Lo Staff del Forum dichiara la propria fedeltà al Magistero. Se, per qualche svista o disattenzione, dovessimo incorrere in qualche errore o inesattezza, accettiamo fin da ora, con filiale ubbidienza, quanto la Santa Chiesa giudica e insegna. Le affermazioni dei singoli forumisti non rappresentano in alcun modo la posizione del forum, e quindi dello Staff, che ospita tutti gli interventi non esplicitamente contrari al Regolamento di CR (dalla Magna Charta). O Maria concepita senza peccato prega per noi che ricorriamo a Te.
Pagina 30 di 31 PrimaPrima ... 2028293031 UltimaUltima
Risultati da 291 a 300 di 307

Discussione: Omelie, discorsi e messaggi di Papa Francesco - ANNO 2017

  1. #291
    Moderatore Globale L'avatar di Vox Populi
    Data Registrazione
    Apr 2006
    Località
    casa mia
    Messaggi
    65,589
    L’Udienza Generale, 13.12.2017


    L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 9.35 nell’Aula Paolo VI dove il Santo Padre Francesco ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo.

    Nel discorso in lingua italiana il Papa, continuando il nuovo ciclo di catechesi sulla Santa Messa, si è soffermato sul tema: “Perché andare a Messa la domenica?”.

    Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre ha indirizzato particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.

    L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica.

    Catechesi del Santo Padre in lingua italiana

    Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

    Riprendendo il cammino di catechesi sulla Messa, oggi ci chiediamo: perché andare a Messa la domenica?

    La celebrazione domenicale dell’Eucaristia è al centro della vita della Chiesa (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2177). Noi cristiani andiamo a Messa la domenica per incontrare il Signore risorto, o meglio per lasciarci incontrare da Lui, ascoltare la sua parola, nutrirci alla sua mensa, e così diventare Chiesa, ossia suo mistico Corpo vivente nel mondo.

    Lo hanno compreso, fin dalla prima ora, i discepoli di Gesù, i quali hanno celebrato l’incontro eucaristico con il Signore nel giorno della settimana che gli ebrei chiamavano “il primo della settimana” e i romani “giorno del sole”, perché in quel giorno Gesù era risorto dai morti ed era apparso ai discepoli, parlando con loro, mangiando con loro, donando loro lo Spirito Santo (cfr Mt 28,1; Mc 16,9.14; Lc 24,1.13; Gv 20,1.19), come abbiamo sentito nella Lettura biblica. Anche la grande effusione dello Spirito a Pentecoste avvenne di domenica, il cinquantesimo giorno dopo la risurrezione di Gesù. Per queste ragioni, la domenica è un giorno santo per noi, santificato dalla celebrazione eucaristica, presenza viva del Signore tra noi e per noi. E’ la Messa, dunque, che fa la domenica cristiana! La domenica cristiana gira intorno alla Messa. Che domenica è, per un cristiano, quella in cui manca l’incontro con il Signore?

    Ci sono comunità cristiane che, purtroppo, non possono godere della Messa ogni domenica; anch’esse tuttavia, in questo santo giorno, sono chiamate a raccogliersi in preghiera nel nome del Signore, ascoltando la Parola di Dio e tenendo vivo il desiderio dell’Eucaristia.

    Alcune società secolarizzate hanno smarrito il senso cristiano della domenica illuminata dall’Eucaristia. E’ peccato, questo! In questi contesti è necessario ravvivare questa consapevolezza, per recuperare il significato della festa, il significato della gioia, della comunità parrocchiale, della solidarietà, del riposo che ristora l’anima e il corpo (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 2177-2188). Di tutti questi valori ci è maestra l’Eucaristia, domenica dopo domenica. Per questo il Concilio Vaticano II ha voluto ribadire che «la domenica è il giorno di festa primordiale che deve essere proposto e inculcato alla pietà dei fedeli, in modo che divenga anche giorno di gioia e di astensione dal lavoro» (Cost. Sacrosanctum Concilium, 106).

    L’astensione domenicale dal lavoro non esisteva nei primi secoli: è un apporto specifico del cristianesimo. Per tradizione biblica gli ebrei riposano il sabato, mentre nella società romana non era previsto un giorno settimanale di astensione dai lavori servili. Fu il senso cristiano del vivere da figli e non da schiavi, animato dall’Eucaristia, a fare della domenica – quasi universalmente – il giorno del riposo.

    Senza Cristo siamo condannati ad essere dominati dalla stanchezza del quotidiano, con le sue preoccupazioni, e dalla paura del domani. L’incontro domenicale con il Signore ci dà la forza di vivere l’oggi con fiducia e coraggio e di andare avanti con speranza. Per questo noi cristiani andiamo ad incontrare il Signore la domenica, nella celebrazione eucaristica.

    La Comunione eucaristica con Gesù, Risorto e Vivente in eterno, anticipa la domenica senza tramonto, quando non ci sarà più fatica né dolore né lutto né lacrime, ma solo la gioia di vivere pienamente e per sempre con il Signore. Anche di questo beato riposo ci parla la Messa della domenica, insegnandoci, nel fluire della settimana, ad affidarci alle mani del Padre che è nei cieli.

    Cosa possiamo rispondere a chi dice che non serve andare a Messa, nemmeno la domenica, perché l’importante è vivere bene, amare il prossimo? E’ vero che la qualità della vita cristiana si misura dalla capacità di amare, come ha detto Gesù: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per glialtri» (Gv 13,35); ma come possiamo praticare il Vangelo senza attingere l’energia necessaria per farlo, una domenica dopo l’altra, alla fonte inesauribile dell’Eucaristia? Non andiamo a Messa per dare qualcosa a Dio, ma per ricevere da Lui ciò di cui abbiamo davvero bisogno. Lo ricorda la preghiera della Chiesa, che così si rivolge a Dio: «Tu non hai bisogno della nostra lode, ma per un dono del tuo amore ci chiami a renderti grazie; i nostri inni di benedizione non accrescono la tua grandezza, ma ci ottengono la grazia che ci salva» (Messale Romano, Prefazio comune IV).

    In conclusione, perché andare a Messa la domenica? Non basta rispondere che è un precetto della Chiesa; questo aiuta a custodirne il valore, ma da solo non basta. Noi cristiani abbiamo bisogno di partecipare alla Messa domenicale perché solo con la grazia di Gesù, con la sua presenza viva in noi e tra di noi, possiamo mettere in pratica il suo comandamento, e così essere suoi testimoni credibili.

    [01908-IT.02] [Testo originale: Italiano]

    Sintesi della catechesi e saluti nelle diverse lingue

    In lingua francese

    Speaker:


    Frères et sœurs, la célébration dominicale de l’Eucharistie est le centre de la vie de l’Eglise. Dès l’origine, les premiers disciples se sont réunis le premier jour de la semaine, jour où Jésus est ressuscité des morts, pour vivre en communion avec lui. C’est pourquoi le dimanche est pour nous un jour sanctifié par la célébration eucharistique, présence vivante du Seigneur parmi nous qui vient à notre rencontre. C’est la Messe qui fait le dimanche! Que représenterait pour un chrétien un dimanche privé de cette rencontre avec le Seigneur? Sans le Christ, nous sommes dominés par la fatigue du quotidien, par la peur du lendemain. La rencontre dominicale nous donne la force de vivre l’aujourd’hui avec confiance et courage, et de marcher dans l’espérance vers le dimanche sans couchant de la vie éternelle, lorsque nous vivrons pleinement et pour toujours avec le Seigneur. La Messe nous parle aussi de ce repos bienheureux à venir. Il est vrai que la qualité de notre vie chrétienne se mesure d’abord à notre capacité d’aimer. Mais comment pourrons-nous pratiquer l’Evangile sans aller puiser, dimanche après dimanche, à la source de l’Eucharistie?

    Santo-Padre:

    Saluto cordialmente i pellegrini francofoni. Mentre in questo tempo di Avvento prepariamo i nostri cuori per la venuta del Signore, ricordiamoci che viene ad incontrarci ogni domenica nella celebrazione eucaristica, e che dobbiamo partecipare, ricevere la sua grazia e metterci alla sua sequela. Dio vi benedica!

    Speaker:

    Je salue cordialement les pèlerins de langue française. Alors qu’en ce temps de l’Avent nous préparons nos cœurs à la venue du Seigneur, rappelons-nous qu’il vient à notre rencontre tous les dimanches dans la célébration de l’eucharistie, et que nous avons besoin d’y participer pour recevoir sa grâce et aller à sa suite. Que Dieu vous bénisse!

    [01909-FR.01] [Texte original: Français]

    In lingua inglese

    Speaker:


    Dear Brothers and Sisters: Our continuing catechesis on the Eucharist today centres on the importance of Sunday Mass. As Christians, we celebrate the Eucharist in order to encounter the Lord, to hear his word, eat at his table and, by his grace to fulfil our mission in the world as members of his Mystical Body the Church. As the day of the resurrection and the pentecostal outpouring of the Holy Spirit, Sunday is the Christian holy day par excellence. How could we pass this day without encountering the Lord? Sadly, in many secularized societies, we have lost the sense of Sunday. The Second Vatican Council asked us to celebrate the Lord’s Day as a day of joy and rest from servile work, precisely as a sign of our dignity as children of God. Each Sunday is meant to be a foretaste of the eternal bliss and repose to which we are called and which we share, even now, in Holy Communion. In the end, we go to Mass not to give something to God, but to receive from him the grace and strength to remain faithful to his word, to follow his commandments and, through his living presence within us, to be witnesses of his goodness and love before the world.

    Santo Padre:

    Saluto i partecipanti al Forum Internazionale delle ONG di ispirazione cattolica, convenuti a Roma in questi giorni. Esprimo vivo apprezzamento per i vostri sforzi di portare la luce del Vangelo alle varie periferie del nostro mondo, per difendere la dignità dell’uomo, per promuovere lo sviluppo integrale dei popoli, e per venire incontro ai bisogni materiali e spirituali di tanti membri della nostra famiglia umana. Vi incoraggio a lavorare sempre in uno spirito di comunione e collaborazione con le altre ONG cattoliche ed anche con i rappresentanti della Santa Sede, quale segno dell’impegno della Chiesa nella costruzione di un mondo sempre più giusto e solidale. Con l’augurio che queste giornate di riflessione e scambio siano fruttuose per le vostre attività, vi imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.

    Saluto inoltre i pellegrini di lingua inglese presenti all’Udienza odierna, specialmente quelli provenienti da Australia, Indonesia, India, Giappone e Stati Uniti d’America. Su tutti voi e sulle vostre famiglie invoco la gioia e la pace del Signore nostro Gesù Cristo.

    Speaker:

    I am pleased to greet the participants in the 2017 Forum of Catholic-inspired Non-Governmental Organizations meeting in Rome during these days. I express my deep appreciation for your efforts to bring the light of the Gospel to the various peripheries of our world, in order to defend human dignity, to promote the integral development of peoples, and to meet the material and spiritual needs of so many members of our human family. I encourage you to work always in a spirit of communion and cooperation with other Catholic NGOs and with the representatives of the Holy See, as an expression of the Church’s commitment to the building of a more just and fraternal world. With prayerful good wishes that these days of reflection and discussion will prove fruitful for your work, I cordially impart to all of you my Apostolic Blessing.

    I also greet the English-speaking pilgrims and visitors taking part in today’s Audience, particularly the groups from Australia, Indonesia, India, Japan and the United States of America. Upon you and your families I invoke the joy and peace of our Lord Jesus Christ.

    [01910-EN.01] [Original text: English]

    In lingua tedesca

    Speaker:


    Liebe Brüder und Schwestern, die sonntägliche Eucharistiefeier steht im Mittelpunkt des Lebens der Kirche. Wir Christen gehen am Sonntag zur Messe, um das Wort des Herrn zu hören, uns von seinem Tisch zu speisen und so Kirche zu werden, d.h. sein mystischer Leib. Von Anfang an versammelten sich die Jünger Jesu am Sonntag, dem Tag, an dem Christus von den Toten erstanden ist. Der Sonntag ist das wöchentliche Osterfest und heilig durch die Gegenwart des Herrn in der Eucharistie. Die Messe also macht den Sonntag zum Sonntag! Er ist der Ur-Feiertag, Tag der Freude und Muße, der uns aus der Mühe und Sorge des Alltags herausnimmt. Es ist notwendig, dieses Bewusstsein in unserer säkularisierten Gesellschaft neu zu stärken, um die Bedeutung des Festes, der Freude, der Solidarität und der Erholung wiederzugewinnen. Die Eucharistie ist schließlich eine Vorausnahme des Sonntags ohne Untergang, des ewigen Lebens beim Herrn. Was können wir auf die Frage antworten: „Warum soll ich am Sonntag zur Messe gehen?“ Es ist nicht bloß eine Vorschrift der Kirche in Erfüllung des dritten Gebots „Du sollst den Tag des Herrn heiligen“. Die Sonntagsmesse ist für uns Begegnung mit dem Herrn und unerschöpfliche Quelle, um mit seiner Gnade das Evangelium zu leben und so glaubwürdige Zeugen seiner Liebe zu sein.

    Santo Padre:

    Sono lieto di accogliere i fratelli e le sorelle di lingua tedesca. In particolare saluto la delegazione del Land Alta Austria, insieme ai pellegrini della Diocesi di Linz con il Vescovo Mons. Manfred Scheuer, e ringrazio per la “Luce della Pace” portata da Betlemme. In ogni Messa imploriamo la pace del Signore; il mondo ne ha tanto bisogno. Buon Avvento a tutti.

    Speaker:

    Mit Freude heiße ich die Brüder und Schwestern deutscher Sprache willkommen. Besonders grüße ich die Delegation des Landes Oberösterreich zusammen mit den Pilgern der Diözese Linz in Begleitung von Bischof Manfred Scheuer und danke für das Friedenslicht aus Bethlehem. Bei jeder heiligen Messe bitten wir um den Frieden des Herrn, den die Welt so sehr braucht. Allen wünsche ich einen gesegneten Advent.

    [01911-DE.01] [Originalsprache: Deutsch]

    In lingua spagnola

    Queridos hermanos y hermanas:

    En la catequesis de hoy, reflexionamos sobre la necesidad de ir a misa los domingos. Muchos se preguntan cuál es el motivo de celebrar la Eucaristía los domingos. Se podría responder que desde el inicio los discípulos han celebrado este día porque en este día resucitó el Señor y recibimos el don del Espíritu Santo. Como ellos, también nosotros vamos a Misa el domingo para encontrar al Señor resucitado, o mejor dicho para dejarnos encontrar por Él, escuchar su Palabra y alimentarnos del pan de vida, en comunión con toda la Iglesia.

    La celebración de la Eucaristía dominical da sentido a toda la semana y nos recuerda también, con el descanso de nuestras ocupaciones, que no somos esclavos sino hijos de un Padre que nos invita constantemente a poner la esperanza en Él.

    Por desgracia, para muchos la Misa del domingo ha perdido sentido, piensan que basta ser buenos y amar. Esto es necesario, pero no es posible sin la ayuda del Señor, sin obtener de Él la fuerza para conseguirlo. En la Eucaristía recibimos del Señor lo que más necesitamos, Él mismo se nos da como alimento y nos anima a seguir caminando. La Misa es también prefiguración del banquete eterno al que somos llamados; el domingo sin ocaso donde no habrá llanto, ni luto, sino el gozo y la alegría de estar siempre juntos con Jesús.

    Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española, en particular a los grupos provenientes de España y Latinoamérica. Pidamos al Señor por todas aquellas comunidades que no pueden celebrar la Misa cada domingo por falta de sacerdotes, o por otras circunstancias, para que el Señor resucitado se haga presente en ellas, por medio de la oración y la escucha de la Palabra, manteniendo siempre vivo el deseo de la Eucaristía. Gracias.

    [01912-ES.02] [Texto original: Español]

    In lingua portoghese

    Speaker:


    Depois da Páscoa, os discípulos de Jesus habituaram-se a esperar a visita do seu divino Mestre no primeiro dia da semana; foi nesse dia que Ele ressuscitou e veio encontrar-Se com eles no Cenáculo, falando e comendo com eles e dando-lhes o Espírito Santo. Tal encontro repetir-se-ia oito dias depois, já com a presença de Tomé. E assim, aos poucos, o primeiro dia da semana passou a ser chamado pelos cristãos o dia do Senhor, ou seja, o domingo. Nós, cristãos, vamos à Missa ao domingo para encontrar o Senhor ressuscitado ou, melhor, para nos deixarmos encontrar por Ele, ouvir a sua palavra, alimentar-nos à sua mesa e, assim, nos tornarmos Igreja, o seu corpo místico vivo hoje no mundo. Por isso o domingo é, para nós, um dia santo: santificado pela celebração eucarística, presença viva do Senhor para nós e entre nós. É a Missa que faz cristão o domingo. Infelizmente há comunidades cristãs que não podem ter Missa todos os domingos; mas também elas são chamadas a recolher-se em oração, nesse dia, ouvindo a Palavra de Deus e mantendo vivo o desejo da Eucaristia. Sem Cristo, estamos condenados a ser dominados pelo cansaço do dia-a-dia com as suas preocupações e pelo medo do futuro. O encontro dominical com Jesus dá-nos a força de que necessitamos para viver com coragem e esperança os nossos dias. Mais ainda, a comunhão eucarística com Jesus ressuscitado antecipa aquele domingo sem ocaso em que toda a humanidade entrará no repouso de Deus.

    Santo Padre:

    Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini di lingua portoghese, invitando tutti a rimanere fedeli all’incontro domenicale con Cristo Gesù. Egli ci sfida a uscire dal nostro mondo piccolo e ristretto verso il Regno di Dio e la vera libertà. Lo Spirito Santo vi illumini affinché possiate portare la Benedizione di Dio a tutti gli uomini. La Vergine Madre vegli sul vostro cammino e vi protegga.

    Speaker:

    Dirijo uma cordial saudação aos peregrinos de língua portuguesa, convidando todos a permanecer fiéis ao encontro dominical com Cristo Jesus. Ele desafia-nos a sair do nosso mundo limitado e estreito para o Reino de Deus e a verdadeira liberdade. O Espírito Santo vos ilumine para poderdes levar a Bênção de Deus a todos os homens. A Virgem Mãe vele sobre o vosso caminho e vos proteja.

    [01913-PO.01] [Texto original: Português]

    In lingua araba

    Speaker:


    [تابع الأب الأقدس اليوم تعاليمه حول القداس الالهي، فتوقف عند الأسباب التي من أجلها يجب أن‏ ‏نحتفل بالقداس يوم الأحد. أولا لأن الاحتفال بالإفخارستيا هو محور حياة الكنيسة، ففيه نلتقي بالرب القائم‏ من ‏بين الأموات، ونصغي إلى كلمته، ونتغذى من وليمته، فنصبح كنيسة، أي جسد المسيح السري والحي في ‏العالم؛ وثانيا لأن الاحتفال بالقداس يجعلنا نتذكر أن الأحد هو يوم حضور الرب الحي في وسطنا ومن أجلنا، ‏يوم قيامته، ويوم ظهوره لتلاميذه، ويوم حلول الروح القدس على الكنيسة؛ وثالثا لأننا لا نذهب إلى القداس كي ‏ ‏نعطي شيئا ما لله، إنما كي ننال منه ما نحتاج إليه، أي نعمته التي بها نستطيع تتميم وصيته فنكون شهوده‏ ‏في العالم. ثم أكد البابا على ضرورة إحياء الوعي بالمعنى المسيحي ليوم الأحد في المجتمعات العلمانية،‏ ‏والامتناع عن العمل لعيش يوم الأحد كأبناء لله، يستقون منه القوة لعيشوا حياتهم بثقة وشجاعة. وأخيرا، لأن ‏الأحد هو يوم الشركة الإفخارستية مع يسوع ومع كنيسته، استباقا لذاك الأحد الذي لن يعرف غروبا، ولا ألما ولا ‏حزنا ولا دموع‏، بل فرح العيش بالملء فقط وللأبد مع الربّ].

    Santo Padre:

    Saluto cordialmente i pellegrini di lingua ‎araba, ‎in ‎‎‎particolare quelli ‎provenienti ‎dalla Siria, dal Libano e dal Medio Oriente. San Girolamo (420)‎‏ ‏sostenne che la ‎domenica è “il giorno del Signore, il giorno della resurrezione, il giorno dei ‎cristiani, il nostro giorno. […] ‎Il giorno del sole … [in cui] è apparso il sole di giustizia, ‎i cui raggi ci portano la salvezza” (CCL, 78, 550, 52). Ricordiamoci che, come ‎ogni pianta ha bisogno del sole e del nutrimento per vivere, ogni cristiano ha ‎bisogno dell’Eucaristia domenicale per vivere realmente. Il ‎Signore vi ‎benedica ‎‎tutti e vi ‎protegga ‎dal ‎maligno!‎

    Speaker:

    أرحب بمودة بالحاضرين الناطقين باللغة العربية، وخاصة بالقادمين من سوريا، ومن لبنان، ومن ‏الشرق الأوسط. أكد القديس جيروم (420): أن الأحد "هو يوم الرب، هو يوم القيامة، هو يوم المسيحيين، وهو ‏يومنا... يوم الشمس ... حيث أشرق شمس العدالة، التي تحمل لنا أشعتها الخلاص" ‏‎(CCL, 78,550,52)‎‏. ‏لنتذكر أنه كما تحتاج كل نبتة إلى الشمس والغذاء كي تحيا، فكل مسيحي يحتاج إلى الاشتراك في إفخارستية ‏يوم الأحد كي يحيا حقًا. ليبارككم الربّ جميعا ويحرسكم من الشرير!‏ ‏

    [01914-AR.01] [Testo originale: Arabo]

    In lingua polacca

    Speaker:


    Drodzy bracia i siostry, w cyklu katechez o Mszy świętej zadajmy sobie dzisiaj pytanie: dlaczego trzeba w niedziele chodzić na Mszę św.? Idziemy tam, by spotkać zmartwychwstałego Pana, by słuchać Jego Słowa, karmić się przy Jego stole i w ten sposób stawać się Kościołem. Uczniowie Jezusa celebrowali eucharystyczne spotkania z Panem w dniu, który Żydzi nazywali „pierwszym dniem tygodnia”, a Rzymianie „Dniem Słońca”, ponieważ tego dnia Jezus zmartwychwstał, ukazał się uczniom, rozmawiał z nimi, jadał z nimi, udzielił im Ducha Świętego. Z tych powodów niedziela była dla nich, i jest dla nas, dniem świętym. Niektóre zlaicyzowane społeczeństwa zatraciły chrześcijański charakter niedzieli, na którą tak mocne światło rzuca Eucharystia. Konieczne jest ożywienie sensu świętowania niedzieli, radości rodzinnej, wspólnoty parafialnej, solidarności, powstrzymania się od pracy, odpoczynku. Niedzielna Msza św., spotkanie z Jezusem Zmartwychwstałym i Komunia św., dają nam siłę do życia każdego dnia z ufnością, odwagą i nadzieją. Jak możemy praktykować Ewangelię, nie czerpiąc niezbędnej do tego energii z niewyczerpalnego źródła niedzielnej Eucharystii? Podsumowując - dlaczego trzeba w niedziele chodzić na Mszę św.? Ponieważ tylko dzięki łasce Jezusa, z Jego żywą obecnością w nas i między nami, możemy wypełniać Jego przykazania, i w ten sposób być Jego wiarygodnymi świadkami.

    Santo Padre:

    Saluto cordialmente i pellegrini polacchi. Stiamo vivendo il tempo di Avvento. Attendiamo la venuta di Cristo. Ricordiamoci che la nostra attesa si compie in ogni santa Messa a cui partecipiamo. Il Signore Gesù viene da noi per farci conoscere il Suo nome, il Suo vero Volto, per farci sperimentare la Sua presenza e la Sua infinita misericordia. Per questo, la prospettiva di partecipare alla santa Messa non sia per voi un’imposizione, ma un privilegio che ci viene concesso. Sia lodato Gesù Cristo.

    Speaker:

    Pozdrawiam serdecznie pielgrzymów polskich. Przeżywamy czas Adwentu. Oczekujemy na przyjście Chrystusa. Pamiętajmy, że w każdej Mszy św., w której uczestniczymy spełnia się nasze oczekiwanie. Pan Jezus przechodzi do nas, abyśmy mogli poznać Jego imię, Jego prawdziwe Oblicze, byśmy mogli doświadczyć Jego obecności i nieskończonego miłosierdzia. Dlatego perspektywa udziału we Mszy św. niech nigdy nie będzie dla was nakazem, lecz danym nam przywilejem. Niech będzie pochwalony Jezus Chrystus.

    [01915-PL.01] [Testo originale: Polacco]

    In lingua italiana

    Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana.

    Sono lieto di accogliere le Suore della Società del Sacro Cuore e le Suore Missionarie della Società di Maria. Il pellegrinaggio alle tombe degli Apostoli, sia occasione per crescere nell’amore di Dio, affinché le vostre comunità diventino luogo in cui si sperimenta la comunione e la missione.

    Saluto le Parrocchie, gli Istituti scolastici, le Associazioni e i Gruppi, in particolare l’Istituto internazionale Jacques Maritain.

    Rivolgo infine un pensiero ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. Oggi la liturgia fa memoria di Santa Lucia, vergine e martire: cari giovani, contemplate la grandezza dell’amore di Gesù che nasce e muore per noi; cari ammalati, accettate con coraggio la vostra sofferenza per la conversione dei peccatori; e voi, cari sposi novelli, date più spazio alla preghiera soprattutto in questo Tempo di Avvento, perché la vostra vita diventi un cammino di perfezione cristiana.

    [01916-IT.01] [Testo originale: Italiano]

    [B0893-XX.02]


    fonte: Sala Stampa della Santa Sede

  2. #292
    Moderatore Globale L'avatar di Vox Populi
    Data Registrazione
    Apr 2006
    Località
    casa mia
    Messaggi
    65,589
    Le Lettere Credenziali degli Ambasciatori di Yemen, Nuova Zelanda, Swaziland, Azerbaijan, Ciad, Liechtenstein e India presso la Santa Sede, 14.12.2017


    Alle ore 10 di questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza gli Ambasciatori di Yemen, Nuova Zelanda, Swaziland, Azerbaijan, Ciad, Liechtenstein e India, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali.

    Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai nuovi Ambasciatori (...):

    Discorso del Santo Padre

    Eccellenze,

    porgo un caloroso benvenuto a tutti voi per la presentazione delle Lettere, che vi accreditano come Ambasciatori Straordinari e Plenipotenziari presso la Santa Sede da parte dei vostri rispettivi Paesi: Yemen, Nuova Zelanda, Swaziland, Azerbaijan, Ciad, Liechtenstein e India. Vi chiedo cortesemente di trasmettere ai Capi di Stato dei vostri Paesi i miei sentimenti di apprezzamento e stima, e di assicurarli delle mie preghiere per loro e per i popoli che essi servono.

    All’inizio della vostra nuova missione, sono consapevole della diversità dei Paesi che voi rappresentate e delle differenti tradizioni culturali e religiose che caratterizzano la storia di ciascuna delle vostre Nazioni. Questo mi offre l’opportunità di enfatizzare il ruolo positivo e costruttivo che tale diversità riveste nel concerto delle Nazioni. La comunità internazionale affronta una serie di complesse minacce alla sostenibilità ambientale e nei confronti dell’ecologia sociale e umana dell’intero pianeta, come le minacce alla pace e alla concordia derivanti da ideologie fondamentaliste violente e dai conflitti regionali, che spesso appaiono sotto le spoglie di opposti interessi e valori. Tuttavia, è importante ricordare che la diversità della famiglia umana non è di per sé una causa di queste sfide alla coesistenza pacifica. Davvero le forze centrifughe che vorrebbero dividere i popoli non sono da ricercarsi nelle loro differenze, ma nel fallimento nello stabilire un percorso di dialogo e di comprensione come il più efficace mezzo di risposta a tali sfide.

    La vostra stessa presenza qui è un esempio del ruolo-chiave che il dialogo gioca nel permettere alla diversità di essere vissuta in modo autentico e nel reciproco vantaggio per la nostra società sempre più globalizzata. Una comunicazione rispettosa conduce alla cooperazione, specialmente nel favorire la riconciliazione dove essa è più necessaria. Questa cooperazione a sua volta è d’aiuto a quella solidarietà che è la condizione per la crescita della giustizia e per il dovuto rispetto della dignità, dei diritti e delle aspirazioni di tutti. L’impegno per il dialogo e la cooperazione dev’essere il segno distintivo di ogni istituzione della comunità internazionale, come di ogni istituzione nazionale e locale, dal momento che tutte sono incaricate della ricerca del bene comune.

    La promozione del dialogo, della riconciliazione e della cooperazione non possono essere date per scontate. La delicata arte della diplomazia e l’arduo lavoro della costruzione di una nazione devono essere sempre nuovamente imparate da ogni nuova generazione. Noi condividiamo la responsabilità collettiva di educare i giovani all’importanza di questi principi che sorreggono l’ordine sociale. Trasmettere questa preziosa eredità ai nostri figli e nipoti, non solo assicurerà un pacifico e prospero futuro, ma soddisferà anche le esigenze della giustizia intergenerazionale e di quello sviluppo umano integrale a cui ha diritto ogni uomo, donna e bambino.

    Cari Ambasciatori, nel momento in cui voi assumete le vostre alte responsabilità al servizio delle vostre nazioni, vi assicuro dell’assistenza dei vari Uffici della Santa Sede. Formulo i miei migliori auguri per il vostro importante lavoro, e volentieri invoco sopra di voi, sulle vostre famiglie e su tutti i cittadini dei vostri Paesi, l’abbondanza delle benedizioni divine. Grazie.

    [01921-IT.01] [Testo originale: Italiano]

    (...)


    fonte: Sala Stampa della Santa Sede

  3. #293
    Moderatore Globale L'avatar di Vox Populi
    Data Registrazione
    Apr 2006
    Località
    casa mia
    Messaggi
    65,589
    Udienza agli Artisti del Concerto “Natale in Vaticano”, 15.12.2017


    Alle ore 12.30 di questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i promotori, gli organizzatori e gli artisti del Concerto “Natale in Vaticano”, nel 25° anniversario della sua nascita, che avrà luogo domani, sabato 16 dicembre, nell’Aula Paolo VI, sotto l’egida della Congregazione per l’Educazione Cattolica, e il cui ricavato sarà devoluto a favore della Fondazione Scholas Occurrentes e della Fondazione Don Bosco nel Mondo.

    Al Suo arrivo nella Sala Clementina, Papa Francesco è stato accolto da un canto natalizio intonato dagli artisti tra i quali i bambini del Piccolo Coro di Piazza Vittorio e i coristi dell’Art Voice Academy e Hallelujah Gospel Singers. Quindi il Segretario della Congregazione per l’Educazione Cattolica, S.E. Mons. Angelo Vincenzo Zani, ha presentato brevemente le ragioni del Concerto e le istituzioni coinvolte. Il Santo Padre ha pronunciato alcune parole di saluto, ha benedetto i presenti e, simbolicamente, una pianta d’ulivo.

    Pubblichiamo di seguito le parole del Santo Padre:

    Saluto del Santo Padre

    Cari fratelli e sorelle,

    vi accolgo in questo incontro, che mi permette di esprimervi il mio apprezzamento per la partecipazione al Concerto «Natale in Vaticano», il cui ricavato sarà devoluto per finanziare due progetti in favore dei bambini della Repubblica Democratica del Congo e dei giovani dell’Argentina. Saluto e ringrazio i promotori dell’evento e quanti si esibiranno domani sera, come pure quanti vi prenderanno parte, manifestando così sensibilità alle necessità dei più bisognosi e disagiati che domandano aiuto e solidarietà.

    Il Natale – lo sappiamo – è una festa sentita, partecipata, capace di riscaldare i cuori più freddi, di rimuovere le barriere dell’indifferenza verso il prossimo, di incoraggiare all’apertura verso l’altro e al dono gratuito. Per questo c’è bisogno anche oggi di diffondere il messaggio di pace e di fraternità proprio del Natale; c’è bisogno di rappresentare questo avvenimento esprimendo i sentimenti autentici che lo animano. E l’arte è un formidabile mezzo per aprire le porte della mente e del cuore al vero significato del Natale. La creatività e la genialità degli artisti, con le loro opere, anche con la musica e il canto, riescono a raggiungere i registri più intimi della coscienza. L’arte entra proprio nell’intimo della coscienza.

    Formulo i migliori auspici affinché il Concerto di Natale in Vaticano possa essere un’occasione per seminare la tenerezza – questa parola tanto dimenticata oggi! “Violenza”, “guerra”… no, no, tenerezza – per seminare la tenerezza, la pace e l’accoglienza, che scaturiscono dalla grotta di Betlemme. Rinnovo a ciascuno la mia riconoscenza e, mentre porgo un cordiale augurio di serene Festività natalizie, ricche di gioia e di pace, benedico ciascuno di voi, le vostre famiglie e i vostri cari.

    E per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie!

    [01930-IT.02] [Testo originale: Italiano]

    [B0899-XX.02]


    fonte: Sala Stampa della Santa Sede

  4. #294
    Moderatore Globale L'avatar di Vox Populi
    Data Registrazione
    Apr 2006
    Località
    casa mia
    Messaggi
    65,589
    Discorso del Santo Padre durante l'Udienza ad una Delegazione di ragazzi dell’Azione Cattolica Italiana
    (Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico Vaticano, 16 dicembre 2017).


    Discorso del Santo Padre durante l'Udienza ai Membri dell’Unione Stampa Periodica Italiana (U.S.P.I.) e della Federazione Italiana Settimanali Cattolici (F.I.S.C.)
    (Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, 16 dicembre 2017).

  5. #295
    Moderatore Globale L'avatar di Vox Populi
    Data Registrazione
    Apr 2006
    Località
    casa mia
    Messaggi
    65,589
    Saluto del Santo Padre ai bambini assistiti dal Dispensario Pediatrico “Santa Marta”, 17.12.2017


    Alle ore 10.30 di questa mattina, nell’Aula Paolo VI, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i bambini assistiti dal Dispensario Pediatrico “Santa Marta”.

    Riportiamo di seguito il saluto a braccio che il Papa ha rivolto ai volontari, ai genitori e a tutti i bambini presenti:

    Saluto del Santo Padre

    Buongiorno!

    La gioia dei bambini… La gioia dei bambini è un tesoro. I bambini gioiosi… E dobbiamo fare di tutto perché loro continuino a essere gioiosi, perché la gioia è come una terra buona. Un’anima gioiosa è come una terra buona che fa crescere bene la vita, con buoni frutti. E per questo si fa questa festa: si cerca sempre la vicinanza del Natale per radunarci, per fare questa festa per loro.

    Sentite bene. Prima cosa: custodite la gioia dei bambini. Non rattristate i bambini. Quando i bambini vedono che ci sono problemi a casa, che i genitori litigano, soffrono. Non rattristare i bambini. Devono crescere sempre con gioia. Voi siete gioiosi? [“Sì!]. Non ci credo: sì o no? [“Sì!”] Benissimo. Questa è la gioia.

    La seconda cosa, perché i bambini crescano bene: fateli parlare con i nonni. I due estremi della vita. Perché i nonni hanno memoria, hanno radici, e saranno i nonni a dare le radici ai bambini. Per favore, che non siano bambini sradicati, senza memoria di un popolo, senza memoria della fede, senza memoria di tante cose belle che ha fatto la storia, senza memoria dei valori. E chi aiuterà i bambini a fare questo? I nonni. Che parlino con i nonni, con gli anziani. Voi parlate con i nonni? [“Sì!”] Sicuro? [“Sì!”] Per chiedere una caramella? [“No!”] No? Dimmi… Alcune volte, tante volte i nonni se ne sono andati, non è vero? Ma ci sono altri anziani che fanno da nonni. Sempre parlare con gli anziani. Vi faccio una domanda, rispondete bene: i nonni, gli anziani, sono noiosi? [“No…Sì”] Tu… [“Ci fanno un sacco di regali”] E’ uno interessato: ci fanno tanti regali! Non sono noiosi, sono buoni. Dimmi… [“Ci vogliono molto bene”]. Ci vogliono molto bene. Che imparino, i bambini, a parlare con gli anziani, a parlare con i nonni.

    E il terzo consiglio che vi do: insegnate loro a parlare con Dio. Che imparino a pregare, a dire quello che sentono nel cuore.

    Gioia, parlare con i nonni, con gli anziani, e parlare con Dio. D’accordo? Tutti d’accordo? Anche voi, d’accordo? Vi auguro una bella giornata, con molta festa. E mangiate i 4 metri di pizza: mangiateli bene, che vi farà bene, fa crescere. E avanti! Grazie, grazie!

    E adesso preghiamo tutti la Madonna perché ci dia la benedizione: Ave o Maria…

    [Benedizione]

    E pregate per me!

    [01940-IT.01] [Testo originale: Italiano]

    [B0908-XX.01]


    fonte: Sala Stampa della Santa Sede

  6. #296
    Moderatore Globale L'avatar di Vox Populi
    Data Registrazione
    Apr 2006
    Località
    casa mia
    Messaggi
    65,589
    Le parole del Papa alla recita dell’Angelus, 17.12.2017


    Alle ore 12 di oggi, il Santo Padre Francesco si è affacciato alla finestra dello studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli e i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.

    In questa III domenica di Avvento (Domenica Gaudete), erano presenti i bambini del Centro Oratori Romani, delle Parrocchie e famiglie di Roma, per la benedizione dei “Bambinelli”.

    Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

    Prima dell’Angelus

    Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

    Nelle scorse domeniche la liturgia ha sottolineato che cosa significhi porsi in atteggiamento di vigilanza e che cosa comporti concretamente preparare la strada del Signore. In questa terza domenica di Avvento, detta “domenica della gioia”, la liturgia ci invita a cogliere lo spirito con cui avviene tutto questo, cioè, appunto, la gioia. San Paolo ci invita a preparare la venuta del Signore assumendo tre atteggiamenti. Sentite bene: tre atteggiamenti. Primo, la gioia costante; secondo, la preghiera perseverante; terzo, il continuo rendimento di grazie. Gioia costante, preghiera perseverante e continuo rendimento di grazie.

    Il primo atteggiamento, gioia costante: «Siate sempre lieti» (1 Ts 5,16), dice San Paolo. Vale a dire rimanere sempre nella gioia, anche quando le cose non vanno secondo i nostri desideri; ma c’è quella gioia profonda, che è la pace: anche quella è gioia, è dentro. E la pace è una gioia “a livello del suolo”, ma è una gioia. Le angosce, le difficoltà e le sofferenze attraversano la vita di ciascuno, tutti noi le conosciamo; e tante volte la realtà che ci circonda sembra essere inospitale e arida, simile al deserto nel quale risuonava la voce di Giovanni Battista, come ricorda il Vangelo di oggi (cfr Gv 1,23). Ma proprio le parole del Battista rivelano che la nostra gioia poggia su una certezza, che questo deserto è abitato: «In mezzo a voi – dice – sta uno che voi non conoscete» (v. 26). Si tratta di Gesù, l’inviato del Padre che viene, come sottolinea Isaia, «a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di grazia del Signore» (61,1-2). Queste parole, che Gesù farà sue nel discorso della sinagoga di Nazaret (cfr Lc 4,16-19), chiariscono che la sua missione nel mondo consiste nella liberazione dal peccato e dalle schiavitù personali e sociali che esso produce. Egli è venuto sulla terra per ridare agli uomini la dignità e la libertà dei figli di Dio, che solo Lui può comunicare, e a dare la gioia per questo.

    La gioia che caratterizza l’attesa del Messia si basa sulla preghiera perseverante: questo è il secondo atteggiamento. San Paolo dice: «Pregate ininterrottamente» (1 Ts 5,17. Per mezzo della preghiera possiamo entrare in una relazione stabile con Dio, che è la fonte della vera gioia. La gioia del cristiano non si compra, non si può comprare; viene dalla fede e dall’incontro con Gesù Cristo, ragione della nostra felicità. E quanto più siamo radicati in Cristo, quanto più siamo vicini a Gesù, tanto più ritroviamo la serenità interiore, pur in mezzo alle contraddizioni quotidiane. Per questo il cristiano, avendo incontrato Gesù, non può essere un profeta di sventura, ma un testimone e un araldo di gioia. Una gioia da condividere con gli altri; una gioia contagiosa che rende meno faticoso il cammino della vita.

    Il terzo atteggiamento indicato da Paolo è il continuo rendimento di grazie, cioè l’amore riconoscente nei confronti di Dio. Egli infatti è molto generoso con noi, e noi siamo invitati a riconoscere sempre i suoi benefici, il suo amore misericordioso, la sua pazienza e bontà, vivendo così in un incessante ringraziamento.

    Gioia, preghiera e gratitudine sono tre atteggiamenti che ci preparano a vivere il Natale in modo autentico. Gioia, preghiera e gratitudine. Diciamo tutti insieme: gioia, preghiera e gratitudine [la gente in Piazza ripete] Un’altra volta! [ripetono]. In questo ultimo tratto del tempo di Avvento, ci affidiamo alla materna intercessione della Vergine Maria. Lei è “causa della nostra gioia”, non solo perché ha generato Gesù, ma perché ci rimanda continuamente a Lui.

    [01941-IT.02] [Testo originale: Italiano]

    Dopo l’Angelus

    Cari fratelli e sorelle,

    [i ragazzi di Roma cantano “Tanti auguri a te”] Grazie tante, grazie tante!

    mi unisco di cuore all’appello dei Vescovi della Nigeria per la liberazione delle sei Suore del Cuore Eucaristico di Cristo, rapite circa un mese fa dal loro convento a Iguoriakhi. Prego con insistenza per loro e per tutte le altre persone che si trovano in questa dolorosa condizione: possano, in occasione del Natale, ritornare finalmente alle loro case. Preghiamo insieme per loro: Ave o Maria…

    Saluto tutti voi, famiglie, gruppi parrocchiali e associazioni, che siete venuti da Roma, dall’Italia e da tante parti del mondo. In particolare saluto il gruppo di “Lobitos” del Portogallo e quello di pellegrini boliviani. Saluto i fedeli di Salamanca e di Pernumia (Padova).

    E ora saluto con affetto i bambini venuti per la benedizione dei “Bambinelli”, organizzata dal Centro Oratori Romani. E’ bello quello che io posso leggere da qua: l’oratorio è proprio per ognuno di noi. “Sempre c’è un posto per te”, dice il cartello. Sempre c’è un posto per te! Quando pregherete a casa, davanti al presepe con i vostri familiari, lasciatevi attirare dalla tenerezza di Gesù Bambino, nato povero e fragile in mezzo a noi, per darci il suo amore. Questo è il vero Natale. Se togliamo Gesù, che cosa rimane del Natale? Una festa vuota. Non togliere Gesù dal Natale! Gesù è il centro del Natale, Gesù è il vero Natale! Capito?

    Perciò auguro a tutti una buona domenica e un buon cammino verso il Natale di Gesù. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci.

    [01942-IT.02] [Testo originale: Italiano]

    [B0907-XX.02]


    fonte: Sala Stampa della Santa Sede

  7. #297
    Moderatore Globale L'avatar di Vox Populi
    Data Registrazione
    Apr 2006
    Località
    casa mia
    Messaggi
    65,589
    L’Udienza Generale, 20.12.2017


    L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 9.35 nell’Aula Paolo VI dove il Santo Padre Francesco ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo.

    Nel discorso in lingua italiana, il Papa, continuando il nuovo ciclo di catechesi, ha incentrato la sua meditazione sui riti di introduzione della Santa Messa.

    Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre ha indirizzato particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.

    L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica.

    Catechesi del Santo Padre in lingua italiana

    Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

    Oggi vorrei entrare nel vivo della celebrazione eucaristica. La Messa è composta da due parti, che sono la Liturgia della Parola e la Liturgia eucaristica, così strettamente congiunte tra di loro da formare un unico atto di culto (cfr Sacrosanctum Concilium, 56; Ordinamento Generale del Messale Romano, 28). Introdotta da alcuni riti preparatori e conclusa da altri, la celebrazione è dunque un unico corpo e non si può separare, ma per una comprensione migliore cercherò di spiegare i suoi vari momenti, ognuno dei quali è capace di toccare e coinvolgere una dimensione della nostra umanità. È necessario conoscere questi santi segni per vivere pienamente la Messa e assaporare tutta la sua bellezza.

    Quando il popolo è radunato, la celebrazione si apre con i riti introduttivi, comprendenti l’ingresso dei celebranti o del celebrante, il saluto – “Il Signore sia con voi”, “La pace sia con voi” –, l’atto penitenziale – “Io confesso”, dove noi chiediamo perdono dei nostri peccati –, il Kyrie eleison, l’inno del Gloria e l’orazione colletta: si chiama “orazione colletta” non perché lì si fa la colletta delle offerte: è la colletta delle intenzioni di preghiera di tutti i popoli; e quella colletta dell’intenzione dei popoli sale al cielo come preghiera. Il loro scopo – di questi riti introduttivi – è di far sì «che i fedeli, riuniti insieme, formino una comunità, e si dispongano ad ascoltare con fede la parola di Dio e a celebrare degnamente l’Eucaristia» (Ordinamento Generale del Messale Romano, 46). Non è una buona abitudine guardare l’orologio e dire: “Sono in tempo, arrivo dopo il sermone e con questo compio il precetto”. La Messa incomincia con il segno della Croce, con questi riti introduttivi, perché lì incominciamo ad adorare Dio come comunità. E per questo è importante prevedere di non arrivare in ritardo, bensì in anticipo, per preparare il cuore a questo rito, a questa celebrazione della comunità.

    Mentre normalmente si svolge il canto d’ingresso, il sacerdote con gli altri ministri raggiunge processionalmente il presbiterio, e qui saluta l’altare con un inchino e, in segno di venerazione, lo bacia e, quando c’è l’incenso, lo incensa. Perché? Perché l’altare è Cristo: è figura di Cristo. Quando noi guardiamo l’altare, guardiamo proprio dov’è Cristo. L’altare è Cristo. Questi gesti, che rischiano di passare inosservati, sono molto significativi, perché esprimono fin dall’inizio che la Messa è un incontro di amore con Cristo, il quale «offrendo il suo corpo sulla croce […] divenne altare, vittima e sacerdote» (prefazio pasquale V). L’altare, infatti, in quanto segno di Cristo, «è il centro dell’azione di grazie che si compie con l’Eucaristia» (Ordinamento Generale del Messale Romano, 296), e tutta la comunità attorno all’altare, che è Cristo; non per guardarsi la faccia, ma per guardare Cristo, perché Cristo è al centro della comunità, non è lontano da essa.

    Vi è poi il segno della croce. Il sacerdote che presiede lo traccia su di sé e lo stesso fanno tutti i membri dell’assemblea, consapevoli che l’atto liturgico si compie «nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo». E qui passo a un altro argomento piccolissimo. Voi avete visto come i bambini fanno il segno della croce? Non sanno cosa fanno: a volte fanno un disegno, che non è il segno della croce. Per favore: mamma e papà, nonni, insegnate ai bambini, dall’inizio - da piccolini - a fare bene il segno della croce. E spiegategli che è avere come protezione la croce di Gesù. E la Messa incomincia con il segno della croce. Tutta la preghiera si muove, per così dire, nello spazio della Santissima Trinità – “Nel nome del Padre, del Figlio, e dello Spirito Santo” –, che è spazio di comunione infinita; ha come origine e come fine l’amore di Dio Uno e Trino, manifestato e donato a noi nella Croce di Cristo. Infatti il suo mistero pasquale è dono della Trinità, e l’Eucaristia scaturisce sempre dal suo cuore trafitto. Segnandoci con il segno della croce, dunque, non solo facciamo memoria del nostro Battesimo, ma affermiamo che la preghiera liturgica è l’incontro con Dio in Cristo Gesù, che per noi si è incarnato, è morto in croce ed è risorto glorioso.

    Il sacerdote, quindi, rivolge il saluto liturgico, con l’espressione: «Il Signore sia con voi» o un’altra simile – ce ne sono parecchie –; e l’assemblea risponde: «E con il tuo spirito». Siamo in dialogo; siamo all’inizio della Messa e dobbiamo pensare al significato di tutti questi gesti e parole. Stiamo entrando in una “sinfonia”, nella quale risuonano varie tonalità di voci, compreso tempi di silenzio, in vista di creare l’“accordo” tra tutti i partecipanti, cioè di riconoscersi animati da un unico Spirito e per un medesimo fine. In effetti «il saluto sacerdotale e la risposta del popolo manifestano il mistero della Chiesa radunata» (Ordinamento Generale del Messale Romano, 50). Si esprime così la comune fede e il desiderio vicendevole di stare con il Signore e di vivere l’unità con tutta la comunità.

    E questa è una sinfonia orante, che si sta creando e presenta subito un momento molto toccante, perché chi presiede invita tutti a riconoscere i propri peccati. Tutti siamo peccatori. Non so, forse qualcuno di voi non è peccatore…Se qualcuno non è peccatore alzi la mano, per favore, così tutti vediamo. Ma non ci sono mani alzate, va bene: avete buona la fede! Tutti siamo peccatori; e per questo all’inizio della Messa chiediamo perdono. E’ l’atto penitenziale. Non si tratta solamente di pensare ai peccati commessi, ma molto di più: è l’invito a confessarsi peccatori davanti a Dio e davanti alla comunità, davanti ai fratelli, con umiltà e sincerità, come il pubblicano al tempio. Se veramente l’Eucaristia rende presente il mistero pasquale, vale a dire il passaggio di Cristo dalla morte alla vita, allora la prima cosa che dobbiamo fare è riconoscere quali sono le nostre situazioni di morte per poter risorgere con Lui a vita nuova. Questo ci fa comprendere quanto sia importante l’atto penitenziale. E per questo riprenderemo l’argomento nella prossima catechesi.

    Andiamo passo passo nella spiegazione della Messa. Ma mi raccomando: insegnate bene ai bambini a fare il segno della croce, per favore!

    [01949-IT.02] [Testo originale: Italiano]

    Sintesi della catechesi e saluti nelle diverse lingue

    In lingua francese

    Speaker:


    Frères et sœurs, la Messe est composée de la Liturgie de la Parole et de la Liturgie eucharistique qui forment ensemble un unique acte de culte. Pour vivre pleinement la célébration, il est nécessaire de connaître la signification de tous ses signes. Ainsi les rites d’introduction qui ouvrent la célébration ont pour but de faire en sorte que les fidèles réunis forment une communauté, se disposent à écouter avec foi la Parole de Dieu et à célébrer dignement l’Eucharistie. La procession d’entrée et la vénération de l’autel veulent signifier que la Messe est une rencontre d’amour avec le Christ. L’autel est le centre de l’action de grâce qui se réalise dans l’Eucharistie. Par le signe de la croix, non seulement nous faisons mémoire de notre Baptême, mais nous affirmons que la prière liturgique est la rencontre avec Dieu en Jésus Christ qui pour nous s’est incarné, est mort en croix et est glorieusement ressuscité. Le salut liturgique du prêtre et la réponse de l’Assemblée manifestent le mystère de l’Eglise rassemblée. Nous y exprimons notre foi commune ainsi que le désir réciproque de demeurer avec le Seigneur et de vivre l’unité avec toute la communauté. Enfin, l’acte pénitentiel nous invite à nous reconnaître pécheurs devant Dieu et devant nos frères, avec humilité et sincérité, pour renaître avec le Christ à une vie nouvelle.

    Santo Padre:

    Sono lieto di dare il benvenuto ai pellegrini francofoni. Cari amici, alla vigilia delle celebrazioni del Natale del Signore, vi invito ad aprire i vostri cuori al Bambino di Betlemme per accogliere l'amore che Dio ha per ciascuno di voi e per tutti gli uomini. Buon Natale a tutti. Dio vi benedica!

    Speaker:


    Je suis heureux d’accueillir les pèlerins francophones. Chers amis, à la veille des célébrations de la Nativité du Seigneur, je vous invite à ouvrir vos cœurs à l’Enfant de Bethléem pour accueillir l’amour que Dieu porte à chacun de nous et à tous les hommes. Bon Noël à tous. Que Dieu vous bénisse!

    [01950-FR.01] [Texte original: Français]

    In lingua inglese

    Speaker:


    Dear Brothers and Sisters: In our continuing catechesis on the Eucharist, we now turn to the celebration of Mass, starting with the introductory rites. These rites are not marginal: they dispose us to listen in faith to the word of God and to partake worthily in the Eucharistic sacrifice. Each ritual gesture is expressive of the mysteries we prepare to celebrate. As the priest kisses the altar, we are reminded that Mass is an encounter of love with the living Christ. As we join in making the sign of the cross, we recall that by our baptism we share in the love of God, Father, Son and Holy Spirit, revealed on the cross of Christ. So too, the liturgical greeting – The Lord be with you” – and our response – “And with your spirit” – bring us together as members of Christ’s body the Church, each with his or her own gifts to offer in a harmonious symphony of praise and thanksgiving. The introductory rites culminate in the penitential act, in which we humbly acknowledge our sins, in order to pass with the Lord from death to new life through the sacramental celebration of his passion, death and resurrection.

    Santo Padre:

    Saluto i pellegrini di lingua inglese presenti all’Udienza odierna, specialmente i gruppi di giovani studenti provenienti da Australia e Stati Uniti d’America. Nell’imminenza del Santo Natale, invoco su voi e sulle vostre famiglie la gioia e la pace nel Signore Gesù.

    Speaker:

    I greet all the English-speaking pilgrims and visitors taking part in today’s Audience, particularly the student groups from Australia and the United States of America. In these final days before our celebration of Christmas, I invoke upon you and your families the joy and peace of our Lord Jesus Christ.

    [01951-EN.01] [Original text: English]

    In lingua tedesca

    Speaker:


    Liebe Brüder und Schwestern, die heilige Messe ist ein einziger Akt der Gottesverehrung, der aus verschiedenen Teilen besteht. In der heutigen Katechese wollen wir die Eingangsriten betrachten. Wenn der Priester während des Eröffnungsgesangs an den Altar tritt, verneigt er sich, küsst ihn und inzensiert ihn mit Weihrauch zum Zeichen der Verehrung. Diese Riten zeigen uns, dass die heilige Messe die liebende Begegnung mit Christus ist, der sich dargebracht hat zu unserem Heil und gleichsam Priester, Altar und Opferlamm ist (vgl. 5. Oster-präfation). Der Altar als Zeichen für Christus ist daher das Zentrum der Eucharistiefeier. Der Zelebrant eröffnet das gemeinsame Beten mit dem Kreuzzeichen, da die Liturgie immer ein Handeln „im Namen des Vaters und des Sohnes und des Heiligen Geistes“ ist, der Liebe des dreifaltigen Gottes, der sich uns im gekreuzigten Christus offenbart. Mit dem liturgischen Gruß des Priesters „Der Herr sei mit euch“ und der Antwort des Volkes „Und mit deinem Geiste“ drückt die ganze versammelte Gemeinde ihre Einheit im Glauben und ihre Liebe zum Herrn aus. Im Bußakt bekennen wir vor Gott und den Menschen, dass wir Sünder sind, um durch den Tod und die Auferstehung des Erlösers zum Leben der Gnade geführt zu werden.

    Santo Padre:

    Un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua tedesca. Fra pochi giorni celebreremo la natività del Signore. Vi auguro di sperimentare la presenza e la vicinanza di Dio fatto uomo che ci da gioia e pace. Dio vi benedica tutti.

    Speaker:

    Herzlich heiße ich die Pilger deutscher Sprache willkommen. In wenigen Tagen feiern wir die Geburt des Herrn. Ich wünsche euch, dass ihr die Gegenwart und Nähe des menschgewordenen Gottes erfahrt, die uns Freude und Frieden schenkt. Gott segne euch alle.

    [01952-DE.01] [Originalsprache: Deutsch]

    In lingua spagnola

    Queridos hermanos y hermanas:

    La serie de catequesis sobre la Santa Misa nos lleva a reflexionar en la celebración de la Eucaristía como un único acto compuesto de dos partes: la liturgia de la Palabra y la liturgia eucarística. Hoy, deseo detenerme en los ritos introductorios que preceden a esos dos grandes momentos.

    El sacerdote, al inicio de la celebración, se dirige al presbiterio mientras se entona el canto de ingreso, al llegar se inclina ante el altar en signo de veneración, lo besa y lo inciensa. A continuación, el sacerdote que preside traza sobre su pecho el signo de la cruz, y junto con él lo hacen también los presentes. Este signo nos recuerda que todo acto litúrgico se cumple «en el nombre del Padre y del Hijo y del Espíritu Santo».

    Después, quien preside se dirige a la asamblea con un saludo como éste: «el Señor esté con ustedes», al que el Pueblo responde: «y con tu espíritu». Este saludo y esta respuesta manifiestan el misterio de la Iglesia reunida, que confiesa una misma fe y desea estar unida con su Señor. Posteriormente, el sacerdote invita al acto penitencial, que no es solamente pensar en los pecados cometidos, sino confesarnos pecadores ante Dios y ante los hermanos, para que podamos resurgir a una vida nueva con Cristo.

    Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española, en particular a los venidos de España y Latinoamérica. Ante la proximidad de la Celebración del Nacimiento de Nuestro Señor, los animo a vivir con intensidad estos días, participando en la Santa Misa y experimentando la gracia del encuentro personal con Cristo, que ha querido nacer de una Mujer, María, para salvarnos y colmarnos de paz y de alegría.

    A todos les deseo una Feliz Navidad.

    Que Dios los bendiga. Muchas gracias.

    [01953-ES.02] [Texto original: Español]

    In lingua portoghese

    Speaker:


    A Santa Missa compõe-se de duas partes: a Liturgia da Palavra e a Liturgia Eucarística, tão intimamente unidas entre si que formam um único ato de culto, um único corpo que não se pode separar. Mas, para melhor a viver e saborear em toda a sua beleza, vejamos separadamente os vários momentos e sinais que compõem a Eucaristia, a começar pelos ritos introdutórios: a entrada, a saudação, o ato penitencial, o Kyrie eleison, o hino da Glória e a oração chamada Coleta. A finalidade geral destes ritos introdutórios é fazer com que os fiéis congregados formem comunidade e se disponham a escutar com fé a Palavra de Deus e a celebrar dignamente a Eucaristia. No termo da procissão de entrada, o celebrante chega ao presbitério, saúda o altar com uma inclinação e, em sinal de veneração, beija-o e incensa-o, porque o altar é sinal de Cristo, que, oferecendo o seu corpo na cruz, tornou-Se altar, vitima e sacerdote. Em seguida, o sacerdote e restantes membros da assembleia fazem o sinal da cruz: com este sinal, não só recordamos o nosso Batismo, mas afirmamos também que a oração litúrgica se realiza «em nome do Pai, do Filho e do Espírito Santo», desenrola-se no espaço da Santíssima Trindade, que é espaço de comunhão infinita; toda a oração tem como origem e fim o amor de Deus Uno e Trino que se manifestou e nos foi doado na Cruz de Cristo. Depois o sacerdote dirige a saudação litúrgica à assembleia: «O Senhor esteja convosco!». «E contigo também»: responde-lhe o povo de Deus. Assim se exprime a fé comum e o mútuo desejo de estar com o Senhor e viver em união com toda a comunidade.

    Santo Padre:


    Carissimi pellegrini di lingua portoghese, vi saluto tutti, augurandovi un incontro personale con il Salvatore. In questi giorni, Lo vediamo deposto nella mangiatoia, ma è nell’Eucaristia che Egli si lascia trovare di persona. In ogni Messa, si prepara non solo il Natale di Dio nel mondo, ma anche la nascita dell'essere umano nel seno di Dio. Auguro un Natale così a ciascuno di voi e alle vostre famiglie, che benedico di cuore.

    Speaker:

    Queridos peregrinos de língua portuguesa, a todos vos saúdo, desejando-vos um encontro pessoal com o Salvador. Nestes dias, vemo-Lo deitado na manjedoura, mas é na Eucaristia que Ele Se deixa encontrar pessoalmente. Em cada Missa, prepara-se não só o Natal de Deus no mundo, mas também o nascimento do ser humano no seio de Deus. Desejo um Natal assim a cada um de vós e às vossas famílias, que de coração abençoo.

    [01954-PO.01] [Texto original: Português]

    In lingua araba

    Speaker:


    [في إطار تعاليمه حول القدّاس الالهي، توقّف قداسة البابا اليوم عند الطقس التحضيريّ للاحتفال ‏بالذبيحة الإلهيّة، والعلامات التي يتضمّنها، مؤكّدا أهمّية فهم هذه الحركات الطقسية كيما نحيا القدّاس الإلهي ‏بالملء ونتذوّق جماله. إن هدف هذه الأفعال الطقسية هي توحيد الجماعة وجعلها أهلًا للاحتفال، لأنها تعبّر ‏عن كون القدّاس لقاء محبّة بالمسيح، الذي هو الكاهنُ والمذبح، وحَمَلُ المحرقة. وأشار البابا لعلامة الصليب الذي يرسمها الكاهن والمؤمنون على أنفسهم في البداية والتي تشير إلى أن الصلاة الليتورجية تتمّ "باسم ‏الآب والابن والروح القدس"، أي في حضن الثالوث، لأنها لقاء مع الله في يسوع المسيح، ‏الذي تجسّد من أجلنا، ومات على الصليب وقام من بين الأموات، بقوة الروح القدس. وشرح البابا تحيّة الكاهن ‏للشعب والإجابة عليها (السلام لجميعكم ولروحك أيضًا) والتي تعبّر عن سرّ الكنيسة المجتمعة، وعن ‏الإيمان المشترك والرغبة المتبادلة في عيش الوحدة. وأنهى البابا تعليمه موضحًا أن فعل التوبة الذي يلي هذه ‏التحيّة هو أكثر من مجرد دعوة للتفكير بالخطايا التي اقترفناها، إنما يهدف لحث المؤمنين على الاعتراف، لله ‏وللإخوة، بوداعة وصدق، بأننا خطأة لأن الإفخارستيا تجعل السرّ الفصحيّ حاضرًا بالفعل، ومن ثمَّ فأوّل عملٍ علينا القيام به هو الاعتراف بكوننا أمواتا في الخطيئة كي نستطيع أن ‏نقوم مع المسيح إلى الحياة الجديد‏].

    Santo Padre:

    Saluto cordialmente i pellegrini di lingua ‎araba, ‎in ‎‎‎particolare ‎quelli ‎provenienti ‎dall’Iraq, dall’Egitto e dal Medio Oriente. San Tommaso ‎d’Aquino insegnò che nella sacra liturgia è necessario “servirsi di cose materiali ‎come di segni, mediante i quali l’anima umana venga eccitata alle azioni spirituali ‎che la uniscono a Dio” (S.Th. IIa IIae q. 81 a. 7). Impegnatevi nell’apprendere il ‎significato di ogni azione liturgica per vivere pianamente ogni celebrazione ‎eucaristica e riempirvi così dei suoi frutti divini. Il ‎Signore vi ‎benedica ‎‎tutti e ‎vi ‎protegga ‎dal ‎maligno!‎

    Speaker:


    أرحب بمودة بالحاضرين الناطقين باللغة العربية، وخاصة بالقادمين من العراق ومن مصر ومن الشرق ‏الأوسط. عَلَّم القديس توما الأكويني أنه من الضروري في الليتورجيا المقدسة "الاستفادة من الأشياء المادية ‏كعلامات من خلالها تتحمس النفس البشرية للقيام بأعمال روحية توحدها مع الله" (‏S.Th. IIa IIae q. 81 a. ‎‎7‎‏). اهتموا إذًا بتعلم معنى كل عمل طقسي لتعيشوا بالملء كل احتفال إفخارستي، ولتمتلئوا هكذا من ثماره ‏الإلهية. ليبارككم الربّ جميعا ويحرسكم من الشرير!‏

    [01955-AR.01] [Testo originale: Arabo]

    In lingua polacca

    Speaker:


    Drodzy bracia i siostry, dzisiaj chciałbym przejść do istoty celebracji Mszy św. Składa się ona z dwóch części, to znaczy z liturgii słowa i liturgii eucharystycznej. Celebracji, która stanowi jeden akt kultu nie można dzielić, ​​ale dla lepszego zrozumienia warto wyjaśnić jej poszczególne momenty. Obrzędy wprowadzające obejmują wejście, pozdrowienie, „Akt pokutny”, hymn „Chwała na wysokości” oraz kolektę. Mają one przygotować wiernych do słuchania słowa Bożego i godnego sprawowania Eucharystii. Pieśń na wejście, procesja do prezbiterium, ucałowanie i okadzenie ołtarza, to gesty, które mają uświadomić wiernym, że Msza św. jest spotkaniem miłości z Chrystusem, który przez ofiarę swojego ciała na krzyżu sam stał się Kapłanem, Ołtarzem i Barankiem ofiarnym. Znak krzyża, którym rozpoczynamy liturgię nie tylko przypomina nam fakt naszego chrztu, ale potwierdza, że modlitwa liturgiczna jest spotkaniem z Chrystusem, który dla nas przyjął ciało, umarł na krzyżu i zmartwychwstał. Pozdrowienie: „Pan z wami” i odpowiedź „I z duchem twoim” zachęcają nas do trwania w jedności z Panem i z całą wspólnotą. Istotnym momentem obrzędów wstępnych jest „Akt pokutny”. Jest on wezwaniem, by uznać swoją grzeszność wobec Boga i braci oraz zachętą, by rozeznać, w jaki sposób możemy wraz z Chrystusem powstać do nowego życia. Ponieważ ten moment jest bardzo istotny we Mszy św., dlatego do niego powrócimy jeszcze w następnej katechezie.

    Santo Padre:

    Do il mio cordiale benvenuto ai Polacchi venuti a quest’udienza. Fra qualche giorno vivremo la quarta Domenica d’Avvento, la Vigilia e il Natale del Signore; ecco gli avvenimenti prossimi che ci attendono. Come i Pastori di Betlemme di tanti anni fa, hanno riconosciuto il Figlio di Dio nato in una stalla, così anche voi sappiateLo riconoscere quando viene nel mistero dell’Eucaristia. La Notte del Natale illumini con la gioia e con la pace la vita di ciascuno di voi, delle vostre famiglie, delle persone a voi care e, in modo particolare, delle persone sole, dei sofferenti e dei senza tetto. Gesù nato a Betlemme benedica voi e la vostra Patria. Sia lodato Gesù Cristo.

    Speaker:

    Serdecznie witam przybyłych na tę audiencję Polaków. Już za kilka dni: Czwarta Niedziela Adwentu, Wigilia, Boże Narodzenie; oto czekające nas wydarzenia. Jak pasterze z Betlejem, wiele lat temu, rozpoznali Syna Bożego narodzonego w stajni, tak i wy umiejcie rozpoznać Go, gdy przychodzi w tajemnicy Eucharystii. Niech noc Bożego Narodzenia opromieni radością i pokojem życie każdego z was, waszych rodzin, bliskich, a szczególnie osób samotnych, cierpiących i bezdomnych. Niech Jezus narodzony w Betlejem błogosławi wam i waszej Ojczyźnie. Niech będzie pochwalony Jezus Chrystus.

    [01956-PL.01] [Testo originale: Polacco]

    In lingua italiana

    Cari pellegrini di lingua italiana, benvenuti!

    Vorrei ringraziare il Circo cubano per questo bello spettacolo! Grazie!

    Sono lieto di accogliere i novelli Sacerdoti dei Legionari di Cristo, con i Confratelli e i familiari; i Sacerdoti del Collegio missionario internazionale San Giuseppe di Roma e le parrocchie di Alvito e di Maria Santissima Annunziata di Siano. Esorto tutti voi a rinnovare l’adesione a Cristo povero, umile e obbediente per trasmettere l’amore e la misericordia di Dio nel contesto ecclesiale odierno.

    Saluto gli Istituti scolastici, le famiglie del Personale dipendente dello Stato Maggiore dell’Aereonautica Militare; le delegazioni dei comuni di Bolsena e di Cagnano Amiterno e i dirigenti e gli artisti del Circo di Cuba.

    Un saluto speciale rivolgo ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli.

    Cari giovani, preparatevi al mistero del Natale del Signore con l’obbedienza di fede e l’umiltà che furono di Maria. Voi, cari ammalati, attingete da Lei quella stessa forza d’amore per Gesù che viene tra noi. E voi, cari sposi novelli, contemplate l’esempio della santa Famiglia a Betlemme, per praticare le stesse virtù nel vostro cammino di vita familiare. E dopo la benedizione, mi piacerebbe sentire questo coro che canta bene!

    [01957-IT.02] [Testo originale: Italiano]

    [B0915-XX.02]


    fonte: Sala Stampa della Santa Sede

  8. #298
    Moderatore Globale L'avatar di Vox Populi
    Data Registrazione
    Apr 2006
    Località
    casa mia
    Messaggi
    65,589
    Udienza del Santo Padre alla Curia Romana in occasione della presentazione degli auguri natalizi, 21.12.2017


    Alle ore 10.30 di questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i Cardinali e i Superiori della Curia Romana per la presentazione degli auguri natalizi.

    Nel corso dell’incontro, il Papa ha rivolto alla Curia Romana il discorso che riportiamo di seguito:

    Discorso del Santo Padre

    Cari fratelli e sorelle,

    Il Natale è la festa della fede nel Figlio di Dio che si è fatto uomo per ridonare all’uomo la sua dignità filiale, perduta a causa del peccato e della disobbedienza. Il Natale è la festa della fede nei cuori che si trasformano in mangiatoia per ricevere Lui, nelle anime che permettono a Dio di far germogliare dal tronco della loro povertà il virgulto di speranza, di carità e di fede.

    Quella di oggi è una nuova occasione per scambiarci gli auguri natalizi e auspicare per tutti voi, per i vostri collaboratori, per i Rappresentanti pontifici, per tutte le persone che prestano servizio nella Curia e per tutti i vostri cari un santo e gioioso Natale e un felice Anno Nuovo. Che questo Natale ci apra gli occhi per abbandonare il superfluo, il falso, il malizioso e il finto, e per vedere l’essenziale, il vero, il buono e l’autentico. Tanti auguri davvero!

    Cari fratelli,

    avendo parlato in precedenza della Curia romana ad intra, desidero quest’anno condividere con voi alcune riflessioni sulla realtà della Curia ad extra, ossia il rapporto della Curia con le Nazioni, con le Chiese particolari, con le Chiese Orientali, con il dialogo ecumenico, con l’ebraismo, con l’Islam e le altre religioni, cioè con il mondo esterno.

    Le mie riflessioni si basano certamente sui principi basilari e canonici della Curia, sulla stessa storia della Curia, ma anche sulla visione personale che ho cercato di condividere con voi nei discorsi degli ultimi anni, nel contesto dell’attuale riforma in corso.

    E parlando della riforma mi viene in mente l’espressione simpatica e significativa di Mons. Frédéric-François-Xavier De Mérode: «Fare le ‎riforme a Roma è come pulire la Sfinge d’Egitto con uno spazzolino da denti»[1].‎ Ciò evidenzia quanta pazienza, dedizione e delicatezza occorrano per raggiungere tale obbiettivo, in quanto la Curia è un’istituzione antica, complessa, venerabile, composta da uomini provenienti da diverse culture, lingue e costruzioni mentali e che, strutturalmente e da sempre, è legata alla funzione primaziale del Vescovo di Roma nella Chiesa, ossia all’ufficio “sacro” voluto dallo stesso Cristo Signore per il bene dell’intero corpo della Chiesa, (ad bonum totius corporis)[2].

    L’universalità del servizio della Curia, dunque, proviene e scaturisce dalla cattolicità del Ministero petrino. Una Curia chiusa in sé stessa tradirebbe l’obbiettivo della sua esistenza e cadrebbe nell’autoreferenzialità, condannandosi all’autodistruzione. La Curia, ex natura, è progettata ad extra in quanto e finché legata al Ministero petrino, al servizio della Parola e dell’annuncio della Buona Novella: il Dio Emmanuele, che nasce tra gli uomini, che si fa uomo per mostrare a ogni uomo la sua vicinanza viscerale, il suo amore senza limiti e il suo desiderio divino che tutti gli uomini siano salvi e arrivino a godere della beatitudine celeste (cfr 1 Tm 2,4); il Dio che fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi (cfr Mt 5,45); il Dio che non è venuto per essere servito ma per servire (cfr Mt 20,28); il Dio che ha costituito la Chiesa per essere nel mondo, ma non del mondo, e per essere strumento di salvezza e di servizio.

    Proprio pensando a questa finalità ministeriale, petrina e curiale, ossia di servizio, salutando di recente i Padri e Capi delle Chiese Orientali Cattoliche[3], ho fatto ricorso all’espressione di un “primato diaconale”, rimandando subito all’immagine diletta di San Gregorio Magno del Servus servorum Dei. Questa definizione, nella sua dimensione cristologica, è anzitutto espressione della ferma volontà di imitare Cristo, il quale assunse la forma di servo (cfr Fil 2,7‎). Benedetto XVI, quando ne parlò, disse che sulle labbra di Gregorio questa frase non era «una pia formula, ma la vera manifestazione del suo modo di vivere e di agire. Egli era intimamente colpito dall’umiltà di Dio, che in Cristo si è fatto nostro servo, ci ha lavato e ci lava i piedi sporchi»[4].

    Analogo atteggiamento diaconale deve caratterizzare anche quanti, a vario titolo, operano nell’ambito della Curia romana la quale, come ricorda anche il Codice di Diritto Canonico, agendo nel nome e con l’autorità del Sommo Pontefice, «adempie alla propria funzione per il bene e al servizio delle Chiese» (can. 360; cfr CCEO can. 46).

    Primato diaconale “relativo al Papa”[5]; e altrettanto diaconale, di conseguenza, è il lavoro che si svolge all’interno della Curia romana ad intra e all’esterno ad extra. Questo tema della diaconia ministeriale e curiale mi riporta a un antico testo presente nella Didascalia Apostolorum, dove si afferma: il «diacono sia l’orecchio e la bocca del Vescovo, il suo cuore e la sua anima»[6], poiché a questa concordia è legata la comunione, l’armonia e la pace nella Chiesa, in quanto il diacono è il custode del servizio nella Chiesa[7]. Non credo sia per caso che l’orecchio è l’organo dell’udito ma anche dell’equilibrio; e la bocca l’organo dell’assaporare e del parlare.

    Un altro antico testo aggiunge che i diaconi sono chiamati a essere come gli occhi del Vescovo[8]. L’occhio guarda per trasmettere le immagini alla mente, aiutandola a prendere le decisioni e a dirigere per il bene di tutto il corpo.

    La relazione che da queste immagini si può dedurre è quella di comunione di filiale obbedienza per il servizio al popolo santo di Dio. Non c’è dubbio, poi, che tale dev’essere anche quella che esiste tra tutti quanti operano nella Curia romana, dai Capi Dicastero e Superiori agli ufficiali e a tutti. La comunione con Pietro rafforza e rinvigorisce la comunione tra tutti i membri.

    Da questo punto di vista, il richiamo ai sensi dell’organismo umano aiuta ad avere il senso dell’estroversione, dell’attenzione a quello che c’è fuori. Nell’organismo umano, infatti, i sensi sono il nostro primo legame con il mondo ad extra, sono come un ponte verso di esso; sono la nostra possibilità di relazionarci. I sensi ci aiutano a cogliere il reale e ugualmente a collocarci nel reale. Non a caso Sant’Ignazio di Loyola ha fatto ricorso ai sensi nella contemplazione dei Misteri di Cristo e della verità[9].

    Questo è molto importante per superare quella squilibrata e degenere logica dei complotti o delle piccole cerchie che in realtà rappresentano – nonostante tutte le loro giustificazioni e buone intenzioni – un cancro che porta all’autoreferenzialità, che si infiltra anche negli organismi ecclesiastici in quanto tali, e in particolare nelle persone che vi operano. Quando questo avviene, però, si perde la gioia del Vangelo, la gioia di comunicare il Cristo e di essere in comunione con Lui; si perde la generosità della nostra consacrazione (cfr At 20,35 e 2 Cor 9,7).

    Permettetemi qui di spendere due parole su un altro pericolo, ossia quello dei traditori di fiducia o degli approfittatori della maternità della Chiesa, ossia le persone che vengono selezionate accuratamente per dare maggior vigore al corpo e alla riforma, ma – non comprendendo l’elevatezza della loro responsabilità – si lasciano corrompere dall’ambizione o dalla vanagloria e, quando vengono delicatamente allontanate, si auto-dichiarano erroneamente martiri del sistema, del “Papa non informato”, della “vecchia guardia”…, invece di recitare il “mea culpa”. Accanto a queste persone ve ne sono poi altre che ancora operano nella Curia, alle quali si dà tutto il tempo per riprendere la giusta via, nella speranza che trovino nella pazienza della Chiesa un’opportunità per convertirsi e non per approfittarsene. Questo certamente senza dimenticare la stragrande maggioranza di persone fedeli che vi lavorano con lodevole impegno, fedeltà, competenza, dedizione e anche tanta santità.

    È opportuno, allora, tornando all’immagine del corpo, evidenziare che questi “sensi istituzionali”, cui potremmo in qualche modo paragonare i Dicasteri della Curia romana, devono operare in maniera conforme alla loro natura e alla loro finalità: nel nome e con l’autorità del Sommo Pontefice e sempre per il bene e al servizio delle Chiese[10]. Essi sono chiamati ad essere nella Chiesa come delle fedeli antenne sensibili: emittenti e riceventi.

    Antenne emittenti in quanto abilitate a trasmettere fedelmente la volontà del Papa e dei Superiori. La parola “fedeltà”[11] per quanti operano presso la Santa Sede «assume un carattere particolare, dal momento che essi pongono al servizio del Successore di Pietro buona parte delle proprie energie, del proprio tempo e del proprio ministero quotidiano. Si tratta di una grave responsabilità, ma anche di un dono speciale, che con il passare del tempo va sviluppando un legame affettivo con il Papa, di interiore confidenza, un naturale idem sentire, che è ben espresso proprio dalla parola “fedeltà”»[12].

    L’immagine dell’antenna rimanda altresì all’altro movimento, quello inverso, ossia del ricevente. Si tratta di cogliere le istanze, le domande, le richieste, le grida, le gioie e le lacrime delle Chiese e del mondo in modo da trasmetterle al Vescovo di Roma al fine di permettergli di svolgere più efficacemente il suo compito e la sua missione di «principio e fondamento perpetuo e visibile dell’unità di fede e di comunione»[13]. Con tale recettività, che è più importante dell’aspetto precettivo, i Dicasteri della Curia romana entrano generosamente in quel processo di ascolto e di sinodalità di cui ho già parlato[14].

    Cari fratelli e sorelle,

    ho fatto ricorso all’espressione “primato diaconale”, all’immagine del corpo, dei sensi e dell’antenna per spiegare che proprio per raggiungere gli spazi dove lo Spirito parla alle Chiese (cioè la storia) e per realizzare lo scopo dell’operare (la salus animarum) risulta necessario, anzi indispensabile, praticare il discernimento dei segni dei tempi[15], la comunione nel servizio, la carità nella verità, la docilità allo Spirito e l’obbedienza fiduciosa ai Superiori.

    Forse è utile qui ricordare che gli stessi nomi dei diversi Dicasteri e degli Uffici della Curia romana lasciano intendere quali siano le realtà a favore delle quali debbono operare. Si tratta, a ben vedere, di azioni fondamentali e importanti per tutta la Chiesa e direi per il mondo intero.

    Essendo l’operato della Curia davvero molto ampio, mi limiterei questa volta a parlarvi genericamente della Curia ad extra, cioè di alcuni aspetti fondamentali, selezionati a partire dai quali non sarà difficile, nel prossimo futuro, elencare e approfondire gli altri campi dell’operato della Curia.

    La Curia e il rapporto con le Nazioni

    In questo campo gioca un ruolo fondamentale la Diplomazia Vaticana, che è la ricerca sincera e costante di rendere la Santa Sede un costruttore di ponti, di pace e di dialogo tra le Nazioni. Ed essendo una Diplomazia al servizio dell’umanità e dell’uomo, della mano tesa e della porta aperta, essa si impegna nell’ascoltare, nel comprendere, nell’aiutare, nel sollevare e nell’intervenire prontamente e rispettosamente in qualsiasi situazione per avvicinare le distanze e per intessere la fiducia. L’unico interesse della Diplomazia Vaticana è quello di essere libera da qualsiasi interesse mondano o materiale.

    La Santa Sede quindi è presente sulla scena mondiale per collaborare con tutte le persone e le Nazioni di buona volontà e per ribadire sempre l’importanza di custodire la nostra casa comune da ogni egoismo distruttivo; per affermare che le guerre portano solo morte e distruzione; per attingere dal passato i necessari insegnamenti che ci aiutano a vivere meglio il presente, a costruire solidamente il futuro e a salvaguardarlo per le nuove generazioni.

    Gli incontri con i Capi delle Nazioni e con le diverse Delegazioni, insieme ai Viaggi Apostolici, ne sono il mezzo e l’obiettivo.

    Ecco perché è stata costituita la Terza Sezione della Segreteria di Stato, con la finalità di dimostrare l’attenzione e la vicinanza del Papa e dei Superiori della Segreteria di Stato al personale di ruolo diplomatico e anche ai religiosi e alle religiose, ai laici e alle laiche che prestano lavoro nelle Rappresentanze Pontificie. Una Sezione che si occupa delle questioni attinenti alle persone che lavorano nel servizio diplomatico della Santa Sede o che vi si preparano, in stretta collaborazione con la Sezione per gli Affari Generali e con la Sezione per i Rapporti con gli Stati[16].

    Questa particolare attenzione si basa sulla duplice dimensione del servizio del personale diplomatico di ruolo: pastori e diplomatici, al servizio delle Chiese particolari e delle Nazioni ove operano.

    La Curia e le Chiese particolari

    Il rapporto che lega la Curia alle Diocesi e alle Eparchie è di primaria importanza. Esse trovano nella Curia Romana il sostegno e il supporto necessario di cui possono avere bisogno. È un rapporto che si basa sulla collaborazione, sulla fiducia e mai sulla superiorità o sull’avversità. La fonte di questo rapporto è nel Decreto conciliare sul ministero pastorale dei Vescovi, dove più ampiamente si spiega che quello della Curia è un lavoro svolto «a vantaggio delle Chiese e al servizio dei sacri pastori»[17].

    La Curia romana, dunque, ha come suo punto di riferimento non soltanto il Vescovo di Roma, da cui attinge autorità, ma pure le Chiese particolari e i loro Pastori nel mondo intero, per il cui bene opera e agisce.

    A questa caratteristica di «servizio al Papa e ai Vescovi, alla Chiesa universale, alle Chiese particolari» e al mondo intero, ho fatto richiamo nel primo di questi nostri annuali incontri, quando sottolineai che «nella Curia romana si apprende, “si respira” in modo speciale questa duplice dimensione della Chiesa, questa compenetrazione tra l’universale e il particolare»; e aggiunsi: «penso che sia una delle esperienze più belle di chi vive e lavora a Roma»[18].

    Le visite ad limina Apostolorum, in questo senso, rappresentano una grande opportunità di incontro, di dialogo e reciproco arricchimento. Ecco perché ho preferito, incontrando i Vescovi, avere un dialogo di reciproco ascolto, libero, riservato, sincero che va oltre gli schemi protocollari e l’abituale scambio di discorsi e di raccomandazioni. È importante anche il dialogo tra i Vescovi e i diversi Dicasteri. Quest’anno, riprendendo le visite ad limina, dopo l’anno del Giubileo, i Vescovi mi hanno confidato che sono stati ben accolti e ascoltati da tutti i Dicasteri. Questo mi rallegra tanto e ringrazio i Capi Dicasteri qui presenti.

    Permettetemi anche qui, in questo particolare momento della vita della Chiesa, di richiamare la nostra attenzione alla prossima XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, convocata sul tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”. Chiamare la Curia, i Vescovi e tutta la Chiesa a portare una speciale attenzione alle persone dei giovani, non vuol dire guardare soltanto a loro, ma anche mettere a fuoco un tema nodale per un complesso di relazioni e di urgenze: i rapporti intergenerazionali, la famiglia, gli ambiti della pastorale, la vita sociale... Lo annuncia chiaramente il Documento preparatorio nella sua introduzione: «La Chiesa ha deciso di interrogarsi su come accompagnare i giovani a riconoscere e accogliere la chiamata all’amore e alla vita in pienezza, e anche di chiedere ai giovani stessi di aiutarla a identificare le modalità oggi più efficaci per annunciare la Buona Notizia. Attraverso i giovani, la Chiesa potrà percepire la voce del Signore che risuona anche oggi. Come un tempo Samuele (cfr 1 Sam 3,1-21) e Geremia (cfr Ger 1,4-10), anche oggi ci sono giovani che sanno scorgere quei segni del nostro tempo che lo Spirito addita. Ascoltando le loro aspirazioni possiamo intravedere il mondo di domani che ci viene incontro e le vie che la Chiesa è chiamata a percorrere»[19].

    La Curia e le Chiese Orientali

    L’unità e la comunione che dominano il rapporto della Chiesa di Roma e le Chiese Orientali rappresentano un concreto esempio di ricchezza nella diversità per tutta la Chiesa. Esse, nella fedeltà alle proprie Tradizioni bimillenarie e nella ecclesiastica communio, sperimentano e realizzano la preghiera sacerdotale di Cristo (cfr Gv 17)[20].

    In questo senso, nell’ultimo incontro con i Patriarchi e gli Arcivescovi Maggiori delle Chiese Orientali, parlando del “primato diaconale”, ho evidenziato anche l’importanza di approfondire e di revisionare la delicata questione dell’elezione dei nuovi Vescovi ed Eparchi che deve corrispondere, da una parte, all’autonomia delle Chiese Orientali e, allo stesso tempo, allo spirito di responsabilità evangelica e al desiderio di rafforzare sempre di più l’unità con la Chiesa Cattolica. «Il tutto, nella più convinta applicazione di quella autentica prassi sinodale, che è distintiva delle Chiese d’Oriente»[21]. L’elezione di ogni Vescovo deve rispecchiare e rafforzare l’unità e la comunione tra il Successori di Pietro e tutto il collegio episcopale[22].

    Il rapporto tra Roma e l’Oriente è di reciproco arricchimento spirituale e liturgico. In realtà, la Chiesa di Roma non sarebbe davvero cattolica senza le inestimabili ricchezze delle Chiese Orientali e senza la testimonianza eroica di tanti nostri fratelli e sorelle orientali che purificano la Chiesa accettando il martirio e offrendo la loro vita per non negare Cristo[23].

    La Curia e il dialogo ecumenico

    Ci sono pure degli spazi nei quali la Chiesa Cattolica, specialmente dopo il Concilio Vaticano II, è particolarmente impegnata. Fra questi l’unità dei cristiani che «è un’esigenza essenziale della nostra fede, un’esigenza che sgorga dall’intimo del nostro essere credenti in Gesù Cristo»[24]. Si tratta sì di un “cammino” ma, come più volte è stato ripetuto anche dai miei Predecessori, è un cammino irreversibile e non in retromarcia. “L’unità si fa camminando, per ricordare che quando camminiamo insieme, cioè ci incontriamo come fratelli, preghiamo insieme, collaboriamo insieme nell’annuncio del Vangelo e nel servizio agli ultimi siamo già uniti. Tutte le divergenze teologiche ed ecclesiologiche che ancora dividono i cristiani saranno superate soltanto lungo questa via, senza che noi oggi sappiamo come e quando, ma ciò avverrà secondo quello che lo Spirito Santo vorrà suggerire per il bene della Chiesa»[25].

    La Curia opera in questo campo per favorire l’incontro con il fratello, per sciogliere i nodi delle incomprensioni e delle ostilità, e per contrastare i pregiudizi e la paura dell’altro che hanno impedito di vedere la ricchezza della e nella diversità e la profondità del Mistero di Cristo e della Chiesa che resta sempre più grande di qualsiasi espressione umana.

    Gli incontri avvenuti con i Papi, i Patriarchi e i Capi delle diverse Chiese e Comunità mi hanno sempre riempito di gioia e di gratitudine.

    La Curia e l’Ebraismo, l’Islam, le altre religioni

    Il rapporto della Curia Romana con le altre religioni si basa sull’insegnamento del Concilio Vaticano II e sulla necessità del dialogo. «Perché l’unica alternativa alla civiltà dell’incontro è l’inciviltà dello scontro»[26]. Il dialogo è costruito su tre orientamenti fondamentali: «il dovere dell’identità, il coraggio dell’alterità e la sincerità delle intenzioni. Il dovere dell’identità, perché non si può imbastire un dialogo vero sull’ambiguità o sul sacrificare il bene per compiacere l’altro; il coraggio dell’alterità, perché chi è differente da me, culturalmente o religiosamente, non va visto e trattato come un nemico, ma accolto come un compagno di strada, nella genuina convinzione che il bene di ciascuno risiede nel bene di tutti; la sincerità delle intenzioni, perché il dialogo, in quanto espressione autentica dell’umano, non è una strategia per realizzare secondi fini, ma una via di verità, che merita di essere pazientemente intrapresa per trasformare la competizione in collaborazione»[27].

    Gli incontri avvenuti con le autorità religiose, nei diversi viaggi apostolici e negli incontri in Vaticano, ne sono la concreta prova.

    Questi sono soltanto alcuni aspetti, importanti ma non esaurenti, dell’operato della Curia ad extra. Oggi ho scelto questi aspetti legati al tema del “primato diaconale”, dei “sensi istituzionali” e delle “fedeli antenne emittenti e riceventi”.

    Cari fratelli e sorelle,

    come ho iniziato questo nostro incontro parlando del Natale come festa della fede, vorrei concluderlo evidenziando che il Natale ci ricorda però che una fede che non ci mette in crisi è una fede in crisi; una fede che non ci fa crescere è una fede che deve crescere; una fede che non ci interroga è una fede sulla quale dobbiamo interrogarci; una fede che non ci anima è una fede che deve essere animata; una fede che non ci sconvolge è una fede che deve essere sconvolta. In realtà, una fede soltanto intellettuale o tiepida è solo una proposta di fede, che potrebbe realizzarsi quando arriverà a coinvolgere il cuore, l’anima, lo spirito e tutto il nostro essere, quando si permette a Dio di nascere e rinascere nella mangiatoia del cuore, quando permettiamo alla stella di Betlemme di guidarci verso il luogo dove giace il Figlio di Dio, non tra i re e il lusso, ma tra i poveri e gli umili.

    Angelo Silesio, nel suo Il Pellegrino cherubico, scrisse: «Dipende solo da te: Ah, potesse il tuo cuore diventare una mangiatoia! Dio nascerebbe bambino di nuovo sulla terra»[28].

    Con queste riflessioni rinnovo i miei più fervidi auguri natalizi a voi e a tutti i vostri cari.

    (Parole dopo il discorso alla Curia)

    Vorrei, come dono di Natale, lasciarvi questa versione italiana dell’opera del Beato Padre Maria Eugenio di Gesù Bambino Je veux voir Dieu: Voglio vedere Dio. È un’opera di teologia spirituale, farà bene a tutti noi. Forse non leggendola tutta, ma cercando nell’indice quel punto che più interessa o del quale ho più bisogno. Spero che sia di profitto per tutti noi.

    E poi è stato tanto generoso il Cardinale Piacenza che, con il lavoro della Penitenzieria, anche di Mons. Nykiel, ha fatto questo libro: La festa del perdono, come risultato del Giubileo della Misericordia; e lui ha voluto pure regalarlo. Grazie al Cardinale Piacenza e alla Penitenzieria Apostolica. Daranno questo all’uscita a tutti voi.

    Grazie!

    [Benedizione]

    E, per favore, pregate per me.

    ___________

    [1] Cfr Giuseppe Dalla Torre, Sopra una storia della Gendarmeria Pontificia, 19 ottobre 2017.

    [2] «Per pascere e accrescere sempre più il popolo di Dio ha istituito nella sua Chiesa vari ministeri che tendono al bene di tutto il corpo» (Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 18).

    [3] Cfr Saluto ai Patriarchi e agli Arcivescovi Maggiori, 9 ottobre 2017.

    [4] Catechesi nell’Udienza generale del 4 giugno 2008.

    [5] Cfr Giovanni Paolo II, Discorso alla riunione plenaria del Sacro Collegio dei Cardinali, 21 novembre 1985, 4.

    [6] 2, 44: Funk, 138-166; cfr W. Rordorf, Liturgie et eschatologie, in Augustinianum 18 (1978), 153-161; Id., Que savons-nous des lieux de culte chrétiens de l'époque préconstantinienne? in L'Orient Syrien 9 (1964), 39-60.

    [7] Cfr Incontro con i sacerdoti e i consacrati, Duomo di Milano, 25 marzo 2017.

    [8] «Quanto ai diaconi della Chiesa, siano come gli occhi del vescovo, che sanno vedere tutto attorno, investigando le azioni di ciascuno della Chiesa, nel caso che qualcuno stia sul punto di peccare: in questo modo, prevenuto dall'avvertimento di chi presiede, forse non porterà a termine il [suoi peccato]» (Lettera di Clemente a Giacomo, 12: Rehm 14-15, in I Ministeri nella Chiesa Antica, Testi patristici dei primi tre secoli a cura di Enrico Cattaneo, Edizioni Paoline, 1997, p. 696).

    [9] Cfr Esercizi Spirituali, N. 121: «La quinta contemplazione sarà applicare i cinque sensi sulla prima e la seconda contemplazione».

    [10] Nel commento al Vangelo secondo Matteo di San Girolamo si registra un curioso paragone tra i cinque sensi dell’organismo umano e le vergini della parabola evangelica, che diventano stolte quando non agiscono più secondo il fine loro assegnato (cfr Comm. in Mt XXV: PL 26, 184).

    [11] Il concetto della fedeltà risulta molto impegnativo ed eloquente perché sottolinea anche la durata nel tempo dell’impegno assunto, rimanda ad una virtù che, come disse Benedetto XVI, «esprime il legame tutto particolare che si stabilisce tra il Papa e i suoi diretti collaboratori, tanto nella Curia Romana come nelle Rappresentanze Pontificie”. Discorso alla Comunità della Pontificia Accademia Ecclesiastica, 11 giugno 2012.

    [12] Ibid.

    [13] Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 18.

    [14] «Una Chiesa sinodale è una Chiesa dell’ascolto, nella consapevolezza che ascoltare “è più che sentire”. È un ascolto reciproco in cui ciascuno ha qualcosa da imparare. Popolo fedele, Collegio episcopale, Vescovo di Roma: l’uno in ascolto degli altri; e tutti in ascolto dello Spirito Santo, lo “Spirito della verità” (Gv 14,17), per conoscere ciò che Egli “dice alle Chiese” (Ap 2,7)» Discorso nel 50° anniversario del Sinodo dei Vescovi, 17 ottobre 2015.

    [15] Cfr Lc 12,54-59; Mt 16,1-4; Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes, 11: «Il popolo di Dio, mosso dalla fede con cui crede di essere condotto dallo Spirito del Signore che riempie l’universo, cerca di discernere negli avvenimenti, nelle richieste e nelle aspirazioni, cui prende parte insieme con gli altri uomini del nostro tempo, quali siano i veri segni della presenza o del disegno di Dio. La fede infatti tutto rischiara di una luce nuova, e svela le intenzioni di Dio sulla vocazione integrale dell’uomo, orientando così lo spirito verso soluzioni pienamente umane».


    Cfr. Lettera Pontificia, il 18 ottobre 2017; Comunicato della Segreteria di Stato, il 21 novembre 2017.

    [17] Christus Dominus, 9.

    [18] Discorso alla Curia romana, 21 dicembre 2013; cfr Paolo VI, Omelia per l’80° compleanno, 16 ottobre 1977: «Si, Roma ho amato, nel continuo assillo di meditarne e di comprenderne il trascendente segreto, incapace certamente di penetrarlo e di viverlo, ma appassionato sempre, come ancora lo sono, di scoprire come e perché “Cristo è Romano” (cfr Dante, Div. Comm., Purg., XXXII, 102) […] la vostra “coscienza romana” abbia essa all'origine la nativa cittadinanza di questa Urbe fatidica, ovvero la permanenza di domicilio o l’ospitalità ivi goduta; “coscienza romana” che qui essa ha virtù d’infondere a chi sappia respirarne il senso d’universale umanesimo» (Insegnamenti di Paolo VI, XV 1977, 1957).

    [19] Sinodo dei Vescovi - Assemblea Generale Ordinaria XV, I giovani, la fede e il discernimento vocazionale, Introduzione.

    [20] Da una parte, l’unità che risponde al dono dello Spirito, trova naturale e piena ‎espressione nell’«unione indefettibile con il Vescovo di Roma» (Benedetto XVI, Esort. ap. post-sin. Ecclesia in Medio Oriente, 40). E dall’altra parte, l’essere ‎inseriti nella comunione dell’intero Corpo di Cristo ci rende consapevoli di ‎dover rafforzare l’unione e la solidarietà in seno ai vari Sinodi patriarcali, ‎‎«privilegiando sempre la concertazione su questioni di grande importanza ‎per la Chiesa in vista di un’azione collegiale e unitaria» (ibid.)‎.

    [21] Parole ai Patriarchi delle Chiese Orientali e agli Arcivescovi Maggiori, 21 novembre 2013.

    [22] Insieme ai Capi e Padri, agli Arcivescovi e ai Vescovi orientali, in comunione ‎con il Papa, con la Curia e tra di loro, siamo tutti chiamati «a ‎ricercare sempre “la giustizia, la pietà, la fede, la carità, la pazienza e la ‎mitezza” (cfr 1 Tm 6,11); [ad adottare] uno stile di vita sobrio a immagine di ‎Cristo, che si è spogliato per arricchirci con la sua povertà (cfr 2 Cor 8,9) […] ‎‎[alla] trasparenza nella gestione dei beni e sollecitudine verso ogni debolezza ‎e necessità» (Parole ai Patriarchi delle Chiese Orientali cattoliche e agli Arcivescovi Maggiori, 21 novembre 2013).

    [23] Noi «vediamo tanti nostri fratelli e sorelle cristiani delle Chiese orientali sperimentare persecuzioni drammatiche e una diaspora sempre più inquietante» (Omelia in occasione del centenario della Congregazione per le Chiese Orientali e del Pontificio Istituto Orientale), Basilica di Santa Maria Maggiore, 12 ottobre 2017). «Su queste situazioni nessuno può chiudere gli occhi» (Messaggio nel centenario di fondazione del Pontificio Istituto Orientale, 12 ottobre 2017).

    [24] Discorso alla Plenaria del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità ‎dei Cristiani, 10 novembre 2016‎.

    [25] Ibid.

    [26] Discorso ai partecipanti alla Conferenza Internazionale per la Pace, Al-Azhar Conference Centre, Il Cairo, 28 aprile 2017.

    [27] Ibid.

    [28] Edizione Paoline 1989, p. 170 [234-235]: «Es mangelt nur an dir: Ach, könnte nur dein Herz zu einer Krippe werden, Gott würde noch einmal ein Kind auf dieser Erden».

    [01960-IT.02] [Testo originale: Italiano]

    (...)


    fonte: Sala Stampa della Santa Sede

  9. #299
    Moderatore Globale L'avatar di Vox Populi
    Data Registrazione
    Apr 2006
    Località
    casa mia
    Messaggi
    65,589
    Udienza ai Dipendenti della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano per gli auguri del Santo Natale, 21.12.2017


    Alle ore 12.00 di questa mattina, nell’Aula Paolo VI, il Santo Padre Francesco ha incontrato i dipendenti della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano, con i rispettivi familiari, per gli auguri di Natale.

    Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai presenti nel corso dell’Udienza:

    Discorso del Santo Padre

    Buongiorno!

    Prima di tutto, vorrei ringraziare. Ringraziare ognuno di voi per il lavoro che fa qui dentro. Ognuno ha il suo lavoro, lo conosce… Ci sono anche delle squadre di lavoro, in Vaticano... Questo lavoro è quello che fa funzionare questo “treno” che è il Vaticano, la Santa Sede, che sembra tanto pesante, tanto grande, con tanti problemi, tante cose… E ognuno di voi dà il meglio di sé per fare questo lavoro. Io sono cosciente che senza il vostro lavoro… – uno di voi mi diceva che è da 43 anni che lavora qui; quanta memoria! – senza il lavoro che voi fate, le cose non andrebbero bene, e questo significa che il lavoro della Chiesa non andrebbe bene, non si potrebbe fare tanto lavoro per la predicazione del Vangelo, per aiutare tanta gente, i malati, le scuole, tante cose… Voi siete una parte di questa “catena” che porta avanti il nostro lavoro di Chiesa.

    La prima parola che vorrei dirvi è lavoro. Ma non per dirvi: lavorate di più, sbrigatevi! No, no, per dirvi grazie. Grazie. Ma in Vaticano, parlando di lavoro, c’è anche un problema. Una signora di voi è entrata e indicando un giovane ha detto: “Aiutate i lavoratori precari”. L’altro giorno ho avuto una riunione con il Cardinale Marx, che è il presidente del Consiglio dell’economia, e con Mons. Ferme, il segretario, e ho detto: “Non voglio lavoro in nero in Vaticano”. Vi chiedo scusa se questo ancora c’è. Il famoso articolo 11, che è un articolo valido per una prova, ma una prova di uno o due anni, non di più. Così come ho detto che non si deve lasciare nessuno senza lavoro, cioè licenziarlo, a meno che non ci sia un altro lavoro fuori per la sua convenienza, o che ci sia un accordo che sia conveniente per la persona, così dico: dobbiamo lavorare qui dentro perché non ci siano lavori e lavoratori precari. E’ anche un problema di coscienza per me, perché non possiamo insegnare la dottrina sociale della Chiesa e poi fare queste cose che non vanno bene. Si capisce che per un certo tempo si deve provare una persona, sì, si prova un anno, forse due, ma fermatevi lì. In nero, niente. Questa è la mia intenzione. Voi aiutatemi, aiutate anche i superiori, quelli che dipendono dal Governatorato, il Cardinale, il Segretario, aiutate a risolvere questi problemi della Santa Sede: i lavori precari che ancora ci sono.

    Quindi, la prima parola è lavoro, per ringraziare, parlare del lavoro precario e anche, un’ultima cosa: il lavoro è la vostra strada di santità, di felicità, di crescita. Oggi la maledizione forse più brutta che c’è è non avere lavoro. E tanta gente – voi ne conoscerete tanti, sicuramente – non ha lavoro. Perché il lavoro ci dà dignità, e la sicurezza del lavoro ci dà la dignità. Io non voglio dire i nomi, ma sui giornali lo troverete. Oggi ho visto su un giornale questi due problemi, di due ditte importanti, qui in Italia, che sono a rischio, e per salvare la vita, si deve “razionalizzare” – quella è la parola – il lavoro e licenziare 3-4 mila persone. E’ brutto questo, molto brutto. Perché si perde la dignità. E questo è un problema non solo qui, del Vaticano, o dell’Italia o dell’Europa: è un problema mondiale. E’ un problema che dipende da tanti fattori nel mondo. Conservare il lavoro e avere dignità, portare il pane a casa: “Lo porto io, perché lo guadagno io. Non perché passo dalla Caritas a prenderlo, no. Lo guadagno io”. Questa è dignità. Così, il lavoro. Grazie. Aiutate i superiori a mettere fine alle situazioni di lavoro non regolare e conservate il lavoro perché è la vostra dignità. Direi: conservate il lavoro, ma fatelo bene! Questo è importante!

    La seconda parola che mi viene in mente di dirvi è: famiglia. Io vorrei dirvi con sincerità: quando io so che una vostra famiglia è in crisi, che ci sono i bambini che si angosciano perché vedono che la famiglia è…un problema, io soffro. Ma lasciatevi aiutare. Nel Governatorato ho voluto che il Segretario Generale fosse vescovo perché avesse questa dimensione pastorale. Per favore, salvare le famiglie. Io so che non è facile, che ci sono problemi di personalità, problemi psicologici, problemi… tanti problemi in un matrimonio. Ma cercate di chiedere aiuto in tempo, di custodire le famiglie. Io so che fra voi ci sono alcuni separati; lo so e soffro, soffro con voi… la vita è andata così. Ma vorrei anche aiutarvi, in questo; lasciatevi aiutare. Se la cosa è fatta, almeno che non soffrano i bambini; perché quando i genitori litigano, i bambini soffrono, soffrono. E un consiglio che vi do: mai litigare davanti ai bambini. Mai. Che loro non capiscano. Custodire la famiglia. E per questo voi avete qui Mons. Verges e anche i cappellani; vi diranno dove andare per farvi aiutare. La famiglia: questo è il gioiello grande, perché Dio ci ha creati famiglia. L’immagine di Dio è il matrimonio, uomo e donna, fecondi: “moltiplicatevi”, fate figli, andate avanti. Io sono rimasto contento, oggi, quando ho visto tanti, tanti bambini qui. E’ una famiglia. Custodire la famiglia è la seconda parola che mi viene in mente.

    La terza parola che mi viene in mente – forse qualcuno di voi avrà voglia di dirmi: “Ma finiscila con questo!” – è una parola ricorrente: le chiacchiere. Forse sbaglio… in Vaticano non si chiacchiera… forse, non so… Mi diceva uno di voi, un lavoratore di voi, un giorno che io avevo predicato sulle chiacchiere, e lui era venuto con la moglie a Messa, mi ha detto: “Padre, se non si chiacchiera, in Vaticano, si rimane isolati”. Pesante, pesante! Voi avete sentito cosa dico delle chiacchiere: il chiacchierone è un terrorista, perché fa come i terroristi: butta la bomba, se ne va, la bomba esplode e danneggia tanti altri, con la lingua, quella bomba. Non fare terrorismo! Non fare il terrorismo delle chiacchiere, per favore. Questa è la terza parola che mi viene.

    Ma qualcuno potrebbe dirmi: “Padre, ci dia un consiglio: come possiamo fare, per non chiacchierare?”. Morditi la lingua! Sicuramente ti si gonfierà, ma avrai fatto del bene a non chiacchierare. Le chiacchiere, anche, di alcune persone che devono dare esempio e no, non lo danno.

    E qui, la quarta parola che vorrei dirvi: perdono. “Perdono” e “scusa”. Perché noi non sempre diamo buon esempio; noi – parlo della “fauna clericale” – noi [sorride] non sempre diamo buon esempio. Ci sono nella vita sbagli che facciamo noi chierici, peccati, ingiustizie, o a volte trattiamo male la gente, un po’ nevrotici, ingiustizie… Perdono per tutti questi esempi non buoni. Noi dobbiamo chiedere perdono. Anch’io chiedo perdono, perché a volte “mi volano via i passeri” [ride] [mi scappa la pazienza]...

    Cari collaboratori, fratelli e sorelle. Ecco le parole, le quattro parole che sono venute dal cuore: lavoro, famiglia, chiacchiere, perdono.

    E l’ultima parola è l’augurio di Natale: buon Natale! Ma buon Natale nel cuore, nella famiglia, anche nella coscienza. Non abbiate paura, anche voi, di chiedere perdono se la coscienza vi rimprovera qualcosa; cercate un buon confessore e fate una bella pulizia! Dicono che il migliore confessore sia il prete sordo [sorride]: non ti fa provare vergogna! Ma senza che sia sordo, ce ne sono tanti misericordiosi, tanti, che ti ascoltano e ti perdonano: “Vai avanti!”. Il Natale è una buona opportunità per fare pace anche dentro di noi. Tutti siamo peccatori, tutti. Io ieri ho fatto la Confessione di Natale: è venuto il confessore… e mi ha fatto bene. Tutti dobbiamo confessarci.

    Vi auguro un buon Natale, di gioia, ma quella gioia che viene da dentro. E non vorrei dimenticare i malati, che forse ci sono nella vostra famiglia, che soffrono, e anche a loro inviare una benedizione. Grazie tante. Custodiamo il lavoro, che sia giusto; custodiamo la famiglia, custodiamo la lingua; e, per favore, date a noi il perdono per i cattivi esempi; e facciamo una bella pulizia al cuore in questo Natale, per essere in pace e felici.

    E prima di andarmene, io vorrei darvi la benedizione, a voi e alle vostre famiglie, a tutti. Grazie tante per il vostro aiuto.

    Preghiamo un’Ave Maria alla Madonna: “Ave o Maria…”.

    [Benedizione]

    E pregate per me: non dimenticatevi!

    [01961-IT.01] [Testo originale: Italiano]

    [B0919-XX.01]


    fonte: Sala Stampa della Santa Sede

  10. #300
    Moderatore Globale L'avatar di Vox Populi
    Data Registrazione
    Apr 2006
    Località
    casa mia
    Messaggi
    65,589
    Le parole del Papa alla recita dell’Angelus, 24.12.2017


    Alle ore 12 di oggi, Vigilia del Natale del Signore, il Santo Padre Francesco si è affacciato alla finestra dello studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli e i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro per il consueto appuntamento domenicale.

    Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

    Prima dell’Angelus

    Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

    In questa domenica che precede immediatamente il Natale, ascoltiamo il Vangelo dell’Annunciazione (cfr Lc 1,26-38).

    In questo brano evangelico possiamo notare un contrasto tra le promesse dell’angelo e la risposta di Maria. Tale contrasto si manifesta nella dimensione e nel contenuto delle espressioni dei due protagonisti. L’angelo dice a Maria: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine» (vv. 30-33). È una lunga rivelazione, che apre prospettive inaudite. Il bambino che nascerà da questa umile ragazza di Nazaret sarà chiamato Figlio dell’Altissimo: non è possibile concepire una dignità più alta di questa. E dopo la domanda di Maria, con cui lei chiede spiegazioni, la rivelazione dell’angelo diventa ancora più dettagliata e sorprendente.

    Invece, la risposta di Maria è una frase breve, che non parla di gloria, non parla di privilegio, ma solo di disponibilità e di servizio: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (v. 38). Anche il contenuto è diverso. Maria non si esalta di fronte alla prospettiva di diventare addirittura la madre del Messia, ma rimane modesta ed esprime la propria adesione al progetto del Signore. Maria non si vanta. E’ umile, modesta. Rimane come sempre.

    Questo contrasto è significativo. Ci fa capire che Maria è veramente umile e non cerca di mettersi in mostra. Riconosce di essere piccola davanti a Dio, ed è contenta di essere così. Al tempo stesso, è consapevole che dalla sua risposta dipende la realizzazione del progetto di Dio, e che dunque lei è chiamata ad aderirvi con tutta sé stessa.

    In questa circostanza, Maria si presenta con un atteggiamento che corrisponde perfettamente a quello del Figlio di Dio quando viene nel mondo: Egli vuole diventare il Servo del Signore, mettersi al servizio dell’umanità per adempiere al progetto del Padre. Maria dice: «Ecco la serva del Signore»; e il Figlio di Dio, entrando nel mondo dice: «Ecco, io vengo […] per fare, o Dio, la tua volontà» (Eb 10,7.9). L’atteggiamento di Maria rispecchia pienamente questa dichiarazione del Figlio di Dio, che diventa anche figlio di Maria. Così la Madonna si rivela collaboratrice perfetta del progetto di Dio, e si rivela anche discepola del suo Figlio, e nel Magnificat potrà proclamare che «Dio ha innalzato gli umili» (Lc 1,52), perché con questa sua risposta umile e generosa ha ottenuto una gioia altissima, e anche una gloria altissima.

    Mentre ammiriamo la nostra Madre per questa sua risposta alla chiamata e alla missione di Dio, chiediamo a lei di aiutare ciascuno di noi ad accogliere il progetto di Dio nella nostra vita, con sincera umiltà e coraggiosa generosità.

    [01970-IT.02] [Testo originale: Italiano]

    Dopo l’Angelus

    Cari fratelli e sorelle,

    nell’attesa orante della nascita di Gesù, il Principe della Pace, invochiamo il dono della pace per tutto il mondo, specialmente per le popolazioni che più soffrono a causa dei conflitti in atto. Rinnovo in particolare il mio appello affinché, in occasione del Santo Natale, le persone sequestrate – sacerdoti, religiosi e religiose e fedeli laici – siano rilasciate e possano tornare alle loro case. Preghiamo per loro.

    Desidero anche assicurare la mia preghiera alla popolazione dell’isola di Mindanao, nelle Filippine, colpita da una tempesta che ha causato numerose vittime e distruzioni. Dio misericordioso accolga le anime dei defunti e conforti quanti soffrono per questa calamità. Preghiamo per questa gente.

    Saluto con affetto tutti voi, fedeli romani e pellegrini venuti da vari Paesi, famiglie, gruppi parrocchiali, associazioni.

    In queste ore che ci separano dal Natale, mi raccomando: trovate qualche momento per fermarvi in silenzio e in preghiera davanti al presepe, per adorare nel cuore il mistero del vero Natale, quello di Gesù, che si avvicina a noi con amore, umiltà e tenerezza.

    E, in quei momenti, ricordatevi anche di pregare per me. Grazie! Buona domenica e buon pranzo! Arrivederci!

    [01971-IT.02] [Testo originale: Italiano]

    [B0922-XX.02]


    fonte: Sala Stampa della Santa Sede

Tag per Questa Discussione

Permessi di Scrittura

  • Tu non puoi inviare nuove discussioni
  • Tu non puoi inviare risposte
  • Tu non puoi inviare allegati
  • Tu non puoi modificare i tuoi messaggi
  •  
>