Lo Staff del Forum dichiara la propria fedeltà al Magistero. Se, per qualche svista o disattenzione, dovessimo incorrere in qualche errore o inesattezza, accettiamo fin da ora, con filiale ubbidienza, quanto la Santa Chiesa giudica e insegna. Le affermazioni dei singoli forumisti non rappresentano in alcun modo la posizione del forum, e quindi dello Staff, che ospita tutti gli interventi non esplicitamente contrari al Regolamento di CR (dalla Magna Charta). O Maria concepita senza peccato prega per noi che ricorriamo a Te.
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Discussione: Cronache dell'Arcidiocesi Metropolitana di Vercelli - 2013

  1. #21
    CierRino di platino L'avatar di maurum
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    Imprenditori cattolici al santuario di Oropa




    • del 29 settembre 2013







    Imprenditori e dirigenti cattolici piemontesi si riuniranno al santuario di Oropa, sabato 5 ottobre, per una giornata di ritiro sul tema “Gesù crocifisso”. Nello stesso luogo il gruppo si era recato nel 2010 per alcune giornate di approfondimento spirituale, avviando un cammino di riscoperta del vero volto di Dio.
    «Ci sentiamo ulteriormente stimolati a proseguire spiega Giancarlo Picco, presidente regionale Ucid dal pressante richiamo che papa Francesco ha rivolto fin dai primisssimi giorni del suo nuovo ministero».
    La riflessione sarà guidata da don Alberto Piola a partire da “Lo scandalo del Figlio di Dio crocifisso”; seguirà quella di don Natale Maffioli “La croce, da patibolo a strumento di salvezza e di gloria; da una lettura iconografica a una riflessione teologica”. E’ prevista inoltre la meditazione di don Michele Berchi, rettore del santuario di Oropa.


    fonte: http://www.arcidiocesi.vc.it




  2. #22
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    Agenda dell’Arcivescovo – Dal 20 settembre al 4 ottobre





    • del 29 settembre 2013







    Dopo la sospensione estiva, nel mandare in onda web l’agenda dell’Arcivescovo, riprendiamo una comunicazione che permette di rendere più intensa la comunione con il Pastore e permette al “Pastore di percepire l’odore delle sue pecore”, per usare il linguaggio di papa Francesco.
    A partire dal 1 di agosto sono riprese le normali attività di presenza di Padre Enrico nelle parrocchie, per l’amministrazione del sacramento della cresima, per incontri formativi o di partecipazione a momenti importanti della vita delle comunità cristiane. Le giornate sono state scandite dall’accoglienza di persone o di gruppi, di ascolto e di ordinaria amministrazione della diocesi con l’aiuto collaborante del Vicario del pro-Vicario generali, dei Vicari episcopali, dei collaboratori Sacerdoti e laici impegnati nei vari settori della catechesi, della pastorale, della Curia, della gestione economica , dei beni culturali e di interventi in altre diocesi del Piemonte.
    Una particolare attenzione meritano alcune importanti celebrazioni con interventi omiletici che vengono proposti ai visitatori del sito:

    • il 1 di agosto, festa di sant’ Eusebio: “Dialogo sulla fede con il proto vescovo Eusebio” .
    • il 15 agosto nel santuario di Crea (diocesi di Casale) “Con Maria nella memoria di Eusebio”.
    • il 24 agosto, festa patronale della parrocchia di Borgomanero NO: “ La testimonianza di San Bartolomeo nell’anno della fede”.
    • l’8 settembre festa patronale nel santuario di Vicoforte Mondovì- CN: “Maternità di Maria Vergine: un inno alla vita”.
    • 20 settembre, assemblea inter-diocesana, Cuneo – Fossano: “La famiglia prima comunità educante”.
    • 27 settembre a Trino VC, incontro Genitori : “La famiglia prima comunità educante”.
    • 4 ottobre diocesi di Acqui : ““La famiglia prima comunità educante”.

    L’agenda continua a riempire le sue pagine come descritto sopra.



    fonte: http://www.arcidiocesi.vc.it/




  3. #23
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    La famiglia, prima comunità educante





    • del 20 settembre 2013







    Centallo, Assemblea inter-diocesana, Cuneo – Fossano 20 settembre 2013
    Il titolo sembra un po’ scontato; tutti siamo teoricamente d’accordo nell’attribuire alla famiglia una sua irrinunciabile vocazione o missione educativa. Ciò significa che la paternità e la maternità non sono soltanto un evento biologico, come la nascita; la paternità e la maternità sono eventi permanenti, secondo modalità diverse che si esprimono nella missione educativa. Vorrei pertanto mettere a fuoco i due termini che orientano la nostra riflessione: l’educazione, e la famiglia comunità educante.

    1. L’educazione vanta un’attualità coniugabile con alcuni eventi o fenomeni culturali.

    Anzitutto l’educazione orienta il decennio pastorale della Chiesa italiana: dal 2010 al 2020. Per questo costituisce l’onda lunga del Convegno di Verona, celebrato nell’ottobre del 2006; laddove, il Santo Padre Benedetto XVI, ha richiamato con vigore l’attenzione di tutti su questa sfida: “Perché l’esperienza di fede e dell’amore cristiano sia accolta, vissuta e trasmessa da una generazione all’altra, una questione fondamentale e decisiva è quella dell’educazione della persona”(19 0tt0bre 2006). Sembra addirittura che l’educazione sia sulla bocca di tutti a livello planetario e sia in compagnia di altre parole che esprimono fenomeni noti a tutti: la pace, la giustizia, la fame. Nei 35 minuti del primo faccia a faccia del presidente americano Busch con Benedetto XVI, nel 2007, tra le sfide del mondo, accanto ai diritti umani, alla libertà religiosa, alla difesa e alla promozione della vita e della famiglia, si è fatto esplicito riferimento all’educazione delle nuove gene-generazioni.
    Un’espressione, divenuta familiare a tutti, in questo decennio è l’emergenza educativa. Parlare di “emergenza educativa” significa tentare di andare alle radici di un diffuso disagio che affligge l’ultima generazione. Molti educatori ripetono che siamo di fronte ad una generazione senza padre e senza madre. Dire emergenza educativa significa avvertire l’urgenza di correre ai ripari di fronte a molti fenomeni negativi, come la droga, la violenza, il bullismo, che non sembra risparmiare neppure la scuola più vicina a casa. Insomma in questa emergenza educativa sembra di entrare nel turbine di un ciclone che riempie di confusione soprattutto le tre comunità naturalmente educative:la famiglia, la scuola e la comunità cristiana.
    Pensiamo al vento che soffia violento sull’Europa contro la famiglia. Sappiamo che il Comitato dei Ministri dell’Unione europea, con raccomandazione del 31 marzo 2010 ha imposto agli Stati membri di usare tutti i provvedimenti necessari per “combattere la discriminazione fondata sull’orientamento sessuale, con le conseguenze dell’ambi- guità sull’omofobia e con la teoria del gender che stravolge l’antropologia, e fa a pezzi l’uomo nella sua precisa identità di persona composta di anima e di un corpo chiaramente sessuato.
    I promotori del gender, però, non parlano mai della disperazione di adolescenti e di giovani che hanno intrapreso questo cammino contro natura e sono finiti nella perdita della propria identità personale che li ha portati alla schizofrenia e, per molti, al suicidio.
    E nell’orizzonte del nostro contesto culturale, non è difficile riconoscere la crisi educativa come la madre di tutte le crisi. Infatti, quando parliamo di crisi al plurale, siamo soliti evocare le diverse facce: la crisi dei valori, della vita, della famiglia, della scuola, della politica e persino della Democrazia; spesso si arriva al dunque: alla madre di tutte le crisi, quella dell’educare. E molti osservatori sono d’accordo nel riconoscere questa“maternità”:la crisi educativa.

    1. Mi sembra importante, a questo punto, identificare o dare un nome alle radici culturali dell’emergenza educativa, che sono due confusioni: la prima riguarda il “soggetto da educare” .

    Bisogna tornare alla centralità dell’educazione, d’accordo dicono molti; ma chi educare ? Oggi c’è una sorta di appannamento e di umiliazione della persona. Nel contesto post-moderno la definizione dell’uomo come persona, come fine, come interiorità, libertà, amore, come soggetto in relazione con Dio e con gli altri, sembra aver perso la capacità di polarizzare il consenso culturale . La persona come imago Dei (immagine di Dio), non è più la stella polare. Il secolo XIX ha mandato in soffitta Dio; il secolo XX ha relegato in soffitta la persona, la sua immagine; il secolo XXI, il nostro, sta condannando allo stesso destino il grembo della persona: la famiglia. Anche su questa si sono abbattuti i venti di Babele. Lo stesso articolo 29 della Costituzione è messo al bando. Ma c’è un’altra confusione, oltre la persona da educare: riguarda la stessa nozione di educazione. Il noto studioso di fenomeni sociali, Giuseppe De Rita, parlando di emergenza educativa cita la “crisi di senso delle funzioni dell’apprendere e dell’insegnare” (Avvenire 26 maggio 2007). Insomma, ci sono altre parole che allignano nella testa di tanti genitori o educatori a confondere le idee: si parla più volentieri di istruzione, di avviamento al lavoro, di allenamento, di aggiornamento. E usando tali parole, più o meno periferiche all’educazione, si richiama l’apprendimen- to di un galateo sociale preoccupato dell’apparire, del fare bella figura. Siamo ben lontani dall’orizzonte del mondo interiore in cui si riflette l’ imago Dei. Nella testa di tanta gente sono stampate ben altre immagini che vengono metabolizzate in un’idea fissa: farsi un’immagine degna di successo e di considerazione sociale, con buona pace della coscienza e di Dio. Certo nessun genitore accetterebbe di identificare il valore del figlio con le gambe da allenare; ma di fatto la polarizzazione quotidiana di tanti ragazzi, speculare a quella di tanti genitori, va in tale direzione.

    1. La domanda che ci poniamo è precisa: che significa educare ?

    In molti genitori ed educatori non manca la consapevolezza che l’educazione sia un’arte che mira allo sviluppo globale della persona, non riducibile ad alcune attività formative, come: l’istruzione, l’allenamento, l’assistenza, la prevenzione e la socializzazione. Il significato forte dell’educazione mira alla totalità della persona, compreso il suo mondo interiore, laddove si innestano le vere motivazioni dell’agire umano. In un intervento alla Conferenza dell’UNESCO, il cardinal Edward Egan, arcivescovo di New York, si chiede di che cosa debba occuparsi l’educazione: “Per i Greci doveva formare soldati; per i Romani oratori; per i nazisti i promotori della razza; per i comunisti dei docili membri del partito. Solo per i Cristiani, da 2000 anni, educare significa sviluppare la totalità dell’uomo, in ogni sfaccettatura del suo essere immagine di Dio”. Ci sono due espressioni, nelle parole dell’Arcivescovo di New York che vorrei approfondire: la totalità della persona e l’immagine di Dio. Pertanto il segreto di un’educazione vera dei nostri ragazzi e giovani è l’attenzione a tutto l’orizzonte della persona: in una visione antropologica che eviti le disarmonie o il mito del corpo. Di qui la cura della corporeità, come dimensione essenziale dello stare al mondo e come linguaggio relazionale con gli altri e con Dio. Il corpo non è tutta la persona, ma ne rivela l’interiorità. Il salutismo o il mito del corpo non possono far credere che l’unico sogno da coltivare consista, da parte dei ragazzi, consista nell’avere muscoli da campione. Di qui lo sviluppo dell’intelligenza, aperta al sapere in tutte le sue forme di verità scientifica, filosofica, storica, religiosa e morale. L’amore per la verità incoraggia la ricerca e lo studio.
    Oltre la corporeità e l’intelligenza, l’avventura educativa chiede una delicata attenzione all’affettività, perché non anneghi nello specchio del narcisismo adolescenziale.
    Oltre l’affettività c’è la volontà, chiamata a spiccare il volo di una libertà responsabile, per dare il proprio contributo alla costruzione di un mondo più umano. Ciò significa educare ad una socializzazione positiva , costruttiva per sé e per gli altri, rifuggendo da cripto forme di esibizionismo e di egoismo.
    Ed infine una persona libera e responsabile non può eludere il problema del senso della vita, che Freud definiva domanda patologica.. Un ragazzo o un giovane, proteso verso la maturità, non può soffocare le domande ultime nel frastuono della cultura dell’evasione e del vuoto. La domanda di senso per la vita costituisce la differenza umana ; e sull’onda di questa domanda connaturale con l’umano, va accompagnato quel cammino educativo dell’identità religiosa e morale di ogni persona, nel suo incontro con Dio e con gli altri “educando alla vita buona del Vangelo”, come titola il documento dell’Episcopato italiano per il decennio 2010–2020.
    Ma l’Arcivescovo di New York non richiama solo la totalità della persona nell’impresa educativa; usa una seconda parola importante: “immagine di Dio”. L’immagine evoca il volto. “All’inizio dell’essere cristiano, non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona” (così dice in modo chiaro Benedetto XVI, nella Deus caritas est); per questo possiamo ben dire che la pedagogia cristiana è pedagogia del modello, rivelativa del volto di Gesù. La norma “devi” non affascina; la persona sì. L’educazione cristiana non invoca solo una pedagogia dei valori, ma la pedagogia del modello: “Imparate da me” dice Gesù” (Mt 11,29). Il fine da perseguire, pertanto, nell’educazione è quello di edificare una personalità matura sul modello del “novum hominem” (Ef 4, 24) , l’uomo nuovo modellato su Gesù. La pedagogia del modello si riflette nella vita dei genitori e degli educatori. La relazione educativa più efficace è quella fondata sul vedere. I testimoni si vedono, non hanno bisogno di chiacchiere.

    1. La famiglia, prima comunità educante

    Diciamolo subito: la famiglia di fronte alla vita che germoglia dal suo grembo, non è seconda a nessuno: né alla scuola, né alla comunità cristiana, né tantomeno alla società; lo dice la più sana e onesta ragione, libera da contraffazioni ideologiche. Lo afferma, per il credente, la fede: la quale vede nell’educazione la consegna di Dio, la continuazione della creazione. Essa non è solo affidamento all’uomo e alla donna dell’atto generativo, ma è impegno a compiere l’opera, portando alla pienezza di vita il progetto di umanità sbocciato nel grembo materno, frutto di un amore senza riserve. Per questo, da parte dei genitori è importante guardarsi da due rischi: il riduzionismo educativo e l’esproprio della missione educativa. La più elementare sapienza pedagogica suggerisce ai genitori di rispettare la verità dei figli come persone, assetate di vita, non riducibile al soddisfacimento dei bisogni immediati. I figli non hanno solo i muscoli da allenare, un corpo da esibire, bisogni da soddisfare. E’ purtroppo vero che la cultura egemone tende ad esasperare i bisogni, riconoscendo nei giovani dei consumatori, ignorando il loro desiderio di felicità. La confusione tra bisogni e desideri, tra piacere e felicità, è l’inganno più insidioso che il mondo degli adulti trama contro le nuove generazioni; inganno denunciato dal Santo Padre nel suo intervento al convegno della diocesi di Roma, l’11 giugno 2007: “L’educazione tende ampiamente a ridursi alla trasmissione di determinate abilità o capacità di fare, mentre si cerca di appagare il desiderio di felicità delle nuove generazioni colmandole di oggetti di consumo e di gratificazioni effimere”. Soddisfatti i bisogni, la partita è finita.
    Il secondo rischio è la delega, che apre la via all’esproprio educativo. Si sa che l’educazione è un’impresa ardua, perché rimette in discussione l’impostazione di vita dei genitori; decide la qualità della convivenza familiare, determina la scelta dei “valori base” su cui si gioca l’esistenza. L’esproprio educativo è piuttosto diffuso. Sembra che lo spazio domestico sia pedaggio di altre scuole: quella dei banchi, ma soprattutto la comunicazione via internet, la maga Circe del nostro tempo, via face book, youtube, twtter e via discorrendo. E così la famiglia è messa fuori gioco.
    5 – Educare in famiglia: questione di amore
    La domanda cruciale pertanto ha una precisa tonalità pedagogica: come la famiglia può svolgere il suo primato educativo? Il Santo Padre Benedetto XVI al Convegno diocesano di Roma (11 giugno 2007), dice che l’educazione è una questione di amore; “ha bisogno di quella vicinanza che è propria dell’amore” (Benedetto XVI, disc. citato)
    La famiglia pertanto è chiamata ad infrangere precise distanze educative: la delega, il permissivismo, la sfiducia, la rassegnazione fatalistica. Il segreto dell’educare è il cuore. Ha ragione dunque il Presidente della Conferenza dell’UNESCO, Jafaar Bin Hassan, quando afferma: “Il cuore delle madri è il primo libro dei figli” (Avvenire 10 nov. 2006). L’uomo non può vivere senza amare e senza essere amato. Scrive Ugo Borghello nel suo ultimo libro “Saper di amore: ”Non solo Dio è amore, ma anche l’uomo è amore! E se viene privato dell’amore, può arrivare a perdere anche la ragione. Ha provocato infatti più vittime, follie e disperazione, la distruzione della famiglia in questi ultimi decenni che le stesse due guerre mondiali, tanto è atroce essere privati dell’amore”. ( Ed Ares Milano 2013)
    Ma la vicinanza propria dell’amore, ha il suo linguaggio per restituire alla famiglia la sua missione educativa. Anzitutto occorre sintonizzare le antenne: per ascoltarsi. Quando i genitori si mettono in ascolto, i figli intuiscono di non essere relegati dopo il lavoro, dopo gli interessi, dopo l’ennesimo banale varietà televisivo: sanno di essere amati. La prossimità educativa incomincia ad aprire le finestre dell’anima.
    L’ascolto genera il dialogo. Nel dialogo, le generazioni si guardano, i cuori si aprono e due mondi lontani si possono incontrare e crescere insieme. Il dialogo non è sempre finalizzato a convincere l’altro; la dinamica dell’incontro favorisce la conoscenza reciproca, la stima, e permette di entrare nella logica del donare e del ricevere.
    Pertanto il dialogo è rispetto dei ruoli, del “dislivello educativo” ; il quale viene meno quando i genitori cedono alla tentazione del giovanilismo, dell’assumere toni impropri, incompatibili con la propria età ed esperienza di vita; e soprattutto incompatibili con l’autorevolezza che è il vero segreto dell’efficacia educativa. Nel dialogo si affacciano le motivazioni portanti delle esperienze che si propongono; soprattutto quelle che aprono al mistero di Dio. L’arte di motivare è essenziale all’educazione. Non si può ignorare che l’attuale contesto ha mandato in frantumi la scala dei valori; non c’è più nulla di scontato. Sembra dominante l’etica utilitaristica, con il suo squallido imperativo: è bene ciò che è utile. E nel suo orizzonte non c’è Dio, che invece è amore.
    Ma il circolo virtuoso dell’educare trova il suo vigore convincente nella testimonianza, la quale non usa astratti imperativi kantiani – tu devi! – , ma instaura la pedagogia amorevole dell’indicativo: – noi vogliamo – ; in cui appare evidente la convincente prossimità fra genitori e figli, in un comune cammino di crescita verso la pienezza di umanità. Perché, si sa: le parole illuminano, l’esempio convince. Come annota ancora Giuseppe De Rita, la famiglia è passata da “istituzione della normatività a istituzione della relazionalità” (Avvenire, 26 giugno 2007): e nel gioco delle relazioni intra-familiari, il segreto capace di educare è l’amore, anima del dialogo.

    1. Tre importanti attenzioni pedagogiche e pastorali

    Come risolvere la contraddizione tra il primato educativo teorico della famiglia e la sua emarginazione di fatto? Quando affermiamo il primato educativo della famiglia, tutti siamo d’accordo. Ma di fatto, il più delle volte la comunità familiare è definita in crisi, latitante, spiazzata nel suo compito educativo; perché l’impresa educativa non si risolve in qualche raccomandazione moralistica; ma chiede alla famiglia la consapevolezza di una missione sapiente e costante. A chi tocca, in concreto, l’impegno di restituire alla famiglia il suo primato? Credo di poter dire che la coscienza del primato educativo della famiglia è ancora vigile nella comunità cristiana. Pertanto è la comunità cristiana chiamata a collocare in posizione strategica il primato educativo della famiglia. Se la comunità non ricupera la consapevolezza del primato pastorale della famiglia, va in frantumi anche il primato pedagogico.
    Una seconda attenzione pedagogica e pastorale riguarda l’età evolutiva. Ci sono, infatti, due passaggi delicati e problematici nell’età evolutiva dei figli, che sollecitano una cura sapiente e vigilante da parte dei genitori. Il primo passaggio è quello dell’infanzia: Attenzione all’agnosticismo dell’infanzia ! La prima età che necessita di un’attenzione educativa è quella che va dai primi anni fino all’età scolare. Questo segmento della vita non ha bisogno soltanto di nutrire la fantasia, ma di illuminare la vita con la presenza di Dio. Di qui l’importanza di trasmettere in famiglia una testimonianza bella della presenza di Dio, evitando il perfido gioco di trasformare, ad esempio, la verità del Natale con la sua fantasia e la sua fantasia nella verità del Natale (Babbo natale è la verità; Gesù bambino è fantasia)
    C’è poi una seconda curva nell’età evolutiva: quella della preadolescenza, in cui i figli pongono le prime serie domande alla vita, le quali rivelano l’insorgere dell’età filosofica, ed esprimono il desiderio di altre appartenenze e amicizie. Questo richiede sapienza e attenzione da parte dei genitori, disponibilità al dialogo, aprendo con i figli nuovi orizzonti. Concludendo: dopo tutto questo discorso voi potreste pensare che il vescovo o il prete parlano volentieri di famiglia “comunità educativa” ; ma forse non ne conoscono le difficoltà e i problemi. In realtà la fede che ci qualifica come discepoli del Signore assegna a tutti noi questa missione educativa perché tutti siamo chiamati ad amare i figli delle nuove generazioni e tutti possiamo diventare educatori ad una vita pienamente umana con l’aiuto di Dio che ci ha creati a sua immagine e somiglianza.


    fonte: http://www.arcidiocesi.vc.it




  4. #24
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    Si festeggiano i nonni alla chiesa di san Michele





    • del 26 settembre 2013







    Com’è ormai tradizione, mercoledì 2 ottobre, festa degli Angeli custodi, la messa feriale delle 10 nella chiesa di S. Michele sarà presieduta dall’Arcivescovo. Sarà l’occasione per celebrare anche i nonni, “angeli custodi in terra” di nipoti e bambini. Sarà il riconoscimento ufficiale del loro valore sociale, ma soprattutto educativo, affettivo, culturale e personale. Non per niente la “festa dei nonni” è diventata istituzionale con la legge n. 159 del 31 luglio 2005. L’invito a partecipare è esteso a tutti.


    fonte: http://www.arcidiocesi.vc.it/




  5. #25
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    Tendi la tua mano – XXVI domenica tempo ordinario





    • del 28 settembre 2013







    «Beati voi, poveri» (Lc 6, 20). Nella cappella Redemptoris Mater in Vaticano Cristo non scaraventa gli uomini nell’inferno. Se tutti gli uomini cadono in potere della morte, Cristo scende dal cielo e offre la mano a tutti quelli che vogliono salvarsi poiché Egli vuole liberare ognuno dalla morte. Jean-Jacques Rousseau nella “parabola dei cacciatori di cervi” racconta che prima che l’uomo «scoprisse il domani» poteva capitare che un cacciatore, anziché attendere pazientemente che il cervo spuntasse fuori dal folto della foresta, si facesse distrarre dai morsi della fame e catturasse il primo coniglio che gli capitava a tiro, anche se la razione di carne che gli sarebbe toccata dalla caccia collettiva del cervo sarebbe stata ben maggiore. Ed è proprio così: oggi accade che ben pochi gruppi di cacciatori restino insieme per tutto il tempo che l’attesa e la cattura del cervo richiedono, cosicché chiunque riponga la propria fiducia nei benefici di un’impresa comune potrebbe restare fortemente deluso. La parabola è chiara: l’eternità è l’ultimo criterio per valutare il presente e per comprendere la misericordia di Dio; ci ricorda che il cristiano vive l’oggi proteso verso il Giorno Ultimo. Emerge un amore preferenziale nei confronti dei poveri: troppi pensano di farsi un nome, ma rischiano di trovarsi senza nome di fronte a Dio. Non dobbiamo dimenticare che la prospettiva evangelica è possibile nell’oggi: infatti per noi credenti l’orizzonte futuro è chiamato ad illuminare le scelte presenti. Come leggiamo nella seconda lettura tratta dalla prima lettera a Timoteo: «Ti ordino di conservare senza macchia e in modo irreprensibile il comandamento, fino alla manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo» (1 Tm 6, 14). Queste parole paiono incomprensibili al giorno d’oggi: infatti l’uomo odierno differisce da suo padre in quanto vive in un presente, potremmo dire purtroppo in un carpe diem, «che vuole dimenticare il passato e non sembra più credere al futuro» (Guy Debord, Commentari sulla società dello spettacolo, Milano 1995). Si apre spontaneamente la questione se ci si possa ancora far intercettare da quella mano tesa da Gesù per condurci con sé in un’altra vita, in una dimensione futura. I cristiani, portatori di speranza e carità, possano oggi indicare la via a tutti, facendosi veri testimoni di Cristo!




    fonte: http://www.arcidiocesi.vc.it/




  6. #26
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    Il tempo regge: è una gran Festa dei Popoli

    VERCELLI
    Spettacoli, amicizia e solidarietà hanno animato oggi pomeriggio Parco Kennedy


    Spettacoli, colori, abbracci, prodotti tipici e solidarietà. Tutto questo, nella giornata odierna, è stato il corollario di una Festa dei Popoli che ancora una volta ha colpito nel segno. Unendo, in pochi metri, le bandiere, la presenza e la fratellanza di tantissime culture e etnie presenti in rappresentanza nei vari stand. Il tempo ha retto, è stato tutto sommato clemente, permettendo il regolare svolgimento della manifestazione, tanto voluta da padre Enrico Masseroni cinque anni or sono.


    Data: 28/09/2013


    fonte: http://www.eusebiano.it/




  7. #27
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    Natività di Maria Vergine – Un inno alla vita




    • del 1 ottobre 2013







    8 settembre, Santuario di Vicoforte – Mondovì
    Mi, 5, 1–4; Gal 4, 4–7; Mt 1, 1–16

    1. Secondo la tradizione delle nostre Chiese particolari, l’inizio di settembre costituisce l’avvio del nuovo anno pastorale, tempo scandito dalla celebrazione dei misteri di Cristo; la cui vetta è la pasqua del Signore risorto. La festa gaudiosa della Natività di Maria è una sorta di vigilia, il dies natalis della nuova umanità; è la vigilia dell’Incarnazione del Figlio di Dio, attorno a cui gravita il tempo drammatico degli uomini. Quando diciamo Natività di Maria è come se dicessimo il giorno prima del natale del Signore, e come se dicessimo l’inizio della vita, della storia e della speranza.

    Non a caso questo straordinario santuario, quando accoglie i pellegrini, dall’alto dell’arco dell’ingresso principale, ci offre un’immagine simbolica: l’aurora consurgens, che vuole evocare il mistero di Maria, l’aurora che sorge e invade il mondo di luce. Maria è l’aurora della Luce; Gesù è il sole che avvolge la terra. Maria è la stella del primo giorno che annuncia il sole di giustizia. Maria riceve la luce e la irradia.
    1. La suggestiva immagine pittorica sembra commentare la pagina del vangelo di Matteo che abbiamo ascoltato, forse con qualche fatica, con i nomi strani delle generazioni dell’antico testamento. La fatica del nostro ascolto, sembra richiamare la stessa fatica della storia, protesa verso la pace. La confusa sequenza dell’umanità racconta circa diecimila trattati di pace; e ciò significa che la lunga vicenda umana gronda il sangue di guerre infinite. Ma il caotico intreccio delle generazioni quasi improvvisamente si illumina; la storia si apre ad un orizzonte di luce: Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria. Accanto a Maria c’è l’uomo giusto, Giuseppe; da Maria nasce Gesù, il giusto che fa giusti. La nascita di Maria è immersa nel silenzio del mistero. Al centro c’è Gesù, la sua pasqua di risurrezione. Pertanto la storia del mondo non gravita attorno ad eventi; ma attorno all’Evento. Paolo nella lettera ai Galati è lapidario: “Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il Figlio, nato da donna” (Gal 4, 4) Per questo ha ragione Jean Daniélou – un grande teologo del concilio – quando scrive che noi “viviamo in piena storia sacra”. Ed ogni evento, illuminato dalla fede, ha un messaggio da consegnare all’uomo di questo tempo. La storia sacra è tempo di luce, non senza le sue drammatiche oscurità.

    Non a caso il papa Francesco ricorda che “E’ urgente ricuperare il carattere di luce proprio della fede… La luce della fede possiede, infatti, un carattere singolare, essendo capace di illuminare tutta l’esistenza dell’uomo” (Lumen fidei, 4) , tutta la sua storia. “Chi crede, vede; vede con una luce che illumina tutto il percorso della strada, perché viene a noi da Cristo risorto, la stella del mattino che non tramonta”. (L.f 1). E’ urgente…, scrive il Papa, perché la crisi più drammatica di questo tempo non è quella economica, incombente in dimensione planetaria. Il buio in cui brancola l’uomo è lo smarrimento di senso, l’oblio della luce. Come è risaputo, noi oggi viviamo in una società a due velocità, che rischiano di non incontrarsi mai: da una parte la velocità dei sani che hanno sempre fretta; corrono da mattino a sera e non hanno tempo; hanno la giornata lunga che non basta mai; dall’altra c’è la velocità della solitudine e della malattia che hanno la notte lunga che non passa mai. In questo orizzonte culturale c’è l’oblio del senso, la mancanza di significato, di luce sui tre eventi universali: del nascere, del vivere e del morire. Infatti il contesto fortemente secolarizzato ha annebbiato il valore salvifico della croce e ci si accontenta di divertire gli anziani, aiutandoli a vivere un ultimo scampolo di illusione consumistica. Oppure si trasformano i cimiteri in parchi verdi, togliendo ogni segno di croce per esorcizzare la morte, come già accade in certi paesi nordici. In altri contesti culturali, il nascere , il vivere, il soffrire erano illuminati dalla fede. Stavano sotto il segno della croce.
    Dentro questo orizzonte dell’oblio del senso, della luce spenta, penso alla drammatica condizione culturale di tanti giovani, che sono sul treno della vita e non ne conoscono la direzione. Dietro l’angolo oscuro della vita, senza senso, c’è la noia, “la globalizzazione dell’indifferenza”, dice il Papa; c’è la droga, e purtroppo la violenza soprattutto verso la donna. L’Europa ha un triste primato tra i giovani, la diffusione del suicidio provocato dalla cultura del vuoto. Molta gente crede che quando c’è la salute, il successo, la ricchezza, c’è tutto. Ma questa illusione è sinonimo di buio. La vita è sempre a rischio quando i tre eventi – il nascere, il vivere e il morire – sono caduti nel buio del non senso.

    1. C’è però un raggio di luce che illumina il mondo in questa celebrazione popolare della Natività di Maria, come celebrazione della vita. Dire natività di Maria, significa riconoscere la seconda genesi dell’umanità; significa ricordare il compleanno della seconda Eva, contemplare il nuovo inizio di una vita bella: “In te il Signore ha posto le sorgenti della vita”, abbiamo pregato nel salmo responsoriale, La parola di Dio è di una straordinaria efficacia per restituire luce alla vita e alla storia. La nascita della donna di Nazareth è illuminata dal Sole che sorge, Gesù; Maria è l’aurora che illumina il mondo tenebroso degli uomini. Non è l’aurora che illumina il sole; ma il sole che si annuncia attraverso l’aurora; e tutto si illumina.

    E’ una pagina commovente da rimeditare quella di papa Francesco, là dove celebra la fede come luce che illumina il mondo. Sono soprattutto quattro i tempi della luce:
    • “ Il primo ambito in cui la fede illumina la città degli uomini si trova nella famiglia” (52). “In famiglia la fede accompagna tutte le età della vita”, a cominciare dall’infanzia. (53). Per questo, attenzione! cari genitori, all’agnosticismo dell’infanzia. All’età di tre o quattro anni i bambini devono già familiarizzare con il nome di Dio nella preghiera. Attenzione al perfido gioco di trasformare la verità del Natale in fiaba, e di trasformare la fiaba del folclore in verità del Natale. Non pochi bimbi sanno chi è babbo Natale e non sanno chi è Gesù; sono agnostici. E’ lo stesso natale di Maria a restituire la verità del Natale di Gesù. Senza la fede l’infanzia è senza luce.
    • La straordinaria celebrazione della natività di Maria accende una seconda luce sull’orizzonte confuso del nostro tempo: essa restituisce alla vita l’assoluto primato creaturale: al vertice della scala dei valori umani non c’è la libertà, con il potere di fare scempio della vita. C’è la vita, il valore sommo, da accogliere come dono dalle mani di Dio. Il grembo materno non deve rappresentare una minaccia disinvolta di una cultura di morte, ma il baluardo accogliente della vita che nasce.
    • Ma, scrive ancora il Papa,“la luce della fede è capace di illuminare tutta l’esistenza dell’uomo.” (4), su ogni tornante che sale verso la maturità, davanti ad ogni scelta che prepara il futuro; perché dire vita significa dire vocazione. Maria, l’adolescente di Nazareth ha saputo interrogare la vita, ha saputo interrogare Dio. Infatti, dopo l’inaudito annuncio dell’angelo, Maria pone la domanda: “ Come è possibile?”. Il Papa ricorda ancora che “i giovani hanno il desiderio di una vita grande” (53). Il desiderio, però richiede che la domanda sia posta e sia posta in modo intelligente: essa non riguarda cose da fare, ma riguarda il disegno di Dio, il suo sogno, il suo progetto: “Signore che cosa vuoi che io sia?”.
    • E c’è infine, un tempo della vita in cui è particolarmente urgente la luce della fede, il “Lumen fidei”: l’appuntamento con la croce. “Il cristiano sa che la sofferenza non può essere eliminata, ma può ricevere un senso, può diventare atto di amore, affidamento alle mani di Dio che non ci abbandona” (56). La fede non è luce che dissipa le nostre tenebre, ma lampada che guida nella notte i nostri passi…”All’uomo che soffre, Dio non dona un ragionamento che spieghi tutto…, la sofferenza ci ricorda che il servizio della fede…é sempre servizio di speranza”.

    Accanto alla persona che soffre e vive forse la vigilia dell’ultimo giorno, non è sufficiente la presenza di una professione medica, non servono parole per divagare sul passato. Forse serve la discrezione del silenzio soprattutto la fede, che nella preghiera apre sull’orizzonte luminoso della speranza. Per questo anche oggi, compleanno della Madre, possiamo ben dire nella fede: “Prega per noi ora e nell’ora della nostra morte, del nostro dies natalis”, nell’ora della nostra Pasqua di luce.


    fonte: http://www.arcidiocesi.vc.it/




  8. #28
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    Visite e passaggi di San Giovanni Bosco
    nell’Arcidiocesi di Vercelli
    Premessa
    Le pagine seguenti tentano di offrire alcuni materiali utili a presentare le
    relazioni che intercorsero fra don Bosco e l’Arcidiocesi di Vercelli, intesa
    come territorio e persone ad esse appartenenti. Sono frutto di
    un’esercitazione svolta dai novizi sale
    siani nell’ambito del corso di salesianità
    istituito presso il Noviziato di Monte Oliveto, a Pinerolo. Le fonti utilizzate
    consistono in primo luogo nelle
    Memorie Biografiche di San Giovanni Bosc
    o.
    Queste Memorie vennero pubblicate tra il 1898 e il 1939 da
    tre autori salesiani
    (Giovanni Battista Lemoyne, Eugenio Ceria, Angelo Amadei) al fine di fornire
    materiali utili ai futuri storici e biografi di don Bosco. Nonostante lo stile
    aneddotico ed elogiativo, rappresentano una miniera di informazioni per una
    pr
    ima ricognizione dei contatti avuti da don Bosco con i suoi contemporanei.
    E’ opportuno sottolineare che quanto
    abbiamo scritto
    non ha assolutamente
    la pretesa di esaustività
    o di completezza, è possibile che qualche dato di
    rilievo ci sia sfuggito o che
    qua e là ci sia qualche svista, speriamo non di
    grosso rilievo. Pensiamo che, in ogni caso, queste paginette possano servire
    come prima esplorazione dei legami tra il Santo dei giovani e la realtà
    dell’Arcidiocesi.
    M
    auro Colombo e Daniele Cannone,
    novi
    zi salesiani dell’Ispettoria Lombardo Emiliana
    Elenco e descrizione delle visite
    Limitiamo la nostra analisi alle località di Santhià e Vercelli.
    1847 SANTHIA’
    Memorie Biografiche di San Giovanni Bosco, I, 132
    Don Bosco deve recarsi da Torino a Biell
    a per predicare un corso d’ esercizi
    spirituali.


    Sosta a Santhià per cambiare diligenza, ed in questa occasione rischia
    d’essere morso da uno dei cavalli che la trainano, il quale si è imbizzarrito. Le
    Memorie Biografiche
    raccontano che don Bosco riesce c
    on le sue sole mani a
    stringere le fauci dell’animale finché questo viene legato.
    1850 SANTHIA’ e VERCELLI
    Memorie Biografiche di San Giovanni Bosco, IV, 128
    Il 17 Settembre 1850 Don Bosco, diretto a Stresa per incontrare il Rosmini
    ,
    transita in diligenza per Santhià e Vercelli.
    1861 VERCELLI
    Memorie Biografiche di San Giovanni Bosco, VI, 1009
    -
    1010
    Don Bosco si reca in treno a Vercelli dal 14 al 17 Settembre 1861 per
    pronunciare l’orazione inaugurale delle celebrazioni di consacra
    zione della
    Basilica parrocchiale di Santa Maria Maggiore. E’ stato invitato come
    predicatore dal parroco della Basilica, don Giovanni Momo. In questa visita
    incontra mons. Alessandro d’Angennes, arcivescovo di Vercelli (1832
    -
    1869),
    mons. Antonio Gianotti,
    vescovo di Saluzzo che fu il prelato consacrante, e don
    Pietro Giuseppe de Gaudenzi, arciprete della Cattedrale di Vercelli che nel
    1871 sarà nominato vescovo di Vigevano.
    Don Bosco avrebbe dovuto predicare soltanto il 15 Settembre, ma il suo
    intervento p
    iacque così tanto ai vescovi presenti che gli fu chiesto di predicare
    anche nei due giorni seguenti.
    1862 VERCELLI
    Memorie Biografiche di San Giovanni Bosco, VII, 107
    Don Bosco torna a Vercelli nel mese di Marzo del 1862 per cercare sostegni
    per la lo
    tteria di beneficenza del 1862.
    Viaggia nuovamente in treno, per la prima volta gratuitamente perché ha da
    poco ottenuto questo beneficio dal commendatore Bartolomeo Bona, Direttore
    Generale delle strade ferrate.


    A Vercelli incontra l’amico don Pietro Giu
    seppe de Gaudenzi, arciprete della
    Cattedrale, l’arcivescovo mons. Alessandro d’Angennes ed il parroco della
    Basilica di Santa Maria Maggiore, don Giovanni Momo.
    1864 VERCELLI
    Memorie Biografiche di San Giovanni Bosco, VII, 840
    Fra il 26 ed il 27 D
    icembre 1864 don Bosco è a Vercelli, per motivi di riposo,
    come ospite di don Pietro Giuseppe de Gaudenzi, arciprete della Cattedrale.
    1867 VERCELLI
    Memorie Biografiche di San Giovanni Bosco, VIII, 755
    Fra la fine di Aprile e l’inizio del mese di Maggio del 1867, don Bosco si reca a
    Vercelli dietro richiesta di una marchesa ammalata, la quale aveva implorato la
    sua benedizione. Guarita dal suo male, ella donò a don Bosco la somma di
    500 franchi per la co
    struzione della Chiesa di Maria Ausiliatrice in Valdocco.



    fonte: http://www.donboscoèqui.it/




  9. #29
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    Appuntamenti in diocesi





    • del 6 ottobre 2013







    L’Arcivescovo incontra i diaconi

    Sabato 12 ottobre l’Arcivescovo incontrerà i diaconi in seminario. Il programma prevede: alle 9.45 preghie- ra dell’ora media; alle 10 confronto con padre Enrico Masseroni e scambio fraterno dopo una breve rifles- sione tenuta da mons. Tonino Guasco. Veglia missionaria alla Madonna degli Infermi

    Nell’ambito dell’Ottobre missionario, sabato 19 alle 21, nel santuario diocesano dedicato alla Madonna degli Infermi a Vercelli, si terrà la tradizionale veglia di preghiera che quest’anno ha come tema “Sulle strade del mondo”. All’incontro sarà presente l’arcivescovo Enrico Masseroni e sono previste le testimonianze di padre Giuseppe Minghetti, che ha operato per anni in Africa e Bolivia, e di altri volontari che hanno vissuto esperienze missionarie. Convocato in seminario il consiglio pastorale

    Il 18 ottobre alle 19.30, si terrà in seminario il consi- glio pastorale diocesano. Dopo la preghiera iniziale, l’Arcivescovo illustrerà “Il nostro cammino pastorale: correzione di rotta”; seguiranno gli interventi dei tre uffici famiglia, giovani, vocazioni e la relazione sulla Settimana sociale dei cattolici a cura dell’ufficio di pastorale sociale e del lavoro. Si lascerà quindi spazio al dialogo. A metà serata è previsto, come di consueto, un rinfresco sostitutivo della cena.


    fonte: http://www.arcidiocesi.vc.it




  10. #30
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    Adorazione eucaristica



    • del 6 ottobre 2013







    Dal 7 ottobre riprendono le ore settimanali di adora- zione eucaristica in cattedrale, tutte le settimane dal lunedì al venerdì, dalle 15.30 alle 17.30. Da oggi, sabato 5 ottobre, con lo stesso orario e per tutti i sa- bati a venire, l’adorazione si terrà anche nella chie- sa del SS. Salvatore, in corso Libertà 46 a Vercelli. A tutti un caloroso invito alla partecipazione.


    fonte: http://www.arcidiocesi.vc.it




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