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Discussione: Cronache della Diocesi di Verona - Anno 2016

  1. #481
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    Urgenza di accordi internazionali


    Nell’enciclica Laudato si’ papa Francesco, che fa dei diritti dei poveri, a livello della globalizzazione, uno dei cavalli di battaglia morale più significativi, ricorda ai grandi del mondo il dovere di sradicare la miseria e di dare incremento allo sviluppo dei Paesi poveri (cf Ls 172), mentre non esita a stigmatizzare le inquietanti sperequazioni e le preoccupanti forme di corruzione che si verificano anche nei Paesi poveri, cioè “il livello scandaloso di consumismo di alcuni settori privilegiati della loro popolazione” (ivi)...




    25/11/2016 di mons. Giuseppe Zenti

    Nell’enciclica Laudato si’ papa Francesco, che fa dei diritti dei poveri, a livello della globalizzazione, uno dei cavalli di battaglia morale più significativi, ricorda ai grandi del mondo il dovere di sradicare la miseria e di dare incremento allo sviluppo dei Paesi poveri (cf Ls 172), mentre non esita a stigmatizzare le inquietanti sperequazioni e le preoccupanti forme di corruzione che si verificano anche nei Paesi poveri, cioè “il livello scandaloso di consumismo di alcuni settori privilegiati della loro popolazione” (ivi).
    A tal fine “urgono accordi internazionali […]. Occorrono quadri regolatori globali che impongano obblighi e che impediscano azioni inaccettabili, come il fatto che Paesi potenti scarichino su altri Paesi rifiuti e industrie altamente inquinanti” (Ls 173). L’Enciclica esemplifica le sue critiche in un settore di primaria importanza come sono gli oceani e i mari inquinati oltre ogni buon senso: “Menzioniamo anche il sistema di governance degli oceani […]. Il crescente problema dei rifiuti marini e della protezione delle aree marine al di là delle frontiere nazionali continua a rappresentare una sfida speciale” (Ls 174).
    In un paragrafo densissimo e tutto da studiare, l’Enciclica focalizza inoltre con forza il nodo scorsoio del “riscaldamento globale” (Ls 175), della “riduzione dell’inquinamento” (ivi) e dello sviluppo dei Paesi e delle regioni povere. Poi, non esita a mettere il dito sulla piaga sullo strapotere delle finanze, quando afferma che nel nostro tempo assistiamo “ad una perdita di potere degli Stati nazionali, soprattutto perché la dimensione economico-finanziaria, con caratteri transnazionali, tende a predominare sulla politica” (ivi). Purtroppo il fenomeno è più che mai reale. Di conseguenza, ancora una volta papa Francesco fa appello alle istituzioni internazionali, ahimè alquanto latitanti e inadeguate rispetto alla gravità delle situazioni mondiali da affrontare: “In questo contesto diventa indispensabile lo sviluppo di istituzioni internazionali più forti ed efficacemente organizzate, con autorità designate in maniera imparziale mediante accordi tra governi nazionali e dotate del potere di sanzionare” (ivi). Già prima di papa Francesco anche gli altri papi, a cominciare da Giovanni XXIII e Paolo VI, si sono appellati ad “una vera Autorità politica mondiale” (ivi), l’unica capace di governare l’economia mondiale; di realizzare un opportuno disarmo integrale, la sicurezza alimentare e la pace; di garantire la salvaguardia dell’ambiente; di regolare i flussi migratori (cfr ivi). È chiaro il riferimento a quella organizzazione internazionale fatta nascere concordemente dagli Stati vincitori della Seconda guerra mondiale, che avrebbe dovuto essere il governo dei governi, qual è l’Onu, di fatto mai decollato, ma solo tenuto crioconservato allo stato embrionale dalle stesse potenze che l’hanno creato per non perdere privilegi e interessi. Fosse davvero decollato l’Onu non saremmo in situazioni mondiali ingovernabili che non possono lasciare tranquilla l’umanità.
    Del resto, secondo il principio “il tempo è superiore allo spazio”, già annunciato nell’Evangelii gaudium, il senso del bene comune, di cui dovrebbe essere fautore e garante l’Onu, dovrebbe indirizzare le nazioni a preoccuparsi di “generare processi piuttosto che di dominare spazi di potere” (Ls 178). E, precisando ulteriormente: “La grandezza politica si mostra quando, in momenti difficili, si opera sulla base di grandi principi e pensando al bene comune a lungo termine” (ivi).


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  2. #482
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    Camminiamo insieme con gioia verso la casa del Signore
    Omelia del Card. Mario Zenari per la concebrazione eucaristica - Cattedrale di Verona 26 novembre 2016


    Camminiamo insieme con gioia verso la casa del Signore !
    abbiamo ripetuto nel salmo responsoriale
    Il tempo di Avvento, nel quale siamo entrati, è caratterizzato dalla speranza e dalla gioia, accresciuta quest’ultima dalla particolare circostanza che vive la nostra Diocesi con la nomina cardinalizia di uno dei suoi figli. Tale scelta del Papa rappresenta anzitutto un gesto di predilezione verso l’ “amata e martoriata” Siria. Gesto di cui beneficia anche la nostra Diocesi. Potremmo considerare tale evento come una visita gioiosa del Signore, per la quale rendiamo grazie in questa Eucarestia.
    In effetti sono molteplici le visite , o “Avventi”, del Signore. Tra questi, i 3 principali Avventi: quello di 2 mila anni fa quando il Verbo prese carne dalla Vergine Maria a Betlemme; la sua venuta alla fine del mondo per inaugurare cieli nuovi e terre nuove; e la sua visita quotidiana nella storia della Chiesa, del mondo e di ciascuno di noi.
    Ma anche prima della venuta storica di Gesù, Dio, nel suo amore misericordioso, ha continuamente visitato l’umanità. Le ha parlato, e le parla tuttora con il linguaggio della creazione e della sua provvidenza. Linguaggio comprensibile da tutti, come ci ricorda S. Paolo (Rom. 1, 19-20)
    Durante questi passati 36 anni, a servizo della S. Sede in varie parti del mondo, ho potuto ammirare bellezze naturali uniche.
    Non posso tuttavia dimenticare quelle della nostra terra impressemi nell’animo fin da bambino: valli, colline, monti, lago; color oro delle messi, argento degli ulivi, fragranza delle viti, il colore dei fiori di pesco, di ciliegio, di melo, verde intenso dei nostri prati e boschi, fino al rosso delle cave di marmo. Fra qualche minuto loderemo il Signore per il pane e il vino, frutto della nostra terra e del lavoro dell’uomo. E i nostri bambini nel sacramento del battesimo e della cresima, come pure i nostri malati, saranno consacrati con i santi oli benedetti ogni giovedì santo in questa cattedrale.
    Ho avuto modo di conoscere culture e bellezze artistiche tra le più svariate. La bellezza è un trascendentale che ci innalza a Dio. E’ un tocco della sua presenza.
    Ma non posso tagliare le mie radici culturali che affondano nella nostra terra e nella nostra Verona. Testimonanze storico, culturali, artistiche di 2 mila anni : resti romani come l’Arena, chiese come S. Zeno e questa cattedrale, tanto per citarne qualcuna, connubio meraviglioso di arte e fede !
    Patrimonio di bellezze naturali e artistiche invidiabili !
    Come potrei dimenticarti, Verona ?
    Nei vari Paesi dove ho esercitato il mio ministero ho potuto constatare la presenza dello Spirito del Signore nelle persone di retta coscienza e nelle varie esperienze religiose, i cosiddetti semina Verbi. Ho vissuto il dinamismo ed entusiasmo delle giovani chiese : irruzione dello Spirito del Signore ! E che dire dell’emozionante esperienza che vivo da 8 anni sulla “Via di Damasco”, e in una regione dove per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani ? (At 11, 26). In un momento di prova particolare per quei nostri fratelli e sorelle di fede.
    Ma non posso staccarmi dall’humus da cui ha tratto linfa, fin dalla mia infanzia, il mio profondo sentimento religioso respirato in famiglia e in parrocchia. Profondi valori umani, cristiani e famigliari. Ho avuto la grazia di conoscere, nella mia fanciullezza, un parroco ardente di zelo e di carità pastorale, il venerabile D. Giuseppe Girelli, parroco e apostolo delle carceri. Dall’età di seconda media, fino all’ordinazione sacerdotale, ho beneficiato della paterna guida del venerabile Vescovo Mons. Giuseppe Carraro, che, dopo alcuni anni di ministero pastorale, mi inviò a Roma per essere a servizio della S. Sede. Sono, inoltre, vivamente riconoscente agli educatori e docenti del Seminario Minore e Maggiore. Alcuni di loro sono qui presenti. Mi è doveroso menzionarne, con viva riconoscenza, almeno uno, S. E. Mons. Andrea Veggio, per tanti anni Rettore del Seminario Teologico. Così pure i Vescovi che si sono succeduti e che mi hanno accompagnato con la preghiera e il sostegno, in particolare S.E. Padre Flavio Roberto Carraro, che mi ha imposto le mani per l’ordinazione episcopale proprio in questa cattedrale. Te carissimo Mons. Giuseppe! Varcammo insieme, nel lontano 1957 la soglia del piccolo seminario di Roveré. Voi carissimi Nunzi : Mons. Rino Passigato, Mons. Claudio Gugerotti. Condividiamo gioie e fatiche a servizio del ministero petrino. Voi carissimi confratelli sacerdoti, specialmente voi miei compagni di ordinazione sacerdotale, voi Religiosi, Religiose. Un vivo e riconoscente ricordo ai parroci e ai fedeli di Buttapietra e di Cerea che mi hanno accolto con molta simpatia nei miei primi anni di entusiasmo sacerdotale.
    E che dire della santità profusa dal Signore nella nostra Diocesi ? Quanti Santi e Sante! Mi devo trattenere dal nominarne qualcuno, perchè causerei subito malumore già in questa assemblea : “ Perchè non ha menzionato il nostro Santo, la nostra Beata, il nostro venerabile ?”. Mi viene in mente, a tale proposito, quanto il vecchio Tobi diceva ai suoi amici di fede vacillante : “Non dite così perchè noi siamo figli di santi !” ( Tb 2, 10-23 Volg.). E suo figlio Tobia alla moglie Sara all’inizio del loro matrimonio: “ Sara levati : preghiamo Dio , oggi, domani e domani l’altro… perchè noi siamo figli di santi e non possiamo unirci alla maniera di quelli che non conoscono Dio” (Tb 6, 10-11; 7, 1, 9; 8, 4-10 Volg. ). Figli di santi, cioè di patriarchi e profeti.
    Quale patrimonio invidiabille di santità, dono del Signore ! Verona fedele e missionaria !
    Come dimenticarti, Verona ? Quali e quante visite del Signore alla nostra terra !
    Visite e presenze del Signore lungo tutto il cammino dell’umanità e della Chiesa e nostro personale.
    Ma alle volte vieni anche da chiedersi : “ Dove eri o Signore ?”.
    Quando, il Sabato Santo di 2 anni fa, mi recai in un ospedale cattolico di Damasco per far visita a dei bambini delle scuole elementari e medie con le gambe e braccia traforati da scheggie mentre si recavano a scuola, Laurine 9 anni, 5 elementare, era particolarmente agitata : si rendeva conto che avevano dovuto amputtarle entrambe le gambe e chiedeva nel pianto : “ Perchè o Signore ?”. E qualche mese dopo, sempre a Damasco, in un quartiere popolare, 2 fratellini di una famiglia povera, Antonio di 4 anni e Michele di 10, stavano nel tardo pomeriggio sul poggiolo del loro modesto appartamento, aspettando i genitori per andare ad una festicciola di famiglia. Un obice li centrò in pieno. Volarono immediatamente in cielo. I giovani genitori si chiedevano nel pianto : “ Perchè o Signore ?”. E’ la stessa domanda che da quasi 6 anni si sente ripetere in Siria migliaia e migliaia di volte.
    E’ la continuazione, potremmo dire, del grido di Gesù morente sulla croce : “ Dio mio Dio mio perchè mi hai abbandonato ?”.
    “Perchè ?” ripetuto continuamente in occasione di calamità naturali, come quella dello Tsunami che ho vissuto nello Sri Lanka, in situazioni di guerre, violenze, drammi familiari e personali.
    Difficile dare una risposta. Sappiamo però che per Gesù non finì tutto il venerdì santo. Ed anche se molta gente passava indifferente davanti alla croce, alcuni pochi gli rimasero solidali proprio sotto la croce.
    Si potrebbero chiamare “fiori del deserto” che spuntano in mezzo a tanta desolazione del conflitto siriano. Buoni samaritani, di ogni credo religioso, o semplicemente mossi da umana compassione di fronte alla catastrofe umanitaria più grave del dopo guerra: milioni di persone a cui procurare cibo, acqua potabile, medicinali, cadaveri da seppellire…
    Qualche migliaio hanno perso la vita soccorrendo il prossimo. Un certo numero di loro, volontari.
    Sono qui anche per ringraziare la Diocesi di Verona per la bella testimonianza di solidarietà spirituale e concreta verso la martoriata Siria.
    Camminiamo insieme con gioia verso il monte del tempio del Signore !
    Quel monte, ci dice la prima lettura di oggi, a cui sono invitati a salire tutti i popoli della terra e dove non ci sarà più nè pianto nè lutto, dove le spade saranno trasformate in vomeri e le lance in falci.
    L’umanità non è condannata a girare a vuoto su se stessa, anche se alle volte il cammino è nella fitta nebbia. Nè siamo condannati ad una corsa ad ostacoli, dove molti vengono scartati o messi fuori gioco.
    Il Signore ci dà i suoi Pastori : Papa, Vescovi, sacerdoti, dispensatori della divina misericordia e che, come dice Papa Francesco, sono tenuti a camminare davanti a noi, in mezzo a noi e a stare anche dietro con gli ultimi affinchè non rimangano indietro o si scoraggino.
    Arriverà il Signore e sarà una grande sorpresa quando inaugurerà cieli nuovi e terre nuove. Per i quali ciascuno è chiamato fin d’ora, secondo le proprie capacità e doni ricevuti, a dare un tocco di bellezza, di bontà e di verità.
    Con Maria, la stella che brilla sul nostro cammino !
    Così sia !


    Fonte:

    http://www.diocesiverona.it/new_dioc...l_Signore.html

  3. #483
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    Una Scuola che appassiona alla ricerca della Verità



    La scuola cattolica diocesana GianMatteo Giberti si inserisce nel quadro valoriale delle scuole paritarie cattoliche, di cui condivide la visione cristiana dell’educazione degli alunni ispirata al patrimonio dei valori del vangelo. Vi fa risaltare però due peculiarità. Aperta dalle medie alle superiori a chiunque, maschio o femmina, ne condivide con la propria famiglia le due finalità peculiari, anzitutto impronta e impernia il suo stesso progetto di offerta formativa su Gesù Cristo, considerato come Verità di tutto ciò che la scuola presenta come oggetto di studio disciplinare. In che senso? Ogni disciplina di fatto studia realtà che Dio Padre ha posto in esistenza attraverso il suo Figlio, Gesù Cristo, come ci assicura la Parola di Dio. Di tutto ciò che è oggetto delle discipline scolastiche, scientifiche o umanistiche, l’artefice originario è il Figlio di Dio. Di conseguenza, proprio lo studio delle singole discipline mette a contatto con Gesù Verità di ogni cosa da lui creata. L’insegnamento e il conseguente studio si fa allora esperienza di Gesù Verità, riuscendo in tal modo a superare la dicotomia tra scienza e fede e contribuendo a fare del cristiano una persona che vive Cristo non solo in Chiesa, ma anche nelle esperienze della vita feriale. Questa consapevolezza sollecita docenti e alunni ad approfondire sempre più, e con maggiore entusiasmo, i contenuti delle varie discipline, come atto di gratitudine e di adorazione a Colui che ne è l’autore artefice.
    La seconda finalità peculiare: attraverso una serie di apporti pedagogici e spirituali, in collaborazione con i genitori, la scuola Gianmatteo Giberti aiuta gli alunni e le alunne a scoprire, da discepoli di Gesù, la verità del proprio essere appunto quale è stata creata da Gesù Verità, favorendo in tal modo un percorso di natura vocazionale: per che cosa Dio, in Cristo Verità, mi ha fatto/a così come sono? Per la vocazione alla famiglia o alla vita di consacrazione o alla vita sacerdotale?
    Auspico un futuro di spessore per una scuola, a cui accedono anche i seminaristi del Minore, che non può non essere benedetta da Dio.

    Fonte:

    http://www.diocesiverona.it/new_dioc...la_Verita.html

  4. #484
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    Scegliere di lasciarsi scegliere per sempre
    San Fidenzio 7 dicembre 2016 Clarisse professione solenne


    In una singolare circostanza come è quella segnata dalla professione solenne di una monaca, suor Chiara Maria, vengono spontanee alcune domande: ha ancora senso, nell’era del relativismo, della provvisorietà e del consumismo, una professione dei voti e per di più solenne, dunque definitiva? Non è sfidare la natura che tende al compromesso e all’utilità del momento? Inoltre: si trattasse dei voti, con l’aggiunta del voto di dedizione ai poveri, potrebbe trovare una certa giustificazione! Ma consacrarsi a Dio, in Gesù Cristo, in esclusiva! Non è quanto meno intimismo? Dunque fuga dalla realtà storica.
    A domande radicali si risponde con argomentazioni motivate e non equivocabili. Cerchiamo di sciogliere la matassa aggrovigliata degli interrogativi posti e di quelli sottintesi. Anzitutto va riconosciuto che il voto impegna la persona in un legame stabile e fedele con un’altra persona; nella fattispecie con Dio stesso. Va da sé che da parte di Dio che chiama c’è fedeltà assoluta, senza pentimenti. Tutto poi è nelle mani del chiamato/a.
    Del resto, è quanto avviene anche nel matrimonio, caratterizzato dalla fedeltà e dalla stabilità. Tra i coniugi vi è di fatto un voto, cioè un serio impegno, di appartenenza reciproca: tu non sei più tuo, ma mio/a! Uno può contare sull’altro per un progetto.
    In sé il voto, espresso dopo adeguato discernimento, non è un ceppo o una catena per schiavi, ma vincolo morale come garanzia di stabilità di una relazione di amore verso chi si è impegnato senza compromessi. Vuol dire aver capito il valore di quella persona; nel caso concreto: vuol dire aver capito chi è Gesù Cristo, artefice della creazione e salvatore dell’umanità. Ed è aver capito chi sei tu per lui! Quanto vali ai suoi occhi, al punto da averti scelta come “staff” del suo governo salvifico del mondo! Di conseguenza: chi è Lui per te? Si tratta di un radicale atto di fiducia. Ne va del senso del vivere terreno! È segno di serietà e di senso di responsabilità. Il coraggio di emettere un voto dice quanto vali tu; che personalità stai edificando. Anche di voi si possa dire, come del Battista: “Chi siete andati a vedere nel deserto – nel monastero di San Fidenzio di Novaglie? Una canna sbattuta dal vento, che si piega ad ogni novità che incalza, ad ogni voce demagogica?”. Si possa dire: “Di questa monaca ci si può fidare! Ha spina dorsale! Non è una banderuola opportunista!”. E così si possa sempre dire dell’intero monastero.
    Un sì di tal genere è sognato, desiderato: stare sempre con la persona amata da cui si è amati! Per condividerne l’animo e gli affari! Il consacrato/a ha il cuore e la mente pieni di Gesù e del suo Affare: il Regno (cfr Lc: Gesù al tempio: “Non sapevate che io devo essere occupato nell’Affare del Padre?”)! Nel vostro cuore c’è l’umanità peccatrice, da salvare! Altro che isolamento! Siete nel cuore del mondo, dentro il vortice dei suoi travagli. Allora la vita monastica ha una densità di vita e di interessi che non lascia spazi all’ozio, alle beghe da piccolo cabotaggio, alle invidie e gelosie, ai desideri di grandezza e di riconoscimento. Il corpo è in monastero, ma la mente e il cuore spaziano con Gesù sull’umanità redenta e da redimere.
    Allora il sì di consacrazione a Dio per il bene dell’umanità, espresso dalla professione solenne, va tenuto vivo, riscoperto ogni giorno, custodito, favorito, alimentato dalla vita cenobitica: tu puoi contribuire alla santità della tua consorella o puoi frenarla e intristirla. La tua consorella è legata come te da vincolo sponsale con lo stesso tuo sposo che la ama quanto te: amala come la ama lui! E sarai per lei un altro Gesù! Nello stesso tempo il tuo amare una consorella, magari fastidiosa e poco simpatica, è il tuo atto di amore a Gesù, il più gradito a Gesù, anche più delle stesse penitenze fisiche e rinunce suggerite dalla regola.
    Allora il monastero è luogo di felicità ineffabile. Voi siete ricercatrici di felicità, come ogni persona umana. Ma, mentre altri la ricercano, illudendosi di trovarla, nel successo, nella carriera, nel potere, nel divertimento e nel piacere, voi la cercate e la trovate nella radicalità della vostra consacrazione a Dio, che vi onora in quanto testimoni di una scelta sapienziale controcorrente, additandovi come esempio per quanti non sanno decidersi in scelte definitive, proprio nel dedicarvi al Suo Affare!
    In questo percorso di consacrazione a Dio, guardate soprattutto a Maria! La prima consacrata! Il prototipo e l’icona perfetta della consacrazione a Dio. E fatevi sempre imitatrici del suo sì. Il suo sì all’angelo! Maturato nell’ascolto e nel dialogo. Il suo sì nel suo monastero di Nazareth, con le esigenze proprie di una vita cenobitica e non eremitica! Il suo sì sotto la croce, con il cuore sanguinante: il sì di amore a Gesù di condividere tutto di Lui, dedicandosi con Lui alla salvezza dell’umanità, di cui è stata costituita madre. Tale sia il sì dell’intera comunità delle monache.

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  5. #485
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    Il dramma del peccato originale e l’epopea della grazia
    Verona, 8 dicembre 2016 Solennità dell’Immacolata


    Carissimi, non può non lasciarci pensosi il testo della Genesi proclamato come prima lettura della solennità dell’Immacolata che stiamo celebrando liturgicamente: “Rispose (Adamo): ‘Ho udito la tua voce nel giardino e ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto”. Che cosa è accaduto ai primordi dell’umanità da condizionare in negativo tutta l’umanità che ne sarebbe conseguita? Se non ce lo avesse rivelato Dio stesso, nella sua Parola, mai l’uomo sarebbe stato in grado di immaginarlo e decodificarlo, tanto grande e gravido di drammatiche conseguenze ne è stato il misfatto.
    Il senso del peccato originale
    In effetti, la cultura dominante, scettica e atea, che nega perentoriamente il peccato originale, con le sue pesantissime ricadute nel cuore stesso di ogni uomo e sulla convivenza sociale, non è in grado di spiegare razionalmente le radici di tutto il male che ha dilagato nella storia dell’umanità. Negando persino l’esistenza del peccato come un agire iniquo perché difforme dal progetto di bene che Dio ha stabilito fin dalle origini dell’umanità, non esita ideologicamente ad alterare il senso stesso del male: male è ciò che danneggia me; al contrario, bene è ciò che avvantaggia me. Dove il “me” può coincidere con il soggetto individuo o con un ente o gruppo di appartenenza.
    In concreto, che cosa è accaduto di così grave agli albori dell’umanità da determinare un orientamento negativo, con ricadute nefaste di generazione in generazione nel corso dei secoli e dei millenni? Eccone l’edizione data dalla Rivelazione divina, l’unica in grado di narrarci con nitidi contorni l’evento catastrofico: i progenitori, maschio e femmina, inebriati della loro libertà, si sono sentiti “dei”, come Dio e, su istigazione di satana, che già aveva preso le distanze dal suo Creatore per sostituirsi a Lui, hanno deciso liberamente di sostituirsi a Dio, almeno su due fronti: nei confronti della vita umana e nei confronti del bene e del male. Nei confronti della vita: da dono di Dio da gestire con forte senso di responsabilità, la vita umana è stata considerata strumento da manipolare senza scrupoli etici, dal concepimento, al suo sviluppo, alla sua conclusione. Nei confronti del bene e del male come principi etici impressi da Dio nell’essere di ogni persona umana, i progenitori hanno deciso di sostituire l’etica divina con l’autodeterminazione. Ecco l’essenza del peccato originale: l’uso superbo della libertà che, titanicamente, ha messo l’io al posto di Dio, fino al punto da sfiduciarlo. L’uomo non si è fidato di Dio; si è ciecamente fidato del principio del male e del peccato, anzi dello cervello strategico di tutto il male che c’è nel mondo, qual è satana. Di qui tutte le conseguenze: a cominciare dalla sfiducia reciproca tra esseri umani, fino alle accuse reciproche: la colpa è sempre degli altri (“La donna che hai messo accanto a me, mi ha dato del frutto dell’albero”)! E, come ci ha ammonito il testo biblico, si sono trovati impauriti e nudi, in preda all’ignoto e in balia di forze numiche avverse, perdendo ogni dignità. La società che ne è conseguita, si è trovata frantumata; l’odio omicida dilaga: Caino uccide Abele. E tutto ciò che i libri di storia, succintamente e superficialmente ci raccontano!
    L’essenza di ogni peccato
    Si potrebbe obiettare che, se ciò è accaduto ai progenitori, perché noi avremmo dovuto subirne le conseguenze, senza esserne responsabili? Ma è proprio vero che noi non ne siamo ugualmente responsabili? Ogni nostro peccato non è forse, nella sua identità più profonda, un atto di sfiducia in Dio, nella sua Parola, un atto di superbia arrogante, liberamente espresso, un atto di autoreferenzialità, che pretende di dichiarare bene ciò che è male agli occhi di Dio? Se siamo sinceri, non ci resta che riconoscere che anche noi ci troviamo allineati con il peccato delle origini.
    Sicché, nella linea di continuità con l’agire dei progenitori, bene e male, inteso come agire bene o male, nella cultura dominante non fa alcun riferimento a Dio, come suggerisce invece il salmista quando afferma a nome di Davide: “Ciò che è male ai tuoi occhi io l’ho fatto!” (Salmo 51); qualsiasi agire umano personale è ritenuto buono per la persona che agisce, in quanto espressione dei suoi istinti primordiali, ritenuti espressione di autenticità. Al contrario, ogni singola persona considera l’agire delle altre persone buono se ha ricadute vantaggiose su di lui; cattivo, malvagio, se ha ricadute negative, dannose. Siamo nella sagra del relativismo soggettivista. E, se andiamo alla radice di una tale posizione culturale, assodata e acriticamente assunta, vi scorgiamo la superbia arrogante, quell’atteggiamento cioè di autoreferenzialità che si arroga identità e poteri che non gli appartengono.
    Dovremmo forse prendere ulteriore consapevolezza che ogni nostro agire difforme dal progetto di amore di Dio sull’umanità, di fatto ha ricadute negative anche sugli altri e sulle generazioni successive: ogni peccato è un virus spirituale che, se non distrutto dalla grazia misericordiosa di Dio, il cui primo radicale anticorpo è il sacramento del Battesimo, si propaga in maniera esponenziale, appunto come i virus e i batteri.
    Con l’Immacolata inizia l’epopea della grazia
    Ma oggi la liturgia della Chiesa ci fa partecipi di un evento che ha interrotto il flusso malefico del peccato, segnato fin dalle origini e proseguito nella storia con il marchio della ribellione a Dio, cioè con l’ateismo come esclusione di Dio dalla propria vita. Ci riferiamo all’evento, tutto grazia, dell’Immacolata concezione. Maria è nata senza peccato originale! Anche i progenitori erano in condizione di non peccato, in quanto Dio li aveva creati in perfetta sintonia con Lui. Eppure, essi nella superbia hanno rifiutato Dio. Al contrario, Maria nella sua umiltà ha accolto liberamente Dio nel suo cuore, riservando a Lui tutto del suo essere, senza sottrargli nulla: tutta e solamente sua! Un dono sì la sua immacolata concezione, ma corrisposto pienamente! In Lei inizia l’epopea della grazia di Dio! Non ci resta che rendere grazie a Dio del fatto che finalmente un essere umano ha spezzato le catene del peccato che ci inclinano al peccato e, da madre costituita per noi dal suo Figlio sulla croce, ci sorregge nelle prove, dette tentazioni, per farci vivere, nel suo Figlio, da figli nel Figlio. È il suo campito di maternità universale spirituale. Lei nell’intimo del nostro cuore ci suggerisce quanto male sia il peccato e quanto splendida sia la vita di grazia, l’unica veramente degna dell’uomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio, per essere liberamente e responsabilmente immagine e somiglianza di Dio e, in nessun frammento del proprio essere, immagine e somiglianza di satana. Immersi nelle acque del Battesimo, morti al sistema del peccato, e rinati a vita nuova in Cristo morto e risorto per noi, per vivere da figli nel Figlio nel grembo dell’amore trinitario, siamo chiamati e abilitati ad una vita di grazia.
    E se davvero il vivere in grazia di Dio è la più splendida condizione di vita per l’uomo, non ci resta che invocarne la sovrabbondanza, attraverso questa concelebrazione dell’Eucaristia, fonte di ogni grazia misericordiosa, e per l’intercessione della Vergine Immacolata.

    Fonte:

    http://www.diocesiverona.it/pls/s2ew...est&rifp=guest

  6. #486
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    Il dialogo e la trasparenza nei processi decisionali


    Papa Francesco non la manda a dire a nessuno. Parla direttamente. E con un linguaggio improntato a verità e senso di realismo. Lo constatiamo ancora una volta nel testo del capitolo quinto, dal paragrafo 182 al paragrafo 188. Rileggiamo per intero il paragrafo 182: “La previsione dell’impatto ambientale delle iniziative imprenditoriali e dei progetti richiede processi politici trasparenti e sottoposti al dialogo, mentre la corruzione che nasconde il vero impatto ambientale di un progetto in cambio di favori spesso porta ad accordi ambigui che sfuggono al dovere di informare e ad un dibattito approfondito” (Ls 182)...




    02/12/2016 di mons. Giuseppe Zenti

    Papa Francesco non la manda a dire a nessuno. Parla direttamente. E con un linguaggio improntato a verità e senso di realismo. Lo constatiamo ancora una volta nel testo del capitolo quinto, dal paragrafo 182 al paragrafo 188. Rileggiamo per intero il paragrafo 182: “La previsione dell’impatto ambientale delle iniziative imprenditoriali e dei progetti richiede processi politici trasparenti e sottoposti al dialogo, mentre la corruzione che nasconde il vero impatto ambientale di un progetto in cambio di favori spesso porta ad accordi ambigui che sfuggono al dovere di informare e ad un dibattito approfondito” (Ls 182). Dunque, anche se non in forma sfacciata, ma subdola, si preferisce affrontare i grandi temi dell’ecologia nell’ambiguità che lascia campo libero ai potenti di turno. La riflessione sull’impatto ambientale delle imprese produttrici, con la previsione delle sue conseguenze, dovrebbe essere previa ad ogni attuazione di programma: “Va inserito fin dall’inizio e dev’essere elaborato in modo interdisciplinare, trasparente e indipendente da ogni pressione economica o politica. Dev’essere connesso con l’analisi delle condizioni di lavoro e dei possibili effetti sulla salute fisica e mentale delle persone, sull’economia locale, sulla sicurezza” (Ls 183). Sono indicazioni e ammonimenti di forte senso etico, anche nel segnalare come soggetti da interpellare “gli abitanti del luogo, i quali si interrogano su ciò che vogliono per sé e per i propri figli, e possono tenere in considerazione le finalità che trascendono l’interesse economico immediato” (ivi). Giunge pertanto a pennello l’esortazione finale del paragrafo: “C’è bisogno di sincerità e di verità nelle discussioni scientifiche e politiche, senza limitarsi a considerare che cosa sia permesso o meno dalla legislazione” (ivi). Quanto meno è necessario soppesare attentamente “rischi e benefici ipotizzabili” (Ls 184). Alla radice di tante scelte sbagliate in campo ecologico sta quella cultura del consumismo che “può favorire pratiche troppo rapide o consentire l’occultamento dell’informazione” (ivi). Invece, il senso della responsabilità induce a porre domande precise, non eludibili, con le conseguenti risposte di senso: “Per quale scopo? Per quale motivo? Dove? Quando? In che modo? A chi è diretto? Quali sono i rischi? A quale costo?” (Ls 185).
    Certo, papa Francesco mantiene il senso del realismo e non sminuisce la portata di certe innovazioni tecnologiche: “Questo non significa opporsi a qualsiasi innovazione tecnologica che consenta di migliorare la qualità della vita di una popolazione” (Ls 187). Si mostra invece preoccupato che tutto sia deciso in base a criteri di puro profitto economico: “In ogni caso deve rimanere fermo che la redditività non può essere l’unico criterio da tener presente” (ivi). Va da sé che papa Francesco non ignora la complessità delle problematiche connesse con le tematiche dell’ecologia e le reali difficoltà per raggiungere un consenso sulle grandi scelte connesse. Pur riconoscendo che spetta ad altri la soluzione di carattere politico e scientifico, sente suo dovere invitare “ad un dibattito onesto e trasparente, perché le necessità particolari o le ideologie non ledano il bene comune” (Ls 188).


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  7. #487
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    Madre Leopondina Naudet Beata!
    Il rito di Beatificazione sarà sabato 29 aprile 2017


    Papa Francesco ha firmato il 21 dicembre il decreto di beatificazione di madre Leopoldina Naudet, fondatrice delle Sorelle della Sacra Famiglia.
    La celebrazione di beatificazione, presieduta dal Cardinale Angelo Amato, Prefetto della Congregazione dei Santi, sarà sabato 29 Aprile 2017 alle ore 16.00 nella Basilica di Sant'Anastasia

    Fonte:

    http://www.diocesiverona.it/new_dioc...det_Beata.html



  8. #488
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    Chiusura uffici di curia


    Storie dell'infanzia di Cristo: la Nnatività - Giotto - Assisi - Basilica inferiore

    IN OCCASIONE DELLE FESTIVITA’ NATALIZIE GLI UFFICI DI CURIA RIMANGONO CHIUSI DAL 24 DICEMBRE AL 6 GENNAIO. RIAPRIRANNO LUNEDI 9 GENNAIO 2017.
    LA PORTINERIA RIMANE APERTA SOLO LA MATTINA.
    …con l’augurio di liete festività…

    Fonte:

    http://www.diocesiverona.it/pls/s2ew...est&rifp=guest

  9. #489
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    Non abbiate paura! È nato per voi come Salvatore Cristo Signore
    Cattedrale, 24 dicembre 2016 Messa di mezzanotte


    Carissimi, l’annuncio dato dall’angelo ai pastori, come rileva l’evangelista Luca, ci conduce al cuore del Mistero del Natale che stiamo celebrando liturgicamente. Ecco il testo: “Non abbiate paura: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi come Salvatore colui che è Cristo Signore”.
    Evidenziamo la carica di attualità di questo messaggio di due mila anni fa.
    Non abbiate paura
    Anzitutto, “Non abbiate paura!”. La paura! Non prende solo i bambini, ma anche gli adulti. Ad onor del vero, la paura degli adulti è di natura diversa rispetto a quella dei bambini ed è molto più preoccupante. Essa infatti sottende assai di più di un vago sentimento proprio del bambino che si percepisce emozionalmente esposto all’ignoto. Fa riferimento ad uno stato d’animo che è consequenziale ad una presa di posizione di fronte ad una realtà percepita come avversa. Benché si debba riconoscere in ogni forma di paura almeno una vena di non razionalità. D’altra parte, oggi viviamo per così dire sotto il segno zodiacale della paura, a livello mondiale. C’è chi è preso dalla paura del crollo della borsa; chi del fallimento delle banche dove ha messo al sicuro i propri risparmi di una vita di rinunce in vista di una maggior sicurezza per la vecchiaia; chi di un incombente dissesto economico da cui pare non ci sia via di uscita; chi dell’angosciante minaccia di licenziamento; chi dello sfratto esecutivo; chi di essere colpito da una grave malattia; chi della vecchiaia con i suoi guai; chi della morte, specialmente se devastante e preceduta da lunga sofferenza o agonia; chi di essere abbandonato dai familiari o dagli amici; chi di non farcela ad arrivare alla fine del mese; chi di non riuscir a pagare le rate del mutuo; chi di essere vittima in una vertenza giudiziaria; chi del domani senza orizzonte di senso e di speranza; chi di vedere, impotente, i figli nell’abisso della devianza; chi della situazione critica della propria famiglia sull’orlo di una crisi irreversibile; chi della situazione caotica mondiale; chi del terrorismo; chi di un possibile terremoto; chi di non aver motivi per sperare nel futuro chi di una catastrofe ambientale. Queste paure hanno l’effetto di modificare la qualità della nostra vita, non più al sicuro, ma in balia degli eventi avversi. Non è detto che queste e tante altre forme di paura siano irrilevanti e infantili. Non sono nemmeno soltanto psicologiche. Hanno forte attinenza anche con la razionalità, tant’è vero che quando ci troviamo travolti da qualche seria paura, ne abbiamo coscienza razionale. Ci rendiamo cioè conto della consistenza che connota le motivazioni della nostra paura. Di conseguenza, la paura mette profonde radici in noi, difficili da divellere. Almeno con le sole nostre forze. Pertanto la paura, da cui probabilmente nessuno è immunizzato, si fa appello a chi è in grado di prevenire la cause della vere paure. E qui scatta il senso della responsabilità civile, dei singoli cittadini e delle Istituzioni politiche e civili che, data la perdurante vastità, addirittura in dilatazione delle paure, pare alquanto latitante, fino ad essere diventato merce rara, nella sua preziosità e necessità.
    Ogni persona e ogni famiglia vale di più di ogni opera d’arte
    Si ha l’impressione che si concentri maggiormente l’attenzione su altri fattori, pur importanti per il loro peso culturale, rispetto all’attenzione riservata alle persone e famiglie in tali difficoltà da essere non di rado in preda alla paura che genera angoscia esistenziale. Non c’è dubbio che Verona, e non solo, è lieta del ritorno nella loro sede delle diciassette tele trafugate da Castelvecchio. Vorremmo tuttavia che ci fosse almeno una altrettanto reale attenzione fattiva nei confronti delle famiglie, prede della paura di non farcela: il valore di ogni famiglia è senza paragoni superiore ad ogni opera d’arte, perché di fatto è la vera opera d’arte della società, il suo vero patrimonio. Le persone e le famiglie non vanno mai lasciate ai margini dei progetti legislativi come oggetti insignificanti o abbandonate alla deriva della noncuranza.
    Ma almeno Uno non lascia solo nessuno, abbandonandolo alla deriva del non senso del vivere. L’evangelista Luca, nel rimarcare quel “Non abbiate paura”, ci segnala anche il Soggetto che è in grado di entrare nel labirinto delle nostre paure e farsele proprie. Sicché, accogliendo in noi questo Uno, che è Gesù Cristo, nato dalla Vergine Maria di Nazareth, abbiamo appunto Uno che condivide con noi le nostre paure e, proprio nel confidargliele nella preghiera, le trasforma in occasione di fiducia in Lui, fatto uomo, proprio come ha evidenziato Luca, al fine di essere il nostro liberatore, il nostro salvatore.
    È nato per voi come Salvatore colui che è Cristo Signore
    Questa è la ragione vera dell’Incarnazione, cioè del Mistero che stiamo celebrando liturgicamente: liberarci da ogni forma di male, di ciò che fa il male dell’uomo creato ad immagine e somiglianza di Dio. Dunque il Figlio di Dio è venuto al mondo, facendosi Messia nel grembo di Maria per opera dello Spirito Santo, anche per liberarci dalle paure, a cominciare dalla paura più radicale qual è la morte. A onor del vero, Gesù Cristo stesso ha sperimentato la paura, soprattutto nell’orto degli olivi, fino a sudare sangue, testimoniandoci in tal modo non solo il costo del peccato dell’uomo, ma anche che la paura è un fatto umano: forse mai una persona è tanto umana come quando ha paura e piange. Ma, dall’altra parte, forse mai una persona è tanto umana come quando sa farsi solidale con le paure umane, facendosene carico al punto da riaprire le porte della speranza a chi vive nell’angoscia della paura e della disperazione. Anche da questo punto di vista incarnandosi il Figlio di Dio ha documentato lo spessore della sua umanità.
    Ma in definitiva, da che cosa Gesù è venuto a salvarci, a liberarci? Dal male radicale che è l’ateismo pratico e teorico, di chi di fatto intende vivere senza fare alcun riferimento a Dio, come se Dio non esistesse, intento unicamente a creare il mito di sé, calpestando senza scrupoli gli altri. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti, al punto che proprio l’ateismo, che ha assunto mille forme di idolatria, è la causa di tutti i mali di cui soffre l’umanità. Ed è ovvio: chi rifiuta Dio rifiuta l’uomo creato a sua immagine e somiglianza, lasciandolo prigioniero delle sue apprensioni e paure. Da questo atteggiamento culturale, che in definitiva esprime il senso più profondo del peccato, il Figlio di Dio è venuto a salvarci, a liberarci, facendosi uno di noi. Se il Natale, nella fede, ci farà riaccogliere nel nostro cuore Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo, di certo nel nostro cuore resteranno ampi spazi per accogliere chi è in difficoltà, in preda alla paura e all’angoscia. È questo il Natale che auguro di cuore a quanti, di qualsiasi condizione sociale, economica, di salute e religiosa, abitano il territorio della nostra diocesi. Mediatrice ovviamente Maria che con il suo sì ha reso possibile il Mistero dell’Incarnazione. A Lei affidiamo le nostre paure, perché le trasformi in orizzonti di speranza cristiana.


    Fonte:

    http://www.diocesiverona.it/pls/s2ew...est&rifp=guest

  10. #490
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    Natale tra rifiuto e accoglienza
    Cattedrale, 25 dicembre 2016 Natale Messa del giorno


    Carissimi, abbiamo appena ascoltato il testo, sempre suggestivo pur nella sua non facile immediata comprensione, del prologo di Giovanni. Potremmo sostare nella riflessione su ogni versetto. Quest’anno ho scelto di meditare con voi sul seguente: “Venne tra i suoi, ma i suoi non l’hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio” (Gv 1, 11-12).
    Non accogliere Gesù come Salvatore
    Purtroppo è in atto uno scatenamento culturale, da tsunami, provocato o almeno incrementato persino da leggi di carattere europeo, cui noi mai obbediremo nella misura in cui sono in contrasto con la legge di Dio, che pare intenzionato a rendere insignificante il Cristianesimo sotto il profilo di motore della civiltà. Salvo una certa simpatia verso papa Francesco, benché non generalizzata, data la sua personalità segnata da indiscussa credibilità per coerenza, e osannata dalla gente dal cuore genuinamente umano, la cultura dominante mass mediatica non si fa più di tanto scrupoli ad esprimere allergia verso il Cristianesimo ritenuto ormai sorpassato, anzi, condannato dalla storia a tirarsi in disparte. Al Cristianesimo si vuole sostituire un umanesimo libertario, tecnologizzato, economizzato sul perno delle finanze che, nella pretese di assoluta egemonia, schiavizzano economia e politica, e ideologizzato sul parametro del pensiero unico. Evidentemente, non può che essere un mondo elitario, interamente concentrato sui propri interessi e per nulla sensibile al bene comune. Dimentico inoltre della dimensione spirituale dell’uomo, a lui connaturale e insopprimibile, insegue il miraggio del benessere economico in esclusiva e trascura del tutto il bene essere dell’insieme della propria identità personale e dell’intera società.
    Le conseguenze di una tale cultura, che in termini generici potremmo denominare atea e terrenistica, sono ormai palesi, smascherate agli occhi di una società globalizzata che ne patisce le prepotenze. Dalle sue radici culturali è germinata la cultura della possibile e lecita alterazione di identità delle persone; la cultura del culto dell’individuo chiamato dal fato a costruire il mito di sé; la cultura della non famiglia che pretende di detronizzare l’identità cromosomica della famiglia naturale quale è uscita dalla mente creatrice di Dio che ha voluto l’umanità come “maschio e femmina”, in favore di un genere di famiglia che accondiscende agli impulsi istintuali sessuali; la cultura dell’indifferenza al sociale e al religioso; la cultura dell’aggressività e dell’arrivismo; la cultura del consenso all’aborto legalizzato come rifiuto di una persona umana allo stato embrionale o fetale, pur chiamata al banchetto della vita, ma soppressa solo perché ritenuta scomoda; la cultura che ritiene fatalistico l’aborto sociale perpetrato nei confronti dei licenziati disoccupati che di fatto si sentono condannati alla esclusione dal sociale che conta, vivendo senza dignità, nella angoscia e nella disperazione; e quello perpetrato nei confronti dei tantissimi emarginati sociali considerati unicamente come zavorra di cui disinteressarsi o di cui sbarazzarsi. Il tutto, ovviamente come costo inevitabile per consentire una supervita, da idoli, ai pochi, agli oligarchici detentori del potere politico e ai plutocratici detentori delle ricchezze. È questa cultura che fomenta le guerre, adocchiandovi degli interessi. A questa cultura non è estranea nemmeno la cultura dello stesso terrorismo, solo apparentemente ammantato di religiosità, in realtà del tutto ateo in quanto misconosce nelle persone che massacra, perché ritenute avversarie, l’immagine e la somiglianza di Dio: nessuna strage può avere matrice cristiana o, comunque, religiosa. Infine, è la cultura della assoluta non accoglienza, delle barriere invalicabili. Siamo in piena barbarie, di nuovo e più diabolico conio.
    La cultura dell’accoglienza di Gesù Cristo come Salvatore
    Ben diversa è la cultura, con forte ricaduta sul vivere sociale civile, che germina dall’accoglienza di Gesù Cristo come Salvatore, quale viene annunciato nel Vangelo: si tratta di “un capovolgimento” della logica - cultura mondana come l’ha definita il Papa (cfr ai Cardinali). Quale focus di tale cultura vi stanno, inscindibilmente, la persona umana considerata valore assoluto e la famiglia come è stata creata da Dio e come è stata risanata dal Mistero Pasquale di Gesù Cristo. Anzitutto la persona umana, ogni persona umana, che proprio grazie al Mistero dell’Incarnazione ha la garanzia della sua dignità, in quanto Gesù si è incarnato e si incarna in ogni persona, “si inabissa” in ogni uomo (cfr Papa ai Cardinali). Ogni persona è la sua tenda, la sua dimora nell’umanità. Dunque ogni persona è sacra. È inviolabile. Ad ogni altra persona umana, e alle Istituzioni politiche, civili, culturali ed economiche compete dare specifici apporti perché il Gesù che è in ciascuno, per farsene carico delle problematiche e delle sofferenze, possa essere messo nella condizione di realizzarvi una vita di tutta dignità. Ma il testo del prologo ci ha proiettati esplicitamente soprattutto sull’orizzonte della persona umana che, accogliendo in sé liberamente e con fede responsabile il Figlio di Dio, accetta di diventare in Lui figlio di Dio, che lascia crescere in lui e con il quale, attraverso la preghiera, sa prendere decisioni a Lui gradite! Essere cristiano! Nome di dignità e di impegno. Il vero cristiano lo si percepisce a fiuto, come il profumo di un fiore nascosto, in qualsiasi ambiente, familiare, ludico, professionale, politico, dirigenziale. Proprio l’essere cristiano, nella realtà dei fatti, con ferma determinazione di esserlo negli ambiti della sua vita feriale, fa la differenza: egli prende con molto senso di responsabilità il suo compito storico, con la sua carica di professionalità mai disgiunta dalla sua carica di umanità, al servizio del bene comune. Fiero di essere cristiano, ancor più umano perché cristiano, secondo l’aforisma del Concilio Vaticano II: “Chi segue Cristo, l’uomo perfetto, si fa anche lui più uomo” (GS 22).
    E, quale grembo della vita della persona umana, nel suo venire al mondo e nella sua crescita armoniosa, la famiglia, l’unicità della famiglia! La famiglia di istituzione divina e non manipolabile soggettivamente nemmeno da leggi democratiche. Alla famiglia, perno di ogni società civile e volano della stessa economia, nella misura in cui sono determinati a far uscire dal guado l’Italia, debbono fare esplicito riferimento tutti gli interventi politici, amministrativi ed economici, sempre a sostegno delle famiglie, di ciascuna famiglia specialmente se in condizioni precarie e problematiche: è il loro compito primario e non surrogabile.
    Da questo focus proprio della cultura del vangelo, dipendono le altre ricadute del vangelo sul vivere concreto di oggi, quelle che papa Francesco ha scandito nell’Evangelii gaudium: la ricaduta sui poveri, sulla pace, sulla politica improntata sul bene comune e non sugli interessi di parte, sull’economia, sul vivere sociale, sull’ecologia.
    Ma per raggiungere un tale obiettivo occorrono due condizioni. Anzitutto l’umiltà che viene evocata dal Mistero del Natale che il Papa ha definito “festa dell’umiltà amante di Dio”: una festa che ci fa mettere al centro della nostra vita Gesù Cristo! E la seconda: dare testimonianza di essere conquistati da Cristo come Verità, per essere in Lui luce del mondo. E poiché le tenebre altro non sono se non assenza di luce, quando un battezzato vive da vero cristiano è luce che dirada le tenebre in cui è avvolto.
    È il mio augurio, avvalorato dalla materna protezione di Maria.


    Fonte:

    http://www.diocesiverona.it/pls/s2ew...est&rifp=guest

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