobilmente laica. La polemica contro il crocifisso in luogo pubblico, ora sopita (ma fin quando?), era solo avvisaglia di queste nuove civilissime conquiste che non fanno altro che togliere Dio di fra i piedi al Vecchio Continente, talmente vecchio da essere colpito da una specie di Alzheimer culturale. Alberto Albertazzi


    fonte: http://www.arcidiocesi.vc.it/l




  2. #12
    CierRino di platino L'avatar di maurum
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    Il sangue di Giovanni Paolo II custodito a Vercelli

    Vercelli
    La rara reliquia di Karol Wojtyla, una delle uniche due presenti in Italia, si trova nella chiesa parrocchiale dei Cappuccini fonte: http://www.eusebiano.it/chiesa/

    Il parroco del rione Cappuccini, monsignor Cristiano Bodo, con il reliquiario che custodisce alcune gocce di sangue di Karol Wojtyla

    (pmf) Karol Wojtyla è "tornato" a Vercelli. Anche solo attraverso una reliquia, il beato Giovanni Paolo II da domenica 16 ottobre (nel 33° anniversario dell'elezione al soglio pontificio) è presente in diocesi, più precisamente nella cappella della Beata Vergine delle Grazie nella chiesa parrocchiale del rione Cappuccini. La cerimonia dell’arrivo della preziosa teca, contenente alcune gocce di sangue di papa Wojtyla, si è tenuta domenica mattina. Ad accogliere la reliquia c'erano i bambini del catechismo, con bandierine bianco-gialle, e una folla di quasi cinquecento fedeli che ha accompagnato l’ampolla in chiesa per la celebrazione liturgica. A ricevere la reliquia, dalle mani dell’arcivescovo, padre Enrico Masseroni, il parroco monsignor Cristiano Bodo. Durante la cerimonia, monsignor Bodo ha voluto ricordare papa Wojtyla leggendo alcuni passaggi dell’omelia tenuta da Giovanni Paolo II in occasione della messa d’insediamento. «Per una fortunata coincidenza - ha spiegato il parroco, nonché Vicario generale della diocesi eusebiana - l’arrivo della reliquia è coinciso con il trentatreesimo anniversario d’elezione di Wojtyla al soglio pontificio. Davvero un bel modo per ricordare quell’evento e una grande figura come Giovanni Paolo II.
    La reliquia con il sangue del beato Wojtyla è la seconda in Italia: solo nella chiesa della Divina Misericordia a Roma ne è custodita un’altra. La preziosa testimonianza di Giovanni Paolo II è stata donata alla diocesi vercellese dal vescovo di Cracovia, il cardinale Stanislao Dziwisz durante la sua visita in città, nello scorso mese di settembre, per il Congresso eucaristico. Anche l’Arcivescovo, padre Enrico Masseroni, si unisce alla festa della comunità dei Cappuccini: «La presenza del Papa, anche se solo attraverso un segno non fa che intensificare il rapporto che, dalla visita di Giovanni Paolo II nella nostra diocesi il 23 maggio del 1998, esiste tra la città e un grande Pontefice che ha lasciato una traccia indelebile non solo tra i cristiani». Subito dopo il posizionamento della reliquia all’interno della cappella della Beata Vergine delle Grazie («Un modo per consolidare la fede che papa Wojtyla aveva per la Madonna, sempre presente in ogni momento del suo pontificato» ha precisato monsignor Cristiano Bodo) è iniziato il primo momento di preghiera davanti alla reliquia di Giovanni Paolo II che potrà d’ora in poi essere “venerata” per sempre durante i normali orari d’apertura della chiesa.

    Il reliquiario contenente alcune gocce di sangue del compianto Giovanni Paolo II:




  3. #13
    CierRino di platino L'avatar di maurum
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    Il testo integrale dell'omelia dell'Arcivescovo del 1 agosto

    vercelli

    P. Masseroni: «Che cosa direbbe, oggi, Eusebio ai Vercellesi nell'anno della fede?»



    Anch'io, oggi, 1 agosto, rileggo volentieri la lettera scritta da Eusebio dall'esilio di Scitopoli essa nella sua parte conclusiva, va ad incrociare il titolo della lettera enciclica di papa Francesco: "Custodiatis fidem", custodite lumen fidei.
    Per questo non intendo proporre una riflessione secondo lo stile omiletico; vorrei, invece entrare in dialogo con Eusebio, nel tono di un'intervista, per conoscere il suo pensiero, attuale anche per noi sul grande tema della fede, nell'anno ad esso dedicato. Fu papa Benedetto a indire questo tempo di grazia per tutti credenti in Cristo
    In particolare vorrei rivolgere ad Eusebio alcune domande.

    1. La prima: Che cosa hai trovato quando, nel dicembre del 345,hai lasciato la via Aurelia e sei approdato, sulla diligenza imperiale, nella verde pianura padana ?
    Nel nord Italia, tra i primi secoli delle persecuzioni e la nuova stagione delle libertà costantiniane, la presenza cristiana era minoritaria; si aggirava attorno al 10%. Il contesto storico era attraversato da venti diversi: nei centri urbani erano vigorosi i culti pagani di Roma; pare che la stessa città di Vercelli fosse dedicata alle divinità pagane. La capitale dell'impero aveva portato nel mondo il suo complesso di superiorità: "Roma nihil in orbe maius".

    Ma la condizione sociale e culturale smentiva quell'immagine di grandezza. Da una parte era forte il mito della potenza latina; dall'altra la società romana mostrava il suo volto feroce e violento che schiavizzava i deboli: sopratutto la donna, i bambini orfani, gli anziani, i malati. I due mali più gravi erano l'esposizione delle bambine e il ripudio per qualsiasi motivo. Solo nel 374, tre anni dopo la morte di Eusebio, sotto l'imperatore Valentiniano, i Cristiani ottennero per legge il divieto di eliminare i bambini.
    La presenza cristiana, lievito di nuova storia, come sovente accade, era animata da grande impegno; i martiri dei primi secoli erano testimoni coraggiosi. Eusebio e altri Padri chiamavano i Cristiani che si radunavano attorno ai loro martiri "comunità dei santi".

    Ma pure tali comunità erano aggredite dal vento dell'eresia ariana. Anche Eusebio ne sentì parlare quando era ancora lettore a Roma. Il grande storico dell'antichità, il gesuita Jean Daniélou, scrive che Ario, "il prete di Alessandria d'Egitto, dai costumi austeri, raffinato e orgoglioso, era dominato da un'ossessione: salvaguardare, in seno alla Trinità, l'originalità assoluta e i privilegi del Padre...il solo vero Dio".
    Ario affermò che il Figlio di Dio, nato da Maria era solo una creatura, un uomo, adottato da Dio come figlio. Il Vescovo di Alessandria intuì che Ario distruggeva il cristianesimo, lo minava alla radice: se Gesù Cristo non è Dio, il cristianesimo perde il suo centro. E così l'eresia del prete di Alessandria si diffuse rapidamente, portato tra il popolo con il vento favorevole di un'operetta, Thalia (banchetto), canticchiata per le vie della città.

    La comunità cristiana, però, non era solo insidiata dall'eresia; essa veniva compromessa nella vita pratica di molti cristiani. Accanto a credenti autentici e fervorosi c'erano dei cristiani inquinati da una mentalità pagana: come oggi, cristiani di nome, atei di fatto. La ricerca del piacere, una sorta di edonismo, vinceva su una vita cristiana modellata sulla drammatica immagine di un Dio crocifisso. Era insomma difficile la fede in un Dio sconfitto sulla croce. Grandi padri, di poco posteriori ad Eusebio, come Agostino e Giovanni Crisostomo non mancavano di richiamare con severità i cristiani di nome e pagani di fatto.

    2. Una seconda domanda vorrei rivolgere ad Eusebio: Quali sono i tratti salienti della tua esperienza di fede?

    C'è un punto luce nell'esperienza di fede di Eusebio, storicamente importante: il concilio di Nicea. Iniziato il 30 maggio del 325 con un intervento di Costantino, invitava i trecento vescovi convenuti, a ricomporre i dissensi nella pace. La preoccupazione di Costantino era una fede strumento di unità. Il concilio affermò la centralità di Cristo, vero Dio e vero uomo. Pertanto la fede di Eusebio è chiaramente cristocentrica, in sintonia con la parola di Dio.

    Anche Eusebio sembra fare eco a Paolo apostolo nella 2a lettera a Timoteo: "Carissimo, ricordati che Gesù della stirpe di Davide è risuscitato dai morti secondo il mio vangelo" (2Tim 2-8). Il cuore della fede cristiana è la risurrezione di Gesù. Per questo, Paolo ha ragione di trasmettere la grande speranza: "Se moriamo con lui, vivremo anche con lui; se con lui perseveriamo, con lui anche regneremo" (2Tim 2,12). La vittoria di Gesù sulla morte, la risurrezione, è il natale della nuova umanità.

    Ma il potere politico, al tempo dei primi cristiani contemporanei di Pietro, e come nel tempo di Eusebio, ricorre alla stessa arma per demolire la luminosa verità della fede: l'imposizione dell'eresia con le armi della violenza e la condanna all'emarginazione dell'esilio. Il Vangelo entra sempre in conflitto con la prepotenza dell'errore.

    Anche Paolo è di una chiarezza solare: "Io soffro fino a portare le catene, come un malfattore; ma la parola di Dio non è incatenata" (2Tim 2,9).
    Secondo gli Atti, il potere vorrebbe imporre il silenzio al Vangelo: "Vi avevamo espressamente ordinato di non insegnare più nel nome di costui" (Atti 5,27), dice Pietro. Ma la fedeltà a Dio ha un prezzo: per gli apostoli, la condanna a morte; per Eusebio, la condanna all'esilio. La fede annunciata, vissuta e testimoniata, non è mai a basso prezzo. E' sovente insanguinata.
    Non ci sono stagioni che registrano applausi per i discepoli del Risorto. La testimonianza di Eusebio non incontra la violenza del martirio come nei tempi di persecuzione; il potere è violento anche nel secolo delle libertà costantiniane. Sotto il decreto di condanna di Eusebio, al concilio di Milano, c'è la firma di un imperatore, schiavo della dottrina di Ario. Ma il vescovo di Vercelli aveva capito la grande lezione di Pietro: "Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini"(Atti 5,29),anche a costo della vita. La fede è sempre un'obbedienza.

    La fedeltà a Cristo di Eusebio diventa pure testimonianza di un pastore modellato sul "bel pastore", Gesù, che s' incontra al c. 10 di Giovanni.
    Nel IV secolo, Eusebio non spicca come un brillante teologo alla pari di altri padri di poco posteriori; egli primeggia come pastore buono, preoccupato di spezzare il pane della Parola, con la cura di formare i presbiteri del cenobio per portare il Vangelo nei centri urbani e nelle campagne. La fede di Eusebio si esprime pertanto attraverso una presenza assidua e mite, capace di comunicazione efficace della parola di Dio.
    Lo stile non è quello del vescovo Massimo di Torino, che non mancava di trasmettere il Vangelo con sferzante ironia. Non è la violenza aggressiva di altri vescovi contro i culti pagani, bensì lo stile modellato su Gesù, il pastore buono, con l'arte di persuadere, con una parola convincente e paziente.
    Questo tratto del pastore appare anche durante il rude esilio di Scitopoli e diventa parola persuasiva durante i lunghi viaggi di andata e ritorno dall'esilio. Risalendo l'Italia, verso le comunità pedemontane, Eusebio veniva salutato con gioia dalle comunità cristiane, che il vescovo incoraggiava amabilmente. Il ritorno dei vescovi nelle loro città era di grande incoraggiamento per i cristiani. Ne è testimone san Girolamo:"Ad reditum Eusebii... al ritorno di Eusebio, l'Italia mutò le vesti del lutto".

    Eusebio non mancò di curare il suo gregge anche durante l'esilio: non senza l'apostolato della penna. Anche Eusebio poteva ben ripetere come Gesù: "Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me...e offro la vita per le pecore" (Gv 10). Pertanto, la rudezza dell'esilio e la testimonianza di una vita totalmente donata, fanno del proto-vescovo di Vercelli un testimone riconosciuto come martire.

    3. Una terza ed ultima domanda vorrei porre: Che cosa direbbe, oggi, Eusebio ai Vercellesi nell'anno della fede?
    Nello scritto dall'esilio dice: "Vi scongiuro: custodite la fede con la massima vigilanza; conservate la pace tra voi, pregate e ricordateci sempre...Il Signore si degni di liberare la sua Chiesa che soffre su tutta la terra".
    La Chiesa, dunque, naviga a vista sul mare agitato di una persecuzione violenta. La sapienza del pastore mira a salvare la fede; questa è la questione fondamentale che decide la direzione dell'esistenza. L'imperativo è chiaro: custodite la fede.
    E il custodire la fede significa non lasciarla inquinare dal "paganesimo sottile" di una diffusa visione mondana della vita.
    Custodire la fede significa conservarne la buona salute con il vigore della concretezza. La schizofrenia tra fede e vita indebolisce la fede e falsifica la vita. C'è una sintonia sorprendente tra la lettera scritta da papa Francesco e quella di Eusebio. Due lettere encicliche: per la Chiesa universale la lettera del successore di Pietro; per la Chiesa di Vercelli, quella scritta da Scitopoli; ambedue scritte in tempo di crisi, "nel tempo della prova" fa sapere Eusebio.

    Anche il nostro, è un grave tempo di crisi: economica ed etica. I nembi minacciano tempesta; ma coloro che sono provati "devono rialzare la testa" scrive Eusebio; la fede è luce per illuminare la vita e la storia, dice papa Francesco. La crisi del nostro tempo sta sotto gli occhi di tutti, anche se non tutti hanno una visione oggettiva dei primati in negativo che affliggono il nostro territorio. I segnali di fragilità sono tangibili su fronti diversi: quello dell'invecchiamento demografico, della propensione nostrana alla capitalizzazione che non reinveste a vantaggio della collettività; della disoccupazione, passata sul nostro territorio dal 6,3% nel 2011 all'11,1% nel 2013.

    Forse qualcuno, di fronte a questo sguardo nel sociale, potrebbe chiedersi: che c'entra la fede con il disagio economico delle nostre famiglie e del nostro territorio?
    Per la Lumen Fidei di papa Francesco, la fede è la luce per abitare la storia, senza pessimismo o fatalismo. La fede fa luce sopratutto sulla vocazione e missione dei laici cristiani, attribuendo a ciascuno una precisa responsabilità di cittadino e di politico, di fronte alle ingiustizie di chi ha troppo e di chi ha troppo poco.

    La fede chiede, senza alibi, di essere coniugata con la giustizia. Attenzione alla scorciatoia tra fede e carità: la giustizia non può essere censurata. Tra la fede e la speranza c'è la giustizia, che non è una virtù quaresimale, come è sovente la carità vissuta come assistenza; è una virtù feriale, che sa affrontare le cause, le radici delle crisi che hanno costruito strutture ingiuste.
    Mi ha colpito non poco l'ascoltare, in modo documentato, le ingiustizie che riguardano non la geografia del "paese Italia", ma quella del nostro territorio: come i comportamenti impropri di cristiani sul lavoro e nella vita pubblica, come i favoritismi, i doppi impieghi, i guadagni non limpidi, le consulenze esterne che costano alla collettività. Questa diagnosi che ci affligge, chiede un serio esame di coscienza, personale e comunitario; impone soprattutto ai cristiani stili alternativi di vita, all'insegna della sobrietà e della solidarietà. L'urgenza di cambiamento di rotta della vita sociale non è richiesta dalla gravità della crisi, ma imposta dal precetto evangelico della giustizia. In nome del 7° comandamento.
    La vocazione dei laici, pertanto, non si esaurisce in una ministerialità intra-ecclesiale; il Concilio ne specifica l'indole secolare, che è il portare lumen nella zone tenebrose del mondo.

    "Conservate la fede" ci ripete con passione Eusebio: quella fede che dona luce, bellezza e speranza alla vita; quella fede che trova il suo centro nella domenica , la pasqua del Signore, non calpestata sulla soglia dei super-mercati aperti, quella fede che ritrova vigore nelle nostre famiglie riaggregate nel riposo, dall'Eucaristia e dalla preghiera.
    Ce lo chiede Eusebio con parole precise: "Vos peto...vi chiedo di conservare la fede, la concordia, radicati nella preghiera"


    fonte: http://www.eusebiano.it/chiesa/il-te...rcivescovo-del



    Data: 03/08/2013




  4. #14
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    Cattedrale gremita per la solennità di Sant'Eusebio

    vercelli
    L'omelia dell'Arcivescovo: «Tre domande sulla fede rivolte al patrono di Vercelli»
    P. Masseroni pronuncia l'omelia

    Un momento della celebrazione

    L’intera comunità diocesana si è riunita, giovedì mattina in cattedrale, attorno all’arcivescovo padre Enrico Masseroni per celebrare il patrono di Vercelli, Sant’Eusebio. Momento culminante della festa è stato il solenne pontificale presieduto proprio da p. Masseroni attorniato da quasi tutti i sacerdoti della diocesi e alla presenza di centinaia di fedeli. Hanno concelebrato ben cinque vescovi: il vercellese mons. Gianni Ambrosio (vescovo di Piacenza - Bobbio), mons. Alceste Catella (Casale Monferrato), mons. Gabriele Mana (Biella), mons. Edoardo Aldo Cerrato (Ivrea) e Sebastiano Dho (vescovo emerito di Alba). Intensa e seguita con molta attenzione l’omelia di p. Masseroni che ha utilizzato la forma originale dell’“intervista” a Sant’Eusebio, cui ha rivolto idealmente tre domande sulla fede in occasione dell’anno liturgico ad essa dedicato dalla Chiesa, tracciando un filo che collega la lettera di Eusebio dall’esilio di Scitopoli e la recente lettera enciclica di papa Francesco. (Sul numero del Corriere eusebiano in edicola dal 2 agosto le foto della festa e il testo integrale dell'omelia dell'Arcivescovo)
    Data: 01/08/2013



    fonte: http://www.eusebiano.it/chiesa/catte...di-santeusebio




  5. #15
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    vercelli

    06/08/2013 - grazie al museo del tesoro del duomo
    Apre al pubblico la stanza dove dormì Giovanni Paolo II

    La stanza ha ospitato i ricercatori del Lazarus Project





    Ci saranno anche gli oggetti usati nella visita del 23 maggio 1998
    r. mag.


    vercelli
    Era il 23 maggio 1998 quando Vercelli ha vissuto uno dei momenti più intensi della sua storia: la visita di Papa Giovanni Paolo II. Ventimila fedeli avevano accolto Wojtyla e assistito alla messa davanti al Duomo, dove era stato anche proclamato beato don Secondo Pollo. Attimi intensi rimasti nella memoria dei vercellesi, che potranno essere rivissuti grazie alla fondazione Tesoro del duomo e Archivio capitolare di Vercelli, che per dicembre sta preparando una vera chicca: verrà infatti riallestita e aperta al pubblico la stanza in cui ha dormito il Santo Padre durante i giorni di visita in città. La «Stanza del Papa», come è stata già soprannominata, conterrà gli stessi oggetti utilizzati dal Wojtyla quindici anni fa, quindi il letto, il mobilio, i libri, l’inginocchiatoio e i suppellettili ecclesiastici, come i calici utilizzati durante le funzioni religiose.
    Gli allestimenti verranno realizzati in stretta collaborazione con l’ufficio Beni culturali dell’Arcidiocesi di Vercelli: i due locali verranno aperte al pubblico nel mese di dicembre. La stessa «Stanza del Papa» ha ospitato, nel mese di marzo, i ricercatori del «Lazarus Project», che hanno analizzato e ricostruito virtualmente il Vercelli book.


    fonte: http://www.lastampa.it/2013/08/06/ed...0L/pagina.html




  6. #16
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    Centinaia di vercellesi al tradizionale pellegrinaggio a Oropa

    oropa
    Martedì 6 agosto si è rinnovato il secolare legame tra la diocesi eusebiana e il santuario mariano biellese
    L'arrivo della processione alla basilica superiore

    Il saluto del rettore all'Arcivescovo

    La grande basilica superiore di Oropa era gremita nella mattinata di martedì 6 agosto per il tradizionale pellegrinaggio della diocesi di Vercelli al santuario mariano ai piedi del Mucrone. Si è così rinnovata la tradizione che vuole legati Vercelli e Oropa sin dai tempi del patrono Eusebio. I vercellesi hanno raggiunto il santuario con ogni mezzo: tanti pullman, auto e qualche coraggioso ha affrontato l’ascesa a piedi dal “Bottalino” di Biella Piazzo.
    Ad accogliere l’arcivescovo padre Enrico Masseroni, oltre a una quarantina di sacerdoti e ai fedeli, c’erano anche il prefetto Salvatore Malfi, il questore Gaetano Giampietro e il presidente della Provincia di Vercelli Carlo Riva Vercellotti. A fare gli onori di casa, ovviamente, il rettore del santuario don Michele Berchi che ha rivolto un caloroso saluto a padre Masseroni e ai pellegrini radunati attorno alla basilica antica. Di qui si è mossa la processione verso la basilica superiore dove p. Masseroni ha presieduto una messa solenne.

    Data: 06/08/2013


    fonte: http://www.eusebiano.it/chiesa/centi...tradizionale.1




  7. #17
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    Iniziative per la custodia, la tutela e la valorizzazione dei beni culturali ecclesiastici



    • del 6 settembre 2013







    L’Ufficio beni culturali diocesano ha l’intenzione di riproporre il progetto culturale finalizzato al sostegno di iniziative per la custodia, la tutela e la valorizzazione dei beni culturali ecclesiastici mediante volontari associati. Il progetto è possibile grazie a un contributo della Conferenza Episcopale italiana (8xmille). Il tutto sarà organizzato attraverso un corso di formazione per volontari (non per guide turistiche, ma le stesse potranno essere ben coinvolte in un secondo momento per delle programmate visite guidate) dove si discuteranno varie tematiche attinenti i beni culturali ecclesiastici. Il Corso è gratuito e non vincolante, si potrà partecipare anche solo come uditori. L’inizio è previsto per il 13 settembre, ore 17, presso la chiesa di S. Lorenzo in Vercelli, relatore: don Valerio Pennasso (delegato regionale per i beni culturali ecclesiastici). L’iniziativa vede gentilmente coinvolti anche: “Una Città al Museo”, per la valorizzazione integrata del patrimonio culturale a Vercelli (Comune di Vercelli, Arcidiocesi, ASCOM, ATL, Comunità Ebraica, Fondazione Cassa di Risparmio di Vercelli, Fondazione Istituto di Belle Arti e Museo Leone, Fondazione Museo del Tesoro del Duomo e Archivio Capitolare, Fondazione Museo Francesco Borgogna), l’Associazione Amici del Duomo oltre alla significativa partecipazione della vicina Diocesi di Novara (estendendo così il territorio di competenza).
    Vi ringrazio molto per l’eventuale attenzione che potrete fornire al progetto diocesano e Vi allego il programma con la lettera di presentazione del corso.


    fonte: http://www.arcidiocesi.vc.it/iniziat...ecclesiastici/




  8. #18
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    Segnaliamo alcuni cambiamenti di orario nelle chiese cittadine: da domenica 1 settembre, nell’abbazia di S. Andrea si tornerà alle due messe festive delle 10 e delle 11.30; nella parrocchiale di S. Antonio al rione Isola la messa prefestiva sarà alle 18 e la domenica sarà celebrata una sola messa alle 10 (soppresse quelle delle 9.00 e delle 11,15); nella parrocchia di Caresanablot ogni martedì alle 16 messa alla casa di riposo “I Roveri”, prefestiva alle 17 in chiesa, festiva alle 11.15 (invece delle 11).











    Cerca nel sito fonte: http://www.arcidiocesi.vc.it/variazi...sse-cittadine/


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  9. #19
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    “Due giorni” del clero con padre Masseroni



    • del 16 settembre 2013







    Un lungo e scrosciante applauso ha concluso la riflessione di padre Enrico Masseroni nella giornata introduttiva della “due giorni del clero”, che ha avuto luogo in duomo e in seminario nelle mattinate di martedì 10 e mercoledì 11. Facendo seguito ad un prolungato momento di adorazione eucaristica l’Arcivescovo ha infatti voluto dedicare alla propria amata Chiesa eusebiana una relazione di sintesi ricapitolativa del proprio intenso ministero episcopale alla guida della comunità ecclesiale vercellese. Padre Masseroni ha esordito, con voce rotta dall’emozione, manifestando il proprio intenso desiderio di «lavorare sino alla fine, condividendo questo tempo che rimane nella preghiera e nella speranza». Ampia ed articolata la disamina condotta dal pastore e suddivisa in sei punti, il primo dei quali è consistito in una memoria retrospettiva del suo passaggio da vescovo di Mondovì ad arcivescovo di Vercelli. Di qui padre Enrico Masseroni è partito per richiamare i principali eventi che hanno scandito l’esordio del suo ministero a Vercelli e favorito la sua conoscenza del tessuto sociale ed ecclesiale cittadino: dalla prima visita pastorale agli interventi in sostegno dell’occupazione, dal settembre pastorale al convegno su “memoria” e “profezia”, dalla rassegna dei “sette lunedì” alla processione delle macchine. Per incidere su questo tessuto l’Arcivescovo ha richiamato innanzitutto l’importanza di efficaci scelte di carattere metodologico: in primo luogo il transito «dalla comunione ecclesiale alla corresponsabilità pastorale», sulla base del presupposto che «la Chiesa non è dei preti». In secondo luogo «il passaggio dalla preghiera all’operatività pastorale», con il «discernimento comunitario del cammino». E ancora «dal convenire all’andare», nel reciproco scambio tra centro e periferia della diocesi, e «dal servizio di magistero al servizio di ministero». Il quarto punto dell’analisi condotta dall’Arcivescovo è stato fornito dal recupero di alcuni avvenimenti particolarmente significativi che hanno accompagnato il susseguirsi negli anni del suo ministero, a comincia- re dalla beatificazione di don Secondo Pollo presieduta da Giovanni Paolo II: la missione popolare del 2000, il congresso eucaristico diocesano, il rinnovo della cattedrale. La pastorale però è scandita non solo dai grandi eventi, ma soprattutto dal cammino feriale, ordinario, il cui richiamo ha costituito il quinto punto della riflessione: «Dicendo attenzione ordinaria o quotidiana della pastorale, penso alla pro- mozione o alla crescita di una coscienza ministeriale; di qui la valorizzazione dei carismi della vita consacrata con i suoi appuntamenti annuali. Di qui la promozione dei ministeri laicali destinatari di formazione per un servizio intelligente e gene- roso nelle nostre comunità. Di qui la preparazione dei candidati al diaconato permanente». E ancora, «la valorizzazione dell’associazionismo cattolico con finalità evangelizzatrici (Ac, Meic, Oftal), lo sviluppo di una cultura della missione e il dialogo e la «costante collaborazione con le autorità civili». Ma soprattutto le tre scelte strategiche e portanti dell’impegno pastorale: la famiglia, i giovani e le vocazioni.

    L’intervento di padre Masseroni è stato quindi concluso dallo sguardo sul futuro della vita diocesana, che dovrà imprescindibilmente tenere conto di quattro aspetti: le unità pastorali, «le quali esigono una sapiente sinergia tra vocazioni; una collaborazione tra parrocchie, superando un secolare campanilismo; la valorizzazione dei carismi personali e non meno il superamento di una pastorale individualistica». Attenzione puntata anche sugli oratori, decisivi in ordine all’ urgenza delle sfide educative e che presuppongono la presenza di educa- tori giovani, adeguatamente formati. Ed ancora per il futuro occorrerà continuare ad «assumere senza deleghe le scelte strategiche: i giovani, la famiglia, le vocazioni, la sfida educativa e la riorganizzazione del territorio». Infine la richiesta di «condividere una pastorale più accogliente, aprendo gli occhi sul fenomeno immigrazione, con le nuove religioni che vanno crescendo tra noi e pongono problemi di accoglienza, di dialogo, di ecumenismo e di cultura della carità solidale». Nella seconda giornata, dopo la preghiera di Ora Terza e la meditazione di mons. Tonino Guasco, si sono susseguite le relazioni da parte dei titolari dei di- versi uffici pastorali della curia, che hanno presentato le rispettive attività nell’anno appena iniziato. In particolare il pro vi- cario mons. Giuseppe Cavallone ha richiamato l’importanza fondamentale di una adeguata pastorale pre e post battesimale in grado di inserire la scelta del sacramento in un cammino di effettivo inserimento delle famiglie all’interno delle comunità parrocchiali. Prima del lavoro di gruppo, che ha visto i sacerdoti impegnati per area pastorale di residenza, il vicario generale mons. Cristiano Bodo ha trattato il tema del- le unità pastorali nel corso di una specifica relazione nella quale ha messo a fuoco anche la visita tecnico- amministrativa alle parrocchie diocesane attualmente in svolgimento. «Le unità pastorali – ha affermato mons. Bodo – devono essere in grado di “di- re” la Chiesa tra la gente; devono essere un luogo in cui si sperimentano anzi- tutto legami di accoglienza e fraternità. La gente deve poter vedere e identificare con facilità queste nuove figure di riferimento, de- ve sperimentare come si può sentire accolta anche in questa nuova “struttura” parrocchiale.


    fonte: http://www.arcidiocesi.vc.it/

    Mario Allolio




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    Vespro per i sofferenti





    • del 17 settembre 2013







    L’iniziativa di preghiera in unione con il santuario di Loreto, attivata a Vercelli dal gruppo “LaboratOranti nel sì” nella chiesa di S. Cristoforo con la preghiera a Maria che scioglie i nodi, non solo prosegue, ma da questo mese raddoppia. In accordo con i parroci mons. Giuseppe Cavallone (consigliere spirituale del gruppo) e mons. Sergio Salvini e con don Stefano Bedello, vista l’aumentata partecipazione all’ultimo venerdì del mese in San Cristoforo al vespro dedicato ai sofferenti ed alle serate extra organizzate in San Giuliano in pieno agosto, d’ora in poi gli appuntamenti fissi saranno i seguenti: ogni secondo mercoledì alle 21 nella chiesa di San Giuliano; ogni ultimo venerdì alle 17,15 nella chiesa di San Cristoforo con vespri, rosario, messa e alle 21 in San Giuliano.













    fonte: http://www.arcidiocesi.vc.it





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