Lo Staff del Forum dichiara la propria fedeltà al Magistero. Se, per qualche svista o disattenzione, dovessimo incorrere in qualche errore o inesattezza, accettiamo fin da ora, con filiale ubbidienza, quanto la Santa Chiesa giudica e insegna. Le affermazioni dei singoli forumisti non rappresentano in alcun modo la posizione del forum, e quindi dello Staff, che ospita tutti gli interventi non esplicitamente contrari al Regolamento di CR (dalla Magna Charta). O Maria concepita senza peccato prega per noi che ricorriamo a Te.
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Discussione: Omelie, discorsi e messaggi di Papa Francesco - ANNO 2015

  1. #21
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    Udienza ai Partecipanti al Congresso Internazionale promosso dalla Facoltà di Diritto Canonico della Pontificia Università Gregoriana, 24.01.2015

    Alle ore 12.50 di oggi, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i Partecipanti al Congresso Internazionale di Diritto Canonico che si tiene a Roma, dal 22 al 24 gennaio 2015, presso la Pontificia Università Gregoriana, sul tema: "Dignitas connubii, a 10 anni dalla pubblicazione: bilancio e prospettive".

    Riportiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai presenti:

    Discorso del Santo Padre

    Cari fratelli,

    rivolgo il mio cordiale saluto a tutti voi che partecipate al Congresso internazionale nel decimo anniversario della pubblicazione dell’Istruzione Dignitas connubii, per la trattazione delle cause di nullità di matrimonio nei tribunali diocesani e interdiocesani. Saluto i Padri della Facoltà di Diritto Canonico della Pontificia Università Gregoriana, che ha organizzato il Congresso, con il patrocinio del Pontificio Consiglio per i testi legislativi e della Consociatio internationalis studio iuris canonici promovendo. Saluto tutti voi che provenite da Chiese locali di varie parti del mondo e avete partecipato attivamente, comunicando anche le esperienze dei vostri tribunali locali. E’ di grande consolazione la vostra presenza numerosa e qualificata: mi pare una risposta generosa alle sollecitazioni che ogni autentico ministro dei tribunali della Chiesa sente per il bene delle anime.

    Tale ampia partecipazione a questo incontro indica l’importanza dell’Istruzione Dignitas connubii, che non è destinata agli specialisti del diritto, ma agli operatori dei tribunali locali: è infatti un modesto ma utile vademecum che prende realmente per mano i ministri dei tribunali in ordine ad uno svolgimento del processo che sia sicuro e celere insieme. Uno svolgimento sicuro perché indica e spiega con chiarezza la meta del processo stesso, ossia la certezza morale: essa richiede che resti del tutto escluso qualsiasi dubbio prudente positivo di errore, anche se non è esclusa la mera possibilità del contrario (cfr Dignitas connubii, art. 247, § 2). Uno svolgimento celere perché – come insegna l’esperienza comune – cammina più rapidamente chi conosce bene la strada da percorrere. La conoscenza e direi la consuetudine con questa Istruzione potrà anche in futuro aiutare i ministri dei tribunali ad abbreviare il percorso processuale, percepito dai coniugi spesso come lungo e faticoso. Non sono state finora esplorate tutte le risorse che questa Istruzione mette a disposizione per un processo celere, privo di ogni formalismo fine a sé stesso; né si possono escludere per il futuro ulteriori interventi legislativi volti al medesimo scopo.

    Tra le sollecitudini che l’Istruzione Dignitas connubii manifesta, ho già avuto modo di ricordare quella dell’apporto proprio e originale del difensore del vincolo nel processo matrimoniale (cfr Allocuzione alla Plenaria del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, 8 nov. 2013, AAS 105 [2013], 1152-1153). La sua presenza e il compimento fedele del suo compito non condiziona il giudice, bensì consente e favorisce l’imparzialità del suo giudizio, essendogli posti dinanzi gli argomenti a favore e contrari alla dichiarazione di nullità del matrimonio.

    A Maria Santissima, Sedes Sapientiae, affido il proseguimento del vostro studio e della vostra riflessione su quanto il Signore vuole oggi per il bene delle anime, che ha acquistato col suo sangue. Su di voi e sul vostro quotidiano impegno invoco la luce dello Spirito Santo e imparto a tutti la Benedizione e, per favore, vi prego di pregare per me.

    [00137-01.01] [Testo originale: Italiano]

    [B0066-XX.02]


    fonte: Sala Stampa della Santa Sede

  2. #22
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    Le parole del Papa alla recita dell’Angelus, 25.01.2015

    Alle ore 12 di oggi, il Santo Padre Francesco si è affacciato alla finestra dello studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro. Presenti oggi, tra gli altri, i Ragazzi dell’Azione Cattolica della diocesi di Roma che concludono con la "Carovana della Pace" il mese di gennaio da loro tradizionalmente dedicato al tema della pace.

    Al termine della preghiera dell’Angelus un bambino e una bambina appartenenti a due diverse parrocchie romane, invitati nell’appartamento pontificio, hanno letto un messaggio a nome dell’ACR di Roma mentre i ragazzi dalla piazza hanno lanciato una mongolfiera contenente messaggi di pace e palloncini.

    Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

    Prima dell’Angelus

    Cari fratelli e sorelle buongiorno,

    il Vangelo di oggi ci presenta l’inizio della predicazione di Gesù in Galilea. San Marco sottolinea che Gesù cominciò a predicare «dopo che Giovanni [il Battista] fu arrestato» (1,14). Proprio nel momento in cui la voce profetica del Battezzatore, che annunciava la venuta del Regno di Dio, viene messa a tacere da Erode, Gesù inizia a percorrere le strade della sua terra per portare a tutti, specialmente ai poveri, «il Vangelo di Dio» (ibid.). L’annuncio di Gesù è simile a quello di Giovanni, con la differenza sostanziale che Gesù non indica più un altro che deve venire: Gesù è Lui stesso il compimento delle promesse; è Lui stesso la "buona notizia" da credere, da accogliere e da comunicare agli uomini e alle donne di tutti i tempi, affinché anch’essi affidino a Lui la loro esistenza. Gesù Cristo in persona è la Parola vivente e operante nella storia: chi lo ascolta e segue entra nel Regno di Dio.

    Gesù è il compimento delle promesse divine perché è Colui che dona all’uomo lo Spirito Santo, l’"acqua viva" che disseta il nostro cuore inquieto, assetato di vita, di amore, di libertà, di pace: assetato di Dio. Quante volte sentiamo, o abbiamo sentito il nostro cuore assetato! Lo ha rivelato Egli stesso alla donna samaritana, incontrata presso il pozzo di Giacobbe, alla quale disse: «Dammi da bere» (Gv 4,7). Proprio queste parole di Cristo, rivolte alla Samaritana, hanno costituito il tema dell’annuale Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani che oggi si conclude. Questa sera, con i fedeli della diocesi di Roma e con i rappresentanti delle diverse Chiese e Comunità ecclesiali, ci riuniremo nella Basilica di San Paolo fuori le mura per pregare intensamente il Signore, affinché rafforzi il nostro impegno per la piena unità di tutti i cristiani. E’ una cosa brutta che i cristiani siano divisi! Gesù ci vuole uniti: un solo corpo. I nostri peccati, la storia, ci hanno divisi e per questo dobbiamo pregare tanto perché sia lo stesso Spirito Santo ad unirci di nuovo.

    Dio, facendosi uomo, ha fatto propria la nostra sete, non solo dell’acqua materiale, ma soprattutto la sete di una vita piena, di una vita libera dalla schiavitù del male e della morte. Nello stesso tempo, con la sua incarnazione Dio ha posto la sua sete – perché anche Dio ha sete - nel cuore di un uomo: Gesù di Nazaret. Dio ha sete di noi, dei nostri cuori, del nostro amore, e ha messo questa sete nel cuore di Gesù. Dunque, nel cuore di Cristo si incontrano la sete umana e la sete divina. E il desiderio dell’unità dei suoi discepoli appartiene a questa sete. Lo troviamo espresso nella preghiera elevata al Padre prima della Passione: «Perché tutti siano una sola cosa» (Gv 17,21). Quello che voleva Gesù: l’unità di tutti! Il diavolo - lo sappiamo - è il padre delle divisioni, è uno che sempre divide, che sempre fa guerre, fa tanto male.

    Che questa sete di Gesù diventi sempre più anche la nostra sete! Continuiamo, pertanto, a pregare e ad impegnarci per la piena unità dei discepoli di Cristo, nella certezza che Egli stesso è al nostro fianco e ci sostiene con la forza del suo Spirito affinché tale meta si avvicini. E affidiamo questa nostra preghiera alla materna intercessione di Maria Vergine, Madre di Cristo, Madre della Chiesa, perché Lei ci unisca tutti come una buona madre.

    [00138-01.01] [Testo originale: Italiano]

    Dopo l’Angelus

    Seguo con viva preoccupazione l’inasprirsi degli scontri nell’Ucraina orientale, che continuano a provocare numerose vittime tra la popolazione civile. Mentre assicuro la mia preghiera per quanti soffrono, rinnovo un accorato appello perché si riprendano i tentativi di dialogo e si ponga fine ad ogni ostilità.

    Adesso continuiamo in compagnia [si affiancano al Papa due ragazzi dell’ACR di Roma]

    Cari fratelli e sorelle,

    oggi si celebra la Giornata mondiale dei malati di lebbra. Esprimo la mia vicinanza a tutte le persone che soffrono per questa malattia, come pure a quanti si prendono cura di loro, e a chi lotta per rimuovere le cause del contagio, cioè condizioni di vita non degne dell’uomo. Rinnoviamo l’impegno solidale per questi fratelli e sorelle!

    Saluto con affetto tutti voi, cari pellegrini venuti da diverse parrocchie d’Italia e di altri Paesi, come pure le associazioni e i gruppi scolastici.

    In particolare, saluto la comunità filippina di Roma. Carissimi, il popolo filippino è meraviglioso, per la sua fede forte e gioiosa. Il Signore sostenga sempre anche voi che vivete lontano dalla patria. Grazie tante per la vostra testimonianza! E grazie tante di tutto il bene che fate da noi, perché voi seminate la fede da noi, voi fate una bella testimonianza di fede. Grazie tante!

    Saluto gli studenti di Cuenca, Villafranca de los Barros e Badajoz (Spagna), i gruppi parrocchiali delle Isole Baleari e le ragazze di Panamá. Saluto i fedeli di Catania, Diamante, Delianuova e Crespano del Grappa.

    Mi rivolgo adesso ai ragazzi e alle ragazze dell’Azione Cattolica di Roma. Cari ragazzi, anche quest’anno, accompagnati dal Cardinale Vicario e da Mons. Mansueto [Bianchi], siete venuti numerosi al termine della vostra "Carovana della Pace". Vi ringrazio, e vi incoraggio a proseguire con gioia il cammino cristiano, portando a tutti la pace di Gesù. Ora ascoltiamo il messaggio che leggeranno i vostri amici, qui accanto a me.

    [lettura del Messaggio]

    Ecco i palloncini che vogliono dire ‘pace’.

    Grazie, ragazzi! A tutti auguro buona domenica e buon pranzo. E per favore, per favore non dimenticatevi di pregare per me. Arrivederci!

    [00139-01.01] [Testo originale: Italiano]

    [B0067-XX.02]


    fonte: Sala Stampa della Santa Sede

  3. #23
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    Celebrazione dei Secondi Vespri della Solennità della Conversione di San Paolo Apostolo, a conclusione della Settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani, 25.01.2015

    Alle ore 17.30 di oggi, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, il Santo Padre Francesco ha presieduto la celebrazione dei Secondi Vespri della solennità della Conversione di San Paolo Apostolo, a conclusione della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani sul tema: "Dammi un po’d’acqua da bere" (cfr Gv 4, 7).
    Hanno preso parte alla celebrazione i Rappresentanti delle altre Chiese e Comunità ecclesiali presenti a Roma.
    Al termine dei Vespri, prima della benedizione apostolica, il Cardinale Kurth Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, ha rivolto al Santo Padre un indirizzo di saluto.
    Pubblichiamo di seguito il testo dell’omelia che Papa Francesco ha pronunciato nel corso della celebrazione:

    Omelia del Santo Padre

    In viaggio dalla Giudea verso la Galilea, Gesù passa attraverso la Samaria. Egli non ha difficoltà ad incontrare i samaritani giudicati eretici, scismatici, separati dai giudei. Il suo atteggiamento ci fa capire che il confronto con chi è differente da noi può farci crescere. Gesù, stanco per il viaggio, non esita a chiedere da bere alla donna samaritana. La sua sete, lo sappiamo, va ben oltre quella fisica: essa è anche sete di incontro, desiderio di aprire un dialogo con quella donna, offrendole così la possibilità di un cammino di conversione interiore. Gesù è paziente, rispetta la persona che gli sta davanti, si rivela a lei progressivamente. Il suo esempio incoraggia a cercare un confronto sereno con l’altro. Per capirsi e crescere nella carità e nella verità, occorre fermarsi, accogliersi e ascoltarsi. In tal modo, si comincia già a sperimentare l’unità. L’unità si fa nel cammino, non è mai ferma. L’unità si fa camminando.

    La donna di Sicar interroga Gesù sul vero luogo dell’adorazione di Dio. Gesù non si schiera a favore del monte o del tempio, ma va oltre, va all’essenziale abbattendo ogni muro di separazione. Egli rimanda alla verità dell’adorazione: «Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità» (Gv 4,24). Tante controversie tra cristiani, ereditate dal passato, si possono superare mettendo da parte ogni atteggiamento polemico o apologetico e cercando insieme di cogliere in profondità ciò che ci unisce, e cioè la chiamata a partecipare al mistero di amore del Padre rivelato a noi dal Figlio per mezzo dello Spirito Santo. L’unità dei cristiani - ne siamo convinti - non sarà il frutto di raffinate discussioni teoriche nelle quali ciascuno tenterà di convincere l’altro della fondatezza delle proprie opinioni. Verrà il Figlio dell’uomo e ci troverà ancora nelle discussioni. Dobbiamo riconoscere che per giungere alla profondità del mistero di Dio abbiamo bisogno gli uni degli altri, di incontrarci e di confrontarci sotto la guida dello Spirito Santo, che armonizza le diversità e supera i conflitti, riconcilia le diversità.

    Gradualmente, la donna samaritana comprende che Colui che le ha chiesto da bere è in grado di dissetarla. Gesù si presenta a lei come la sorgente da cui scaturisce l’acqua viva che estingue per sempre la sua sete (cfr Gv 4,13-14). L’esistenza umana rivela aspirazioni sconfinate: ricerca di verità, sete di amore, di giustizia e di libertà. Sono desideri appagati solo in parte, perché dal profondo del suo essere l’uomo si muove verso un "di più", un assoluto capace di soddisfare la sua sete in modo definitivo. La risposta a queste aspirazioni viene data da Dio in Gesù Cristo, nel suo mistero pasquale. Dal costato squarciato di Gesù sono sgorgati sangue ed acqua (cfr Gv 19,34): Egli è la sorgente da cui scaturisce l’acqua dello Spirito Santo, cioè «l’amore di Dio riversato nei nostri cuori» (Rm 5,5) nel giorno del Battesimo. Per opera dello Spirito siamo diventati una sola cosa con Cristo, figli nel Figlio, veri adoratori del Padre. Questo mistero d’amore è la ragione più profonda dell’unità che lega tutti i cristiani e che è molto più grande delle divisioni avvenute nel corso della storia. Per questo motivo, nella misura in cui ci avviciniamo con umiltà al Signore Gesù Cristo, ci avviciniamo anche tra di noi.

    L’incontro con Gesù trasforma la Samaritana in una missionaria. Avendo ricevuto un dono più grande e più importante dell’acqua del pozzo, la donna lascia lì la sua brocca (cfr Gv 4,28) e corre a raccontare ai suoi concittadini che ha incontrato il Cristo (cfr Gv 4,29). L’incontro con Lui le ha restituito il senso e la gioia di vivere, e lei sente il desiderio di comunicarlo. Oggi esiste una moltitudine di uomini e donne stanchi e assetati, che chiedono a noi cristiani di dare loro da bere. È una richiesta alla quale non ci si può sottrarre. Nella chiamata ad essere evangelizzatori, tutte le Chiese e Comunità ecclesiali trovano un ambito essenziale per una più stretta collaborazione. Per poter svolgere efficacemente tale compito, occorre evitare di chiudersi nei propri particolarismi ed esclusivismi, come pure di imporre uniformità secondo piani meramente umani (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 131). Il comune impegno ad annunciare il Vangelo permette di superare ogni forma di proselitismo e la tentazione di competizione. Siamo tutti al servizio dell’unico e medesimo Vangelo!

    E in questo momento di preghiera per l’unità, vorrei ricordare i nostri martiri di oggi. Essi danno testimonianza di Gesù Cristo e vengono perseguitati e uccisi perché cristiani, senza fare distinzione, da parte dei persecutori, tra le confessioni a cui appartengono. Sono cristiani e per questo perseguitati. Questo è, fratelli e sorelle, l’ecumenismo del sangue.

    Ricordando questa testimonianza dei nostri martiri di oggi, e con questa gioiosa certezza, rivolgo i miei cordiali e fraterni saluti a Sua Eminenza il Metropolita Gennadios, rappresentante del Patriarcato ecumenico, a Sua Grazia David Moxon, rappresentante personale a Roma dell’Arcivescovo di Canterbury, e a tutti i rappresentanti delle diverse Chiese e Comunità ecclesiali qui convenuti nella Festa della Conversione di San Paolo. Inoltre, mi è gradito salutare i membri della Commissione mista per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse orientali, ai quali auguro un fruttuoso lavoro per la sessione plenaria che si svolgerà nei prossimi giorni a Roma. Saluto anche gli studenti dell’Ecumenical Institute of Bossey e i giovani che beneficiano di borse di studio offerte dal Comitato di Collaborazione Culturale con le Chiese ortodosse, operante presso il Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani.

    Sono presenti oggi anche religiosi e religiose appartenenti a diverse Chiese e Comunità ecclesiali che hanno partecipato in questi giorni ad un Convegno ecumenico, organizzato dalla Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, in collaborazione con il Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, in occasione dell’Anno della vita consacrata. La vita religiosa come profezia del mondo futuro è chiamata ad offrire nel nostro tempo testimonianza di quella comunione in Cristo che va oltre ogni differenza, e che è fatta di scelte concrete di accoglienza e dialogo. Di conseguenza, la ricerca dell’unità dei cristiani non può essere appannaggio solo di qualche singolo o comunità religiosa particolarmente sensibile a tale problematica. La reciproca conoscenza delle diverse tradizioni di vita consacrata ed un fecondo scambio di esperienze può essere utile per la vitalità di ogni forma di vita religiosa nelle diverse Chiese e Comunità ecclesiali.

    Cari fratelli e sorelle, oggi noi, che siamo assetati di pace e di fraternità, invochiamo con cuore fiducioso dal Padre celeste, mediante Gesù Cristo unico Sacerdote e mediatore e per intercessione della Vergine Maria, dell’Apostolo Paolo e di tutti i santi, il dono della piena comunione di tutti i cristiani, affinché possa risplendere «il sacro mistero dell’unità della Chiesa» (Conc. Ecum. Vat. II, Decreto sull’Ecumenismo Unitatis redintegratio, 2), quale segno e strumento di riconciliazione per il mondo intero. Così sia.

    [00140-01.02] [Testo originale: Italiano]


    fonte: Sala Stampa della Santa Sede

  4. #24
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    Messaggio del Santo Padre per la Quaresima 2015, 27.01.2015

    Pubblichiamo di seguito il testo del Messaggio del Santo Padre Francesco per la Quaresima 2015 sul tema: Rinfrancate i vostri cuori (Gc 5,8):

    Messaggio del Santo Padre

    «Rinfrancate i vostri cuori» (Gc 5,8)


    Cari fratelli e sorelle,

    la Quaresima è un tempo di rinnovamento per la Chiesa, le comunità e i singoli fedeli. Soprattutto però è un "tempo di grazia" (2 Cor 6,2). Dio non ci chiede nulla che prima non ci abbia donato: "Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo" (1 Gv 4,19). Lui non è indifferente a noi. Ognuno di noi gli sta a cuore, ci conosce per nome, ci cura e ci cerca quando lo lasciamo. Ciascuno di noi gli interessa; il suo amore gli impedisce di essere indifferente a quello che ci accade. Però succede che quando noi stiamo bene e ci sentiamo comodi, certamente ci dimentichiamo degli altri (cosa che Dio Padre non fa mai), non ci interessano i loro problemi, le loro sofferenze e le ingiustizie che subiscono… allora il nostro cuore cade nell’indifferenza: mentre io sto relativamente bene e comodo, mi dimentico di quelli che non stanno bene. Questa attitudine egoistica, di indifferenza, ha preso oggi una dimensione mondiale, a tal punto che possiamo parlare di una globalizzazione dell’indifferenza. Si tratta di un disagio che, come cristiani, dobbiamo affrontare.

    Quando il popolo di Dio si converte al suo amore, trova le risposte a quelle domande che continuamente la storia gli pone. Una delle sfide più urgenti sulla quale voglio soffermarmi in questo Messaggio è quella della globalizzazione dell’indifferenza.

    L’indifferenza verso il prossimo e verso Dio è una reale tentazione anche per noi cristiani. Abbiamo perciò bisogno di sentire in ogni Quaresima il grido dei profeti che alzano la voce e ci svegliano.

    Dio non è indifferente al mondo, ma lo ama fino a dare il suo Figlio per la salvezza di ogni uomo. Nell’incarnazione, nella vita terrena, nella morte e risurrezione del Figlio di Dio, si apre definitivamente la porta tra Dio e uomo, tra cielo e terra. E la Chiesa è come la mano che tiene aperta questa porta mediante la proclamazione della Parola, la celebrazione dei Sacramenti, la testimonianza della fede che si rende efficace nella carità (cfr Gal 5,6). Tuttavia, il mondo tende a chiudersi in se stesso e a chiudere quella porta attraverso la quale Dio entra nel mondo e il mondo in Lui. Così la mano, che è la Chiesa, non deve mai sorprendersi se viene respinta, schiacciata e ferita.

    Il popolo di Dio ha perciò bisogno di rinnovamento, per non diventare indifferente e per non chiudersi in se stesso. Vorrei proporvi tre passi da meditare per questo rinnovamento.

    1. "Se un membro soffre, tutte le membra soffrono" (1 Cor 12,26) – La Chiesa

    La carità di Dio che rompe quella mortale chiusura in se stessi che è l’indifferenza, ci viene offerta dalla Chiesa con il suo insegnamento e, soprattutto, con la sua testimonianza. Si può però testimoniare solo qualcosa che prima abbiamo sperimentato. Il cristiano è colui che permette a Dio di rivestirlo della sua bontà e misericordia, di rivestirlo di Cristo, per diventare come Lui, servo di Dio e degli uomini. Ce lo ricorda bene la liturgia del Giovedì Santo con il rito della lavanda dei piedi. Pietro non voleva che Gesù gli lavasse i piedi, ma poi ha capito che Gesù non vuole essere solo un esempio per come dobbiamo lavarci i piedi gli uni gli altri. Questo servizio può farlo solo chi prima si è lasciato lavare i piedi da Cristo. Solo questi ha "parte" con lui (Gv 13,8) e così può servire l’uomo.

    La Quaresima è un tempo propizio per lasciarci servire da Cristo e così diventare come Lui. Ciò avviene quando ascoltiamo la Parola di Dio e quando riceviamo i sacramenti, in particolare l’Eucaristia. In essa diventiamo ciò che riceviamo: il corpo di Cristo. In questo corpo quell’indifferenza che sembra prendere così spesso il potere sui nostri cuori, non trova posto. Poiché chi è di Cristo appartiene ad un solo corpo e in Lui non si è indifferenti l’uno all’altro. "Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui" (1 Cor 12,26).

    La Chiesa è communio sanctorum perché vi partecipano i santi, ma anche perché è comunione di cose sante: l’amore di Dio rivelatoci in Cristo e tutti i suoi doni. Tra essi c’è anche la risposta di quanti si lasciano raggiungere da tale amore. In questa comunione dei santi e in questa partecipazione alle cose sante nessuno possiede solo per sé, ma quanto ha è per tutti. E poiché siamo legati in Dio, possiamo fare qualcosa anche per i lontani, per coloro che con le nostre sole forze non potremmo mai raggiungere, perché con loro e per loro preghiamo Dio affinché ci apriamo tutti alla sua opera di salvezza.

    2. "Dov’è tuo fratello?" (Gen 4,9) – Le parrocchie e le comunità

    Quanto detto per la Chiesa universale è necessario tradurlo nella vita delle parrocchie e comunità. Si riesce in tali realtà ecclesiali a sperimentare di far parte di un solo corpo? Un corpo che insieme riceve e condivide quanto Dio vuole donare? Un corpo, che conosce e si prende cura dei suoi membri più deboli, poveri e piccoli? O ci rifugiamo in un amore universale che si impegna lontano nel mondo, ma dimentica il Lazzaro seduto davanti alla propria porta chiusa ? (cfr Lc 16,19-31).

    Per ricevere e far fruttificare pienamente quanto Dio ci dà vanno superati i confini della Chiesa visibile in due direzioni.

    In primo luogo, unendoci alla Chiesa del cielo nella preghiera. Quando la Chiesa terrena prega, si instaura una comunione di reciproco servizio e di bene che giunge fino al cospetto di Dio. Con i santi che hanno trovato la loro pienezza in Dio, formiamo parte di quella comunione nella quale l’indifferenza è vinta dall’amore. La Chiesa del cielo non è trionfante perché ha voltato le spalle alle sofferenze del mondo e gode da sola. Piuttosto, i santi possono già contemplare e gioire del fatto che, con la morte e la resurrezione di Gesù, hanno vinto definitivamente l’indifferenza, la durezza di cuore e l’odio. Finché questa vittoria dell’amore non compenetra tutto il mondo, i santi camminano con noi ancora pellegrini. Santa Teresa di Lisieux, dottore della Chiesa, scriveva convinta che la gioia nel cielo per la vittoria dell’amore crocifisso non è piena finché anche un solo uomo sulla terra soffre e geme: "Conto molto di non restare inattiva in cielo, il mio desiderio è di lavorare ancora per la Chiesa e per le anime" (Lettera 254 del 14 luglio 1897).

    Anche noi partecipiamo dei meriti e della gioia dei santi ed essi partecipano alla nostra lotta e al nostro desiderio di pace e di riconciliazione. La loro gioia per la vittoria di Cristo risorto è per noi motivo di forza per superare tante forme d’indifferenza e di durezza di cuore.

    D’altra parte, ogni comunità cristiana è chiamata a varcare la soglia che la pone in relazione con la società che la circonda, con i poveri e i lontani. La Chiesa per sua natura è missionaria, non ripiegata su se stessa, ma mandata a tutti gli uomini.

    Questa missione è la paziente testimonianza di Colui che vuole portare al Padre tutta la realtà ed ogni uomo. La missione è ciò che l’amore non può tacere. La Chiesa segue Gesù Cristo sulla strada che la conduce ad ogni uomo, fino ai confini della terra (cfr At 1,8). Così possiamo vedere nel nostro prossimo il fratello e la sorella per i quali Cristo è morto ed è risorto. Quanto abbiamo ricevuto, lo abbiamo ricevuto anche per loro. E parimenti, quanto questi fratelli possiedono è un dono per la Chiesa e per l’umanità intera.

    Cari fratelli e sorelle, quanto desidero che i luoghi in cui si manifesta la Chiesa, le nostre parrocchie e le nostre comunità in particolare, diventino delle isole di misericordia in mezzo al mare dell’indifferenza!

    3. "Rinfrancate i vostri cuori !" (Gc 5,8) – Il singolo fedele

    Anche come singoli abbiamo la tentazione dell’indifferenza. Siamo saturi di notizie e immagini sconvolgenti che ci narrano la sofferenza umana e sentiamo nel medesimo tempo tutta la nostra incapacità ad intervenire. Che cosa fare per non lasciarci assorbire da questa spirale di spavento e di impotenza?

    In primo luogo, possiamo pregare nella comunione della Chiesa terrena e celeste. Non trascuriamo la forza della preghiera di tanti! L’iniziativa 24 ore per il Signore, che auspico si celebri in tutta la Chiesa, anche a livello diocesano, nei giorni 13 e 14 marzo, vuole dare espressione a questa necessità della preghiera.

    In secondo luogo, possiamo aiutare con gesti di carità, raggiungendo sia i vicini che i lontani, grazie ai tanti organismi di carità della Chiesa. La Quaresima è un tempo propizio per mostrare questo interesse all’altro con un segno, anche piccolo, ma concreto, della nostra partecipazione alla comune umanità.

    E in terzo luogo, la sofferenza dell’altro costituisce un richiamo alla conversione, perché il bisogno del fratello mi ricorda la fragilità della mia vita, la mia dipendenza da Dio e dai fratelli. Se umilmente chiediamo la grazia di Dio e accettiamo i limiti delle nostre possibilità, allora confideremo nelle infinite possibilità che ha in serbo l’amore di Dio. E potremo resistere alla tentazione diabolica che ci fa credere di poter salvarci e salvare il mondo da soli.

    Per superare l’indifferenza e le nostre pretese di onnipotenza, vorrei chiedere a tutti di vivere questo tempo di Quaresima come un percorso di formazione del cuore, come ebbe a dire Benedetto XVI (Lett. enc. Deus caritas est, 31). Avere un cuore misericordioso non significa avere un cuore debole. Chi vuole essere misericordioso ha bisogno di un cuore forte, saldo, chiuso al tentatore, ma aperto a Dio. Un cuore che si lasci compenetrare dallo Spirito e portare sulle strade dell’amore che conducono ai fratelli e alle sorelle. In fondo, un cuore povero, che conosce cioè le proprie povertà e si spende per l’altro.

    Per questo, cari fratelli e sorelle, desidero pregare con voi Cristo in questa Quaresima: "Fac cor nostrum secundum cor tuum": "Rendi il nostro cuore simile al tuo" (Supplica dalle Litanie al Sacro Cuore di Gesù). Allora avremo un cuore forte e misericordioso, vigile e generoso, che non si lascia chiudere in se stesso e non cade nella vertigine della globalizzazione dell’indifferenza.

    Con questo auspicio, assicuro la mia preghiera affinché ogni credente e ogni comunità ecclesiale percorra con frutto l’itinerario quaresimale, e vi chiedo di pregare per me. Che il Signore vi benedica e la Madonna vi custodisca.

    Dal Vaticano, 4 ottobre 2014

    Festa di San Francesco d’Assisi

    FRANCISCUS PP.

    [00144-01.01] [Testo originale: Italiano]


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    L’Udienza Generale, 28.01.2015

    L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.00 nell’Aula Paolo VI dove il Santo Padre Francesco ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo.

    Nel discorso in lingua italiana il Papa, riprendendo il ciclo di catechesi sulla famiglia, si è soffermato oggi sulla figura del padre.

    Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre ha indirizzato particolari espressioni di saluto ai gruppi presenti.

    L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica.

    Catechesi del Santo Padre in lingua italiana

    Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

    Riprendiamo il cammino di catechesi sulla famiglia. Oggi ci lasciamo guidare dalla parola "padre". Una parola più di ogni altra cara a noi cristiani, perché è il nome con il quale Gesù ci ha insegnato a chiamare Dio: padre. Il senso di questo nome ha ricevuto una nuova profondità proprio a partire dal modo in cui Gesù lo usava per rivolgersi a Dio e manifestare il suo speciale rapporto con Lui. Il mistero benedetto dell’intimità di Dio, Padre, Figlio e Spirito, rivelato da Gesù, è il cuore della nostra fede cristiana.

    "Padre" è una parola nota a tutti, una parola universale. Essa indica una relazione fondamentale la cui realtà è antica quanto la storia dell’uomo. Oggi, tuttavia, si è arrivati ad affermare che la nostra sarebbe una "società senza padri". In altri termini, in particolare nella cultura occidentale, la figura del padre sarebbe simbolicamente assente, svanita, rimossa. In un primo momento, la cosa è stata percepita come una liberazione: liberazione dal padre-padrone, dal padre come rappresentante della legge che si impone dall’esterno, dal padre come censore della felicità dei figli e ostacolo all’emancipazione e all’autonomia dei giovani. Talvolta in alcune case regnava in passato l’autoritarismo, in certi casi addirittura la sopraffazione: genitori che trattavano i figli come servi, non rispettando le esigenze personali della loro crescita; padri che non li aiutavano a intraprendere la loro strada con libertà - ma non è facile educare un figlio in libertà -; padri che non li aiutavano ad assumere le proprie responsabilità per costruire il loro futuro e quello della società.

    Questo, certamente, è un atteggiamento non buono; però, come spesso avviene, si passa da un estremo all’altro. Il problema dei nostri giorni non sembra essere più tanto la presenza invadente dei padri, quanto piuttosto la loro assenza, la loro latitanza. I padri sono talora così concentrati su se stessi e sul proprio lavoro e alle volte sulle proprie realizzazioni individuali, da dimenticare anche la famiglia. E lasciano soli i piccoli e i giovani. Già da vescovo di Buenos Aires avvertivo il senso di orfanezza che vivono oggi i ragazzi; spesso domandavo ai papà se giocavano con i loro figli, se avevano il coraggio e l’amore di perdere tempo con i figli. E la risposta era brutta, nella maggioranza dei casi: "Mah, non posso, perché ho tanto lavoro…". E il padre era assente da quel figliolo che cresceva, non giocava con lui, no, non perdeva tempo con lui.

    Ora, in questo cammino comune di riflessione sulla famiglia, vorrei dire a tutte le comunità cristiane che dobbiamo essere più attenti: l’assenza della figura paterna nella vita dei piccoli e dei giovani produce lacune e ferite che possono essere anche molto gravi. E in effetti le devianze dei bambini e degli adolescenti si possono in buona parte ricondurre a questa mancanza, alla carenza di esempi e di guide autorevoli nella loro vita di ogni giorno, alla carenza di vicinanza, alla carenza di amore da parte dei padri. E’ più profondo di quel che pensiamo il senso di orfanezza che vivono tanti giovani.

    Sono orfani in famiglia, perché i papà sono spesso assenti, anche fisicamente, da casa, ma soprattutto perché, quando ci sono, non si comportano da padri, non dialogano con i loro figli, non adempiono il loro compito educativo, non danno ai figli, con il loro esempio accompagnato dalle parole, quei principi, quei valori, quelle regole di vita di cui hanno bisogno come del pane. La qualità educativa della presenza paterna è tanto più necessaria quanto più il papà è costretto dal lavoro a stare lontano da casa. A volte sembra che i papà non sappiano bene quale posto occupare in famiglia e come educare i figli. E allora, nel dubbio, si astengono, si ritirano e trascurano le loro responsabilità, magari rifugiandosi in un improbabile rapporto "alla pari" con i figli. E’ vero che tu devi essere "compagno" di tuo figlio, ma senza dimenticare che tu sei il padre! Se tu ti comporti soltanto come un compagno alla pari del figlio, questo non farà bene al ragazzo.

    E questo problema lo vediamo anche nella comunità civile. La comunità civile con le sue istituzioni, ha una certa responsabilità – possiamo dire paterna- verso i giovani, una responsabilità che a volte trascura o esercita male. Anch’essa spesso li lascia orfani e non propone loro una verità di prospettiva. I giovani rimangono, così, orfani di strade sicure da percorrere, orfani di maestri di cui fidarsi, orfani di ideali che riscaldino il cuore, orfani di valori e di speranze che li sostengano quotidianamente. Vengono riempiti magari di idoli ma si ruba loro il cuore; sono spinti a sognare divertimenti e piaceri, ma non si dà loro il lavoro; vengono illusi col dio denaro, e negate loro le vere ricchezze.

    E allora farà bene a tutti, ai padri e ai figli, riascoltare la promessa che Gesù ha fatto ai suoi discepoli: «Non vi lascerò orfani» (Gv 14,18). E’ Lui, infatti, la Via da percorrere, il Maestro da ascoltare, la Speranza che il mondo può cambiare, che l’amore vince l’odio, che può esserci un futuro di fraternità e di pace per tutti. Qualcuno di voi potrà dirmi: "Ma Padre, oggi Lei è stato troppo negativo. Ha parlato soltanto dell’assenza dei padri, cosa accade quando i padri non sono vicini ai figli… È vero, ho voluto sottolineare questo, perché mercoledì prossimo proseguirò questa catechesi mettendo in luce la bellezza della paternità. Per questo ho scelto di cominciare dal buio per arrivare alla luce. Che il Signore ci aiuti a capire bene queste cose. Grazie.

    [00149-01.01] [Testo originale: Italiano]

    Sintesi della catechesi e saluti nelle diverse lingue

    Sintesi della catechesi e saluto in lingua francese


    Chers frères et sœurs, reprenant notre catéchèse sur la famille, nous nous laissons guider aujourd’hui par le mot « père ». Ce mot nous est cher, parce que c’est ce nom que Jésus nous a enseigné pour appeler Dieu. C’est un mot connu de tous. Il indique une relation fondamentale. Aujourd’hui, on en arrive à affirmer que nous sommes dans une « société sans père ». Mais l’absence de la figure paternelle dans la vie des enfants et des jeunes produit des lacunes et des blessures qui peuvent être très graves. Beaucoup de jeunes vivent comme des orphelins, parce que le père est souvent absent ou ne remplit pas sa tâche éducative, ne donne pas à ses enfants les principes, les valeurs, les règles de vie dont ils ont besoin comme du pain. La communauté civile aussi néglige parfois sa responsabilité envers les jeunes. Ainsi ceux-ci demeurent orphelins de maîtres à qui se confier, d’idéaux qui réchauffent le cœur, de valeurs et d’espérance qui les soutiennent. Il est bon de se rappeler que Jésus est le chemin à parcourir, le maître à écouter, l’espérance qu’il peut y avoir un avenir de fraternité et de paix pour tous.

    Santo Padre :

    Saluto cordialmente i fedeli di lingua francese, in particolare i Rettori dei Santuari di Francia e i giovani di Lilla e Parigi. In occasione del vostro pellegrinaggio a Roma, vi invito a mettervi in ascolto di Gesù che ci rivela che Dio è un Padre che ci ama e nel quale siamo tutti fratelli e sorelle! Buon pellegrinaggio e che Dio vi benedica!

    Speaker:

    Je salue cordialement les pèlerins francophones, en particulier les Recteurs de Sanctuaires de France et les jeunes de Lille et de Paris. À l’occasion de votre pèlerinage à Rome, je vous invite à vous mettre à l’écoute de Jésus qui nous révèle que Dieu est un Père qui nous aime et en qui nous sommes tous des frères et des sœurs ! Bon pèlerinage et que Dieu vous bénisse !

    [00150-03.01] [Texte original: Français]

    Sintesi della catechesi e saluto in lingua inglese

    Speaker:


    Dear Brothers and Sisters: In our continuing catechesis on the family, we now turn to the dignity and role of fathers. Jesus, by teaching us to call God our Father, gave new depth and richness to this relationship, so fundamental to the life of society. Sadly, in our modern societies, we are experiencing a crisis of fatherhood; from an image of the father as authoritarian and at times even repressive, we now sense uncertainty and confusion about the role of the father. Today we can speak of an "absence" of the father figure in society. Yet responsible fathers are so necessary as examples and guides for our children in wisdom and virtue. Without father figures, young people often feel "orphaned", left adrift at a critical moment in their growth and development. Society itself has a similar responsibility not to leave the young as orphans, without ideals, sound values, hopes and possibilities for work and for authentic spiritual fulfilment. Jesus promised that he would not leave us orphans (cf. Jn 14:18). Let us ask him to deepen and renew our appreciation of fatherhood and to raise up good fathers for the benefit of our families, our Church and our world.

    Santo Padre:

    Saluto i pellegrini di lingua inglese presenti all’odierna Udienza, specialmente i vari gruppi di studenti da Inghilterra e Stati Uniti d’America. Su voi e sulle vostre famiglie invoco la grazia e la pace del Signore Gesù. Dio vi benedica!

    Speaker:

    I greet the English-speaking pilgrims and visitors taking part in today’s Audience, including the various student groups from England and the United States of America. Upon you and your families I cordially invoke grace and peace in the Lord Jesus. God bless you all!

    [00151-02.01] [Original text: English]

    Sintesi della catechesi e saluto in lingua tedesca

    Speaker:


    Liebe Brüder und Schwestern, das Wort „Vater" ist ein sehr wichtiger Begriff in unserem katholischen Glauben. Christus lehrt die Jünger zu Gott als ihrem Vater zu beten. Gott ist Vater, nicht nur weil er der Schöpfer ist. Jesus offenbart sich als der, welcher von Ewigkeit her nur in Bezug auf seinen Vater Sohn ist und der zugleich allen Getauften an seiner Sohnschaft Anteil geben will. Die heutige Gesellschaft erlebt demgegenüber eine Krise des Vaterseins; man spricht sogar von einer vaterlosen Gesellschaft. Die Gestalt des Vaters scheint in unserer heutigen Kultur abhanden gekommen zu sein. Viele Väter fehlen ihren Familien – entweder weil sie oft nicht da sind oder weil es ihnen schwer fällt, ihre Vaterrolle, ihre Aufgaben als Vorbild der Kinder und in der Vermittlung von Werten und Prinzipien wahrzunehmen. Gewisse Auffälligkeiten bei Kindern und Jugendlichen scheinen in der Tat auf das Fehlen einer väterlichen Bezugsperson in ihrem Alltag zurückzuführen sein. Ebenso vernachlässigen die Einrichtungen der Zivilgesellschaft oft ihre Verantwortung, den jungen Menschen Ideale und Horizonte aufzuzeigen, die Halt und Sinn geben. Lassen wir uns die Verheißung Jesu zu Herzen gehen, wenn er sagt: „Ich werde euch nicht als Waisen zurücklassen" (Joh 14,18). Er ist wirklich der Weg, auf dem wir vorangehen dürfen, er ist der Lehrer, dem zu folgen ist. Er schenkt uns die Hoffnung auf eine neue Welt, in der die Liebe den Hass besiegt und Brüderlichkeit und Frieden unter den Menschen walten.

    Santo Padre:

    Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini di lingua tedesca. Impariamo dai Santi a vivere con la forza della preghiera a Dio nostro Padre impegnandoci per i bisogni e la salvezza dei fratelli. Lo Spirito Santo vi aiuti a diventare santi e vi conduca sul vostro cammino.

    Speaker:

    Einen herzlichen Gruß richte ich an die Pilger und Besucher deutscher Sprache. Lernen von den Heiligen, aus der Kraft des Gebets an Gott den Vater zu leben und uns für die Bedürfnisse sowie für das Heil der Brüder und Schwestern einzusetzen. Der Heilige Geist helfe euch, heilig zu werden, und geleite euch auf all euren Wegen.

    [00152-05.01] [Originalsprache: Deutsch]

    Sintesi della catechesi e saluto in lingua spagnola

    Queridos hermanos y hermanas:

    En nuestra reflexión sobre la familia, hoy nos centramos sobre la palabra padre. Padre es una palabra universal, conocida por todos, que indica una relación fundamental cuya realidad es tan antigua como la historia del hombre. Es la palabra con la que Jesús nos ha enseñado a llamar a Dios, dándole un nuevo y profundo sentido, revelándonos, así, el misterio de la intimidad de Dios Padre, Hijo y Espíritu Santo, que es el centro de nuestra fe cristiana.

    En nuestros días, se ha llegado a hablar de una "sociedad sin padre". La ausencia de la figura paterna es entendida como una liberación a veces, sobre todo cuando el padre es percibido como la autoridad cruel que coarta la libertad de los hijos, o cuando éstos se sienten desatendidos por unos padres centrados únicamente en sus problemas, en su trabajo o la realización personal o caracterizados por su marcada ausencia del hogar. Todo esto crea una situación de orfandad en los niños y jóvenes de hoy, que viven desorientados sin el buen ejemplo o la guía prudente de un padre. Todas las comunidades cristianas y la comunidad civil deben estar atentas a la ausencia de la figura paterna, pues ésta deja lagunas y heridas en la educación de los jóvenes. Sin guías de los que fiarse, los jóvenes pueden llenarse de ídolos, que terminan robándoles el corazón, robándoles la ilusión y robándoles las auténticas riquezas, robándoles la esperanza.

    Saludo a los peregrinos de lengua española - hoy veo que hay muchos acá de lengua española -, en particular a los grupos provenientes de España, Argentina, Perú y Chile, así como a los venidos de otros países latinoamericanos. Recordando que Jesús nos prometió no dejarnos huérfanos, vivamos con la esperanza puesta en Él, sabedores de que el amor puede vencer al odio y de que es posible siempre un futuro de fraternidad y de paz para todos. Que Dios los bendiga Muchas gracias.

    [00153-04.01] [Texto original: Español]

    Sintesi della catechesi e saluto in lingua portoghese

    Speaker:


    Na catequese de hoje, refletimos sobre a figura do pai. Trata-se de uma palavra que possui um sentido universal e que é muito cara aos cristãos, pois Jesus nos ensinou a chamar assim a Deus. Hoje, porém, sobretudo na cultura ocidental, o conceito de pai parece estar em crise. Se no passado a paternidade estava ligada ao autoritarismo, agora se passou ao outro estremo: a ausência da figura paterna. Muitos são os jovens que experimentam um sentido de orfandade, não porque não tenham um pai, mas porque está ausente: seja porque se encontra tão concentrado sobre si mesmo e sobre a sua realização pessoal, que acaba se esquecendo da família, seja porque não é capaz de cumprir com o seu papel educativo. Tal ausência é muito nociva aos jovens, pois sem perspectivas e valores, ficam vazios e propensos a buscarem ídolos que preencham os seus corações. Por isso, mais do que nunca, é preciso lembrar a promessa de Jesus: «Não vos deixarei órfãos». Somente através de Cristo a paternidade pode realizar todas as suas potencialidades segundo o plano de Deus, nosso Pai.

    Santo Padre:

    Rivolgo un cordiale saluto a tutti i pellegrini di lingua portoghese, in particolare al gruppo del Collegio São José, di Coimbra, e ai fedeli dell’Arcidiocesi di Brasilia, accompagnati dai loro pastori. Preghiamo per tutte le famiglie, specialmente per quelle che si trovano in difficoltà, certi che esse sono un dono di Dio nelle nostre comunità cristiane! Dio vi benedica!

    Speaker:

    Saúdo cordialmente todos os peregrinos de língua portuguesa, de modo particular ao grupo do Colégio São José, de Coimbra, e aos fiéis da Arquidiocese de Brasília, acompanhados pelos seus pastores. Rezemos por todas as famílias, especialmente por aquelas que passam por dificuldades, na certeza de que elas são um dom de Deus nas nossas comunidades cristãs. Que Deus vos abençoe!

    [00154-06.01] [Texto original: Português]

    Sintesi della catechesi e saluto in lingua polacca

    Speaker:


    Drodzy bracia i siostry,

    W cyklu katechez na temat rodziny, dzisiaj prowadzi nas słowo „ojciec". Jest ono bardziej niż wszelkie inne drogie nam chrześcijanom, ponieważ Jezus nauczył nas, aby tym imieniem nazywać Boga. „Ojciec" to słowo znane wszystkim, uniwersalne. Wskazuje ono na relację fundamentalną, która jest tak stara, jak historia ludzkości. Dziś można jednak stwierdzić, że nasze społeczeństwo jest „społeczeństwem bez ojców" - szczególnie we współczesnej kulturze zachodniej, postać ojca miała by być symbolicznie nieobecna, zanikła, usunięta, w imię wyzwolenia od ojca-władcy, ojca-przeszkody w emancypacji i niezależności ludzi młodych. Problemem naszych czasów wydaje się być nie tyle natarczywa obecność ojców, ile raczej ich brak, ich uchylanie się od odpowiedzialności. Ojcowie są czasami tak skupieni na sobie i na swojej autorealizacji, że zapominają nawet o rodzinie. Dlatego chciałbym powiedzieć wszystkim wspólnotom chrześcijańskim, że musimy być znacznie bardziej ostrożni: brak postaci ojca w życiu dzieci i młodzieży powoduje luki i urazy, które mogą być bardzo poważne. Poczucie osierocenia przeżywane przez wielu młodych jest znacznie głębsze, niż to sobie wyobrażamy.

    Warto więc, aby ojcowie i dzieci usłyszeli na nowo obietnicę, jaką Jezus złożył swoim uczniom: „Nie zostawię was sierotami" (J 14,18). To On jest bowiem Drogą, którą należy pójść, Nauczycielem, którego trzeba słuchać, Nadzieją, że świat może się zmienić, że miłość zwycięża nienawiść, że braterstwo i pokój może być przyszłością wszystkich.

    Santo Padre:

    Saluto cordialmente i pellegrini polacchi. Carissimi, meditando sul ruolo del padre nella famiglia umana, ci rendiamo conto che la mancanza dell’esperienza dell’amore paterno può costituire un ostacolo nel creare un vero rapporto con Dio che è Padre. Pregate dunque per tutti i papà, perché assumano sempre le proprie responsabilità e siano per i loro figli un segno dell’amore di Dio Padre. Sia lodato Gesù Cristo!

    Speaker:


    Serdecznie pozdrawiam polskich pielgrzymów. Moi drodzy, medytując nad rolą ojca w rodzinie ludzkiej, zdajemy sobie sprawę, że brak doświadczenia ojcowskiej miłości może stanowić przeszkodę w stworzeniu prawdziwej relacji z Bogiem, który jest Ojcem. Módlcie się zatem za wszystkich ojców, aby zawsze podejmowali ich odpowiedzialność i byli dla swoich dzieci znakiem miłości Boga Ojca. Niech będzie pochwalony Jezus Chrystus!

    [00155-09.01] [Testo originale: Polacco]

    Sintesi della catechesi e saluto in lingua araba

    Speaker


    أيُّها الإخوةُ والأخواتُ الأعزّاءُ، إنَّ كلمةَ أب تعبّرُ عن علاقةٍ أساسيّةٍ واقعُها قديمُ العهدِ، كقِدَمِ التاريخِ البشريِّ. لكنَّ اليومَ، وصلْنا إلى حدِّ التأكيدِ على أنَّ مجتمعَنا باتَ "مجتمَعًا بدونِ آباء". بمعنى آخر، وخصوصًا في الثّقافةِ الغربيّةِ، يبدو أنَّ صورةَ الأبِ باتتْ غائبةً رمزيًّا. وتمَّ النظرُ إلى هذه المسألةِ في البدءِ وكأنَّها تحرُّرٌ: تحرُّرٌ من الأبِ السيّدِ الذي يُشكّلُ عائقًا في وجهِ تحرُّرِ الشبّانِ واستقلالِهم. في الواقعِ كانَ التسلّطُ في الماضي سيّدَ الموقفِ في منازلِنا، وكانَ أحيانًا يصلُ إلى حدِّ الطُغيانِ. أمّا اليوم، يبدو أنَّ المشكلةَ لا تكمنُ في الحضورِ المُتطفّلِ للآباءِ، بل في غيابِهم. إنَّهم يَصبُّون أحيانًا اهتماماتِهم على أنفسِهم وعلى تحقيقِ طموحاتِهمِ الفرديّة، وصولاً إلى حدِّ نسيانِ الأُسرة. ويتركون الشبّانَ والصغارَ لوحدِهم. كلُّ هذا يولّدُ نواقصَ وجروحًا أليمةً جدًّا وقد تؤدّي إلى انحرافِ الأطفالِ والمراهقين لفقدانِ مثالٍ وقدوةٍ يكونان موضعَ ثقةٍ في حياتِهم اليوميّة. إنَّهم أيتامٌ في العائلةِ لأنَّ الآباءَ هم غالبًا غائبون عنِ البيت، وعندما يكونون حاضرين، لا يقومون بواجبِهمِ التربويّ، ولا يُقدِّمون لأبنائهم، من خلالِ مثالِهم المُرفَقِ بالكلمات، المبادئَ والِقيَمَ وقواعدَ الحياةِ التي يحتاجون إليها حاجتَهم للخُبزِ. إنَّ الجماعةَ المدنيّةَ أيضًا، تضطلعُ بمسؤوليّةٍ تُجاهَ الشبّانِ، مسؤوليّة تتغاضى عنها أحيانًا أو تُسيءُ ممارستَها. والشبّانُ يظلون، هكذا، يتامى يفتقرون إلى سُبُلٍ يسلكونَها، وإلى معلِّمين يثقون بهم، وإلى مُثلٍ وقِيَمٍ تدعمُهم يوميًّا. وربّما يتشبَّعون بالأوثانِ ويندفعون نحوَ الحُلمِ بالترفيهِ والملذّات؛ ويعيشون وَهْمَ إلهِ المالِ ويُحرَمون من الثّرواتِ الحقيقيّةِ. إذًا إنّهُ لأمرٌ مُفيدٌ بالنسبةِ للجميع، الآباء والأبناء، أنْ يستمعوا مجدّدًا إلى الوعدِ الذي قطعَهُ يسوعُ على تلاميذه: "لن أتركَكُم يتامى". الأربعاءُ المقبلُ سنتابعُ الحديثَ عن هذا الموضوع، مُسلِّطين الضوءَ على جمالِ الأُبوّةِ والأُمومةِ.

    Santo Padre:

    Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua araba, in particolare a quelli provenienti dal Medio Oriente! Cari fratelli e sorelle, non temete di affrontare le sfide della vita! Contate su Gesù! È Lui, infatti, la Via da percorrere, il Maestro da ascoltare, la Speranza che il mondo può cambiare, che l’amore vince l’odio, che può esserci un futuro di fraternità e di pace per tutti. Il Signore vi benedica.

    Speaker:


    أُرحّبُ بالحجّاجِ الناطقينَ باللغةِ العربيّة، وخاصّةً بالقادمينَ من الشّرقِ الأوسط. أيُّها الإخوةُ والأخواتُ الأعزّاءُ، لا تخافوا من مواجهةِ تحدّياتِ الحياة! إتّكِلوا على يسوع! هو في الواقعِ الطريقُ الواجبُ سلوكها، المعلّمُ الواجبُ الإستماع إليه، الرجاءُ بأنَّ العالمَ يمكنُ أنْ يتغيّرَ، وبأنَّ المحبةَ تنتصرُ على الحقدِ، وبأنَّ مستقبلَ أُخوّةٍ وسلامٍ للجميعِ أمرٌ ممكنٌ. ليبارككُم الربُّ.

    [0156-08.01] [Testo originale: Arabo]

    Saluto in lingua italiana

    Saluto i Frati Minori partecipanti al corso di formazione per Superiori Maggiori e i sacerdoti riuniti per il Convegno dei Silenziosi Operai della Croce. Saluto gli artisti del Circo Medrano; i vari gruppi parrocchiali, particolarmente i fedeli di Livorno; e le società sportive Civitanovese e Fidelis Andria. Auguro a tutti che la visita alle Tombe degli Apostoli susciti in ciascuno rinnovati propositi di gioiosa testimonianza cristiana nella famiglia e nella società.

    Rivolgo un pensiero speciale ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. Oggi celebriamo la memoria di San Tommaso d’Aquino, dottore della Chiesa. La sua dedizione allo studio, favorisca in voi, cari giovani, l’impegno dell’intelligenza e della volontà al servizio del Vangelo; la sua fede aiuti voi, cari ammalati, a rivolgervi al Signore anche nella prova; e la sua mitezza indichi a voi, cari sposi novelli, lo stile dei rapporti tra i coniugi all’interno della famiglia.

    ]00157-01.01[ ]Testo originale: Italiano[

    ]B0073-XX.01[


    fonte: Sala Stampa della Santa Sede

  6. #26
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    Udienza ai Membri della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse orientali, 30.01.2015

    Alle ore 12 di questa mattina, nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i Membri della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse orientali.

    Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai presenti nel corso dell’incontro:

    Testo in lingua italiana

    Cari fratelli in Cristo,

    con gioia do il benvenuto a voi, membri della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa Cattolica e le Chiese Ortodosse Orientali. Attraverso di voi, estendo il saluto ai miei venerabili fratelli, i Capi delle Chiese Ortodosse Orientali. Ringrazio in particolare Sua Eminenza Anba Bishoy, Co-Presidente della Commissione, per le sue gentili parole.

    E’ motivo di gratitudine riflettere sul lavoro della vostra Commissione, che cominciò nel gennaio del 2003 come una iniziativa congiunta di autorità ecclesiastiche della famiglia delle Chiese Ortodosse Orientali e del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. Negli ultimi dieci anni essa, seguendo una prospettiva storica, ha esaminato le strade attraverso cui le Chiese hanno espresso la loro comunione nei primi secoli, e che cosa questo significhi per la nostra ricerca della comunione oggi. Durante l’incontro di questa settimana, voi avete avviato anche un approfondimento del vostro studio sulla natura dei Sacramenti, in particolare del Battesimo. Auspico che il lavoro compiuto possa portare frutti abbondanti per la comune ricerca teologica e aiutarci a vivere in maniera sempre più profonda la nostra fraterna amicizia.

    Ricordo con vivo apprezzamento l’impegno ispiratore per il dialogo di Sua Santità Ignazio Zakka Iwas, Patriarca della Chiesa Siro Ortodossa di Antiochia e di tutto l’Oriente, che lo scorso anno ha lasciato questo mondo. Mi unisco alla preghiera di voi tutti, del clero e dei fedeli di questo zelante servitore di Dio, chiedendo per la sua anima l’eterna gioia.

    In questo momento, in maniera particolare, noi condividiamo la costernazione e il dolore per quanto accade in Medio Oriente, specialmente in Iraq e in Siria. Ricordo tutti gli abitanti della regione, compresi i nostri fratelli cristiani e molte minoranze, che vivono le conseguenze di un estenuante conflitto. Insieme a voi prego ogni giorno affinché si trovi presto una soluzione negoziata, supplicando la bontà e la pietà di Dio per quanti che sono colpiti da questa immensa tragedia. Tutti i cristiani sono chiamati a lavorare insieme in mutua accettazione e fiducia per servire la causa della pace e della giustizia. Possano l’intercessione e l’esempio di molti martiri e santi, che hanno dato coraggiosa testimonianza di Cristo in tutte le nostre Chiese, sostenere e rafforzare voi e le vostre comunità cristiane.

    Cari fratelli, vi ringrazio per la vostra visita e invoco per ciascuno di voi e il suo ministero la benedizione del Signore e la materna protezione di Maria Santissima. Per favore, pregate per me.

    [00164-01.01] [Testo originale: Italiano]


    fonte: Sala Stampa della Santa Sede

  7. #27
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    Udienza ai Dirigenti della Confederazione Nazionale Coldiretti (Italia), 31.01.2015

    Alle ore 12.15 di questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i Dirigenti della Confederazione Nazionale dei Coltivatori Diretti (Italia) in occasione del 70mo anniversario di fondazione della Confederazione.
    Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai presenti nel corso dell’incontro:

    Discorso del Santo Padre

    Cari fratelli e sorelle, buongiorno.

    Vi do il benvenuto in occasione del settantesimo anniversario di fondazione della Confederazione Nazionale dei Coltivatori Diretti. Ringrazio il vostro Presidente per le cortesi parole che mi ha rivolto a nome di tutti. Estendo il mio saluto al Consigliere ecclesiastico nazionale e a quelli regionali qui presenti, segno della speciale attenzione che la Chiesa riserva alla vostra attività.

    Il nome "coltivatori diretti" fa riferimento al "coltivare", che è un’attività tipicamente umana e fondamentale. Nel lavoro degli agricoltori c’è, infatti, l’accoglienza del prezioso dono della terra che ci viene da Dio, ma c’è anche la sua valorizzazione nell’operare altrettanto prezioso di uomini e donne, chiamati a rispondere con audacia e creatività al mandato consegnato da sempre all’uomo, quello di coltivare e custodire la terra (cfr Gen 2,15). Il verbo "coltivare" richiama alla mente la cura che l’agricoltore ha per la sua terra perché dia frutto ed esso sia condiviso: quanta passione, quanta attenzione, quanta dedizione in tutto questo! Si crea quel rapporto familiare e la terra diventa la "sorella" terra.

    Davvero non c’è umanità senza coltivazione della terra; non c’è vita buona senza il cibo che essa produce per gli uomini e le donne di ogni continente. L’agricoltura mostra, dunque, il proprio ruolo centrale.

    L’opera di quanti coltivano la terra, dedicando generosamente tempo ed energie, si presenta come una vera e propria vocazione. Essa merita di venire riconosciuta e adeguatamente valorizzata, anche nelle concrete scelte politiche ed economiche. Si tratta di eliminare quegli ostacoli che penalizzano un’attività così preziosa e che spesso la fanno apparire poco appetibile alle nuove generazioni, anche se le statistiche registrano una crescita del numero di studenti nelle scuole e negli istituti di Agraria, che lascia prevedere un aumento degli occupati nel settore agricolo. Nello stesso tempo occorre prestare la dovuta attenzione alla fin già troppo diffusa sottrazione di terra all’agricoltura per destinarla ad altre attività, magari apparentemente più redditizie (cfr Messaggio per la Giornata del Ringraziamento, 9 novembre 2014). Anche qui domina il dio denaro! E’ come di quelle persone che non hanno sentimenti, che vendono la famiglia, vendono la madre, ma qui è la tentazione di vendere la madre terra.

    Tale riflessione sulla centralità del lavoro agricolo porta il nostro sguardo su due aree critiche: la prima è quella della povertà e della fame, che ancora interessa purtroppo una vasta parte dell’umanità. Il Concilio Vaticano II ha ricordato la destinazione universale dei beni della terra (cfr Cost. past. Gaudium et spes, 69), ma in realtà il sistema economico dominante esclude molti dalla loro giusta fruizione. L’assolutizzazione delle regole del mercato, una cultura dello scarto e dello spreco che nel caso del cibo ha proporzioni inaccettabili, insieme con altri fattori, determinano miseria e sofferenza per tante famiglie. Va quindi ripensato a fondo il sistema di produzione e distribuzione del cibo. Come ci hanno insegnato i nostri nonni, con il pane non si scherza! Io ricordo che, da bambino, quando cadeva il pane, ci insegnavano a prenderlo e baciarlo e a riportarlo sul tavolo. Il pane partecipa in qualche modo della sacralità della vita umana, e perciò non può essere trattato soltanto come una merce (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 52-60).

    Ma – per venire alla seconda area critica – altrettanto importante è ricordare che nel libro della Genesi, capitolo 2, versetto 15, si parla della chiamata dell’uomo non solo a coltivare la terra, ma anche a custodirla. Le due cose sono del resto strettamente collegate: ogni agricoltore sa bene quanto sia diventato più difficile coltivare la terra in un tempo di accelerati mutamenti climatici e di eventi meteorologici estremi sempre più diffusi. Come continuare a produrre buon cibo per la vita di tutti quando la stabilità climatica è a rischio, quando l’aria, l’acqua e il suolo stesso perdono la loro purezza a causa dell’inquinamento? Davvero ci accorgiamo dell’importanza di una puntuale azione di custodia del creato; davvero è urgente che le Nazioni riescano a collaborare per questo scopo fondamentale.

    La sfida è: come realizzare un’agricoltura a basso impatto ambientale? Come fare in modo che il nostro coltivare la terra sia al tempo stesso anche un custodirla? Solo così, infatti, le future generazioni potranno continuare ad abitarla e a coltivarla.

    Di fronte a questi interrogativi, vorrei rivolgere un invito e una proposta. L’invito è quello di ritrovare l’amore per la terra come "madre" – direbbe san Francesco – dalla quale siamo tratti e a cui siamo chiamati a tornare costantemente. E da qui viene anche la proposta: custodire la terra, facendo alleanza con essa, affinché possa continuare ad essere, come Dio la vuole, fonte di vita per l’intera famiglia umana. Questo va contro lo sfruttamento della terra, come se fosse una cosa senza rapporto con noi - non più la madre -, e poi lasciarla indebolire e abbandonarla perché non serve a niente.

    È proprio la storia di questa alleanza che la vostra tradizione incarna quotidianamente: la storia di un’agricoltura sociale dal volto umano, fatta di relazioni solide e vitali tra l’uomo e la terra: relazioni vitali: la terra ci dà il frutto ma anche la terra ha una qualità per noi: la terra custodisce la nostra salute, la terra è sorella e madre che cura e che sana. L’ispirazione etica, che motiva e sostiene la vostra azione alla luce della dottrina sociale cattolica, avvicina fin dalle origini la missione della Coldiretti a quella della Chiesa, e la loro collaborazione ha portato tanti buoni frutti all’intera società italiana.

    Cari amici, auspico che il vostro lavoro per coltivare e custodire la terra sia adeguatamente considerato e valorizzato; e vi invito a dare sempre il primato alle istanze etiche con cui da cristiani affrontate i problemi e le sfide delle vostre attività.

    E, per favore, vi chiedo di pregare per me e di cuore vi benedico.

    [00167-01.02] [Testo originale: Italiano]

    [B0079-XX.02]


    fonte: Sala Stampa della Santa Sede

  8. #28
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    Telegramma del Santo Padre Francesco al neo-eletto Presidente della Repubblica Italiana, On. Sergio Mattarella, 31.01.2015

    Pubblichiamo di seguito il testo del telegramma che il Santo Padre Francesco ha inviato al neo-eletto Presidente della Repubblica Italiana, On. Sergio Mattarella:

    Telegramma del Santo Padre

    A SUA ECCELLENZA
    ON. SERGIO MATTARELLA
    PRESIDENTE ELETTO DELLA REPUBBLICA ITALIANA
    PALAZZO DEL QUIRINALE
    00187 ROMA

    MI È GRADITO RIVOLGERLE DEFERENTI ESPRESSIONI AUGURALI PER LA SUA ELEZIONE ALLA SUPREMA MAGISTRATURA DELLO STATO ITALIANO E, MENTRE AUSPICO CHE ELLA POSSA ESERCITARE IL SUO ALTO COMPITO SPECIALMENTE AL SERVIZIO DELL’UNITÀ E DELLA CONCORDIA DEL PAESE, INVOCO SULLA SUA PERSONA LA COSTANTE ASSISTENZA DIVINA PER UNA ILLUMINATA AZIONE DI PROMOZIONE DEL BENE COMUNE NEL SOLCO DEGLI AUTENTICI VALORI UMANI E SPIRITUALI DEL POPOLO ITALIANO. CON QUESTI VOTI INVIO A LEI E ALL’INTERA NAZIONE LA BENEDIZIONE APOSTOLICA.

    FRANCISCUS PP.

    [00172-01.01] [Testo originale: Italiano]

    [B0082-XX.01]


    fonte: Sala Stampa della Santa Sede

  9. #29
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    Le parole del Papa alla recita dell’Angelus, 01.02.2015

    Alle ore 12 di oggi, il Santo Padre Francesco si è affacciato alla finestra dello studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro per il consueto appuntamento domenicale.
    Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

    Prima dell’Angelus

    Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

    Il brano evangelico di questa domenica (cfr Mc 1,21-28) presenta Gesù che, con la sua piccola comunità di discepoli, entra a Cafarnao, la città dove viveva Pietro e che in quei tempi era la più grande della Galilea. E Gesù entra in quella città.

    L’evangelista Marco racconta che Gesù, essendo quel giorno un sabato, si recò subito nella sinagoga e si mise a insegnare (cfr v. 21). Questo fa pensare al primato della Parola di Dio, Parola da ascoltare, Parola da accogliere, Parola da annunciare. Arrivando a Cafarnao, Gesù non rimanda l’annuncio del Vangelo, non pensa prima alla sistemazione logistica, certamente necessaria, della sua piccola comunità, non indugia nell’organizzazione. La sua preoccupazione principale è quella di comunicare la Parola di Dio con la forza dello Spirito Santo. E la gente nella sinagoga rimane colpita, perché Gesù «insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi» (v. 22).

    Che cosa significa "con autorità"? Vuol dire che nelle parole umane di Gesù si sentiva tutta la forza della Parola di Dio, si sentiva l’autorevolezza stessa di Dio, ispiratore delle Sacre Scritture. E una delle caratteristiche della Parola di Dio è che realizza ciò che dice. Perché la Parola di Dio corrisponde alla sua volontà. Invece noi, spesso, pronunciamo parole vuote, senza radice o parole superflue, parole che non corrispondono alla verità. Invece la Parola di Dio corrisponde alla verità, è unità con la sua volontà e realizza quello che dice. Infatti Gesù, dopo aver predicato, dimostra subito la sua autorità liberando un uomo, presente nella sinagoga, che era posseduto dal demonio (cfr Mc 1,23-26). Proprio l’autorità divina di Cristo aveva suscitato la reazione di satana, nascosto in quell’uomo; Gesù, a sua volta, riconobbe subito la voce del maligno e «ordinò severamente: "Taci! Esci da lui!"» (v. 25). Con la sola forza della sua parola, Gesù libera la persona dal maligno. E ancora una volta i presenti rimangono stupiti: «Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!» (v. 27). La Parola di Dio crea in noi lo stupore. Possiede la forza di farci stupire.

    Il Vangelo è parola di vita: non opprime le persone, al contrario, libera quanti sono schiavi di tanti spiriti malvagi di questo mondo: lo spirito della vanità, l’attaccamento al denaro, l’orgoglio, la sensualità… Il Vangelo cambia il cuore, cambia la vita, trasforma le inclinazioni al male in propositi di bene. Il Vangelo è capace di cambiare le persone! Pertanto è compito dei cristiani diffonderne ovunque la forza redentrice, diventando missionari e araldi della Parola di Dio. Ce lo suggerisce anche lo stesso brano odierno che si chiude con un’apertura missionaria e dice così: «La sua fama – la fama di Gesù – si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea» (v. 28). La nuova dottrina insegnata con autorità da Gesù è quella che la Chiesa porta nel mondo, insieme con i segni efficaci della sua presenza: l’insegnamento autorevole e l’azione liberatrice del Figlio di Dio diventano le parole di salvezza e i gesti di amore della Chiesa missionaria. Ricordatevi sempre che il Vangelo ha la forza di cambiare la vita! Non dimenticatevi di questo. Esso è la Buona Novella, che ci trasforma solo quando ci lasciamo trasformare da essa. Ecco perché vi chiedo sempre di avere un quotidiano contatto col Vangelo, di leggerlo ogni giorno, un brano, un passo, di meditarlo e anche portarlo con voi ovunque: in tasca, nella borsa… Cioè di nutrirsi ogni giorno da questa fonte inesauribile di salvezza. Non dimenticatevi! Leggete un passo del Vangelo ogni giorno. E’ la forza che ci cambia, che ci trasforma: cambia la vita, cambia il cuore.

    Invochiamo la materna intercessione della Vergine Maria, Colei che ha accolto la Parola e l’ha generata per il mondo, per tutti gli uomini. Ci insegni Lei ad essere ascoltatori assidui e annunciatori autorevoli del Vangelo di Gesù.

    [00173-01.02] [Testo originale: Italiano]

    Dopo l’Angelus


    Cari fratelli e sorelle,

    desidero annunciare che sabato 6 giugno, a Dio piacendo, mi recherò a Sarajevo, capitale della Bosnia ed Erzegovina. Vi chiedo fin d’ora di pregare affinché la mia visita a quelle care popolazioni sia di incoraggiamento per i fedeli cattolici, susciti fermenti di bene e contribuisca al consolidamento della fraternità, della pace, del dialogo interreligioso e dell’amicizia.

    Saluto i presenti convenuti per partecipare al IV Congresso mondiale organizzato da Scholas Occurrentes, che si terrà in Vaticano dal 2 al 5 febbraio sul tema: "Responsabilità di tutti nell’educazione per una cultura dell’incontro". Saluto le famiglie, le parrocchie, le associazioni e tutti quanti sono venuti dall’Italia e da tante parti del mondo. In particolare, i pellegrini del Libano e dell’Egitto, gli studenti di Zafra e di Badajoz (Spagna); i fedeli di Sassari, Salerno, Verona, Modena, Scano Montiferro e Taranto.

    Oggi si celebra in Italia la Giornata per la Vita, che ha come tema «Solidali per la vita». Rivolgo il mio apprezzamento alle associazioni, ai movimenti e a tutti coloro che difendono la vita umana. Mi unisco ai Vescovi italiani nel sollecitare «un rinnovato riconoscimento della persona umana e una cura più adeguata della vita, dal concepimento al suo naturale termine» (Messaggio per la 37ª Giornata nazionale per la Vita). Quando ci si apre alla vita e si serve la vita, si sperimenta la forza rivoluzionaria dell’amore e della tenerezza (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 288), inaugurando un nuovo umanesimo: l’umanesimo della solidarietà, l’umanesimo della vita.

    Saluto il Cardinale Vicario, i docenti universitari di Roma e quanti sono impegnati a promuovere la cultura della vita.

    A tutti auguro buona domenica. Per favore non dimenticate di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!

    [00174-01.02] [Testo originale: Italiano]

    [B0083-XX.02]


    fonte: Sala Stampa della Santa Sede

  10. #30
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    FESTA DELLA PRESENTAZIONE DEL SIGNORE
    XIX GIORNATA MONDIALE DELLA VITA CONSACRATA

    OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO


    Basilica Vaticana
    2 febbraio 2015

    Teniamo davanti agli occhi della mente l’icona della Madre Maria che cammina col Bambino Gesù in braccio. Lo introduce nel tempio, lo introduce nel popolo, lo porta ad incontrare il suo popolo.

    Le braccia della Madre sono come la “scala” sulla quale il Figlio di Dio scende verso di noi, la scala dell’accondiscendenza di Dio. Lo abbiamo ascoltato nella prima Lettura, dalla Lettera agli Ebrei: Cristo si è reso «in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e degno di fede» (2,17). E’ la duplice via di Gesù: Egli è sceso, si è fatto come noi, per ascendere al Padre insieme con noi, facendoci come Lui.

    Possiamo contemplare nel cuore questo movimento immaginando la scena evangelica di Maria che entra nel tempio con il Bambino in braccio. La Madonna cammina, ma è il Figlio che cammina prima di Lei. Lei lo porta, ma è Lui che porta Lei in questo cammino di Dio che viene a noi affinché noi possiamo andare a Lui.

    Gesù ha fatto la nostra stessa strada per indicare a noi il cammino nuovo, cioè la “via nuova e vivente” (cfr Eb 10,20) che è Lui stesso. E per noi, consacrati, questa è l’unica strada che, in concreto e senza alternative, dobbiamo percorrere con gioia e perseveranza.

    Il Vangelo insiste ben cinque volte sull’obbedienza di Maria e Giuseppe alla “Legge del Signore” (cfr Lc 2,22. 23. 24. 27. 39). Gesù non è venuto a fare la sua volontà, ma la volontà del Padre; e questo – ha detto – era il suo “cibo” (cfr Gv 4, 34). Così chi segue Gesù si mette nella via dell’obbedienza, imitando l’“accondiscendenza” del Signore; abbassandosi e facendo propria la volontà del Padre, anche fino all’annientamento e all’umiliazione di sé stesso (cfr Fil 2,7-8). Per un religioso, progredire significa abbassarsi nel servizio, cioè fare lo stesso cammino di Gesù, che «non ritenne un privilegio l’essere come Dio» (Fil 2,6). Abbassarsi facendosi servo per servire.

    E questa via prende la forma della regola, improntata al carisma del fondatore, senza dimenticare che la regola insostituibile, per tutti, è sempre il Vangelo. Lo Spirito Santo, poi, nella sua creatività infinita, lo traduce anche nelle diverse regole di vita consacrata che nascono tutte dalla sequela Christi, e cioè da questo cammino di abbassarsi servendo.

    Attraverso questa “legge” i consacrati possono raggiungere la sapienza, che non è un’attitudine astratta ma è opera e dono dello Spirito Santo. E segno evidente di tale sapienza è la gioia. Sì, la letizia evangelica del religioso è conseguenza del cammino di abbassamento con Gesù… E, quando siamo tristi, ci farà bene domandarci: “Come stiamo vivendo questa dimensione kenotica?”.

    Nel racconto della Presentazione di Gesù al Tempio la sapienza è rappresentata dai due anziani, Simeone e Anna: persone docili allo Spirito Santo (lo si nomina 3 volte), guidati da Lui, animati da Lui. Il Signore ha dato loro la sapienza attraverso un lungo cammino nella via dell’obbedienza alla sua legge. Obbedienza che, da una parte, umilia e annienta, però, dall’altra accende e custodisce la speranza, facendoli creativi, perché erano pieni di Spirito Santo. Essi celebrano anche una sorta di liturgia attorno al Bambino che entra nel Tempio: Simeone loda il Signore e Anna “predica” la salvezza (cfr Lc 2,28-32.38). Come nel caso di Maria, anche l’anziano Simeone prende il bambino tra le sue braccia, ma, in realtà, è il bambino che lo afferra e lo conduce. La liturgia dei primi Vespri della Festa odierna lo esprime in modo chiaro e bello: «senex puerum portabat, puer autem senem regebat». Tanto Maria, giovane madre, quanto Simeone, anziano “nonno”, portano il bambino in braccio, ma è il bambino stesso che li conduce entrambi.

    È curioso notare che in questa vicenda i creativi non sono i giovani, ma gli anziani. I giovani, come Maria e Giuseppe, seguono la legge del Signore sulla via dell’obbedienza; gli anziani, come Simeone e Anna, vedono nel bambino il compimento della Legge e delle promesse di Dio. E sono capaci di fare festa: sono creativi nella gioia, nella saggezza.

    Tuttavia, il Signore trasforma l’obbedienza in sapienza, con l’azione del suo Santo Spirito.

    A volte Dio può elargire il dono della sapienza anche a un giovane inesperto, basta che sia disponibile a percorrere la via dell’obbedienza e della docilità allo Spirito. Questa obbedienza e questa docilità non sono un fatto teorico, ma sottostanno alla logica dell’incarnazione del Verbo: docilità e obbedienza a un fondatore, docilità e obbedienza a una regola concreta, docilità e obbedienza a un superiore, docilità e obbedienza alla Chiesa. Si tratta di docilità e obbedienza concrete.

    Attraverso il cammino perseverante nell’obbedienza, matura la sapienza personale e comunitaria, e così diventa possibile anche rapportare le regole ai tempi: il vero “aggiornamento”, infatti, è opera della sapienza, forgiata nella docilità e obbedienza.

    Il rinvigorimento e il rinnovamento della vita consacrata avvengono attraverso un amore grande alla regola, e anche attraverso la capacità di contemplare e ascoltare gli anziani della Congregazione. Così il “deposito”, il carisma di ogni famiglia religiosa viene custodito insieme dall’obbedienza e dalla saggezza. E, attraverso questo cammino, siamo preservati dal vivere la nostra consacrazione in maniera light, in maniera disincarnata, come fosse una gnosi, che ridurrebbe la vita religiosa ad una “caricatura”, una caricatura nella quale si attua una sequela senza rinuncia, una preghiera senza incontro, una vita fraterna senza comunione, un’obbedienza senza fiducia e una carità senza trascendenza.

    Anche noi, oggi, come Maria e come Simeone, vogliamo prendere in braccio Gesù perché Egli incontri il suo popolo, e certamente lo otterremo soltanto se ci lasciamo afferrare dal mistero di Cristo. Guidiamo il popolo a Gesù lasciandoci a nostra volta guidare da Lui. Questo è ciò che dobbiamo essere: guide guidate.

    Il Signore, per intercessione di Maria nostra Madre, di San Giuseppe e dei Santi Simeone e Anna, ci conceda quanto gli abbiamo domandato nell’Orazione di Colletta: di «essere presentati [a Lui] pienamente rinnovati nello spirito». Così sia.


    fonte: sito ufficiale della Santa Sede

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