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Discussione: Il Tempo di Natale

  1. #1
    CierRino L'avatar di Marcianus
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    Il Tempo di Natale

    Ricordo bene quando due anni fa presentai ai lettori di allora l’Avvento nella tradizione del Rito Romano. Mi è venuto in mente, ora, di proseguire questa discussione presentando dal punto di vista storico e liturgico la solennità e il Tempo di Natale.


    1. La solennità del Natale del Signore: origine e storia

    In principio Natale ed Epifania formavano un’unica celebrazione il cui oggetto era l’Incarnazione del Verbo. Questa trovava in Occidente e in Oriente un’accentuazione diversa. Di ciò ne è testimonianza il fatto che se in Occidente si celebrava il 25 Dicembre col nome di Natalis Domini, in Oriente si celebrava il 6 Gennaio col nome di Ἐπιφάνεια. Fu tra la fine del secolo IV e l’inizio del V che le due feste cominciarono a distinguersi anche per diversità di contenuto. Furono diverse le cause che contribuirono a che sorgesse la celebrazione del Natale.

    Anzitutto diamo per scontato e pacifico il fatto che il 25 Dicembre non è storicamente il dì in cui nacque Nostro Signore Gesù Cristo. Alcuni autori antichi affermavano che il Signore sarebbe stato concepito nello stesso giorno in cui sarebbe poi morto, cioè il 25 Marzo; di conseguenza la data della sua nascita si collocherebbe nove mesi dopo e cioè il 25 Dicembre. È molto più probabile, però, che questa tradizione non abbia dato origine alla festa ma sia stato soltanto un tentativo di spiegarla secondo un misticismo astrologico in voga in quell’epoca.

    La spiegazione più probabile è invece da ricercarsi nel tentativo “apologetico” della Chiesa romana di soppiantare la festa pagana del «Natalis Solis invicti».

    Il 25 Dicembre, solstizio d’inverno, vittoria del sole sulle tenebre, era la principale festa relativa a questo culto.

    La Chiesa di Roma cercò allora di allontanare i fedeli da questi culti pagani e sulla base di una ricca tematica biblica (Mal 4, 2; Lc 1, 78; Ef 5, 8-14) diede a questa festa idolatrica un significato assolutamente diverso. Si oppose alla nascita del sole la nascita nella carne di Cristo, vero Sole che viene a rischiarare il mondo avvolto «nelle tenebre e nell’ombra di morte».

    I secoli IV e V furono pervasi dalle grandi eresie cristologiche: arianesimo e nestorianesimo che tentavano di negare la divinità consustanziale della persona del Verbo o di confondere e mescolare la duplicità delle due nature umana e divina. In un modo o nell’altro queste eresie tentavano di annullare la realtà teandrica di Cristo vero uomo e vero Dio e negare dunque il mistero dell’Incarnazione e, conseguentemente, il valore stesso della redenzione.

    I grandi Concilii Ecumenici Niceno (325), Costantinopolitano (381), Efesino (431) e Calcedonense (451) confutarono queste eresie, condannarono i di esse propagatori e formularono i dommi cristologici.

    L’istituzione e la rapida diffusione del Natale in Occidente e dell’Epifania in Oriente divennero mezzo per affermare e propagare questi dogmi e rinsaldare la fede su questo punto fondamentale del mistero di Cristo.



    2. I testi biblici del Lezionario Romano


    2.1. La Messa Vespertina nella Vigilia

    L’Avvento ha termine e ha inizio il Tempo di Natale con la Messa vespertina del 24 Dicembre. L’antifona d’Introito dà un tono «pasquale» alla celebrazione. È tratto da Esodo 16, 6-7 «Oggi sapete che il Signore viene a salvarci: domani vedrete la sua gloria».
    La I lettura è tratta da Is 62, 1-5 e parla del ritorno degli esiliati a Gerusalemme per ricostruire il tempio a seguito dell’editto di Ciro (538 a.C.). Il Salmo responsoriale è l’88 e canta la misericordia del Signore, celebrando in contemplazione il compimento in Cristo delle promesse messianiche fatte a Davide. La II lettura, tratta da At, è l’inizio del discorso inaugurale dell’attività apostolica di San Paolo. L’Apostolo delle genti testimonia Cristo inserito pienamente nella storia del suo popolo. Il Vangelo, tratto da Mt, ci ricorda la genealogia di Cristo ponendo l’accento sulla sua natura umana e sulla sua solidarietà con l’uomo peccatore.

    2.2 Le tre Messe del giorno di Natale

    Cristo è oggi «infans», non parlante. Però la sua stessa presenza fra noi, la sua Incarnazione, la sua Natività sono per noi «manifestazione», «parola» che si farà sempre più articolata e cristallina quando egli stesso spiegherà il significato del suo discendere nella nostra storia e ce lo farà penetrare inviandoci lo Spirito Consolatore.

    In sua vece nel giorno santo del Natale parlano Isaia (I letture), San Paolo&Lettera agli Ebrei (II letture) e gli Evangelisti San Luca e San Giovanni (Vangelo).

    2.2.1 Isaia

    Sono tre testi tratti dal Profeta ricchissimi. Nell’ultimo testo, quello della Messa del giorno, spiccano le espressioni: «Regna il tuo Dio», «Il ritorno del Signore in Sion», «Il Signore ha consolato il suo popolo, ha redento Gerusalemme», «Tutti i confini della terra vedranno la salvezza del nostro Dio». La salvezza è opera dell’iniziativa di Dio. La Chiesa, che oggi accoglie il suo liberatore e redentore, il Cristo, è strumento della grazia preveniente del Signore che giungerà «usque ad extremos terminos orbis terrarum».

    2.2.2. L’Apostolo e la Lettera agli Ebrei

    L’insegnamento di San Paolo pone la base teologica del comportamento morale del Cristiano. Con il mistero dell’Incarnazione, opera esclusiva dell’iniziativa di Dio, della sua misericordia, la condotta dell’uomo ha un principio di vita.

    2.2.3. Il Vangelo

    Leggiamo inizialmente San Luca e il suo Vangelo dell’Infanzia. Nella Messa del giorno leggiamo il meraviglioso Prologo di San Giovanni: stupendo e sublime inno cristologico. Il Dio Figlio si fa uomo per rivelare il Padre e portare nel mondo la luce della verità, la vita e la grazia.

    2.2.4. L’origine della triplice celebrazione natalizia

    Le tre Messe del giorno di Natale non hanno al loro principio alcuna ragione teologica. Non erano presenti particolari aspetti sotto cui considerare e celebrare il Mistero dell’Incarnazione. Alla base stavano, invece, soltanto motivi devozionali e pastorali. Il Papa celebrava la Messa del Natale nei diversi santuari in cui si venerava il suddetto mistero.

    Inizialmente tutta l’ufficiatura del giorno di Natale si svolgeva nella basilica di San Pietro. Fu probabilmente papa Sisto III (432-440) che, in omaggio alla definizione conciliare di Efeso, cominciò a celebrare una Messa a mezzanotte nella basilica di Santa Maria Maggiore sull’Esquilino in cui era costruito un «presepe», cioè una cappella riproducente la grotta della Natività di Betlemme. Verso la metà del VI secolo pare che il Papa abbia cominciato a celebrare una seconda Messa, quasi privata, nella prima mattina del Natale, nella Chiesa titolare di Sant’Anastasia, martire di Sirmio, decapitata il 25 Dicembre. Probabilmente era soltanto una Messa in onore della martire (il cui culto era stato introdotto a Roma verso il V secolo) senza alcun collegamento con la festa di Natale. Tale celebrazione era soltanto una sorta di riguardo del Papa Giovanni III (561-574) verso l’autorità imperiale. Dalla Chiesa di Sant’Anastasia il Papa, fino ai tempi di San Gregorio VII (1020-1085) si recava direttamente a San Pietro. L’XI Ordo Romanus ci informa che il Papa, per la stanchezza delle precedenti Celebrazioni, da Sant’Anastasia ritornava direttamente a Santa Maria Maggiore.

    È questa la storia delle tre Sante Messe del giorno di Natale.

    Furono i liturgisti del tardo Medioevo che si compiacquero di trovare ragioni teologiche, mistiche e ascetiche per spiegare questa triplice celebrazione natalizia. Se, però, ciò può anche giovare alla devozione e alla pietà, non ha comunque e in alcun modo alcuna ragione storica perché sono tutte motivazioni estranee alla prima istituzione.



    3. L’eucologia della Liturgia Natalizia

    I testi ecologici della Celebrazione del giorno del Natale (e anche dell’Epifania) riflettono il complesso processo dell’origine e della storia di questa solennità.

    Per precisare il valore dottrinale di tutte le metafore ispirate dalla notte santa la Chiesa afferma che la sorgente della luce portata dal nostro Salvatore incarnato è la fede umile e modesta: «per fidem fulget in mente». Si può e si deve parlare di ombra della fede ma, in definitiva, essa sola ci offre una luminosità essenziale su Dio e su noi stessi, e l’esperienza amara del mondo contemporaneo basta per mostrarci quanto tenebrosi siano i sentieri che da essa si allontanano.

    La fede deve, però, diventare operosa mediante la carità; la luce della fede deve illuminare e guidare le opere, la verità rivelata deve manifestarsi attraverso la vita. Il cristiano diventa una viva immagine del Verbo etterno, in quanto accoglie e fa sua la notizia del Padre che Gesù gli rivela per mezzo del Vangelo; così rivive il Cristo e opera in lui e per lui.

    Riporto di seguito i tre prefazi di Natale che mettono in rilievo tutti gli aspetti che abbiamo fin qui considerato:

    Prefazio di Natale I

    «È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno.
    Nel mistero del Verbo incarnato è apparsa agli occhi della nostra mente la luce nuova del tuo fulgore, perché conoscendo Dio visibilmente, per mezzo suo siamo rapiti all’amore delle realtà invisibili.
    E noi, uniti agli Angeli e agli Arcangeli, ai Troni e alle Dominazioni e alla moltitudine dei Cori celesti, cantiamo con voce incessante l’inno della tua gloria»

    Prefazio di Natale II

    «È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, lodarti e ringraziarti sempre per i tuoi benefici, Dio onnipotente ed eterno, per Cristo nostro Signore.
    Nel mistero adorabile del Natale, egli, Verbo invisibile, apparve visibilmente nella nostra carne, per assumere in sé tutto il creato e sollevarlo dalla sua caduta. Generato prima dei secoli, cominciò ad esistere nel tempo, per reintegrare l’universo nel tuo disegno, o Padre, e ricondurre a te l’umanità dispersa.
    Per questo dono della tua benevolenza, uniti a tutti gli angeli, cantiamo esultanti la tua lode»


    Prefazio di Natale III

    «È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno, per Cristo nostro Signore.
    In lui oggi risplende in piena luce il misterioso scambio che ci ha redenti: la nostra debolezza è assunta dal Verbo, l’uomo mortale è innalzato a dignità perenne e noi, uniti a te in comunione mirabile, condividiamo la tua vita immortale.
    Per questo mistero di salvezza, uniti a tutti gli angeli, proclamiamo esultanti la tua lode»


    La soteriologia espressa nelle formule liturgiche del ciclo natalizio considera il mistero dell’Incarnazione primariamente come assunzione, da parte del Verbo, della natura umana più che come l’inizio della vicenda storica di Gesù di Nazaret; come luogo dello scambio (il «commercium» cui si fa riferimento nel Prefazio di Natale III) tra la natura umana e la natura divina più che l’iniziale manifestazione del volto di Dio e dell’uomo nella concreta figura di Gesù che culminerà nella Pasqua. Il mistero di Cristo, quindi, è più destoricizzato rispetto ai testi del Nuovo Testamento. I liturgisti attuali sono perciò orientati a riconoscere che la vicenda della confutazione delle eresie ariane abbia influito a far prevalere una ben determinata cristologia e soteriologia nelle formule liturgiche che ancor oggi adoperiamo.


    3.1. L’incarnazione del Verbo nelle Eucologie del Tempo di Natale

    Per concludere questa breve sintesi sui testi liturgici e sulla storia del tempo di Natale soffermiamoci un’ultima volta sui testi liturgici del Natale per esaminare il tema dell’Incarnazione del Verbo.

    Nella visione teologica che si determinò in seguito alle precedentemente esposte eresie cristologiche nei testi liturgici emerge il tema dell’Incarnazione del Verbo. Per comprendere appieno il contenuto della solennità del Natale bisogna anche avere presente il senso originario della celebrazione chiamata «apparitio Domini in carne» ossia «manifestazione del Signore nella carne». Dice a tal proposito Sant’Agostino: «propter vos in carne apparuit mundi Conditor». E San Leone Magno similmente afferma: «Oggi il Fattore del mondo è nato dal virgineo seno: chi ha creato tutte le cose è divenuto figlio di colei che egli ha creato. Oggi il Verbo di Dio è apparso rivestito di carne; la natura che mai era stata visibile agli occhi umani, incominciò ad essere persino palpabile».
    Fu proprio con San Leone Magno, papa del Concilio Calcedonense, che il Natale divenne occasione unica e propizia per affermare e difendere la fede della Chiesa nel Mistero dell’Incarnazione contro oggi interpretazione errata, gnostica, ariana, docetista, manichea, monofisita.

    3.1.1. Contro lo gnosticismo

    Contro lo gnosticismo, che non ammetteva Dio nella storia in una reale carne umana, si oppone Giovanni che nel suo Vangelo afferma che il Verbo si è fatto carne, cioè ha assunto la nostra concreta natura umana debole e fragile. È tutta la Liturgia del Natale che ci ricorda il realismo dell’incarnazione terrestre del Verbo. Il Dio Figlio non si traveste da uomo ma, restando Dio, è anche realmente e concretamente uomo.

    3.1.2. Contro l’arianesimo

    Contro gli ariani la Liturgia di Natale afferma la generazione eterna del Verbo che: «generato prima dei secoli, cominciò ad esistere nel tempo». Il testo citato fra virgolette riprende il testo del Prefazio II del Natale, derivato da un Sermone di San Leone Magno, il XXII, e le antifone ai Primi e ai Secondi Vespri della Solennità del Natale.

    3.1.3. Contro il manicheismo

    Contro i manichei viene affermato l’ottimismo cristiano fondato sul fatto che il Figlio di Dio non ha rifiutato di assumere la nostra carne e di condividere la nostra natura umana. Si prendano ad esempio, a tale scopo, la Colletta della Messa del giorno di Natale, i Prefazi II e III e l’antifona al Benedictus dell’Ottava di Natale.

    3.1.4. Contro il monofisismo

    Contro i monofisiti, secondo i quali in Cristo vi sarebbe soltanto la natura divina che avrebbe assorbito la natura umana, viene affermata la verità delle due nature umana e divina nell’unità della persona del Verbo: «Mirabile mysterium declaratur hodie: innovantur naturæ, Deus homo factus est: id quod fuit permansit, et quod non erat assumpsit; non commixtionem passus, neque divisionem».


    3.1.5. «O admirabile commercium!»

    «O admirábile commércium: *
    Creátor géneris humáni, animátum corpus sumens,
    de Vírgine nasci dignátus est;
    et procédens homo sine sémine,
    largítus est nobis suam Deitátem»


    Il tema dello scambio mirabile di «Dio che si è fatto uomo affinché l’uomo diventasse Dio» (Sant’Agostino, Sermo 128) è al centro di tutta la Liturgia romana del Natale. Basti ricordare l’antifona sopra riportata (ai I e ai II Vespri dell’Ottava del Natale), la Colletta della Messa del giorno di Natale («Deus, qui humánæ substántiæ dignitátem et mirabíliter condidísti, et mirabílius reformásti, da, quæsumus, nobis eius divinitátis esse consórtes, qui humanitátis nostræ fíeri dignátus est párticeps» e l’embolismo del terzo prefazio sopra riportato. Il primo atto di questo admirabile commercium si opera nell’umanità di Cristo. Il Verbo ha assunto ciò che era nostro e, in cambio, la natura umana è stata elevata alla dignità divina.
    Il secondo atto di questo scambio mirabile consiste nella reale e intima partecipazione alla natura divina del Verbo (cfr. Gal 4, 4-5) : «Præsta, miséricors Deus, ut natus hódie Salvátor mundi, sicut divínæ nobis generatiónis est auctor, ita et immortalitátis sit ipse largítor. Qui vivit et regnat in sæcula sæculórum» (Postcommunio della Messa del giorno).

    Strettamente legato, perciò, al tema dell’Admirabile commercium, abbiamo anche il tema della nostra rigenerazione divina. Il Natale è perciò la festa dell’uomo reso figlio di Dio.

    E così concludiamo affermando, con le parole di GS 22 che:


    «soltanto nel Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo».





    4. Verso la conclusione

    Nei primi tempi le difficoltà sorgevano a causa della «storia» umile e povera di Gesù, vero Dio e vero uomo. Oggi le difficoltà sorgono, forse, per opposti motivi, per la trascendenza, per cui a fatica si accetta la preesistenza di Cristo. La secolarizzazione provoca l’uomo a vedere soprattutto l’uomo Gesù fino all’inaccettabile fede cristologica dal significato esclusivamente secolare. Il Natale, dunque, non cessa, anche ai nostri giorni, di essere la Celebrazione che richiama tutti i Cristiani all’autenticità della Fede Cattolica nel Mistero dell’Incarnazione: il Cristo vero Dio e vero uomo.



    Vostro affezionatissimo
    Marcianus





    Bibliografia:

    Martimort, «La Chiesa in preghiera» IV La Liturgia e il tempo
    Bergamini «L’anno liturgico, Cristo festa della Chiesa»
    Anamnesis «L’anno liturgico»
    Ultima modifica di Marcianus; 12-12-2009 alle 09:01
    «Renditi conto di ciò che farai,
    imita ciò che celebrerai,
    conforma la tua vita
    al mistero della Croce di Cristo Signore»
    .
    Dal Pontificale Romano



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    Liturgia e pietà popolare nel tempo di Natale

    Dal Direttorio su Pietà Popolare e Liturgia
    (Congregazione per il Culto divino e la disciplina dei Sacramenti)

    Nel tempo di Natale
    106. Nel tempo di Natale la Chiesa celebra il mistero della manifestazione del Signore: la sua umile nascita a Betlemme, annunciata ai pastori, primizia dell’Israele che accoglie il Salvatore; l’epifania ai Magi, «giunti da Oriente» (Mt 2, 1), primizia dei gentili, che nel neonato Gesù riconoscono e adorano il Cristo Messia; la teofania presso il fiume Giordano, in cui Gesù è proclamato dal Padre «figlio prediletto» (Mt 3, 17) e inaugura pubblicamente il suo ministero messianico; il segno compiuto a Cana con il quale Gesù «manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui» (Gv 2, 11).

    107
    . Nel tempo natalizio, oltre a queste celebrazioni che ne danno il senso primordiale, ne ricorrono altre che hanno stretto rapporto con il mistero della manifestazione del Signore: il martirio dei Santi Innocenti (28 dicembre), il cui sangue fu versato a causa dell’odio verso Gesù e del rifiuto della sua signoria da parte di Erode; la memoria del Nome di Gesù, il 3 gennaio; la festa della Santa Famiglia (domenica fra l’ottava), in cui viene celebrato il santo nucleo familiare nel quale «Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2, 52); la solennità del 1° gennaio, memoria intensa della maternità divina, verginale e salvifica di Maria; e, se pure fuori dai limiti del tempo natalizio, la festa della Presentazione del Signore (2 febbraio), celebrazione dell’incontro del Messia con il suo popolo, rappresentato da Simeone e Anna, e momento della profezia messianica di Simeone.

    108
    . Gran parte del ricco e complesso mistero della manifestazione del Signore trova ampia eco ed espressioni proprie nella pietà popolare. Essa è particolarmente attenta agli avvenimenti dell’infanzia del Salvatore, nei quali si è manifestato il suo amore per noi. La pietà popolare infatti coglie intuitivamente:
    - il valore della “spiritualità del dono”, propria del Natale: «è nato per noi un bambino, un figlio ci è stato donato» (cf. Is 9, 5), dono che è espressione dell’infinito amore di Dio, che «ha tanto amato il mondo da donare il suo unico Figlio» (Gv 3, 16);
    - il messaggio di solidarietà che l’evento del Natale porta con sé: solidarietà con l’uomo peccatore, per cui, in Gesù, Dio si è fatto uomo «per noi uomini e per la nostra salvezza»;[118] solidarietà con i poveri, perché il Figlio di Dio «da ricco che era si e fatto povero» per arricchire noi «per mezzo della sua povertà» (2 Cor 8, 9);
    - il valore sacro della vita e l’evento mirabile che si compie in ogni parto di donna, poiché attraverso il parto di Maria il Verbo della vita è venuto tra gli uomini e si è fatto visibile (cf. 1 Gv 1, 2);
    - il valore della gioia e della pace messianica, a cui aspirano profondamente gli uomini di ogni tempo: gli Angeli annunciano ai pastori che è nato il Salvatore del mondo, il «Principe della pace» (Is 9, 5), e formulano l’augurio di «pace in terra agli uomini che Dio ama» (Lc 2, 14);
    - il clima di semplicità e di povertà, di umiltà e di fiducia in Dio, che avvolge gli avvenimenti della nascita del bambino Gesù.
    La pietà popolare, appunto perché intuisce i valori insiti nel mistero del Natale, è chiamata a cooperare alla salvaguardia della memoria della manifestazione del Signore, sì che la forte tradizione religiosa connessa con il Natale non divenga terreno per operazioni di consumismo e per infiltrazioni di neopaganesimo.

    La Notte di Natale

    109. Nello spazio di tempo che va dai I Vespri del Natale alla celebrazione eucaristica della mezzanotte, insieme alla tradizione dei canti natalizi, che sono tra i più potenti veicoli del messaggio di gioia e di pace del Natale, la pietà popolare propone alcune sue espressioni di preghiera, diverse da paese a paese, che è opportuno valorizzare e, se è il caso, armonizzare con le celebrazioni stesse della Liturgia. Tali sono ad esempio:
    - lo svolgersi di "presepi viventi" e l’inaugurazione del presepio domestico, che può dare luogo a un momento di preghiera di tutta la famiglia: preghiera che comprenda la lettura del racconto lucano della nascita di Gesù, in cui risuonino i canti tipici del Natale e si levi la supplica e la lode, soprattutto dei bambini, protagonisti di questo incontro familiare;
    - l’inaugurazione dell’albero di Natale. Essa si presta pure a istituire un momento simile di preghiera familiare. Infatti, a prescindere dalle sue origini storiche, l’albero di Natale è oggi un simbolo fortemente evocativo, assai diffuso negli ambienti cristiani; evoca sia l’albero della vita piantato al centro dell’Eden (cf. Gn 2, 9), sia l’albero della croce, ed assume quindi un significato cristologico: Cristo è il vero albero della vita, nato dalla nostra stirpe, dalla vergine terra santa Maria, albero sempre verde, fecondo di frutti. L'ornamentazione cristiana dell'albero, secondo gli evangelizzatori dei paesi nordici, consiste in mele e ostie sospese ai rami. Si possono aggiungere dei "doni"; tuttavia, tra i doni posti sotto l’albero di Natale non dovrà mancare il dono per i poveri: essi fanno parte di ogni famiglia cristiana;
    - la cena di Natale. La famiglia cristiana che ogni giorno, secondo la tradizione, benedice la mensa e ringrazia il Signore per il dono del cibo, compirà questo gesto con maggiore intensità ed attenzione nella cena di Natale, in cui si manifestano con tutta la loro forza la saldezza e la gioia dei vincoli familiari;

    110
    . La Chiesa auspica che i fedeli partecipino la notte del 24 dicembre possibilmente all’Ufficio delle letture, come preparazione immediata alla celebrazione dell’Eucaristia di mezzanotte.[119]Ove ciò non avvenga, ispirandosi ad esso, potrà essere opportuno disporre una veglia fatta di canti, letture, elementi della pietà popolare.

    111.
    Nella Messa di mezzanotte, di grande significato liturgico e di forte ascendente popolare potranno essere valorizzati:
    - all’inizio della Messa, il canto dell’annuncio della nascita del Signore, nella formula del Martirologio Romano;
    - la preghiera dei fedeli dovrà assumere un carattere veramente universale, espresso anche, ove ciò sia pertinente, attraverso il segno della pluralità delle lingue; e nella presentazione dei doni all’offertorio vi sarà sempre un concreto ricordo dei poveri;
    - al termine della celebrazione potrà aver luogo il bacio dei fedeli all’immagine del Bambino Gesù e la collocazione di essa nel presepio allestito in chiesa o nelle adiacenze.

    La festa della Santa Famiglia

    112. La festa della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe (Domenica fra l’ottava del Natale) offre un ambito celebrativo adatto per lo svolgimento di alcuni riti o momenti di preghiera propri della famiglia cristiana.
    Il ricordo di Giuseppe, di Maria e del fanciullo Gesù che si recano a Gerusalemme, come ogni osservante famiglia ebrea, per compiere i riti della Pasqua (cf. Lc 2, 41-42), incoraggerà l’accoglimento della proposta pastorale che, in quel giorno, tutta la famiglia riunita partecipi alla celebrazione dell’Eucaristia. E saranno pure significativi, in tale festività, la rinnovazione dell’affidamento della compagine familiare al patrocinio della santa Famiglia di Nazaret,[120] la benedizione dei figli, prevista nel Rituale,[121] e, ove se ne dia l’occasione, il rinnovo degli impegni assunti dagli sposi, ora genitori, nel giorno del matrimonio, nonché lo scambio delle promesse sponsali con cui i fidanzati formalizzano il progetto di costituire una nuova famiglia.[122]
    Ma al di là del giorno della festa, i fedeli amano ricorrere alla Famiglia di Nazaret in molte circostanze della vita: volentieri si iscrivono all’Associazione della Santa Famiglia per configurare il proprio nucleo familiare sul modello della Famiglia nazaretana[123] e rivolgono ad essa frequenti giaculatorie con cui affidano se stessi al suo patrocinio e ne richiedono l’assistenza nell’ora della morte.[124]

    La festa dei Santi Innocenti

    113. Fin dal VI secolo, la Chiesa celebra il 28 dicembre la memoria dei bambini uccisi a causa di Gesù dal cieco furore di Erode (cf. Mt 2, 16-17). La tradizione liturgica li chiama i “Santi Innocenti” e li qualifica come martiri. Lungo i secoli nell’arte, nella poesia, nella pietà popolare sentimenti di tenerezza e di simpatia hanno avvolto la memoria di questo «tenero gregge di agnelli immolati»;[125] a tali sentimenti si è sempre accompagnato un moto di indignazione per la violenza con cui essi furono strappati dalle braccia delle loro madri e consegnati alla morte.
    Ai nostri giorni i bambini subiscono ancora innumerevoli forme di violenza, che attentano alla loro vita, dignità, moralità e diritto all’educazione. È da tener presente in quel giorno l'innumerevole schiera di bambini non ancora nati e precocemente trucidati con la copertura delle leggi che permettono l'aborto, che è un crimine abominevole. Attenta ai problemi concreti, la pietà popolare, in non pochi luoghi, ha dato vita a manifestazioni cultuali e a forme di carità quali l’assistenza alle madri incinte, l’adozione di bambini, la promozione della loro istruzione.

    Il 31 dicembre

    114. Dalla pietà popolare provengono alcuni pii esercizi che caratterizzano il 31 dicembre. Nella maggior parte dei paesi dell’Occidente in tale giorno si celebra la fine dell’anno civile. La ricorrenza induce i fedeli a riflettere sul “mistero del tempo” che corre veloce e inesorabile. Ciò suscita nel loro animo un duplice sentimento: di pentimento e di rammarico per le colpe commesse e per le occasioni di grazia perdute lungo l’anno che volge al termine; di gratitudine per i benefici ricevuti da Dio.
    Questo duplice atteggiamento ha dato origine rispettivamente a due pii esercizi: all’esposizione prolungata del Santissimo Sacramento, che offre spazio alle comunità religiose e ai fedeli per momenti di preghiera prevalentemente silenziosa; al canto del Te Deum, come espressione comunitaria di lode e di ringraziamento per i benefici ottenuti da Dio nel corso dell’anno che sta per finire.[126]
    In alcuni luoghi, soprattutto in comunità monastiche e in associazioni laicali di forte impegno eucaristico, la notte del 31 dicembre ha luogo una veglia di preghiera che si conclude abitualmente con la celebrazione dell’Eucaristia. Tale veglia è da incoraggiare, e deve essere celebrata in armonia con i contenuti liturgici dell’Ottava del Natale e vissuta non solo come giustificata reazione alla dissipata spensieratezza con cui la società vive il momento del passaggio da un anno all’altro, ma anche come vigile offerta al Signore delle primizie del nuovo anno.

    La solennità della santa Madre di Dio

    115. Il 1° gennaio, Ottava del Natale, la Chiesa celebra la solennità della beata Vergine Maria, Madre di Dio. La maternità divina e verginale di Maria costituisce un singolare evento salvifico: per la Vergine fu premessa e causa della sua gloria straordinaria; per noi è sorgente di grazia e di salvezza, perché «per mezzo di lei abbiamo ricevuto l’Autore della vita».[127]
    La solennità del 1° gennaio, eminentemente mariana, offre uno spazio particolarmente adatto per un incontro della pietà liturgica con la pietà popolare: la prima celebra quell’evento con i moduli che le sono propri; la seconda, se debitamente educata, non mancherà di dare vita a espressioni di lode e di felicitazione alla Vergine per la nascita del suo Figlio divino, e di approfondire il contenuto di tante formule di preghiera, a cominciare da quella tanto cara ai fedeli: «Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori».

    116
    . In Occidente il 1° gennaio è un giorno augurale: l’inizio dell’anno civile. I fedeli sono anch’essi coinvolti nel clima festoso del Capo d’anno e scambiano con tutti gli auguri di “buon anno”. Ma essi devono saper dare a tale consuetudine un senso cristiano e farne quasi un’espressione di pietà. I fedeli infatti sanno che l’“anno nuovo” è posto sotto la signoria di Cristo e perciò, scambiandosi gli auguri, lo pongono anch’essi, implicitamente o esplicitamente, sotto il dominio di Cristo, a cui appartengono i giorni e i secoli eterni (cf. Ap 1, 8; 22, 13).[128]
    A questa consapevolezza si riallaccia la consuetudine molto diffusa di cantare, il 1° gennaio, l’inno Veni, creator Spiritus, perché lo Spirito del Signore diriga i pensieri e le azioni dei singoli fedeli e delle comunità cristiane durante il corso dell’anno.[129]

    117
    . Tra gli auguri che uomini e donne si scambiano il 1° gennaio emerge quello della pace. L’“augurio della pace” ha profonde radici bibliche, cristologiche, natalizie; il “bene della pace” è sommamente invocato dagli uomini di ogni tempo, che pure attentano ad esso frequentemente, nel modo più violento e distruttore: la guerra.
    La Sede Apostolica, partecipe delle aspirazioni profonde dei popoli, fin dal 1967, ha indetto per il 1° gennaio la celebrazione della “Giornata mondiale della pace”.
    La pietà popolare non è rimasta insensibile a questa iniziativa della Sede Apostolica e, nella luce del neonato Principe della pace, fa di questo giorno un momento intenso di preghiera per la pace, di educazione alla pace e ai valori con essa indissolubilmente congiunti, quali la libertà, la solidarietà e la fratellanza, la dignità della persona umana, il rispetto della natura, il diritto al lavoro, e la sacralità della vita, di denuncia di situazioni ingiuste, che turbano le coscienze e minacciano la pace.

    La solennità dell’Epifania del Signore

    118. Attorno alla solennità dell’Epifania, di antichissima origine e di ricchissimo contenuto, sono sorte e si sono sviluppate molte tradizioni e genuine espressioni di pietà popolare. Tra esse si possono ricordare:
    - il solenne annuncio della Pasqua e delle principali feste dell’anno; il suo ripristino, in atto in diversi luoghi, va opportunamente favorito; esso infatti aiuta i fedeli a scoprire il collegamento tra l’Epifania e la Pasqua e l’orientamento di tutte le feste verso la massima solennità cristiana;
    - lo scambio dei “doni dell’Epifania”; tale consuetudine affonda le sue radici nell’episodio evangelico dei doni offerti dai Magi al bambino Gesù (cf. Mt 2, 11) e, più radicalmente, nel dono fatto da Dio Padre all’umanità con la nascita tra noi dell’Emanuele (cf. Is 7, 14; 9, 6; Mt 1, 23). È auspicabile pertanto che lo scambio dei doni in occasione dell’Epifania mantenga una caratterizzazione religiosa, mostri cioè la sua motivazione ultima nel ricordo del racconto evangelico: ciò aiuterà a fare del dono un’espressione anche di pietà cristiana e a sottrarlo da elementi condizionanti di lusso, di sfarzo, di sperpero, estranei alle sue origini;
    - la benedizione delle case, sulle cui porte vengono segnate la croce del Signore, la cifra dell’anno appena iniziato, le lettere iniziali dei tradizionali nomi dei santi Magi (c+m+b), spiegate anche come abbreviazione di “Christus mansionem benedicat”, scritte con gesso benedetto; tali gesti, compiuti da cortei di bambini accompagnati da adulti, esprimono l’invocazione della benedizione di Cristo per intercessione dei santi Magi e insieme sono occasione per raccogliere offerte da devolvere a scopi caritativi e missionari;
    - le iniziative di solidarietà in favore di uomini e donne che, come i Magi, provengono da regioni lontane; nei loro confronti, siano essi cristiani o non, la pietà popolare assume un atteggiamento di accogliente comprensione e di fattiva solidarietà;
    - l’aiuto all’evangelizzazione dei popoli; la forte caratterizzazione missionaria dell’Epifania è stata colta dalla pietà popolare, per cui, in quel giorno fioriscono iniziative in favore delle missioni, in particolare quelle legate all’“Opera missionaria della Santa Infanzia” istituita dalla Sede Apostolica;
    - l’assegnazione dei Santi Patroni; in non poche comunità religiose e confraternite vige la consuetudine di assegnare ai singoli membri un Santo, sotto il cui patrocinio porre l’anno appena iniziato.

    La festa del Battesimo del Signore

    119. Strettamente collegati all’evento salvifico dell’Epifania del Signore sono i misteri del Battesimo di Gesù e della sua manifestazione alle nozze di Cana.
    La festa del Battesimo del Signore chiude il Tempo natalizio. Essa, rivalutata solo in tempi recenti, non ha dato origine a particolari espressioni della pietà popolare. Tuttavia, affinché i fedeli siano sensibili a tutto ciò che riguarda il Battesimo e la memoria della loro nascita come figli di Dio, essa può costituire un momento opportuno per efficaci iniziative, quali: l’adozione del Rito dell’aspersione domenicale con l’acqua benedetta in tutte le messe che si celebrano con concorso di popolo; la concentrazione della predicazione omiletica e della catechesi sui temi e sui simboli battesimali.

    La festa della Presentazione del Signore

    120. Fino al 1969 l’antica festa del 2 febbraio, di origine orientale,[130] recava in Occidente il titolo di «purificazione della beata Vergine Maria» e chiudeva, nel quarantesimo giorno dopo il Natale, il ciclo natalizio.
    Tale festa ha avuto sempre una forte caratterizzazione popolare. I fedeli infatti:
    - partecipano volentieri alla processione commemorativa dell’ingresso di Gesù nel Tempio e del suo incontro anzitutto con Dio Padre, nella cui dimora entra per la prima volta, poi con Simeone ed Anna. Tale processione, che in Occidente aveva sostituito cortei pagani di impronta licenziosa ed era di indole penitenziale, successivamente fu caratterizzata dalla benedizione delle candele, portate accese nella processione in onore di Cristo «luce per illuminare le genti» (Lc 2, 32);
    - sono sensibili al gesto compiuto dalla Vergine Maria, che presenta il suo Figlio al Tempio e si sottomette, secondo il precetto della Legge di Mosè (cf. Lv 12, 1-8), al rito della purificazione; nella pietà popolare l’episodio della purificazione era visto come manifestazione dell’umiltà della Vergine, per cui il 2 febbraio era spesso ritenuto festa di coloro che nella Chiesa compiono servizi umili.

    121
    . La pietà popolare è sensibile all’evento, provvido e misterioso, della concezione e della nascita di una vita nuova. In particolare le madri cristiane avvertono il legame esistente, nonostante le notevoli differenze – la concezione e il parto di Maria sono fatti unici –, tra la maternità della Vergine, la purissima, madre del Capo del Corpo mistico, e la loro maternità: sono infatti madri anch’esse secondo il piano di Dio, avendo generato le future membra di quello stesso Corpo mistico. Da questa intuizione e da una certa mimesis del rito compiuto da Maria (cf. Lc 2, 22-24) era derivato il rito della purificazione della puerpera, di cui alcuni elementi riflettevano una visione negativa dei fatti connessi con il parto.
    Nel rinnovato Rituale Romanum è prevista la benedizione di una madre sia prima del parto[131]sia dopo il parto,[132] quest’ultima solo nel caso che la puerpera non abbia potuto partecipare al battesimo del figlio.
    È tuttavia ottima cosa che le madri e i congiunti, chiedendo tali benedizioni, si adeguino alle prospettive della preghiera della Chiesa: comunione di fede e di carità nella preghiera perché si compia felicemente il tempo dell’attesa (benedizione prima del parto) e per ringraziare Dio del dono ricevuto (benedizione dopo il parto).

    122
    . In alcune Chiese locali la valorizzazione di elementi insiti nel racconto evangelico della festa della Presentazione del Signore (Lc 2, 22-40), quali l’obbedienza di Giuseppe e di Maria alla Legge del Signore, la povertà dei santi sposi, la condizione verginale della Madre di Gesù hanno suggerito di fare del 2 febbraio anche la festa di coloro che sono dedicati al servizio del Signore e dei fratelli nelle varie forme di vita consacrata.

    123
    . La festa del 2 febbraio conserva un carattere popolare. È tuttavia necessario che sia pienamente rispondente al genuino senso della festa. Non sarebbe giusto che la pietà popolare, celebrando la Presentazione del Signore, ne trascurasse il precipuo oggetto cristologico, per soffermarsi quasi esclusivamente sugli aspetti mariologici; il fatto che essa debba «essere considerata [...] come memoria congiunta del Figlio e della Madre»[133] non favorisce una simile possibile inversione di prospettiva; la candela, conservata nelle case, deve essere per i fedeli un segno di Cristo “luce del mondo”, e quindi motivo per una espressione di fede.



    Nota sulle note: cliccandole, si apre il collegamento al testo completo del Direttorio, sul sito internet della Santa Sede.



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