Ricordo bene quando due anni fa presentai ai lettori di allora l’Avvento nella tradizione del Rito Romano. Mi è venuto in mente, ora, di proseguire questa discussione presentando dal punto di vista storico e liturgico la solennità e il Tempo di Natale.
1. La solennità del Natale del Signore: origine e storia
In principio Natale ed Epifania formavano un’unica celebrazione il cui oggetto era l’Incarnazione del Verbo. Questa trovava in Occidente e in Oriente un’accentuazione diversa. Di ciò ne è testimonianza il fatto che se in Occidente si celebrava il 25 Dicembre col nome di Natalis Domini, in Oriente si celebrava il 6 Gennaio col nome di Ἐπιφάνεια. Fu tra la fine del secolo IV e l’inizio del V che le due feste cominciarono a distinguersi anche per diversità di contenuto. Furono diverse le cause che contribuirono a che sorgesse la celebrazione del Natale.
Anzitutto diamo per scontato e pacifico il fatto che il 25 Dicembre non è storicamente il dì in cui nacque Nostro Signore Gesù Cristo. Alcuni autori antichi affermavano che il Signore sarebbe stato concepito nello stesso giorno in cui sarebbe poi morto, cioè il 25 Marzo; di conseguenza la data della sua nascita si collocherebbe nove mesi dopo e cioè il 25 Dicembre. È molto più probabile, però, che questa tradizione non abbia dato origine alla festa ma sia stato soltanto un tentativo di spiegarla secondo un misticismo astrologico in voga in quell’epoca.
La spiegazione più probabile è invece da ricercarsi nel tentativo “apologetico” della Chiesa romana di soppiantare la festa pagana del «Natalis Solis invicti».
Il 25 Dicembre, solstizio d’inverno, vittoria del sole sulle tenebre, era la principale festa relativa a questo culto.
La Chiesa di Roma cercò allora di allontanare i fedeli da questi culti pagani e sulla base di una ricca tematica biblica (Mal 4, 2; Lc 1, 78; Ef 5, 8-14) diede a questa festa idolatrica un significato assolutamente diverso. Si oppose alla nascita del sole la nascita nella carne di Cristo, vero Sole che viene a rischiarare il mondo avvolto «nelle tenebre e nell’ombra di morte».
I secoli IV e V furono pervasi dalle grandi eresie cristologiche: arianesimo e nestorianesimo che tentavano di negare la divinità consustanziale della persona del Verbo o di confondere e mescolare la duplicità delle due nature umana e divina. In un modo o nell’altro queste eresie tentavano di annullare la realtà teandrica di Cristo vero uomo e vero Dio e negare dunque il mistero dell’Incarnazione e, conseguentemente, il valore stesso della redenzione.
I grandi Concilii Ecumenici Niceno (325), Costantinopolitano (381), Efesino (431) e Calcedonense (451) confutarono queste eresie, condannarono i di esse propagatori e formularono i dommi cristologici.
L’istituzione e la rapida diffusione del Natale in Occidente e dell’Epifania in Oriente divennero mezzo per affermare e propagare questi dogmi e rinsaldare la fede su questo punto fondamentale del mistero di Cristo.
2. I testi biblici del Lezionario Romano
2.1. La Messa Vespertina nella Vigilia
L’Avvento ha termine e ha inizio il Tempo di Natale con la Messa vespertina del 24 Dicembre. L’antifona d’Introito dà un tono «pasquale» alla celebrazione. È tratto da Esodo 16, 6-7 «Oggi sapete che il Signore viene a salvarci: domani vedrete la sua gloria».
La I lettura è tratta da Is 62, 1-5 e parla del ritorno degli esiliati a Gerusalemme per ricostruire il tempio a seguito dell’editto di Ciro (538 a.C.). Il Salmo responsoriale è l’88 e canta la misericordia del Signore, celebrando in contemplazione il compimento in Cristo delle promesse messianiche fatte a Davide. La II lettura, tratta da At, è l’inizio del discorso inaugurale dell’attività apostolica di San Paolo. L’Apostolo delle genti testimonia Cristo inserito pienamente nella storia del suo popolo. Il Vangelo, tratto da Mt, ci ricorda la genealogia di Cristo ponendo l’accento sulla sua natura umana e sulla sua solidarietà con l’uomo peccatore.
2.2 Le tre Messe del giorno di Natale
Cristo è oggi «infans», non parlante. Però la sua stessa presenza fra noi, la sua Incarnazione, la sua Natività sono per noi «manifestazione», «parola» che si farà sempre più articolata e cristallina quando egli stesso spiegherà il significato del suo discendere nella nostra storia e ce lo farà penetrare inviandoci lo Spirito Consolatore.
In sua vece nel giorno santo del Natale parlano Isaia (I letture), San Paolo&Lettera agli Ebrei (II letture) e gli Evangelisti San Luca e San Giovanni (Vangelo).
2.2.1 Isaia
Sono tre testi tratti dal Profeta ricchissimi. Nell’ultimo testo, quello della Messa del giorno, spiccano le espressioni: «Regna il tuo Dio», «Il ritorno del Signore in Sion», «Il Signore ha consolato il suo popolo, ha redento Gerusalemme», «Tutti i confini della terra vedranno la salvezza del nostro Dio». La salvezza è opera dell’iniziativa di Dio. La Chiesa, che oggi accoglie il suo liberatore e redentore, il Cristo, è strumento della grazia preveniente del Signore che giungerà «usque ad extremos terminos orbis terrarum».
2.2.2. L’Apostolo e la Lettera agli Ebrei
L’insegnamento di San Paolo pone la base teologica del comportamento morale del Cristiano. Con il mistero dell’Incarnazione, opera esclusiva dell’iniziativa di Dio, della sua misericordia, la condotta dell’uomo ha un principio di vita.
2.2.3. Il Vangelo
Leggiamo inizialmente San Luca e il suo Vangelo dell’Infanzia. Nella Messa del giorno leggiamo il meraviglioso Prologo di San Giovanni: stupendo e sublime inno cristologico. Il Dio Figlio si fa uomo per rivelare il Padre e portare nel mondo la luce della verità, la vita e la grazia.
2.2.4. L’origine della triplice celebrazione natalizia
Le tre Messe del giorno di Natale non hanno al loro principio alcuna ragione teologica. Non erano presenti particolari aspetti sotto cui considerare e celebrare il Mistero dell’Incarnazione. Alla base stavano, invece, soltanto motivi devozionali e pastorali. Il Papa celebrava la Messa del Natale nei diversi santuari in cui si venerava il suddetto mistero.
Inizialmente tutta l’ufficiatura del giorno di Natale si svolgeva nella basilica di San Pietro. Fu probabilmente papa Sisto III (432-440) che, in omaggio alla definizione conciliare di Efeso, cominciò a celebrare una Messa a mezzanotte nella basilica di Santa Maria Maggiore sull’Esquilino in cui era costruito un «presepe», cioè una cappella riproducente la grotta della Natività di Betlemme. Verso la metà del VI secolo pare che il Papa abbia cominciato a celebrare una seconda Messa, quasi privata, nella prima mattina del Natale, nella Chiesa titolare di Sant’Anastasia, martire di Sirmio, decapitata il 25 Dicembre. Probabilmente era soltanto una Messa in onore della martire (il cui culto era stato introdotto a Roma verso il V secolo) senza alcun collegamento con la festa di Natale. Tale celebrazione era soltanto una sorta di riguardo del Papa Giovanni III (561-574) verso l’autorità imperiale. Dalla Chiesa di Sant’Anastasia il Papa, fino ai tempi di San Gregorio VII (1020-1085) si recava direttamente a San Pietro. L’XI Ordo Romanus ci informa che il Papa, per la stanchezza delle precedenti Celebrazioni, da Sant’Anastasia ritornava direttamente a Santa Maria Maggiore.
È questa la storia delle tre Sante Messe del giorno di Natale.
Furono i liturgisti del tardo Medioevo che si compiacquero di trovare ragioni teologiche, mistiche e ascetiche per spiegare questa triplice celebrazione natalizia. Se, però, ciò può anche giovare alla devozione e alla pietà, non ha comunque e in alcun modo alcuna ragione storica perché sono tutte motivazioni estranee alla prima istituzione.
3. L’eucologia della Liturgia Natalizia
I testi ecologici della Celebrazione del giorno del Natale (e anche dell’Epifania) riflettono il complesso processo dell’origine e della storia di questa solennità.
Per precisare il valore dottrinale di tutte le metafore ispirate dalla notte santa la Chiesa afferma che la sorgente della luce portata dal nostro Salvatore incarnato è la fede umile e modesta: «per fidem fulget in mente». Si può e si deve parlare di ombra della fede ma, in definitiva, essa sola ci offre una luminosità essenziale su Dio e su noi stessi, e l’esperienza amara del mondo contemporaneo basta per mostrarci quanto tenebrosi siano i sentieri che da essa si allontanano.
La fede deve, però, diventare operosa mediante la carità; la luce della fede deve illuminare e guidare le opere, la verità rivelata deve manifestarsi attraverso la vita. Il cristiano diventa una viva immagine del Verbo etterno, in quanto accoglie e fa sua la notizia del Padre che Gesù gli rivela per mezzo del Vangelo; così rivive il Cristo e opera in lui e per lui.
Riporto di seguito i tre prefazi di Natale che mettono in rilievo tutti gli aspetti che abbiamo fin qui considerato:
Prefazio di Natale I
«È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno.
Nel mistero del Verbo incarnato è apparsa agli occhi della nostra mente la luce nuova del tuo fulgore, perché conoscendo Dio visibilmente, per mezzo suo siamo rapiti all’amore delle realtà invisibili.
E noi, uniti agli Angeli e agli Arcangeli, ai Troni e alle Dominazioni e alla moltitudine dei Cori celesti, cantiamo con voce incessante l’inno della tua gloria»
Prefazio di Natale II
«È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, lodarti e ringraziarti sempre per i tuoi benefici, Dio onnipotente ed eterno, per Cristo nostro Signore.
Nel mistero adorabile del Natale, egli, Verbo invisibile, apparve visibilmente nella nostra carne, per assumere in sé tutto il creato e sollevarlo dalla sua caduta. Generato prima dei secoli, cominciò ad esistere nel tempo, per reintegrare l’universo nel tuo disegno, o Padre, e ricondurre a te l’umanità dispersa.
Per questo dono della tua benevolenza, uniti a tutti gli angeli, cantiamo esultanti la tua lode»
Prefazio di Natale III
«È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno, per Cristo nostro Signore.
In lui oggi risplende in piena luce il misterioso scambio che ci ha redenti: la nostra debolezza è assunta dal Verbo, l’uomo mortale è innalzato a dignità perenne e noi, uniti a te in comunione mirabile, condividiamo la tua vita immortale.
Per questo mistero di salvezza, uniti a tutti gli angeli, proclamiamo esultanti la tua lode»
La soteriologia espressa nelle formule liturgiche del ciclo natalizio considera il mistero dell’Incarnazione primariamente come assunzione, da parte del Verbo, della natura umana più che come l’inizio della vicenda storica di Gesù di Nazaret; come luogo dello scambio (il «commercium» cui si fa riferimento nel Prefazio di Natale III) tra la natura umana e la natura divina più che l’iniziale manifestazione del volto di Dio e dell’uomo nella concreta figura di Gesù che culminerà nella Pasqua. Il mistero di Cristo, quindi, è più destoricizzato rispetto ai testi del Nuovo Testamento. I liturgisti attuali sono perciò orientati a riconoscere che la vicenda della confutazione delle eresie ariane abbia influito a far prevalere una ben determinata cristologia e soteriologia nelle formule liturgiche che ancor oggi adoperiamo.
3.1. L’incarnazione del Verbo nelle Eucologie del Tempo di Natale
Per concludere questa breve sintesi sui testi liturgici e sulla storia del tempo di Natale soffermiamoci un’ultima volta sui testi liturgici del Natale per esaminare il tema dell’Incarnazione del Verbo.
Nella visione teologica che si determinò in seguito alle precedentemente esposte eresie cristologiche nei testi liturgici emerge il tema dell’Incarnazione del Verbo. Per comprendere appieno il contenuto della solennità del Natale bisogna anche avere presente il senso originario della celebrazione chiamata «apparitio Domini in carne» ossia «manifestazione del Signore nella carne». Dice a tal proposito Sant’Agostino: «propter vos in carne apparuit mundi Conditor». E San Leone Magno similmente afferma: «Oggi il Fattore del mondo è nato dal virgineo seno: chi ha creato tutte le cose è divenuto figlio di colei che egli ha creato. Oggi il Verbo di Dio è apparso rivestito di carne; la natura che mai era stata visibile agli occhi umani, incominciò ad essere persino palpabile».
Fu proprio con San Leone Magno, papa del Concilio Calcedonense, che il Natale divenne occasione unica e propizia per affermare e difendere la fede della Chiesa nel Mistero dell’Incarnazione contro oggi interpretazione errata, gnostica, ariana, docetista, manichea, monofisita.
3.1.1. Contro lo gnosticismo
Contro lo gnosticismo, che non ammetteva Dio nella storia in una reale carne umana, si oppone Giovanni che nel suo Vangelo afferma che il Verbo si è fatto carne, cioè ha assunto la nostra concreta natura umana debole e fragile. È tutta la Liturgia del Natale che ci ricorda il realismo dell’incarnazione terrestre del Verbo. Il Dio Figlio non si traveste da uomo ma, restando Dio, è anche realmente e concretamente uomo.
3.1.2. Contro l’arianesimo
Contro gli ariani la Liturgia di Natale afferma la generazione eterna del Verbo che: «generato prima dei secoli, cominciò ad esistere nel tempo». Il testo citato fra virgolette riprende il testo del Prefazio II del Natale, derivato da un Sermone di San Leone Magno, il XXII, e le antifone ai Primi e ai Secondi Vespri della Solennità del Natale.
3.1.3. Contro il manicheismo
Contro i manichei viene affermato l’ottimismo cristiano fondato sul fatto che il Figlio di Dio non ha rifiutato di assumere la nostra carne e di condividere la nostra natura umana. Si prendano ad esempio, a tale scopo, la Colletta della Messa del giorno di Natale, i Prefazi II e III e l’antifona al Benedictus dell’Ottava di Natale.
3.1.4. Contro il monofisismo
Contro i monofisiti, secondo i quali in Cristo vi sarebbe soltanto la natura divina che avrebbe assorbito la natura umana, viene affermata la verità delle due nature umana e divina nell’unità della persona del Verbo: «Mirabile mysterium declaratur hodie: innovantur naturæ, Deus homo factus est: id quod fuit permansit, et quod non erat assumpsit; non commixtionem passus, neque divisionem».
3.1.5. «O admirabile commercium!»
«O admirábile commércium: *
Creátor géneris humáni, animátum corpus sumens,
de Vírgine nasci dignátus est;
et procédens homo sine sémine,
largítus est nobis suam Deitátem»
Il tema dello scambio mirabile di «Dio che si è fatto uomo affinché l’uomo diventasse Dio» (Sant’Agostino, Sermo 128) è al centro di tutta la Liturgia romana del Natale. Basti ricordare l’antifona sopra riportata (ai I e ai II Vespri dell’Ottava del Natale), la Colletta della Messa del giorno di Natale («Deus, qui humánæ substántiæ dignitátem et mirabíliter condidísti, et mirabílius reformásti, da, quæsumus, nobis eius divinitátis esse consórtes, qui humanitátis nostræ fíeri dignátus est párticeps» e l’embolismo del terzo prefazio sopra riportato. Il primo atto di questo admirabile commercium si opera nell’umanità di Cristo. Il Verbo ha assunto ciò che era nostro e, in cambio, la natura umana è stata elevata alla dignità divina.
Il secondo atto di questo scambio mirabile consiste nella reale e intima partecipazione alla natura divina del Verbo (cfr. Gal 4, 4-5) : «Præsta, miséricors Deus, ut natus hódie Salvátor mundi, sicut divínæ nobis generatiónis est auctor, ita et immortalitátis sit ipse largítor. Qui vivit et regnat in sæcula sæculórum» (Postcommunio della Messa del giorno).
Strettamente legato, perciò, al tema dell’Admirabile commercium, abbiamo anche il tema della nostra rigenerazione divina. Il Natale è perciò la festa dell’uomo reso figlio di Dio.
E così concludiamo affermando, con le parole di GS 22 che:
«soltanto nel Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo».
4. Verso la conclusione
Nei primi tempi le difficoltà sorgevano a causa della «storia» umile e povera di Gesù, vero Dio e vero uomo. Oggi le difficoltà sorgono, forse, per opposti motivi, per la trascendenza, per cui a fatica si accetta la preesistenza di Cristo. La secolarizzazione provoca l’uomo a vedere soprattutto l’uomo Gesù fino all’inaccettabile fede cristologica dal significato esclusivamente secolare. Il Natale, dunque, non cessa, anche ai nostri giorni, di essere la Celebrazione che richiama tutti i Cristiani all’autenticità della Fede Cattolica nel Mistero dell’Incarnazione: il Cristo vero Dio e vero uomo.
Vostro affezionatissimo
Marcianus
Bibliografia:
Martimort, «La Chiesa in preghiera» IV La Liturgia e il tempo
Bergamini «L’anno liturgico, Cristo festa della Chiesa»
Anamnesis «L’anno liturgico»