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Discussione: Omelie, discorsi e messaggi di Papa Francesco - ANNO 2017

  1. #301
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    Santa Messa della Notte nella Solennità del Natale del Signore, 24.12.2017


    Alle ore 21.30 di oggi, il Santo Padre Francesco ha presieduto, nella Basilica Vaticana, la Santa Messa della Notte nella Solennità del Natale del Signore 2017.

    Nel corso della Celebrazione Eucaristica, dopo la proclamazione del Santo Vangelo, il Papa ha tenuto l’omelia che riportiamo di seguito:

    Omelia del Santo Padre

    Maria «diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio» (Lc 2,7). Con questa espressione semplice ma chiara, Luca ci conduce al cuore di quella notte santa: Maria diede alla luce, Maria ci ha dato la Luce. Un racconto semplice per immergerci nell’avvenimento che cambia per sempre la nostra storia. Tutto, in quella notte, diventava fonte di speranza.

    Andiamo indietro di alcuni versetti. Per decreto dell’imperatore, Maria e Giuseppe si videro obbligati a partire. Dovettero lasciare la loro gente, la loro casa, la loro terra e mettersi in cammino per essere censiti. Un tragitto per niente comodo né facile per una giovane coppia che stava per avere un bambino: si trovavano costretti a lasciare la loro terra. Nel cuore erano pieni di speranza e di futuro a causa del bambino che stava per venire; i loro passi invece erano carichi delle incertezze e dei pericoli propri di chi deve lasciare la sua casa.

    E poi si trovarono ad affrontare la cosa forse più difficile: arrivare a Betlemme e sperimentare che era una terra che non li aspettava, una terra dove per loro non c’era posto.

    E proprio lì, in quella realtà che era una sfida, Maria ci ha regalato l’Emmanuele. Il Figlio di Dio dovette nascere in una stalla perché i suoi non avevano spazio per Lui. «Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto» (Gv 1,11). E lì… in mezzo all’oscurità di una città che non ha spazio né posto per il forestiero che viene da lontano, in mezzo all’oscurità di una città in pieno movimento e che in questo caso sembrerebbe volersi costruire voltando le spalle agli altri, proprio lì si accende la scintilla rivoluzionaria della tenerezza di Dio. A Betlemme si è creata una piccola apertura per quelli che hanno perso la terra, la patria, i sogni; persino per quelli che hanno ceduto all’asfissia prodotta da una vita rinchiusa.

    Nei passi di Giuseppe e Maria si nascondono tanti passi. Vediamo le orme di intere famiglie che oggi si vedono obbligate a partire. Vediamo le orme di milioni di persone che non scelgono di andarsene ma che sono obbligate a separarsi dai loro cari, sono espulsi dalla loro terra. In molti casi questa partenza è carica di speranza, carica di futuro; in molti altri, questa partenza ha un nome solo: sopravvivenza. Sopravvivere agli Erode di turno che per imporre il loro potere e accrescere le loro ricchezze non hanno alcun problema a versare sangue innocente.

    Maria e Giuseppe, per i quali non c’era posto, sono i primi ad abbracciare Colui che viene a dare a tutti noi il documento di cittadinanza. Colui che nella sua povertà e piccolezza denuncia e manifesta che il vero potere e l’autentica libertà sono quelli che onorano e soccorrono la fragilità del più debole.

    In quella notte, Colui che non aveva un posto per nascere viene annunciato a quelli che non avevano posto alle tavole e nelle vie della città. I pastori sono i primi destinatari di questa Buona Notizia. Per il loro lavoro, erano uomini e donne che dovevano vivere ai margini della società. Le loro condizioni di vita, i luoghi in cui erano obbligati a stare, impedivano loro di osservare tutte le prescrizioni rituali di purificazione religiosa e, perciò, erano considerati impuri. La loro pelle, i loro vestiti, l’odore, il modo di parlare, l’origine li tradiva. Tutto in loro generava diffidenza. Uomini e donne da cui bisognava stare lontani, avere timore; li si considerava pagani tra i credenti, peccatori tra i giusti, stranieri tra i cittadini. A loro – pagani, peccatori e stranieri – l’angelo dice: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore» (Lc 2,10-11).

    Ecco la gioia che in questa notte siamo invitati a condividere, a celebrare e ad annunciare. La gioia con cui Dio, nella sua infinita misericordia, ha abbracciato noi pagani, peccatori e stranieri, e ci spinge a fare lo stesso.

    La fede di questa notte ci porta a riconoscere Dio presente in tutte le situazioni in cui lo crediamo assente. Egli sta nel visitatore indiscreto, tante volte irriconoscibile, che cammina per le nostre città, nei nostri quartieri, viaggiando sui nostri autobus, bussando alle nostre porte.

    E questa stessa fede ci spinge a dare spazio a una nuova immaginazione sociale, a non avere paura di sperimentare nuove forme di relazione in cui nessuno debba sentire che in questa terra non ha un posto. Natale è tempo per trasformare la forza della paura in forza della carità, in forza per una nuova immaginazione della carità. La carità che non si abitua all’ingiustizia come fosse naturale, ma ha il coraggio, in mezzo a tensioni e conflitti, di farsi “casa del pane”, terra di ospitalità. Ce lo ricordava San Giovanni Paolo II: «Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo» (Omelia nella Messa d’inizio del Pontificato, 22 ottobre 1978).

    Nel Bambino di Betlemme, Dio ci viene incontro per renderci protagonisti della vita che ci circonda. Si offre perché lo prendiamo tra le braccia, perché lo solleviamo e lo abbracciamo. Perché in Lui non abbiamo paura di prendere tra le braccia, sollevare e abbracciare l’assetato, il forestiero, l’ignudo, il malato, il carcerato (cfr Mt 25,35-36). «Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo». In questo Bambino, Dio ci invita a farci carico della speranza. Ci invita a farci sentinelle per molti che hanno ceduto sotto il peso della desolazione che nasce dal trovare tante porte chiuse. In questo Bambino, Dio ci rende protagonisti della sua ospitalità.

    Commossi dalla gioia del dono, piccolo Bambino di Betlemme, ti chiediamo che il tuo pianto ci svegli dalla nostra indifferenza, apra i nostri occhi davanti a chi soffre. La tua tenerezza risvegli la nostra sensibilità e ci faccia sentire invitati a riconoscerti in tutti coloro che arrivano nelle nostre città, nelle nostre storie, nelle nostre vite. La tua tenerezza rivoluzionaria ci persuada a sentirci invitati a farci carico della speranza e della tenerezza della nostra gente.

    [01969-IT.01] [Testo originale: Italiano]

    (...)


    fonte: Sala Stampa della Santa Sede

  2. #302
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    Messaggio del Santo Padre e Benedizione “Urbi et Orbi” nella Solennità del Natale, 25.12.2017


    Alle ore 12 di oggi, Solennità del Natale del Signore, dalla Loggia Centrale della Basilica Vaticana il Santo Padre Francesco, prima di impartire la Benedizione “Urbi et Orbi”, ha rivolto il tradizionale Messaggio natalizio ai fedeli presenti in Piazza San Pietro e a quanti lo ascoltavano attraverso la radio e la televisione.

    Questo il testo del Messaggio del Santo Padre per il Natale 2017:

    Testo in lingua italiana

    Cari fratelli e sorelle, buon Natale!

    A Betlemme, dalla Vergine Maria, è nato Gesù. Non è nato per volontà umana, ma per il dono d’amore di Dio Padre, che «ha tanto amato il mondo, da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16).

    Questo evento si rinnova oggi nella Chiesa, pellegrina nel tempo: la fede del popolo cristiano rivive nella liturgia del Natale il mistero di Dio che viene, che assume la nostra carne mortale, che si fa piccolo e povero per salvarci. E questo ci riempie di commozione, perché troppo grande è la tenerezza del nostro Padre.

    I primi a vedere la gloria umile del Salvatore, dopo Maria e Giuseppe, furono i pastori di Betlemme. Riconobbero il segno annunciato loro dagli angeli e adorarono il Bambino. Quegli uomini umili ma vigilanti sono esempio per i credenti di ogni tempo che, di fronte al mistero di Gesù, non si scandalizzano della sua povertà, ma, come Maria, si fidano della parola di Dio e contemplano con occhi semplici la sua gloria. Davanti al mistero del Verbo fatto carne, i cristiani di ogni luogo confessano, con le parole dell’evangelista Giovanni: «Abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità» (1,14).

    Oggi, mentre sul mondo soffiano venti di guerra e un modello di sviluppo ormai superato continua a produrre degrado umano, sociale e ambientale, il Natale ci richiama al segno del Bambino, e a riconoscerlo nei volti dei bambini, specialmente di quelli per i quali, come per Gesù, «non c’è posto nell’alloggio» (Lc 2,7).

    Vediamo Gesù nei bambini del Medio Oriente, che continuano a soffrire per l’acuirsi delle tensioni tra Israeliani e Palestinesi. In questo giorno di festa invochiamo dal Signore la pace per Gerusalemme e per tutta la Terra Santa; preghiamo perché tra le parti prevalga la volontà di riprendere il dialogo e si possa finalmente giungere a una soluzione negoziata che consenta la pacifica coesistenza di due Stati all’interno di confini concordati tra loro e internazionalmente riconosciuti. Il Signore sostenga anche lo sforzo di quanti nella Comunità internazionale sono animati dalla buona volontà di aiutare quella martoriata terra a trovare, nonostante i gravi ostacoli, la concordia, la giustizia e la sicurezza che da lungo tempo attende.

    Vediamo Gesù nei volti dei bambini siriani, ancora segnati dalla guerra che ha insanguinato il Paese in questi anni. Possa l’amata Siria ritrovare finalmente il rispetto della dignità di ogni persona, attraverso un comune impegno a ricostruire il tessuto sociale indipendentemente dall’appartenenza etnica e religiosa. Vediamo Gesù nei bambini dell’Iraq, ancora ferito e diviso dalle ostilità che lo hanno interessato negli ultimi quindici anni, e nei bambini dello Yemen, dove è in corso un conflitto in gran parte dimenticato, con profonde implicazioni umanitarie sulla popolazione che subisce la fame e il diffondersi di malattie.

    Vediamo Gesù nei bambini dell’Africa, soprattutto in quelli che soffrono in Sud Sudan, in Somalia, in Burundi, nella Repubblica Democratica del Congo, nella Repubblica Centroafricana e in Nigeria.

    Vediamo Gesù nei bambini di tutto il mondo dove la pace e la sicurezza sono minacciate dal pericolo di tensioni e nuovi conflitti. Preghiamo che nella penisola coreana si possano superare le contrapposizioni e accrescere la fiducia reciproca nell’interesse del mondo intero. A Gesù Bambino affidiamo il Venezuela perché possa riprendere un confronto sereno tra le diverse componenti sociali a beneficio di tutto l’amato popolo venezuelano. Vediamo Gesù nei bambini che, insieme alle loro famiglie, patiscono le violenze del conflitto in Ucraina e le sue gravi ripercussioni umanitarie e preghiamo perché il Signore conceda al più presto la pace a quel caro Paese.

    Vediamo Gesù nei bambini i cui genitori non hanno un lavoro e faticano a offrire ai figli un avvenire sicuro e sereno. E in quelli a cui è stata rubata l’infanzia, obbligati a lavorare fin da piccoli o arruolati come soldati da mercenari senza scrupoli.

    Vediamo Gesù nei molti bambini costretti a lasciare i propri Paesi, a viaggiare da soli in condizioni disumane, facile preda dei trafficanti di esseri umani. Attraverso i loro occhi vediamo il dramma di tanti migranti forzati che mettono a rischio perfino la vita per affrontare viaggi estenuanti che talvolta finiscono in tragedia. Rivedo Gesù nei bambini che ho incontrato durante il mio ultimo viaggio in Myanmar e Bangladesh, e auspico che la Comunità internazionale non cessi di adoperarsi perché la dignità delle minoranze presenti nella Regione sia adeguatamente tutelata. Gesù conosce bene il dolore di non essere accolto e la fatica di non avere un luogo dove poter poggiare il capo. Il nostro cuore non sia chiuso come lo furono le case di Betlemme.

    Cari fratelli e sorelle,

    anche a noi è indicato il segno del Natale: «un bambino avvolto in fasce...» (Lc 2,12). Come la Vergine Maria e san Giuseppe, come i pastori di Betlemme, accogliamo nel Bambino Gesù l’amore di Dio fatto uomo per noi, e impegniamoci, con la sua grazia, a rendere il nostro mondo più umano, più degno dei bambini di oggi e di domani.

    [01972-IT.01] [Testo originale: Italiano]

    (...)


    fonte: Sala Stampa della Santa Sede


    Auguri natalizi, 25.12.2017


    Testo in lingua italiana


    A voi, cari fratelli e sorelle, giunti da ogni parte del mondo in questa Piazza, e a quanti da diversi Paesi siete collegati attraverso la radio, la televisione e gli altri mezzi di comunicazione, rivolgo il mio cordiale augurio.

    La nascita di Cristo Salvatore rinnovi i cuori, susciti il desiderio di costruire un futuro più fraterno e solidale, porti a tutti gioia e speranza. Buon Natale!

    [01973-IT.01] [Testo originale: Italiano]

    (...)


    fonte: ibidem

  3. #303
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    Le parole del Papa alla recita dell’Angelus, 26.12.2017


    Alle ore 12 di oggi – Festa di Santo Stefano, primo martire – il Santo Padre Francesco si è affacciato alla finestra dello studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli e i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.

    Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

    Prima dell’Angelus

    Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

    Dopo aver celebrato la nascita di Gesù oggi celebriamo la nascita al cielo di Santo Stefano, il primo martire. Anche se a prima vista potrebbe sembrare che fra le due ricorrenze non ci sia un legame, in realtà esso c’è, ed è un legame molto forte.

    Ieri, nella liturgia del Natale, abbiamo sentito proclamare: «Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14). Santo Stefano mise in crisi i capi del suo popolo, perché, «pieno di fede e di Spirito Santo» (At 6,5), credeva fermamente e professava la nuova presenza di Dio tra gli uomini; sapeva che il vero tempio di Dio è ormai Gesù, Verbo eterno venuto ad abitare in mezzo a noi, fattosi in tutto come noi, tranne che nel peccato. Ma Stefano viene accusato di predicare la distruzione del tempio di Gerusalemme. L’accusa che rivolgono contro di lui è di aver affermato che «Gesù, questo Nazareno, distruggerà questo luogo e sovvertirà le usanze che Mosè ci ha tramandato» (At 6,14).

    In effetti, il messaggio di Gesù è scomodo e ci scomoda, perché sfida il potere religioso mondano e provoca le coscienze. Dopo la sua venuta, è necessario convertirsi, cambiare mentalità, rinunciare a pensare come prima cambiare, convertirsi. Stefano è rimasto ancorato al messaggio di Gesù fino alla morte. Le sue ultime preghiere: «Signore Gesù, accogli il mio spirito» e «Signore, non imputare loro questo peccato» (At 7,59-60), queste due preghiere sono eco fedele di quelle pronunciate da Gesù sulla croce: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc 23,46) e «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno» (v. 34). Quelle parole di Stefano sono state possibili soltanto perché il Figlio di Dio è venuto sulla terra ed è morto e risorto per noi; prima di questi eventi erano espressioni umanamente impensabili.

    Stefano supplica Gesù di accogliere il suo spirito. Cristo risorto, infatti, è il Signore, ed è l’unico mediatore tra Dio e gli uomini, non soltanto nell’ora della nostra morte, ma anche in ogni istante della vita: senza di Lui non possiamo fare nulla (cfr Gv 15,5). Pertanto anche noi, davanti a Gesù Bambino nel presepio, possiamo pregarlo così: “Signore Gesù, ti affidiamo il nostro spirito, accoglilo”, perché la nostra esistenza sia davvero una vita buona secondo il Vangelo.

    Gesù è il nostro mediatore e ci riconcilia non soltanto con il Padre, ma anche tra di noi. Egli è la fonte dell’amore, che ci apre alla comunione con i fratelli, ad amarci fra noi, rimuovendo ogni conflitto e risentimento. Sappiamo che i risentimenti sono cosa brutta, fanno tanto male e ci fanno tanto male! E Gesù rimuove tutto questo e fa sì che noi ci amiamo. Questo è il miracolo di Gesù. Chiediamo a Gesù, nato per noi, di aiutarci ad assumere questo duplice atteggiamento di fiducia nel Padre e di amore per il prossimo; è un atteggiamento che trasforma la vita e la rende più bella, più fruttuosa.

    A Maria, Madre del Redentore e Regina dei martiri, eleviamo con fiducia la nostra preghiera, perché ci aiuti ad accogliere Gesù come Signore della nostra vita e a diventare suoi coraggiosi testimoni, pronti a pagare di persona il prezzo della fedeltà al Vangelo.


    [01974-IT.02] [Testo originale: Italiano]

    Dopo l’Angelus

    Cari fratelli e sorelle,

    nel clima di gioia cristiana che promana dal Natale di Gesù, vi saluto e vi ringrazio per la vostra presenza.

    A tutti voi, venuti dall’Italia e da diverse Nazioni, rinnovo l’augurio di pace e di serenità: siano questi, per voi e per i vostri familiari, giorni in cui gustare la bellezza di stare insieme sentendo che Gesù è in mezzo a noi.

    Un saluto particolare ai fedeli del Pellegrinaggio nazionale ucraino: benedico tutti voi e il vostro Paese.

    In queste settimane ho ricevuto tanti messaggi augurali. Non essendomi possibile rispondere a ciascuno, esprimo oggi a tutti il mio sentito ringraziamento, specialmente per il dono della preghiera. Grazie di cuore! Il Signore vi ricompensi con la sua generosità!

    Buona festa! Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci.

    [01975-IT.02] [Testo originale: Italiano]

    [B0925-XX.02]


    fonte: Sala Stampa della Santa Sede

  4. #304
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    L’Udienza Generale, 27.12.2017


    L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 9.25 nell’Aula Paolo VI dove il Santo Padre Francesco ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo.

    Nel discorso in lingua italiana il Papa ha incentrato la sua meditazione sul significato del Natale del Signore Gesù.

    Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre ha indirizzato particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.

    L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica.

    Catechesi del Santo Padre in lingua italiana

    Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

    Oggi vorrei soffermarmi con voi sul significato del Natale del Signore Gesù, che in questi giorni stiamo vivendo nella fede e nelle celebrazioni.

    La costruzione del presepe e, soprattutto, la liturgia, con le sue Letture bibliche e i suoi canti tradizionali, ci hanno fatto rivivere «l’oggi» in cui «è nato per noi il Salvatore, il Cristo Signore» (Lc 2,11).

    Ai nostri tempi, specialmente in Europa, assistiamo a una specie di “snaturamento” del Natale: in nome di un falso rispetto che non è cristiano, che spesso nasconde la volontà di emarginare la fede, si elimina dalla festa ogni riferimento alla nascita di Gesù. Ma in realtà questo avvenimento è l’unico vero Natale! Senza Gesù non c’è Natale; c’è un’altra festa, ma non il Natale. E se al centro c’è Lui, allora anche tutto il contorno, cioè le luci, i suoni, le varie tradizioni locali, compresi i cibi caratteristici, tutto concorre a creare l’atmosfera della festa, ma con Gesù al centro. Se togliamo Lui, la luce si spegne e tutto diventa finto, apparente.

    Attraverso l’annuncio della Chiesa, noi, come i pastori del Vangelo (cfr Lc 2,9), siamo guidati a cercare e trovare la vera luce, quella di Gesù che, fattosi uomo come noi, si mostra in modo sorprendente: nasce da una povera ragazza sconosciuta, che lo dà alla luce in una stalla, col solo aiuto del marito... Il mondo non si accorge di nulla, ma in cielo gli angeli che sanno la cosa esultano! Ed è così che il Figlio di Dio si presenta anche oggi a noi: come il dono di Dio per l’umanità che è immersa nella notte e nel torpore del sonno (cfr Is 9,1). E ancora oggi assistiamo al fatto che spesso l’umanità preferisce il buio, perché sa che la luce svelerebbe tutte quelle azioni e quei pensieri che farebbero arrossire o rimordere la coscienza. Così, si preferisce rimanere nel buio e non sconvolgere le proprie abitudini sbagliate.

    Ci possiamo chiedere allora che cosa significhi accogliere il dono di Dio che è Gesù. Come Lui stesso ci ha insegnato con la sua vita, significa diventare quotidianamente un dono gratuito per coloro che si incontrano sulla propria strada. Ecco perché a Natale si scambiano i doni. Il vero dono per noi è Gesù, e come Lui vogliamo essere dono per gli altri. E, siccome noi vogliamo essere dono per gli altri, scambiamo dei doni, come segno, come segnale di questo atteggiamento che ci insegna Gesù: Lui, inviato dal Padre, è stato dono per noi, e noi siamo doni per gli altri.

    L’apostolo Paolo ci offre una chiave di lettura sintetica, quando scrive – è bello questo passo di Paolo –: «E’ apparsa la grazia di Dio, che porta la salvezza a tutti gli uomini e che ci insegna a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà» (Tt 2,11-12). La grazia di Dio “è apparsa” in Gesù, volto di Dio, che la Vergine Maria ha dato alla luce come ogni bambino di questo mondo, ma che non è venuto “dalla terra”, è venuto “dal Cielo”, da Dio. In questo modo, con l’incarnazione del Figlio, Dio ci ha aperto la via della vita nuova, fondata non sull’egoismo ma sull’amore. La nascita di Gesù è il gesto di amore più grande del nostro Padre del Cielo.

    E, infine, un ultimo aspetto importante: nel Natale possiamo vedere come la storia umana, quella mossa dai potenti di questo mondo, viene visitata dalla storia di Dio. E Dio coinvolge coloro che, confinati ai margini della società, sono i primi destinatari del suo dono, cioè – il dono – la salvezza portata da Gesù. Con i piccoli e i disprezzati Gesù stabilisce un’amicizia che continua nel tempo e che nutre la speranza per un futuro migliore. A queste persone, rappresentate dai pastori di Betlemme, «apparve una grande luce» (Lc 2,9-12). Loro erano emarginati, erano malvisti, disprezzati, e a loro apparve la grande notizia per prima. Con queste persone, con i piccoli e i disprezzati, Gesù stabilisce un’amicizia che continua nel tempo e che nutre la speranza per un futuro migliore. A queste persone, rappresentate dai pastori di Betlemme, apparve una grande luce, che li condusse dritti a Gesù. Con loro, in ogni tempo, Dio vuole costruire un mondo nuovo, un mondo in cui non ci sono più persone rifiutate, maltrattate e indigenti.

    Cari fratelli e sorelle, in questi giorni apriamo la mente e il cuore ad accogliere questa grazia. Gesù è il dono di Dio per noi e, se lo accogliamo, anche noi possiamo diventarlo per gli altri – essere dono di Dio per gli altri – prima di tutto per coloro che non hanno mai sperimentato attenzione e tenerezza. Ma quanta gente nella loro vita mai ha sperimentato una carezza, un’attenzione di amore, un gesto di tenerezza…Il Natale ci spinge a farlo. Così Gesù viene a nascere ancora nella vita di ciascuno di noi e, attraverso di noi, continua ad essere dono di salvezza per i piccoli e gli esclusi.

    [01976-IT.01] [Testo originale: Italiano]

    Sintesi della catechesi e saluti nelle diverse lingue

    In lingua francese

    Speaker:


    Frères et sœurs, je m’arrêterai aujourd’hui à la signification de la fête de la Nativité du Seigneur. A une époque où nous assistons à une sorte de dénaturation de Noël, il faut dire que c’est la naissance de Jésus qui est le vrai Noël, sans Jésus ce n’est pas Noël! A travers l’annonce de l’Eglise, comme les bergers de l’Evangile, nous sommes guidés pour trouver la vraie lumière, celle de Jésus qui se révèle de façon surprenante: il naît d’une pauvre jeune fille inconnue, qui le met au monde dans une étable, avec la seule aide de son mari. C’est ainsi que le Fils de Dieu se présente encore à nous aujourd’hui: comme le don de Dieu pour l’humanité qui surgit dans la nuit et dans la torpeur du sommeil, alors que souvent l’humanité préfère demeurer dans l’obscurité et ne pas changer ses habitudes erronées. Par l’incarnation de son Fils, Dieu nous a ouvert le chemin d’une vie nouvelle, fondée sur l’amour et non sur l’égoïsme. A Noël, l’histoire humaine a été visitée par l’histoire de Dieu. Avec les petits, les méprisés, Jésus établit une amitié qui continue dans le temps et nourrit l’espérance d’un avenir meilleur. Avec eux, Dieu veut construire un monde nouveau où il n’y aura plus de personnes rejetées, maltraitées, indigentes. En ces jours de fête, ouvrons notre esprit et notre cœur pour accueillir cette grâce.

    Santo Padre:


    Sono lieto di dare il benvenuto ai pellegrini francofoni, in particolare ai fedeli della diocesi di Séez, con il vescovo, mons. Jacques Habert, e alle famiglie della diocesi di Cambrai. Cari amici, in questo tempo di Natale, possa Gesù nascere anche nelle vostre vite e, attraverso di voi, diventare un dono di salvezza per i più piccoli e per gli esclusi! Buon Natale e che Dio vi benedica!

    Speaker:

    Je suis heureux d’accueillir les pèlerins de langue française, en particulier les fidèles du diocèse de Séez, avec l’évêque, Mgr Jacques Habert, ainsi que les familles du diocèse de Cambrai. Chers amis, en ce temps de Noël, que Jésus naisse aussi dans vos vies et qu’à travers vous, il devienne un don de salut pour les petits et les exclus! Bon Noël et que Dieu vous bénisse!

    [01977-FR.01] [Texte original: Français]

    In lingua inglese

    Speaker:


    Dear brothers and sisters: In this holy season of Christmas, we celebrate the birthday of Jesus, who is God’s gift to us, our Saviour and the Light of the world. Without Jesus, there is no Christmas! Our traditional celebrations express our joy that God’s light shines in a world darkened by sin and injustice. Like the shepherds of Bethlehem, we too are called to seek and find Jesus, who comes to us in hiddenness and poverty. Sadly, despite the coming of the light many prefer to live in darkness. Yet those who receive the gift of Jesus come to know God’s saving grace and the promise of a new life, based no longer on selfishness but on self-giving love. Our tradition of giving gifts at Christmas is ultimately a sign of our gratitude for the gift of Jesus and our desire to share him with others. Christmas reminds us that God’s plan intersects with our history, and opens the way to a better future, a new world. This Christmas, may Jesus be born anew in each of us, so that by our lives, he may be a gift of salvation for all, especially the poor and those of our brothers and sisters who are most in need.

    Santo Padre:

    Saluto i pellegrini di lingua inglese presenti all’Udienza odierna, specialmente quelli dagli Stati Uniti d’America. A voi e alle vostre famiglie auguro di custodire la gioia di questo tempo di Natale, incontrando nella preghiera il Principe della Pace, che desidera farsi vicino a tutti. Dio vi benedica!

    Speaker:

    I greet all the English-speaking pilgrims and visitors taking part in today’s Audience, particularly those from the United States of America. May each of you, and your families, cherish the joy of this Christmas season, and draw near in prayer to the Prince of Peace who has come to dwell among us. God bless you all!

    [01978-EN.01] [Original text: English]

    In lingua tedesca

    Speaker:


    Liebe Brüder und Schwestern,

    in der heutigen Katechese wollen wir über die Bedeutung von Weihnachten nachdenken. Ohne Jesus gibt es keine Weihnacht. Wenn Jesus im Mittelpunkt dieses Festes steht, dann haben die Lichter, die Gesänge und die weihnachtlichen Bräuche einen Sinn und geben der Feier einen besonderen Glanz. Wenn Jesus weggenommen wird, bleibt nur etwas Äußerliches, das über kurz oder lang in sich zusammenfällt. Die weihnachtliche Verkündigung der Kirche leitet uns an, Christus, das wahre Licht, zu suchen und zu finden. Sie zeigt uns jenes staunenswerte Bild des kleinen Kindes im Stall, das dank eines armen Mädchens mit Namen Maria das Licht der Welt erblickt. So schenkt sich uns Gott, und er lädt uns ein, uns ebenfalls dem Nächsten zu schenken. Gott hat uns den Weg zu einem neuen Leben geöffnet, das nicht auf Selbstfindung, sondern auf Hingabe gründet. Weihnachten macht uns auch deutlich, dass Gott in seinen Heilsplan die miteinbezieht, die am Rand stehen. Sie, die Hirten, sind die ersten Empfänger seines Geschenks, der Geburt des Erlösers. Gott will die Welt erneuern, damals wie heute, und er fängt damit bei den Kleinen und Verachteten an.

    Santo Padre:

    Un saluto di cuore rivolgo ai pellegrini di lingua tedesca. Il Mistero di Natale deve anche aver luogo in ciascuno di noi, come ha detto il Pellegrino Cherubico: «Ah potesse diventare il tuo cuore una mangiatoia, Dio nascerebbe bambino di nuovo sulla terra». Il Signore ci accompagni a portare la sua pace e il suo amore agli uomini e donne del nostro tempo.

    Speaker:

    Einen herzlichen Gruß richte ich an die Pilger deutscher Sprache. Das weihnachtliche Geheimnis muss auch in jedem von uns stattfinden, wie es im Cherubinischen Wandersmann heißt: »Ach könnte nur dein Herz zu einer Krippe werden / Gott würde noch einmal ein Kind auf dieser Erden«. Der Herr möge uns begleiten, seinen Frieden und seine Liebe zu den Männer und Frauen unserer Zeit zu bringen.

    [01979-DE.01] [Originalsprache: Deutsch]

    In lingua spagnola


    Queridos hermanos y hermanas:

    Dedico la catequesis de hoy a reflexionar sobre el significado de la Navidad. En nuestros días, estamos asistiendo a una especie de «desnaturalización» de la Navidad. En nombre de un falso respeto ante quien no es cristiano, muchas veces se esconde la voluntad de marginar la fe, eliminando todo tipo de referencia al nacimiento de Jesús. Sin embargo, el verdadero sentido de estas fiestas se encuentra en Jesús, es Él quien da sentido a todo lo que celebramos.

    Nosotros, como los pastores del Evangelio, estamos llamados a buscar la verdadera luz que es Jesús, que es el don de Dios a la humanidad que se encuentra inmersa en la oscuridad de la noche. Cuando acogemos a Jesús en nuestras vidas, nos convertimos en un don para los demás. Por este motivo, nosotros los cristianos nos intercambiamos regalos, porque el verdadero don para nosotros es Jesús y, como Él, queremos ser don para los demás.

    Jesús viene a este mundo y los primeros destinatarios de su venida son los pequeños y despreciados, con los que establece una amistad que continúa en el tiempo. Con ellos, en cada momento, Dios desea construir un mundo nuevo en el que no haya más personas rechazadas, descartadas ni maltratadas.

    Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española, en particular a los venidos de España y Latinoamérica. En estos días los animo a abrir la mente y el corazón para acoger a Jesús que es el don de Dios para nosotros, y si lo acogemos también nosotros podremos serlo para los demás, especialmente para los necesitados de atención y de ternura.

    Que Dios los bendiga. Muchas gracias.

    [01980-ES.01] [Texto original: Español]

    In lingua portoghese

    Speaker:


    A construção do presépio e sobretudo as celebrações litúrgicas, com as suas leituras bíblicas e os seus cânticos tradicionais, fazem-nos reviver hoje o Natal do Deus Menino, levando-nos a procurar e a reconhecer a verdadeira luz, que é Jesus. Fez-Se homem como nós, mas apresentou-Se de maneira surpreendente: nasceu duma família humilde e desconhecida, na pobreza dum curral; nasceu da Virgem Maria como qualquer criança deste mundo, mas não veio «da terra», veio do Pai celeste. O mundo não se deu conta de nada, mas os anjos exultam no Céu e vieram dar notícia aos marginalizados da sociedade: os pastores de Belém. São eles os primeiros destinatários da salvação trazida pelo Deus Menino. Sobre eles refulgiu uma grande luz, que os levou até Jesus. E é assim que Ele Se apresenta também a nós: como o dom de Deus para uma humanidade imersa na noite e na sonolência. Jesus é um dom de Deus para nós. E como se acolhe este dom de Deus que é Jesus? Como Ele próprio nos ensinou com a sua vida: tornando-nos diariamente um dom para as pessoas que se cruzam connosco. Por isso mesmo, no Natal, trocamos dons entre nós. Mas, para nós, o verdadeiro dom é Jesus e, como Ele, queremos ser dom para os outros. Assim Jesus não cessará jamais de nascer na vida de cada um de nós e, por nosso intermédio, continuará a ser dom de salvação para os humildes e marginalizados da terra.

    Santo Padre:

    Cari pellegrini di lingua portoghese, auguro a voi e alle vostre famiglie un Natale veramente cristiano, in modo che gli auguri di «Buone Feste» scambiati fra noi siano espressione della gioia che proviamo nel sapere che Dio è presente in mezzo a noi e che cammina con noi. A tutti desidero offrire gli auguri di un buon Anno Nuovo, pieno di benedizioni del Dio Bambino.

    Speaker:


    Queridos peregrinos de língua portuguesa, desejo a vós e às vossas famílias um Natal verdadeiramente cristão, de tal modo que os votos de «Boas Festas», que trocamos entre nós, sejam expressão da alegria que sentimos por saber que Deus está presente no nosso meio e caminha connosco. Para todos, formulo votos dum bom Ano Novo, repleto de bênçãos do Deus Menino

    [01981-PO.01] [Texto original: Português]

    In lingua araba

    Speaker:


    [تكلم البابا اليوم عن معنى ميلاد الربّ يسوع، الذي نعيشه في هذه الأيام بالإيمان والاحتفالات، وعما ‏يشهده هذا العيد من "تشويه"، باسم احترامٍ كاذبٍ لغير المسيحيّين، غالبًا ما يخفي خلفه الرغبة في تهميش ‏الإيمان، بحذف كلّ ما يشير إلى ميلاد يسوع. وأكد البابا أنه بدون يسوع ليس هناك من عيد ميلاد، فبدونه ‏تنطفئ الأضواء، ويصبح كلّ شيء مزيّفًا، ومجرّد مظهر بلا مضمون. لذا تعلن الكنيسة أن يسوع هو النور الحقيقي وهو ‏ابن الله الذي صار بشرًا وولد من العذراء مريم في مذود؛ هو المخلص الذي لم ينتبه لميلاده أهل زمانه، إنما ‏هللت له ملائكة السماء والرعاة الفقراء؛ إنه عطيّة الله للبشريّة المقيمة في الظلمة وظلال الموت، والتي غالبًا ما تفضّل ‏الظلام، لأنّها تعرف أن النور يكشف أعمالها الشريرة. لقد فتح الله، بتجسّد ابنه، طريقَ الحياة الجديدة، التي تقوم ‏على المحبّة والبذل والتواضع. لقد دخل الله تاريخَ البشرّية، مانحا الأولوية للصغار والمرذولين والفقراء ‏والمعوَزين. إن الميلاد يذكرنا بأن يسوع هو هبة الله لنا، وبأنه بإمكاننا نحن أيضًا، إن قبلناه، أن نصبح هبة ‏للآخرين، فيولد هكذا يسوع من جديد في حياتنا وفي حياة من نلتقي معهم، ولا سيما الصغار والمهمّشين‏‏].

    Santo Padre:

    Saluto cordialmente i pellegrini di lingua ‎araba, ‎in ‎‎‎particolare quelli ‎provenienti ‎dalla Siria, dall’Iraq, dalla Terra Santa e dal Medio Oriente. La na‎scita di Gesù è il compimento delle promesse divine. Dio non ama a parole, il Suo ‎amore non si limita all’invio di profeti, messaggeri o testi, ma Lo porta ad ab‎bracciare la nostra debolezza e la nostra condizione umana per sollevarci alla dignità filiale perduta. L’incarnazione di Dio è la prova certa dell’autenticità del Suo ‎amore, Chi ama veramente si immedesima con l’amato. Il Signore vi benedica e ‎tanti auguri di glorioso Natale e felice anno nuovo!‎‎

    Speaker:

    أرحب بمودة بالحاضرين الناطقين باللغة العربية، وخاصة بالقادمين من سوريا، ومن العراق، ومن ‏الأراضي المقدسة، ومن الشرق الأوسط. ميلاد يسوع هو التحقيق التام لوعود الله. إن الله لا يحب بالكلام، ‏فمحبته لا تكتفي بإرسال الأنبياء أو الرسل أو النصوص، بل تدفعه إلى تبني ضعفنا وحالتنا البشرية ليرفعنا ‏إلى مرتبة الكرامة البنوية المفقودة. إن تجسد الله هو الدليل على صحة محبته، فالشخص الذي يحب حقًا يتوحد ‏تمامًا مع مَن يحب. ليبارككم الرب جميعا وأطيب التمنيات بعيد ميلاد مجيد وسنة سعيدة!‏ ‏‏

    [01982-AR.01] [Testo originale: Arabo]

    In lingua polacca

    Speaker:


    W dzisiejszej katechezie Ojciec Święty podjął refleksję nad znaczeniem świąt Bożego Narodzenia. Liturgia tego okresu, wraz z jej czytaniami biblijnymi i tradycyjnymi pieśniami sprawiają, że przeżywamy na nowo „dzisiaj”, w którym „narodził się nam Zbawiciel, którym jest Mesjasz, Pan” (Łk 2,11). Poprzez przepowiadanie Kościoła, podobnie jak pasterze z Ewangelii (por. Łk 2, 9), jesteśmy prowadzeni, by poszukiwać i odnaleźć prawdziwe światło, światło Syna Bożego, który stał się człowiekiem, takim jak my. Narodził się jako dar Boży dla ludzkości, która jest pogrążona w nocy i w odrętwieniu snu (por. Iz 9, 1). Apostoł Paweł daje syntetyczny klucz do zrozumienia tej tajemnicy, gdy pisze: „Ukazała się bowiem łaska Boga, która niesie zbawienie wszystkim ludziom i poucza nas, abyśmy wyrzekłszy się bezbożności i żądz światowych, rozumnie i sprawiedliwie, i pobożnie żyli na tym świecie” (Tt 2,11-12). Łaska Boża „ukazała się” w Jezusie, obliczu Boga, którego Maryja Dziewica urodziła tak jak każde dziecko na tym świecie, ale które nie przyszło „z ziemi”, lecz „z Nieba”, od Boga. W ten sposób, wraz z Wcieleniem Syna, Bóg otworzył nam drogę nowego życia, opartego nie na egoizmie, ale na miłości.

    Santo Padre:

    Saluto cordialmente i pellegrini polacchi. Cari fratelli e sorelle, in questi giorni apriamo la mente e il cuore ad accogliere il dono dell’amore di Dio che è Gesù, il suo Figlio nato dalla Vergine Maria. Se lo accogliamo nel nostro quotidiano, anche noi possiamo diventare dono per gli altri. Ringrazio tanto per gli auguri natalizi che giungono dalla Polonia e da tutto il mondo, e soprattutto per le preghiere secondo le mie intenzioni. Vi prego di ricordarmi sempre davanti al Signore. Vi benedico di cuore!

    Speaker:

    Serdecznie witam polskich pielgrzymów. Drodzy bracia i siostry, w tych dniach otwórzmy nasze umysły i serca, aby przyjąć dar miłości Boga, którym jest Jezus Jego Syn zrodzony z Maryi Dziewicy. Jeśli Go przyjmiemy w naszej codzienności, to my również możemy stać się darem dla innych. Bardzo dziękuję za życzenia bożonarodzeniowe, jakie docierają z Polski i z całego świata, a szczególnie za modlitwy w mojej intencji. Proszę was, abyście stale pamiętali o mnie przed Panem. Z serca wam błogosławię!

    [01983-PL.01] [Testo originale: Polacco]

    In lingua italiana

    Accolgo con la gioia del clima natalizio i cari pellegrini di lingua italiana. Saluto gli artisti e gli operatori del Golden Circus di Liana Orfei, e li ringrazio per la loro gradita esibizione. L’arte circense come la bellezza sempre ci avvicina a Dio! E voi, con il vostro lavoro, con la vostra arte, avvicinate la gente a Dio. Grazie per quello che fate!

    Saluto la Confraternita Santissima Annunziata in Panza d’Ischia nel 4° centenario di fondazione, il gruppo del reparto di pediatria dell’Ospedale di Padova e i gruppi parrocchiali, particolarmente i fedeli di Gromlongo di Palazzago, di Vignanello, di Aprilia, di Curno e di Catanzaro. In questo Tempo di Natale abbiamo davanti agli occhi il meraviglioso mistero di Gesù, dono di Dio per tutta l’umanità. Senza Gesù, ricordiamolo, non è Natale, è un’altra cosa.

    Mi è gradito porgere un saluto speciale ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Cari giovani sappiate essere forti nella fede, guardando al divino Bambino, che nel mistero del Natale si offre in dono per l’intera umanità. Cari ammalati, vi auguro di scorgere, nella vivida luce di Betlemme, il senso della vostra sofferenza. Ed esorto voi sposi a mantenere costanti, nel costruire la vostra famiglia, l’amore e la dedizione oltre ogni sacrificio.

    [01984-IT.02] [Testo originale: Italiano]

    [B0926-XX.02]


    fonte: Sala Stampa della Santa Sede

  5. #305
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    Udienza ai Membri dell’Associazione Teologica Italiana, 29.12.2017


    Alle ore 11.50 di questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i membri dell’Associazione Teologica Italiana in occasione del 50° anniversario della sua fondazione.

    Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai presenti all’incontro:

    Discorso del Santo Padre

    Cari fratelli e sorelle,

    vi do il benvenuto e ringrazio il vostro Presidente per le sue parole. In questi giorni siamo immersi nella contemplazione gioiosa del mistero del nostro Dio, che si è a tal punto coinvolto e compromesso con la nostra povera umanità da inviare il suo Figlio e da prendere, in Lui, la nostra fragile carne. Ogni pensiero teologico cristiano non può che cominciare sempre e incessantemente da qui, in una riflessione che non esaurirà mai la sorgente viva dell’Amore divino, che si è lasciato toccare, guardare e assaporare nella greppia di Betlemme.

    Nel 2017 l’Associazione Teologica Italiana ha compiuto mezzo secolo. Mi è gradito unirmi a voi nel rendere grazie al Signore per quanti hanno avuto il coraggio, cinquant’anni fa, di prendere l’iniziativa di dare vita all’Associazione Teologica Italiana; per quanti vi hanno aderito in questo tempo, offrendo la loro presenza, la loro intelligenza e lo sforzo di una riflessione libera e responsabile; e soprattutto per l’apporto che la vostra Associazione ha dato allo sviluppo teologico e alla vita della Chiesa, con una ricerca che si è sempre proposta – con lo sforzo critico che le compete – di essere in sintonia con le tappe fondamentali e le sfide della vita ecclesiale italiana.

    È degno di nota il fatto che l’Associazione Teologica Italiana sia nata, come recita il primo articolo del vostro Statuto, «nello spirito di servizio e di comunione indicato dal Concilio Ecumenico Vaticano II». La Chiesa deve sempre riferirsi a quell’evento, con il quale ha avuto inizio «una nuova tappa dell’evangelizzazione» (Bolla Misericordiae vultus, 4) e con cui essa si è assunta la responsabilità di annunciare il Vangelo in un modo nuovo, più consono a un mondo e a una cultura profondamente mutati. È evidente come quello sforzo chieda alla Chiesa tutta, e ai teologi in particolare, di essere recepito all’insegna di una “fedeltà creativa”: nella consapevolezza che in questi 50 anni sono avvenuti ulteriori mutamenti e nella fiducia che il Vangelo possa continuare a toccare anche le donne e gli uomini di oggi. Perciò vi chiedo di continuare a rimanere fedeli e ancorati, nel vostro lavoro teologico, al Concilio e alla capacità che lì la Chiesa ha mostrato di lasciarsi fecondare dalla perenne novità del Vangelo di Cristo; così come avete fatto, peraltro, in questi decenni, come attestano i temi da voi scelti e trattati nei Congressi e nei Corsi di aggiornamento, oltre che il recente poderoso lavoro di commento a tutti i Documenti del Vaticano II.

    In particolare, è un chiaro frutto del Concilio e una ricchezza da non disperdere il fatto che abbiate avvertito e continuiate a sentire l’esigenza di “fare teologia insieme”, come Associazione, che annovera oggi oltre 330 teologi. Questo aspetto è un fatto di stile, che esprime già qualcosa di essenziale della Verità al cui servizio si pone la teologia. Non si può pensare, infatti, di servire la Verità di un Dio che è Amore, eterna comunione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e il cui disegno salvifico è quello della comunione degli uomini con Lui e tra loro, facendolo in modo individualistico, particolaristico o, peggio ancora, in una logica competitiva. Quella dei teologi non può che essere una ricerca personale; ma di persone che sono immerse in una comunità teologica la più ampia possibile, di cui si sentono e fanno realmente parte, coinvolte in legami di solidarietà e anche di amicizia autentica. Questo non è un aspetto accessorio del ministero teologico!

    Un ministero di cui oggi continua a esserci un grande bisogno nella Chiesa. È infatti vero che per essere autenticamente credenti non è necessario aver svolto dei corsi accademici di teologia. C’è un senso delle realtà della fede che appartiene a tutto il popolo di Dio, anche di quanti non hanno particolari mezzi intellettuali per esprimerlo, e che chiede di essere intercettato e ascoltato - penso al famoso infallibile in credendo: dobbiamo andare spesso lì - e ci sono persone anche molto semplici che sanno aguzzare gli “occhi della fede”. È in questa fede viva del santo popolo fedele di Dio che ogni teologo deve sentirsi immerso e da cui deve sapersi anche sostenuto, trasportato e abbracciato. Ciò non toglie, però, che vi sia sempre la necessità di quello specifico lavoro teologico per mezzo del quale, come diceva il santo dottore Bonaventura, si possa pervenire al credibile ut intelligibile, a ciò che si crede in quanto viene compreso. E’ un’esigenza della piena umanità degli stessi credenti, anzitutto, perché il nostro credere sia pienamente umano e non sfugga alla sete di coscienza e di comprensione, la più profonda e ampia possibile, di ciò che crediamo. Ed è un’esigenza della comunicazione della fede, perché appaia sempre e dovunque che essa non solo non mutila ciò che è umano, ma si presenta sempre quale appello alla libertà delle persone.

    È soprattutto nel desiderio e nella prospettiva di una Chiesa in uscita missionaria che il ministero teologico risulta, in questo frangente storico, particolarmente importante e urgente. Infatti, una Chiesa che si ripensa così si preoccupa, come ho detto nella Evangelii gaudium, di rendere evidente alle donne e agli uomini quale sia il centro e il nucleo fondamentale del Vangelo, ovvero «la bellezza dell’amore salvifico di Dio manifestato in Gesù Cristo morto e risorto» (n. 36). Un tale compito di essenzialità, nell’epoca della complessità e di uno sviluppo scientifico e tecnico senza precedenti e in una cultura che è stata permeata, nel passato, dal cristianesimo ma nella quale possono oggi serpeggiare visioni distorte del cuore stesso del Vangelo, rende infatti indispensabile un grande lavoro teologico. Perché la Chiesa possa continuare a fare udire il centro del Vangelo alle donne e agli uomini di oggi, perché il Vangelo raggiunga davvero le persone nella loro singolarità e affinché permei la società in tutte le sue dimensioni, è imprescindibile il compito della teologia, con il suo sforzo di ripensare i grandi temi della fede cristiana all’interno di una cultura profondamente mutata.

    C’è bisogno di una teologia che aiuti tutti i cristiani ad annunciare e mostrare, soprattutto, il volto salvifico di Dio, il Dio misericordioso, specie al cospetto di alcune inedite sfide che coinvolgono oggi l’umano: come quella della crisi ecologica, dello sviluppo delle neuroscienze o delle tecniche che possono modificare l’uomo; come quella delle sempre più grandi disuguaglianze sociali o delle migrazioni di interi popoli; come quella del relativismo teorico ma anche di quello pratico. E c’è bisogno, per questo, di una teologia che, come è nella migliore tradizione dell’Associazione Teologica Italiana, sia fatta da cristiane e cristiani che non pensino di parlare solo tra loro, ma sappiano di essere a servizio delle diverse Chiese e della Chiesa; e che si assumano anche il compito di ripensare la Chiesa perché sia conforme al Vangelo che deve annunciare.

    Mi fa piacere sapere che tante volte e in diversi modi, anche di recente, lo avete già fatto: affrontando esplicitamente il tema dell’annuncio del Vangelo e della forma Ecclesiae, della sinodalità, della presenza ecclesiale in contesto di laicità e democrazia, del potere nella Chiesa. Mi auguro perciò che le vostre ricerche possano fecondare e arricchire tutto il popolo di Dio. E vorrei aggiungere qualche pensiero che mi è venuto mentre tu parlavi. Non perdere la capacità di stupirsi; fare teologia nello stupore. Lo stupore che ci porta Cristo, l’incontro con Cristo. E’ come l’aria nella quale la nostra riflessione sarà più feconda. E ripeto anche un’altra cosa che ho detto: il teologo è quello che studia, pensa, riflette, ma lo fa in ginocchio. Fare teologia in ginocchio, come i grandi Padri. I grandi Padri che pensavano, pregavano, adoravano, lodavano: la teologia forte, che è fondamento di tutto lo sviluppo teologico cristiano. E anche ripetere una terza cosa che ho detto qui, ma voglio ripeterla perché è importante: fare teologia nella Chiesa, cioè nel santo popolo fedele di Dio, che ha – lo dirò con una parola non teologica – che ha il “fiuto” della fede. Ricordo, una volta, in una confessione, il dialogo che ho avuto con un’anziana portoghese che si accusava di peccati che non esistevano, ma era così tanto credente! E io le ho fatto qualche domanda e lei rispondeva bene; e alla fine mi è venuta voglia di dirle: “Ma, mi dica, signora: lei ha studiato alla Gregoriana?”. Era proprio una donna semplice, semplice, ma aveva il “fiuto”, aveva il sensus fidei, quello che nella fede non può sbagliare. Lo riprende il Vaticano II, questo.

    Vi benedico di cuore e, per favore, non dimenticatevi di pregare per me.

    [01990-IT.02] [Testo originale: Italiano]

    [B0929-XX.02]


    fonte: Sala Stampa della Santa Sede

  6. #306
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    Le parole del Papa alla recita dell’Angelus, 31.12.2017


    Alle ore 12 di oggi, il Santo Padre Francesco si è affacciato alla finestra dello studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli e i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.

    Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

    Prima dell’Angelus

    Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

    In questa prima domenica dopo il Natale, celebriamo la Santa Famiglia di Nazaret, e il Vangelo ci invita a riflettere sull’esperienza vissuta da Maria, Giuseppe e Gesù, mentre crescono insieme come famiglia nell’amore reciproco e nella fiducia in Dio. Di questa fiducia è espressione il rito compiuto da Maria e Giuseppe con l’offerta del figlio Gesù a Dio. Il Vangelo dice: «Portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore» (Lc2,22), come richiedeva la legge mosaica. I genitori di Gesù vanno al tempio per attestare che il figlio appartiene a Dio e che loro sono i custodi della sua vita e non i proprietari. E questo ci fa riflettere. Tutti i genitori sono custodi della vita dei figli, non proprietari, e devono aiutarli a crescere, a maturare.

    Questo gesto sottolinea che soltanto Dio è il Signore della storia individuale e familiare; tutto ci viene da Lui. Ogni famiglia è chiamata a riconoscere tale primato, custodendo ed educando i figli ad aprirsi a Dio che è la sorgente stessa della vita. Passa da qui il segreto della giovinezza interiore, testimoniato paradossalmente nel Vangelo da una coppia di anziani, Simeone e Anna. Il vecchio Simeone, in particolare, ispirato dallo Spirito Santo dice a proposito del bambino Gesù: «Egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione […] affinché siano svelati i pensieri di molti cuori» (vv. 34-35).

    Queste parole profetiche rivelano che Gesù è venuto per far cadere le false immagini che ci facciamo di Dio e anche di noi stessi; per “contraddire” le sicurezze mondane su cui pretendiamo di appoggiarci; per farci “risorgere” a un cammino umano e cristiano autentico vero, fondato sui valori del Vangelo. Non c’è situazione familiare che sia preclusa a questo cammino nuovo di rinascita e di risurrezione. E ogni volta che le famiglie, anche quelle ferite e segnate da fragilità, fallimenti e difficoltà, tornano alla fonte dell’esperienza cristiana, si aprono strade nuove e possibilità impensate.

    L’odierno racconto evangelico riferisce che Maria e Giuseppe, «quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazaret. Il bambino cresceva – dice il Vangelo – e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui» (vv. 39-40). Una grande gioia della famiglia è la crescita dei figli, tutti lo sappiamo. Essi sono destinati a svilupparsi e fortificarsi, ad acquisire sapienza e accogliere la grazia di Dio, proprio come è accaduto a Gesù. Egli è veramente uno di noi: il Figlio di Dio si fa bambino, accetta di crescere, di fortificarsi, è pieno di sapienza e la grazia di Dio è sopra di Lui. Maria e Giuseppe hanno la gioia di vedere tutto questo nel loro figlio; e questa è la missione alla quale è orientata la famiglia: creare le condizioni favorevoli per la crescita armonica e piena dei figli, affinché possano vivere una vita buona, degna di Dio e costruttiva per il mondo.

    È questo l’augurio che rivolgo a tutte le famiglie oggi, accompagnandolo con l’invocazione a Maria, Regina della Famiglia.

    [01992-IT.02] [Testo originale: Italiano]

    Dopo l’Angelus

    Cari fratelli e sorelle,

    esprimo la mia vicinanza ai fratelli Copti Ortodossi d’Egitto, colpiti due giorni fa da due attentati a una chiesa e a un negozio nella periferia del Cairo. Il Signore accolga le anime dei defunti, sostenga i feriti, i familiari e l’intera comunità, e converta i cuori dei violenti.

    Oggi rivolgo un saluto speciale alle famiglie qui presenti, e anche a quelle che partecipano da casa. La Santa Famiglia vi benedica e vi guidi nel vostro cammino.

    Saluto tutti voi, romani e pellegrini; in particolare, i gruppi parrocchiali, le associazioni e i giovani. Non dimentichiamoci in questa giornata di ringraziare Dio per l’anno trascorso e per ogni bene ricevuto. E ci farà bene, a ognuno di noi, prendere un po’ di tempo per pensare quante cose buone ho ricevuto dal Signore quest’anno, e ringraziare. E se ci sono state delle prove, delle difficoltà, ringraziare anche perché ci ha aiutato a superare quei momenti. Oggi è una giornata di ringraziamento.

    A tutti auguro una buona domenica e una serena fine d’anno. Vi ringrazio ancora dei vostri auguri e delle vostre preghiere: e continuate per favore a pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!

    [01993-IT.02] [Testo originale: Italiano]

    [B0932-XX.02]


    fonte: Sala Stampa della Santa Sede

  7. #307
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    Celebrazione dei primi Vespri della Solennità di Maria Santissima Madre di Dio e «Te Deum» di ringraziamento per l’anno trascorso, 31.12.2017


    Alle ore 17 di oggi, nella Basilica Vaticana, il Santo Padre Francesco ha presieduto i primi Vespri della Solennità di Maria Santissima Madre di Dio, cui ha fatto seguito l’esposizione del Santissimo Sacramento, il canto del tradizionale inno «Te Deum» di ringraziamento a conclusione dell’anno civile, e la Benedizione Eucaristica.

    Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Papa ha pronunciato nel corso della celebrazione dei Vespri:

    Omelia del Santo Padre

    «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio» (Gal 4,4). Questa celebrazione vespertina respira l’atmosfera della pienezza del tempo. Non perché siamo all’ultima sera dell’anno solare, tutt’altro, ma perché la fede ci fa contemplare e sentire che Gesù Cristo, Verbo fatto carne, ha dato pienezza al tempo del mondo e alla storia umana.

    «Nato da donna» (v. 4). La prima a sperimentare questo senso della pienezza donata dalla presenza di Gesù è stata proprio la «donna» da cui Egli è «nato». La Madre del Figlio incarnato, Madre di Dio. Attraverso di lei, per così dire, è sgorgata la pienezza del tempo: attraverso il suo cuore umile e pieno di fede, attraverso la sua carne tutta impregnata di Spirito Santo.

    Da lei la Chiesa ha ereditato e continuamente eredita questa percezione interiore della pienezza, che alimenta un senso di gratitudine, come unica risposta umana degna del dono immenso di Dio. Una gratitudine struggente, che, partendo dalla contemplazione di quel Bambino avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia, si estende a tutto e a tutti, al mondo intero. E’ un “grazie” che riflette la Grazia; non viene da noi, ma da Lui; non viene dall’io, ma da Dio, e coinvolge l’io e il noi.

    In questa atmosfera creata dallo Spirito Santo, noi eleviamo a Dio il rendimento di grazie per l’anno che volge al termine, riconoscendo che tutto il bene è dono suo.

    Anche questo tempo dell’anno 2017, che Dio ci aveva donato integro e sano, noi umani l’abbiamo in tanti modi sciupato e ferito con opere di morte, con menzogne e ingiustizie. Le guerre sono il segno flagrante di questo orgoglio recidivo e assurdo. Ma lo sono anche tutte le piccole e grandi offese alla vita, alla verità, alla fraternità, che causano molteplici forme di degrado umano, sociale e ambientale. Di tutto vogliamo e dobbiamo assumerci, davanti a Dio, ai fratelli e al creato, la nostra responsabilità.

    Ma questa sera prevale la grazia di Gesù e il suo riflesso in Maria. E prevale perciò la gratitudine, che, come Vescovo di Roma, sento nell’animo pensando alla gente che vive con cuore aperto in questa città.

    Provo un senso di simpatia e di gratitudine per tutte quelle persone che ogni giorno contribuiscono con piccoli ma preziosi gesti concreti al bene di Roma: cercano di compiere al meglio il loro dovere, si muovono nel traffico con criterio e prudenza, rispettano i luoghi pubblici e segnalano le cose che non vanno, stanno attenti alle persone anziane o in difficoltà, e così via. Questi a mille altri comportamenti esprimono concretamente l’amore per la città. Senza discorsi, senza pubblicità, ma con uno stile di educazione civica praticata nel quotidiano. E così cooperano silenziosamente al bene comune.

    Ugualmente sento in me una grande stima per i genitori, gli insegnanti e tutti gli educatori che, con questo medesimo stile, cercano di formare i bambini e i ragazzi al senso civico, a un’etica della responsabilità, educandoli a sentirsi parte, a prendersi cura, a interessarsi della realtà che li circonda.

    Queste persone, anche se non fanno notizia, sono la maggior parte della gente che vive a Roma. E tra di loro non poche si trovano in condizioni di strettezze economiche; eppure non si piangono addosso, né covano risentimenti e rancori, ma si sforzano di fare ogni giorno la loro parte per migliorare un po’ le cose.

    Oggi, nel rendimento di grazie a Dio, vi invito ad esprimere anche la riconoscenza per tutti questi artigiani del bene comune, che amano la loro città non a parole ma con i fatti.

    [01994-IT.02] [Testo originale: Italiano]

    [B0933-XX.02]


    fonte: Sala Stampa della Santa Sede

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