Urgenza di accordi internazionali
Nell’enciclica Laudato si’ papa Francesco, che fa dei diritti dei poveri, a livello della globalizzazione, uno dei cavalli di battaglia morale più significativi, ricorda ai grandi del mondo il dovere di sradicare la miseria e di dare incremento allo sviluppo dei Paesi poveri (cf Ls 172), mentre non esita a stigmatizzare le inquietanti sperequazioni e le preoccupanti forme di corruzione che si verificano anche nei Paesi poveri, cioè “il livello scandaloso di consumismo di alcuni settori privilegiati della loro popolazione” (ivi)...
25/11/2016 di mons. Giuseppe Zenti
Nell’enciclica Laudato si’ papa Francesco, che fa dei diritti dei poveri, a livello della globalizzazione, uno dei cavalli di battaglia morale più significativi, ricorda ai grandi del mondo il dovere di sradicare la miseria e di dare incremento allo sviluppo dei Paesi poveri (cf Ls 172), mentre non esita a stigmatizzare le inquietanti sperequazioni e le preoccupanti forme di corruzione che si verificano anche nei Paesi poveri, cioè “il livello scandaloso di consumismo di alcuni settori privilegiati della loro popolazione” (ivi).
A tal fine “urgono accordi internazionali […]. Occorrono quadri regolatori globali che impongano obblighi e che impediscano azioni inaccettabili, come il fatto che Paesi potenti scarichino su altri Paesi rifiuti e industrie altamente inquinanti” (Ls 173). L’Enciclica esemplifica le sue critiche in un settore di primaria importanza come sono gli oceani e i mari inquinati oltre ogni buon senso: “Menzioniamo anche il sistema di governance degli oceani […]. Il crescente problema dei rifiuti marini e della protezione delle aree marine al di là delle frontiere nazionali continua a rappresentare una sfida speciale” (Ls 174).
In un paragrafo densissimo e tutto da studiare, l’Enciclica focalizza inoltre con forza il nodo scorsoio del “riscaldamento globale” (Ls 175), della “riduzione dell’inquinamento” (ivi) e dello sviluppo dei Paesi e delle regioni povere. Poi, non esita a mettere il dito sulla piaga sullo strapotere delle finanze, quando afferma che nel nostro tempo assistiamo “ad una perdita di potere degli Stati nazionali, soprattutto perché la dimensione economico-finanziaria, con caratteri transnazionali, tende a predominare sulla politica” (ivi). Purtroppo il fenomeno è più che mai reale. Di conseguenza, ancora una volta papa Francesco fa appello alle istituzioni internazionali, ahimè alquanto latitanti e inadeguate rispetto alla gravità delle situazioni mondiali da affrontare: “In questo contesto diventa indispensabile lo sviluppo di istituzioni internazionali più forti ed efficacemente organizzate, con autorità designate in maniera imparziale mediante accordi tra governi nazionali e dotate del potere di sanzionare” (ivi). Già prima di papa Francesco anche gli altri papi, a cominciare da Giovanni XXIII e Paolo VI, si sono appellati ad “una vera Autorità politica mondiale” (ivi), l’unica capace di governare l’economia mondiale; di realizzare un opportuno disarmo integrale, la sicurezza alimentare e la pace; di garantire la salvaguardia dell’ambiente; di regolare i flussi migratori (cfr ivi). È chiaro il riferimento a quella organizzazione internazionale fatta nascere concordemente dagli Stati vincitori della Seconda guerra mondiale, che avrebbe dovuto essere il governo dei governi, qual è l’Onu, di fatto mai decollato, ma solo tenuto crioconservato allo stato embrionale dalle stesse potenze che l’hanno creato per non perdere privilegi e interessi. Fosse davvero decollato l’Onu non saremmo in situazioni mondiali ingovernabili che non possono lasciare tranquilla l’umanità.
Del resto, secondo il principio “il tempo è superiore allo spazio”, già annunciato nell’Evangelii gaudium, il senso del bene comune, di cui dovrebbe essere fautore e garante l’Onu, dovrebbe indirizzare le nazioni a preoccuparsi di “generare processi piuttosto che di dominare spazi di potere” (Ls 178). E, precisando ulteriormente: “La grandezza politica si mostra quando, in momenti difficili, si opera sulla base di grandi principi e pensando al bene comune a lungo termine” (ivi).
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