Lo Staff del Forum dichiara la propria fedeltà al Magistero. Se, per qualche svista o disattenzione, dovessimo incorrere in qualche errore o inesattezza, accettiamo fin da ora, con filiale ubbidienza, quanto la Santa Chiesa giudica e insegna. Le affermazioni dei singoli forumisti non rappresentano in alcun modo la posizione del forum, e quindi dello Staff, che ospita tutti gli interventi non esplicitamente contrari al Regolamento di CR (dalla Magna Charta). O Maria concepita senza peccato prega per noi che ricorriamo a Te.
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Discussione: Omelie, discorsi e messaggi di Papa Francesco - ANNO 2018

  1. #21
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    Udienza ai Membri della Pontificia Accademia di Teologia, 26.01.2018


    Alle ore 12.10 di oggi, nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i Membri della Pontificia Accademia di Teologia, in occasione del IX Forum Internazionale della Pontificia Accademia di Teologia, dal titolo Credo in Dio Padre Onnipotente Creatore del cielo e della terra (Pontificia Università Lateranense, 25-26 gennaio 2018).

    Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai presenti nel corso dell'Udienza:

    Discorso del Santo Padre

    Signori Cardinali,
    venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
    cari fratelli e sorelle,

    sono lieto di accogliervi e ringrazio il Presidente per le parole che mi ha rivolto. La celebrazione di un anniversario è sempre un momento di gioia, di rendimento di grazie per quanto avvenuto nel passato e, nello stesso tempo, un impegno per il futuro. Questo vale anche per la Pontificia Academia Theologica, che celebra quest’anno i tre secoli di istituzione, avvenuta il 23 aprile 1718 con Breve da parte del Papa Clemente XI.

    Tre secoli di vita costituiscono certamente un traguardo significativo, ma non devono essere l’occasione né per guardare narcisisticamente a sé stessi, né per volgersi nostalgicamente al passato. Piuttosto, rappresentano lo stimolo per una rinnovata consapevolezza della propria identità e per un rilancio della propria missione nella Chiesa.

    La Pontificia Accademia di Teologia ha conosciuto, nella sua storia, vari cambiamenti di struttura e di organizzazione per venire incontro alle sempre nuove sfide poste dai diversi contesti sociali ed ecclesiali in cui si è trovata a operare. Essa infatti nasce, nelle intenzioni del Cardinale Cosimo de’ Girolami, come luogo di formazione teologica degli ecclesiastici in un momento in cui altre istituzioni risultavano carenti e inadeguate a tale scopo. Quando però il cambiamento della situazione storica e culturale non ha più richiesto tale compito, l’Accademia ha assunto la fisionomia – che tuttora possiede – di un gruppo di studiosi chiamati a indagare e approfondire temi teologici di particolare rilevanza. Nello stesso tempo si è delineata, nella composizione del corpo dei soci, quell’equilibrio tra i membri operanti nell’Urbe e quelli operanti al di fuori di essa, che contraddistingue ancora oggi la peculiare dimensione cattolica e internazionale dell’Istituzione.

    Al di là dei vari mutamenti, c’è però un elemento costante che caratterizza l’Accademia: essere a servizio della Chiesa con l’intento di promuovere, sollecitare e sostenere nella sue varie forme l’intelligenza della fede nel Dio rivelatosi in Cristo; fedele al magistero della Chiesa e aperta alle istanze e alle sfide della cultura, essa si pone come luogo di confronto e dialogo per la comunicazione del Vangelo in contesti sempre nuovi, lasciandosi sollecitare dalle urgenze che giungono dall’umanità sofferente per offrire il contributo di un pensiero credente, incarnato e solidale: anche il Forum sulla creazione che state attualmente tenendo vi spinge proprio in questa direzione.

    C’è poi un ulteriore aspetto che fin dalla sua origine ha caratterizzato la vostra Accademia: si tratta del legame con le altre istituzioni universitarie ed educative romane, a cominciare dall’antica Università “La Sapienza”, per continuare con le Scuole del Seminario Romano, fino a quelle che in seguito diventeranno le Pontificie Università dell’Urbe.

    I continui contatti, in un rapporto di reciproco scambio culturale, con queste istituzioni e con molte congregazioni religiose a cui sono appartenuti e appartengono i suoi membri, hanno fatto in modo che la Pontificia Accademia di Teologia non si sia mai considerata un’entità isolata e autonoma, ma abbia svolto il proprio ruolo inserita in una trama di relazioni da cui si sono arricchiti tutti gli interlocutori. Guardando a tale passato, l’Accademia è chiamata ancora oggi a cogliere la propria identità non in una prospettiva autoreferenziale, ma come promotrice di un incontro tra teologia, filosofia e scienze umane, affinché il buon seme del Vangelo porti frutto nel vasto campo del sapere. La necessità, infine, di una sempre più stretta collaborazione tra le Istituzioni universitarie ecclesiastiche romane richiede all’Accademia Teologica che non si estranei, ma che sappia collocarsi in dialogo fecondo con ciascuna di esse per favorire un lavoro comune, coordinato e condiviso.

    Con queste prospettive per il futuro, e assicurandovi la mia preghiera e la mia vicinanza, vi imparto la Benedizione Apostolica. Per favore, non dimenticate di pregare per me.

    [00143-IT.01] [Testo originale: Italiano]

    [B0072-XX.02]


    fonte: Sala Stampa della Santa Sede

  2. #22
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    Udienza ai Membri della Croce Rossa Italiana, 27.01.2018


    Alle ore 12.00 di questa mattina, nell’Aula Paolo VI, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i Membri della Croce Rossa Italiana.

    Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai presenti nel corso dell’Udienza:

    Discorso del Santo Padre

    Cari fratelli e sorelle,

    vi do il benvenuto e ringrazio il Presidente per le sue cortesi parole. Esse mi hanno anche permesso di ripensare alla nascita del vostro Movimento, all’ispirazione che vi sostiene e ai traguardi che vi prefiggete. La Croce Rossa svolge in tutta Italia e nel mondo un servizio insostituibile, prezioso sia per l’opera che materialmente compie, sia per lo spirito con cui la compie, che contribuisce a diffondere una mentalità nuova, più aperta, più solidale.

    La vostra azione, poi, merita ancor più la gratitudine di ogni cittadino perché si attua nelle più diverse situazioni, dovendo far fronte a fatiche e pericoli di varia natura. È così nel caso dell’assistenza prestata alle vittime dei terremoti e di altre calamità naturali, che allevia la prova delle popolazioni colpite, rappresentando un segno della vicinanza di tutto il popolo italiano. Di uguale valore è l’impegno che ponete nel soccorso dei migranti durante il loro arduo percorso sul mare, e nel ricevere quanti sbarcano e sperano di essere accolti e integrati. La mano che tendete loro e che essi afferrano è un segno alto, che andrebbe tradotto così: “Non ti aiuto solo in questo istante, per sollevarti dal mare e portarti in salvo, ma ti assicuro che ci sarò e mi prenderò a cuore la tua sorte”. Per questo, la vostra presenza a fianco degli immigrati rappresenta un segno profetico, così necessario al nostro tempo. Ho detto la parola “segno profetico”: il profeta – per dirlo in una lingua che tutti capiamo – il profeta è quello che “schiaffa”; con il suo modo di vivere, con il servizio che fa e le parole… “schiaffa”: sveglia, dà veri schiaffi all’egoismo sociale, all’egoismo delle società. E fa risvegliare il meglio che c’è nel cuore! Ma date lo schiaffo con la parola e con la testimonianza, non con la mano!

    La missione del volontario, chiamato a chinarsi su chiunque si trovi nel bisogno e a prestargli il proprio soccorso in modo amorevole e disinteressato, richiama la figura evangelica del Buon Samaritano (cfr Lc 10,25-37). È una parabola di Gesù la cui ricchezza inesauribile ci offre una luce preziosa sulla vostra azione e sui valori sanciti nel vostro Statuto.

    Il primo dei principi fondamentali che lo Statuto afferma è quello di “umanità”, che porta a «prevenire e alleviare ovunque la sofferenza umana» (Art 1.3). La “umanità”, in virtù della quale vi fate carico delle sofferenze di tante persone, è la stessa che spinge il Buon Samaritano a chinarsi sull’uomo ferito e steso a terra. Egli prova compassione e si fa suo prossimo: senza compassione, si terrebbe a distanza, e l’uomo incappato nei briganti rimarrebbe per lui un soggetto senza volto.

    Quanti sono, anche nel nostro mondo, i bambini, gli anziani, le donne e gli uomini il cui volto non è riconosciuto come unico e irripetibile, e che rimangono invisibili perché nascosti nel cono d’ombra dell’indifferenza! Questo impedisce di vedere l’altro, di udirne il richiamo e percepirne le sofferenze. La cultura dello scarto – tanto attuale oggi – è una cultura anonima, senza legami e senza volti. Essa si prende cura solo di alcuni, escludendo tanti altri. Affermare il principio di umanità significa allora farsi promotori di una mentalità radicata nel valore di ogni essere umano, e di una prassi che metta al centro della vita sociale non gli interessi economici, ma la cura delle persone. Non i soldi al centro, no: le persone!

    Il secondo principio affermato nello Statuto è l’“imparzialità”, che porta a non basare la propria azione su «alcuna distinzione di nazionalità, razza, credo religioso, classe o opinione politica». Essa ha come sua conseguenza la “neutralità” – il terzo principio – per cui il Movimento non si schiera con alcuna delle parti nei conflitti e nelle controversie politiche, razziali o religiose. Questo criterio di azione contrasta la tendenza, oggi purtroppo così diffusa, a distinguere chi meriti attenzione e soccorso da chi, al contrario, non ne sia degno. Ma voi avete una politica: questa è la vostra politica. E qual è il vostro partito politico? Il presidente lo ha detto: voi siete del partito politico dei più bisognosi, di quelli che hanno più bisogno.

    Agisce con imparzialità il Samaritano del Vangelo: egli non interroga l’uomo steso a terra, prima di aiutarlo, per sapere quali siano la sua provenienza e la sua fede, o per capire se sia stato colpito a torto o a ragione. No. Il Buon Samaritano non sottopone l’uomo ferito ad alcun esame preventivo, non lo giudica e non subordina il suo soccorso a prerogative morali, né tantomeno religiose. Semplicemente, lenisce le sue ferite e poi lo affida a una locanda, prendendosi cura anzitutto dei suoi bisogni materiali, che non possono essere rimandati. Il Samaritano agisce, paga di persona – come mi piace dire che il diavolo entra dalle tasche, così anche le virtù escono dalle tasche: paga per aiutare l’altro –, il Samaritano ama. Dietro alla sua figura si staglia quella di Gesù stesso, che si è chinato sull’umanità e su ognuno di coloro che ha voluto chiamare fratelli, senza fare distinzione alcuna, ma offrendo la sua salvezza ad ogni essere umano.

    La Croce Rossa Italiana condivide i principi di umanità, imparzialità e neutralità con il Movimento Internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa che, raccogliendo ben 190 movimenti nazionali, costituisce una rete internazionale necessaria a coordinare e “globalizzare” i soccorsi, per far sì che promuovano «la comprensione reciproca, l’amicizia, la cooperazione e la pace duratura tra i popoli» (cfr Statuto, 1,3). Queste parole siano sempre il senso della vostra missione: la costruzione di una reciproca comprensione tra le persone e i popoli, e la nascita di una pace duratura, che può fondarsi solo su uno stile di cooperazione, da incentivare in ogni ambito umano e sociale, e su sentimenti di amicizia. Chi infatti guarda gli altri con gli occhiali dell’amicizia, e non con le lenti della competizione o del conflitto, si fa costruttore di un mondo più vivibile e umano.

    E non vorrei finire senza un pensiero a coloro di voi che, nell’esercizio della missione di aiuto, hanno perso la vita. Scusatemi: non l’hanno persa, no, non l’hanno persa: l’hanno donata! Sono i vostri martiri, sono i vostri martiri. E Gesù ci dice che non c’è amore più grande che dare la vita per gli altri; voi avete questi tra voi. Che loro ci ispirino, vi ispirino, vi aiutino, vi proteggano dal cielo.

    E chiediamo che lo Spirito del Risorto, che è Spirito di amore e di pace, ci insegni questa via e ci aiuti a realizzarla. Chiedo per questo su tutti voi la benedizione di Dio – Dio Padre di tutti noi, Padre di tutte le confessioni – e la invoco in particolare per quanti hanno perduto la vita svolgendo il loro servizio e per i loro cari. Mi raccomando anch’io alle vostre preghiere. Grazie.

    [00151-IT.02] [Testo originale: Italiano]

    [B0077-XX.02]


    fonte: Sala Stampa della Santa Sede

  3. #23
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    Santa Messa celebrata dal Santo Padre per la Festa della Traslazione dell’Icona della «Salus Populi Romani», 28.01.2018


    Alle ore 9.00 di questa mattina, IV Domenica del Tempo Ordinario, il Santo Padre Francesco ha celebrato la Santa Messa nella Basilica Papale di Santa Maria Maggiore in occasione della Festa della Traslazione dell’Icona della Salus Populi Romani.

    Pubblichiamo di seguito l’Omelia che il Papa ha pronunciato dopo la proclamazione del Vangelo:

    Omelia del Santo Padre


    Come popolo di Dio in cammino, siamo qui a sostare nel tempio della Madre. La presenza della Madre rende questo tempio una casa familiare a noi figli. Insieme a generazioni e generazioni di romani, riconosciamo in questa casa materna la nostra casa, la casa dove trovare ristoro, consolazione, protezione, rifugio. Il popolo cristiano ha capito, fin dagli inizi, che nelle difficoltà e nelle prove bisogna ricorrere alla Madre, come indica la più antica antifona mariana: Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, ma liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta.

    Cerchiamo rifugio. I nostri Padri nella fede hanno insegnato che nei momenti turbolenti bisogna raccogliersi sotto il manto della Santa Madre di Dio. Un tempo i perseguitati e i bisognosi cercavano rifugio presso le nobili donne altolocate: quando il loro mantello, che era ritenuto inviolabile, si stendeva in segno di accoglienza, la protezione era concessa. Così è per noi nei riguardi della Madonna, la donna più alta del genere umano. Il suo manto è sempre aperto per accoglierci e raccoglierci. Ce lo ricorda bene l’Oriente cristiano, dove molti festeggiano la Protezione della Madre di Dio, che in una bella icona è raffigurata mentre, col suo manto, ripara i figli e copre il mondo intero. Anche i monaci antichi raccomandavano, nelle prove, di rifugiarsi sotto il manto della Santa Madre di Dio: invocarla – “Santa Madre di Dio” – era già garanzia di protezione e di aiuto e questa preghiera ripetuta: “Santa Madre di Dio”, “Santa Madre di Dio” … Soltanto così.

    Questa sapienza, che viene da lontano, ci aiuta: la Madre custodisce la fede, protegge le relazioni, salva nelle intemperie e preserva dal male. Dove la Madonna è di casa il diavolo non entra. Dove la Madonna è di casa il diavolo non entra. Dove c’è la Madre il turbamento non prevale, la paura non vince. Chi di noi non ha bisogno di questo, chi di noi non è talvolta turbato o inquieto? Quante volte il cuore è un mare in tempesta, dove le onde dei problemi si accavallano e i venti delle preoccupazioni non cessano di soffiare! Maria è l’arca sicura in mezzo al diluvio. Non saranno le idee o la tecnologia a darci conforto e speranza, ma il volto della Madre, le sue mani che accarezzano la vita, il suo manto che ci ripara. Impariamo a trovare rifugio, andando ogni giorno dalla Madre.

    Non disprezzare le suppliche, continua l’antifona. Quando noi la supplichiamo, Maria supplica per noi. C’è un bel titolo in greco che dice questo: Grigorusa, cioè “colei che intercede prontamente”. E questo prontamente è quanto usa Luca nel Vangelo per dire come è andata Maria da Elisabetta: presto, subito! Intercede prontamente, non ritarda, come abbiamo sentito nel Vangelo, dove porta subito a Gesù il bisogno concreto di quella gente: «Non hanno vino» (Gv 2,3), niente più! Così fa ogni volta, se la invochiamo: quando ci manca la speranza, quando scarseggia la gioia, quando si esauriscono le forze, quando si oscura la stella della vita, la Madre interviene. E se la invochiamo, interviene di più. È attenta alle fatiche, sensibile alle turbolenze - le turbolenze della vita -, vicina al cuore. E mai, mai disprezza le nostre preghiere; non ne lascia cadere nemmeno una. È Madre, non si vergogna mai di noi, anzi attende solo di poter aiutare i suoi figli.

    Un episodio può aiutarci a capire. Accanto a un letto di ospedale una madre vegliava il proprio figlio, dolorante dopo un incidente. Quella madre stava sempre lì, giorno e notte. Una volta si lamentò col sacerdote, dicendo: «Ma il Signore non ha permesso una cosa a noi madri!». «Che cosa?» – chiese il prete. «Prendere il dolore dei figli», rispose la donna. Ecco il cuore di madre: non si vergogna delle ferite, delle debolezze dei figli, ma le vuole con sé. E la Madre di Dio e nostra sa prendere con sé, consolare, vegliare, risanare.

    Continua l’antifona, liberaci da ogni pericolo. Il Signore stesso sa che ci occorrono rifugio e protezione in mezzo a tanti pericoli. Per questo, nel momento più alto, sulla croce, ha detto al discepolo amato, a ogni discepolo: «Ecco tua Madre!» (Gv 19,27). La Madre non è un optional, una cosa opzionale, è il testamento di Cristo. E noi abbiamo bisogno di lei come un viandante del ristoro, come un bimbo di essere portato in braccio. È un grande pericolo per la fede vivere senza Madre, senza protezione, lasciandoci trasportare dalla vita come le foglie dal vento. Il Signore lo sa e ci raccomanda di accogliere la Madre. Non è galateo spirituale, è un’esigenza di vita. Amarla non è poesia, è saper vivere. Perché senza Madre non possiamo essere figli. E noi, prima di tutto, siamo figli, figli amati, che hanno Dio per Padre e la Madonna per Madre.

    Il Concilio Vaticano II insegna che Maria è «segno di certa speranza e di consolazione per il peregrinante popolo di Dio» (Cost. Lumen gentium, VIII, V). È segno, è il segno che Dio ha posto per noi. Se non lo seguiamo, andiamo fuori strada. Perché c’è una segnaletica della vita spirituale, che va osservata. Essa indica a noi, «ancora peregrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni» (ivi, 62), la Madre, che è già giunta alla meta. Chi meglio di lei può accompagnarci nel cammino? Che cosa aspettiamo? Come il discepolo che sotto la croce accolse la Madre con sé, «fra le cose proprie», dice il Vangelo (Gv 19,27), anche noi, da questa casa materna, invitiamo Maria a casa nostra, nel cuore nostro, nella vita nostra. Non si può stare neutrali o distaccati dalla Madre, altrimenti perdiamo la nostra identità di figli e la nostra identità di popolo, e viviamo un cristianesimo fatto di idee, di programmi, senza affidamento, senza tenerezza, senza cuore. Ma senza cuore non c’è amore e la fede rischia di diventare una bella favola di altri tempi. La Madre, invece, custodisce e prepara i figli. Li ama e li protegge, perché amino e proteggano il mondo. Facciamo della Madre l’ospite della nostra quotidianità, la presenza costante a casa nostra, il nostro rifugio sicuro. Affidiamole ogni giornata. Invochiamola in ogni turbolenza. E non dimentichiamoci di tornare da lei per ringraziarla.

    Adesso guardandola, appena uscita dall’ospedale, guardiamola con tenerezza e salutiamola come l’hanno salutata i cristiani di Efeso. Tutti insieme, per tre volte: “Santa Madre di Dio”. Tutti insieme: “Santa Madre di Dio, Santa Madre di Dio, Santa Madre di Dio”.

    [00154-IT.02] [Testo originale: Italiano]

    [B0079-XX.02]


    fonte: Sala Stampa della Santa Sede

  4. #24
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    Le parole del Papa alla recita dell’Angelus, 28.01.2018


    Alle ore 12 di oggi, IV Domenica del Tempo Ordinario, il Santo Padre Francesco si è affacciato alla finestra dello studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli e i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro per il consueto appuntamento domenicale.

    Presenti oggi, tra gli altri, anche i Ragazzi dell’Azione Cattolica della Diocesi di Roma che hanno concluso, con la “Carovana della Pace”, il mese di gennaio da loro tradizionalmente dedicato al tema della pace. Al termine della preghiera dell’Angelus, due ragazzi appartenenti a due diverse parrocchie romane, invitati nell’appartamento pontificio, hanno letto un messaggio a nome dell’ACR di Roma.

    Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

    Prima dell’Angelus

    Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

    Il Vangelo di questa domenica (cfr Mc 1,21-28) fa parte della più ampia narrazione indicata come la “giornata di Cafarnao”. Al centro dell’odierno racconto sta l’evento dell’esorcismo, attraverso il quale Gesù è presentato come profeta potente in parole e in opere.

    Egli entra nella sinagoga di Cafarnao di sabato e si mette a insegnare; le persone rimangono stupite delle sue parole, perché non sono parole ordinarie, non assomigliano a quanto loro ascoltano di solito. Gli scribi, infatti, insegnano ma senza avere una propria autorevolezza. E Gesù insegna con autorità. Gesù, invece, insegna come uno che ha autorità, rivelandosi così come l’Inviato di Dio, e non come un semplice uomo che deve fondare il proprio insegnamento solo sulle tradizioni precedenti. Gesù ha una piena autorevolezza. La sua dottrina è nuova e il Vangelo dice che la gente commentava: «Un insegnamento nuovo, dato con autorità» (v. 27).

    Al tempo stesso, Gesù si rivela potente anche nelle opere. Nella sinagoga di Cafarnao c’è un uomo posseduto da uno spirito immondo, che si manifesta gridando queste parole: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!» (v. 24). Il diavolo dice la verità: Gesù è venuto per rovinare il diavolo, per rovinare il demonio, per vincerlo. Questo spirito immondo conosce la potenza di Gesù e ne proclama anche la santità. Gesù lo sgrida, dicendogli: «Taci! Esci da lui» (v. 25). Queste poche parole di Gesù bastano per ottenere la vittoria su Satana, il quale esce da quell’uomo «straziandolo e gridando forte», dice il Vangelo (v. 26).

    Questo fatto impressiona molto i presenti; tutti sono presi da timore e si chiedono: «Ma, chi è mai questo? […] Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!» (v. 27). La potenza di Gesù conferma l’autorevolezza del suo insegnamento. Egli non pronuncia solo parole, ma agisce. Così manifesta il progetto di Dio con le parole e con la potenza delle opere. Nel Vangelo, infatti, vediamo che Gesù, nella sua missione terrena, rivela l’amore di Dio sia con la predicazione sia con innumerevoli gesti di attenzione e soccorso ai malati, ai bisognosi, ai bambini, ai peccatori.

    Gesù è il nostro Maestro, potente in parole e opere. Gesù ci comunica tutta la luce che illumina le strade, a volte buie, della nostra esistenza; ci comunica anche la forza necessaria per superare le difficoltà, le prove, le tentazioni. Pensiamo a quale grande grazia è per noi aver conosciuto questo Dio così potente e così buono! Un maestro e un amico, che ci indica la strada e si prende cura di noi, specialmente quando siamo nel bisogno.

    La Vergine Maria, donna dell’ascolto, ci aiuti a fare silenzio attorno e dentro di noi, per ascoltare, nel frastuono dei messaggi del mondo, la parola più autorevole che ci sia: quella del suo Figlio Gesù, che annuncia il senso della nostra esistenza e ci libera da ogni schiavitù, anche da quella del Maligno.

    [00156-IT.02] [Testo originale: Italiano]

    Dopo l’Angelus

    Cari fratelli e sorelle,

    Ieri è giunta dall’Afghanistan la dolorosa notizia della terribile strage terroristica compiuta nella capitale Kabul, con più di cento morti e numerosi feriti. Pochi giorni fa un altro grave attentato, sempre a Kabul, aveva seminato terrore e morte in un grande albergo. Fino a quando il popolo afghano dovrà sopportare questa disumana violenza? Preghiamo in silenzio per tutte le vittime e per le loro famiglie; e preghiamo per quanti, in quel Paese, continuano a lavorare per costruire la pace.

    Si celebra oggi la Giornata mondiale dei malati di lebbra. Questa malattia purtroppo colpisce ancora soprattutto le persone più disagiate e più povere. A questi fratelli e sorelle assicuriamo la nostra vicinanza e solidarietà; e preghiamo anche per coloro che li assistono e si adoperano per il loro reinserimento nella società.

    Saluto le famiglie, le parrocchie, le associazioni e tutti quanti sono venuti dall’Italia e da tante parti del mondo. In particolare gli studenti di Badajoz (Spagna), i fedeli di Ljubljana (Slovenia) e quelli di Venezia e di Veglie.

    Con grande affetto saluto i ragazzi e le ragazze dell’Azione Cattolica della Diocesi di Roma! Spero che anche facendo rumore, sappiate fare cose buone, no? Cari ragazzi, anche quest’anno, accompagnati dall’Arcivescovo Vicario, dai vostri genitori ed educatori e dai sacerdoti assistenti, siete venuti numerosi al termine della “Carovana della Pace”. Vi ringrazio per questa iniziativa. Grazie, grazie tante! Non stancatevi di essere strumenti di pace e di gioia tra i vostri coetanei! Ascoltiamo ora tutti il messaggio che i vostri amici, qui accanto a me, ci leggeranno.

    [lettura del messaggio]

    [Si rivolge ai due bambini che hanno letto il messaggio]:

    “Grazie, grazie. Rimanete qui. Salutate, saluta, saluta, senza paura!”

    E ora, insieme alle nostre preghiere per la pace, ognuno di noi nel suo cuore prega per la pace. Insieme a queste preghiere saliranno al cielo i palloncini!

    [lancio dei palloncini]


    Avete visto questi palloncini? Quando noi preghiamo male, quando noi portiamo una vita che non è la vita che Gesù vuole, le nostre preghiere non arrivano e per questo deve venire un aiuto per farle andare su. Quando voi sentite che le vostre preghiere non salgono, cercate l’aiuto di qualcuno.

    A tutti auguro una buona domenica. Per favore non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!

    [00157-IT.02] [Testo originale: Italiano]

    [B0081-XX.02]


    fonte: Sala Stampa della Santa Sede

  5. #25
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    Discorso del Santo Padre durante la visita alla Comunità Greco-Cattolica Ucraina della Basilica minore di Santa Sofia in Roma
    (28 gennaio 2018).

  6. #26
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  7. #27
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    Udienza ai Partecipanti alla Conferenza Internazionale sulla responsabilità degli Stati, delle Istituzioni e degli Individui nella lotta all’Anti-Semitismo e ai crimini connessi all’odio antisemitico, 29.01.2018


    Alle ore 9.15 di questa mattina, nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i partecipanti alla Conferenza Internazionale sulla responsabilità degli Stati, delle Istituzioni e degli Individui nella lotta all’Anti-Semitismo e ai crimini connessi all’odio antisemitico, che si tiene oggi a Roma presso il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.

    La Conferenza è organizzata in cooperazione con l’OSCE, con il sostegno dell’ODIHR (Office for Democratic Institutions and Human Rights) e in collaborazione con l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e la Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea.

    Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai presenti nel corso dell’Udienza:

    Discorso del Santo Padre

    Cari amici,

    vi do un caloroso benvenuto e vi ringrazio della vostra presenza. Sono grato anche per il nobile fine che vi riunisce: riflettere insieme, da vari punti di vista, sulla responsabilità di Stati, istituzioni e individui nella lotta all’antisemitismo e ai crimini connessi all’odio antisemitico. Vorrei sottolineare una parola: responsabilità. Essere responsabili significa essere capaci di rispondere. Non è solo questione di analizzare le cause della violenza e di rifiutarne le logiche perverse, ma di essere pronti e attivi nel rispondervi. Pertanto, il nemico contro cui lottare non è soltanto l’odio, in tutte le sue forme ma, ancor più alla radice, l’indifferenza; perché è l’indifferenza che paralizza e impedisce di fare quel che è giusto anche quando si sa che è giusto.

    Non mi stanco di ripetere che l’indifferenza è un virus che contagia pericolosamente i nostri tempi, tempi nei quali siamo sempre più connessi con gli altri, ma sempre meno attenti agli altri. Eppure il contesto globalizzato ci dovrebbe aiutare a comprendere che nessuno di noi è un’isola e che nessuno avrà un futuro di pace senza un degno avvenire per tutti. Il libro della Genesi ci aiuta a capire che l’indifferenza è un male insidioso sempre accovacciato alla porta dell’uomo (cfr Gen 4,7). È l’oggetto del dibattere tra la creatura e il Creatore ai primordi della storia, allorché questi domanda a Caino: «Dov’è tuo fratello?». Ma Caino, che ha appena ucciso il fratello, non risponde alla domanda, non spiega questo “dove”. Al contrario, reclama la propria autonomia: «Sono forse io il custode di mio fratello?» (v. 9). Non gli importa del fratello: ecco la radice perversa, radice di morte che produce disperazione e silenzio. Ricordo questo silenzio assordante, che percepii nella mia visita ad Auschwitz-Birkenau: un silenzio inquietante, che lascia spazio solo alle lacrime, alla preghiera e alla richiesta di perdono.

    Di fronte al virus dell’indifferenza, quale vaccino possiamo amministrare? Ci viene in aiuto il libro del Deuteronomio. Dopo il lungo tragitto nel deserto, Mosè rivolse al popolo eletto una raccomandazione fondamentale: «Ricordati di tutto il cammino…» (Dt 8,2). Al popolo che anelava all’avvenire promesso, la sapienza suggeriva di guardare indietro, di volgere lo sguardo ai passi compiuti. E Mosè non disse semplicemente: “pensa al cammino”, ma ricordati, ovvero rendi vivo, non lasciar morire il passato. Ricordati, cioè “torna indietro col cuore”: fai memoria non solo con la mente, ma dal profondo dell’animo, con tutto te stesso. E non fare memoria soltanto di ciò che piace, ma «di tutto il cammino». Si è appena celebrato il giorno della memoria. Per recuperare la nostra umanità, per recuperare una comprensione umana della realtà e superare tante deplorevoli forme di apatia verso il prossimo, ci occorre questa memoria, questa capacità di coinvolgerci insieme nel ricordare. La memoria è la chiave di accesso al futuro, ed è nostra responsabilità consegnarla degnamente alle giovani generazioni.

    Vorrei, a tale riguardo, menzionare un documento della Commissione per i Rapporti religiosi con l’Ebraismo, di cui ricorre quest’anno il ventesimo anniversario della pubblicazione. Il titolo è eloquente: Noi ricordiamo: una Riflessione sulla Shoah (16 Marzo 1998). San Giovanni Paolo II si augurò che potesse «abilitare la memoria a svolgere il suo necessario ruolo nel processo di costruzione di un futuro nel quale l’indicibile iniquità della Shoah non sia mai più possibile» (Lettera introduttiva, 12 marzo 1998). Il testo parla di questa memoria, che da cristiani siamo chiamati a custodire insieme ai nostri fratelli maggiori ebrei: «Non è soltanto questione di ritornare al passato. Il futuro comune di ebrei e cristiani esige che noi ricordiamo, perché “non c’è futuro senza memoria”. La storia stessa è memoria futuri» (I).

    Per costruire la nostra storia, che sarà insieme o non sarà, abbiamo bisogno di una memoria comune, viva e fiduciosa, che non rimanga imprigionata nel risentimento ma, pur attraversata dalla notte del dolore, si dischiuda alla speranza di un’alba nuova. La Chiesa desidera tendere la mano. Desidera ricordare e camminare insieme. In questo percorso, «memore del patrimonio che essa ha in comune con gli ebrei, e spinta non da motivi politici, ma da religiosa carità evangelica, deplora gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell’antisemitismo dirette contro gli ebrei in ogni tempo e da chiunque» (Conc. Ecum. Vat. II, Dich. Nostra aetate, 4).

    Cari amici, aiutiamoci a vicenda a far fermentare una cultura della responsabilità, della memoria e della prossimità, e a stabilire un’alleanza contro l’indifferenza, contro ogni indifferenza. Saranno certamente di aiuto le potenzialità dell’informazione, ma ancora più importante sarà la formazione. È urgente educare le giovani generazioni a coinvolgersi attivamente nella lotta contro gli odi e le discriminazioni, ma anche nel superare le contrapposizioni del passato e a non stancarsi mai di cercare l’altro. Infatti, per preparare un futuro veramente umano non è sufficiente respingere il male, ma serve costruire insieme il bene. Vi ringrazio per il vostro impegno in tutto questo. Il Signore della pace vi accompagni e benedica ogni vostro buon proposito. Grazie.

    [00160-IT.01] [Testo originale: Italiano]

    (...)


    fonte: Sala Stampa della Santa Sede

  8. #28
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    Discorso del Santo Padre durante l'Udienza al Tribunale della Rota Romana in occasione dell’inaugurazione dell’Anno Giudiziario
    (Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, 29 gennaio 2018).

  9. #29
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    L’Udienza Generale, 31.01.2018


    L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 9.40 in Piazza San Pietro, dove il Santo Padre Francesco ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo.

    Nel discorso in lingua italiana il Papa, riprendendo la catechesi sulla Santa Messa, ha incentrato la sua meditazione sulla Liturgia della Parola: 1. Dialogo tra Dio e il suo popolo (Lettera agli Ebrei 1,1-2).

    Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre ha indirizzato particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.

    L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica.

    Catechesi del Santo Padre in lingua italiana

    Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

    Continuiamo oggi le catechesi sulla Santa Messa. Dopo esserci soffermati sui riti d’introduzione, consideriamo ora la Liturgia della Parola, che è una parte costitutiva perché ci raduniamo proprio per ascoltare quello che Dio ha fatto e intende ancora fare per noi. E’ un’esperienza che avviene “in diretta” e non per sentito dire, perché «quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura, Dio stesso parla al suo popolo e Cristo, presente nella sua parola, annunzia il Vangelo» (Ordinamento Generale del Messale Romano, 29; cfr Cost. Sacrosanctum Concilium, 7; 33). E quante volte, mentre viene letta la Parola di Dio, si commenta: “Guarda quello…, guarda quella…, guarda il cappello che ha portato quella: è ridicolo…”. E si cominciano a fare dei commenti. Non è vero? Si devono fare dei commenti mentre si legge la Parola di Dio? [rispondono: “No!”]. No, perché se tu fai delle chiacchiere con la gente non ascolti la Parola di Dio. Quando si legge la Parola di Dio nella Bibbia – la prima Lettura, la seconda, il Salmo responsoriale e il Vangelo – dobbiamo ascoltare, aprire il cuore, perché è Dio stesso che ci parla e non pensare ad altre cose o parlare di altre cose. Capito?... Vi spiegherò che cosa succede in questa Liturgia della Parola.

    Le pagine della Bibbia cessano di essere uno scritto per diventare parola viva, pronunciata da Dio. È Dio che, tramite la persona che legge, ci parla e interpella noi che ascoltiamo con fede. Lo Spirito «che ha parlato per mezzo dei profeti» (Credo) e ha ispirato gli autori sacri, fa sì che «la parola di Dio operi davvero nei cuori ciò che fa risuonare negli orecchi» (Lezionario, Introd., 9). Ma per ascoltare la Parola di Dio bisogna avere anche il cuore aperto per ricevere la parole nel cuore. Dio parla e noi gli porgiamo ascolto, per poi mettere in pratica quanto abbiamo ascoltato. È molto importante ascoltare. Alcune volte forse non capiamo bene perché ci sono alcune letture un po’ difficili. Ma Dio ci parla lo stesso in un altro modo. [Bisogna stare] in silenzio e ascoltare la Parola di Dio. Non dimenticatevi di questo. Alla Messa, quando incominciano le letture, ascoltiamo la Parola di Dio.

    Abbiamo bisogno di ascoltarlo! E’ infatti una questione di vita, come ben ricorda l’incisiva espressione che «non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Mt 4,4). La vita che ci dà la Parola di Dio. In questo senso, parliamo della Liturgia della Parola come della “mensa” che il Signore imbandisce per alimentare la nostra vita spirituale. E’ una mensa abbondante quella della liturgia, che attinge largamente ai tesori della Bibbia (cfr SC, 51), sia dell’Antico che del Nuovo Testamento, perché in essi è annunciato dalla Chiesa l’unico e identico mistero di Cristo (cfr Lezionario, Introd., 5). Pensiamo alla ricchezza delle letture bibliche offerte dai tre cicli domenicali che, alla luce dei Vangeli Sinottici, ci accompagnano nel corso dell’anno liturgico: una grande ricchezza. Desidero qui ricordare anche l’importanza del Salmo responsoriale, la cui funzione è di favorire la meditazione di quanto ascoltato nella lettura che lo precede. E’ bene che il Salmo sia valorizzato con il canto, almeno nel ritornello (cfr OGMR, 61; Lezionario, Introd., 19-22).

    La proclamazione liturgica delle medesime letture, con i canti desunti dalla Sacra Scrittura, esprime e favorisce la comunione ecclesiale, accompagnando il cammino di tutti e di ciascuno. Si capisce pertanto perché alcune scelte soggettive, come l’omissione di letture o la loro sostituzione con testi non biblici, siano proibite. Ho sentito che qualcuno, se c’è una notizia, legge il giornale, perché è la notizia del giorno. No! La Parola di Dio è la Parola di Dio! Il giornale lo possiamo leggere dopo. Ma lì si legge la Parola di Dio. È il Signore che ci parla. Sostituire quella Parola con altre cose impoverisce e compromette il dialogo tra Dio e il suo popolo in preghiera. Al contrario, [si richiede] la dignità dell’ambone e l’uso del Lezionario1, la disponibilità di buoni lettori e salmisti. Ma bisogna cercare dei buoni lettori!, quelli che sappiano leggere, non quelli che leggono [storpiando le parole] e non si capisce nulla. E’ così. Buoni lettori. Si devono preparare e fare la prova prima della Messa per leggere bene. E questo crea un clima di silenzio ricettivo2.

    Sappiamo che la parola del Signore è un aiuto indispensabile per non smarrirci, come ben riconosce il Salmista che, rivolto al Signore, confessa: «Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino» (Sal 119,105). Come potremmo affrontare il nostro pellegrinaggio terreno, con le sue fatiche e le sue prove, senza essere regolarmente nutriti e illuminati dalla Parola di Dio che risuona nella liturgia?

    Certo non basta udire con gli orecchi, senza accogliere nel cuore il seme della divina Parola, permettendole di portare frutto. Ricordiamoci della parabola del seminatore e dei diversi risultati a seconda dei diversi tipi di terreno (cfr Mc 4,14-20). L’azione dello Spirito, che rende efficace la risposta, ha bisogno di cuori che si lascino lavorare e coltivare, in modo che quanto ascoltato a Messa passi nella vita quotidiana, secondo l’ammonimento dell’apostolo Giacomo: «Siate di quelli che mettono in pratica la Parola e non ascoltatori soltanto, illudendo voi stessi» (Gc 1,22). La Parola di Dio fa un cammino dentro di noi. La ascoltiamo con le orecchie e passa al cuore; non rimane nelle orecchie, deve andare al cuore; e dal cuore passa alle mani, alle opere buone. Questo è il percorso che fa la Parola di Dio: dalle orecchie al cuore e alle mani. Impariamo queste cose. Grazie!

    _____________________________

    [1] Criteri e ordinamento delle letture della Messa nel Rito Romano sono descritti nell’Introduzione al Lezionario.

    [2] «La Liturgia della Parola deve essere celebrata in modo da favorire la meditazione; quindi si deve assolutamente evitare ogni forma di fretta che impedisca il raccoglimento. In essa sono opportuni anche brevi momenti di silenzio, adatti all’assemblea radunata, per mezzo dei quali, con l’aiuto dello Spirito Santo, la parola di Dio venga accolta nel cuore e si prepari la risposta con la preghiera» (OGMR, 56).

    [00170-IT.02] [Testo originale: Italiano]

    Sintesi della catechesi e saluti nelle diverse lingue

    In lingua francese

    Speaker:


    Frères et sœurs, la Liturgie de la Parole est une partie constitutive de la Messe qui nous rassemble pour entendre Dieu nous parler directement. En effet, quand on lit dans l’Eglise les Saintes Ecritures, c’est Dieu lui-même qui parle à son peuple. Cette Parole devient vivante; elle nous interpelle quand nous l’écoutons dans la foi. Et nous avons besoin de l’écouter. La liturgie de la Parole est désignée comme une table abondante qui propose largement les trésors de la Bible comme nourriture dont nous avons besoin pour vivre. Le Psaume, en particulier, aide à méditer la lecture qui a précédé. La proclamation, partout dans l’Eglise, des mêmes lectures favorise la communion ecclésiale; l’omission d’une lecture ou sa substitution par un texte profane appauvrissent le dialogue de Dieu avec son peuple en prière. Au contraire, la dignité de l’ambon, l’usage d’un lectionnaire et le choix de bons lecteurs favorisent l’expérience de ce dialogue dans un climat de silence propice à l’écoute.

    Santo-Padre:

    Saluto cordialmente i pellegrini francofoni, in particolare i giovani francesi. Cari fratelli, come potremmo affrontare il nostro pellegrinaggio sulla terra, senza lasciarci nutrire dalla parola di Dio che risuona nella liturgia? Chiediamo allo Spirito Santo di aprire i nostri cuori a questa Parola e di metterla in pratica nella nostra vita quotidiana. Dio vi benedica.

    Speaker:

    Je salue cordialement les pèlerins de langue française, en particulier les jeunes venus de France. Chers frères, comment pourrions-nous affronter notre pèlerinage sur la terre, sans être nourris par la Parole de Dieuqui résonne dans la liturgie? Demandons à l’Esprit Saint d’ouvrir notre cœur à cette Parole et de la mettre en pratique dans notre vie quotidienne. Que Dieu vous bénisse.

    [00171-FR.01] [Texte original: Français]

    In lingua inglese

    Speaker:


    Dear brothers and sisters: In our continuing catechesis on the Eucharist on the Mass, we now consider the importance of the Liturgy of the Word. There God speaks to us, and the same Holy Spirit who inspired the sacred Scriptures opens our minds and hearts to that living word. At the table of God’s word, we find nourishment for our lives as we listen to the Old and the New Testaments proclaim the one mystery of Christ and call for our response. Drawing from the richness of the Church’s Lectionary, the Liturgy of the Word invites us to silent openness to God’s saving message as it resounds in the ecclesial assembly and continues God’s constant dialogue with his people, the Church. Since we do not live “by bread alone”, but by every word that comes from the mouth of God (cf. Mt 4:4), we need to be constantly open to, and challenged by, that word, in our lives as individuals and in our life as a Church. Let us ask the Holy Spirit to make the word sown in our hearts bear abundant fruit and guide our steps, day by day, on this, our earthly pilgrimage.

    Santo Padre:

    Saluto i pellegrini di lingua inglese presenti all’Udienza odierna, specialmente quelli provenienti dall’Australia e dagli Stati Uniti d’America. Su tutti voi, e sulle vostre famiglie, invoco la gioia e la pace del Signore nostro Gesù Cristo. Dio vi benedica!

    Speaker:

    I greet the English-speaking pilgrims and visitors taking part in today’s Audience, particularly those from Australia and from the United States of America. Upon all of you, and your families, I invoke the joy and peace of our Lord Jesus Christ. God bless you!

    [00172-EN.02] [Original text: English]

    In lingua tedesca

    Speaker:


    Liebe Brüder und Schwestern, in der Katechesenreihe über die heilige Messe wollen wir heute unseren Blick auf den Wortgottesdienst richten. Die Lesungen, die in der Eucharistiefeier vorgetragen werden, sind inspirierte Texte, in denen Gott selbst zu seinem Volk spricht. Denn der Geist Gottes hat die Autoren der Heiligen Schrift inspiriert und lässt das Wort Gottes in uns wirksam sein. Auch Jesus selbst misst der Heiligen Schrift eine ganz besondere Bedeutung zu: „Der Mensch lebt nicht nur von Brot, sondern von jedem Wort, das aus Gottes Mund kommt“ (Mt 4,4). So ist das Wort Gottes Nahrung, Speise für unser geistliches Leben, denn es eröffnet uns immer wieder neu das Geheimnis Christi. Von daher wird auch verständlich, warum die Texte der Heiligen Schrift nicht verändert oder durch andere Texte ersetzt werden können. Der Psalmist sagt: „Dein Wort ist meinem Fuß eine Leuchte, ein Licht für meine Pfade“ (Ps 119,105). Das Sprechen Gottes zu uns gibt uns Orientierung und Kraft, den Mühen und Herausforderungen unserer irdischen Pilgerschaft zu begegnen und unser Ziel, das er selbst ist, nie aus den Augen zu verlieren.

    Santo Padre:

    Con affetto saluto i pellegrini di lingua tedesca. Nei testi biblici Dio stesso parla con noi. Accogliamo volentieri la sua Parola, affinché il seme che il Signore mette nel nostro cuore cresca e porti frutti abbondanti. Dio vi benedica tutti.

    Speaker:

    Von Herzen grüße ich die Pilger deutscher Sprache. In den biblischen Texten spricht Gott selbst zu uns. Nehmen wir sein Wort bereitwillig auf, damit der Same, den der Herr in unser Herz einsenkt, wächst und reiche Frucht bringt. Gott segne euch alle.

    [00173-DE.01] [Originalsprache: Deutsch]

    In lingua spagnola

    Queridos hermanos y hermanas:

    Después de haber dedicado varias catequesis a los ritos introductorios de la Santa Misa, consideramos ahora la liturgia de la Palabra, que es una parte constitutiva de la celebración eucarística, en la que nos reunimos para escuchar lo que Dios ha hecho y quiere hacer por nosotros.

    En la liturgia de la Palabra las páginas de la Biblia dejan de ser un texto escrito para ser palabra viva de Dios. Él mismo nos habla y nosotros lo escuchamos poniendo en práctica lo que nos dice. Tenemos necesidad de escuchar la Palabra de Dios, pues «no solo de pan vive el hombre, sino de toda palabra que sale de la boca de Dios». De hecho, hablamos de liturgia de la Palabra como de una «mesa» que el Señor dispone para alimentar nuestra vida espiritual, tanto con las lecturas del Antiguo y Nuevo Testamento, como también del salmo responsorial.

    La proclamación litúrgica de las lecturas, con las antífonas y cantos tomados de la Sagrada Escritura, manifiestan y favorecen la comunión eclesial, y acompañan nuestro camino de fe. Hay que valorar la liturgia de la Palabra, formando lectores y creando un clima de silencio que favorezca la experiencia del diálogo entre Dios y la comunidad creyente.

    Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española venidos de España y Latinoamérica; de modo especial a los seminaristas del Seminario Menor de Ciudad Real, y a los participantes en la Asamblea anual de Delegados diocesanos de Medios de Comunicación de España. Los invito a acoger cada día el alimento y la luz de la Palabra de Dios que resuena en la liturgia, siendo capaces de ponerla en práctica con obras concretas.

    Que Dios los bendiga. Muchas gracias.

    [00174-ES.02] [Texto original: Español]

    In lingua portoghese

    Speaker:


    Uma parte constitutiva da Missa é a Liturgia da Palavra. Esta é como uma mesa que o Senhor prepara para alimentar a nossa vida espiritual. Como poderíamos suportar as fadigas e provações da nossa peregrinação terrena, sem o alimento e a luz que se recebe da Palavra de Deus? Precisamos de a escutar regularmente; é questão de vida ou de morte, pois «nem só de pão vive o homem, mas de toda a palavra que sai da boca de Deus». E nós reunimo-nos, na Liturgia, precisamente para ouvir o que Deus fez e pretende fazer por nós: Deus fala, e nós ouvimos com atenção para depois pormos em prática aquilo que Ele nos disse. É uma experiência que não se limita a ouvir dizer, mas acontece «diretamente», porque, quando na Igreja se lê a Sagrada Escritura, é o próprio Deus que fala ao seu povo. Na Liturgia da Palavra, as páginas da Bíblia deixam de ser um escrito para se tornarem palavra viva pronunciada pelo próprio Deus, que, aqui e agora, nos interpela a nós que escutamos com fé. O Espírito, que falou por meio dos profetas e que inspirou os autores sagrados, faz com que a palavra de Deus realize verdadeiramente nos corações aquilo que faz ressoar aos ouvidos. Por isso, não basta escutar com os ouvidos; é preciso acolher no coração a semente da palavra divina, para que ela dê fruto. A ação do Espírito que torna eficaz a resposta, precisa de corações que se deixem trabalhar e cultivar para que a palavra divina escutada na Missa passe para a vida diária.

    Santo Padre:

    Con affetto cordiale, saluto tutti i pellegrini di lingua portoghese, in particolare i brasiliani. Voglia il Signore colmare i vostri cuori con un grande amore per la sua Parola, affinché possiate mettere la volontà divina al centro della vostra vita, come la Vergine Maria. Lei che ha accolto e incarnato il Verbo di Dio, sia la vostra guida e conforto. Su di voi e sulle vostre famiglie scenda la Benedizione di Dio.

    Speaker:

    Com cordial afeto, saúdo todos os peregrinos de língua portuguesa, em especial os brasileiros. Que o Senhor vos encha o coração de um grande amor pela sua Palavra, para poderdes colocar a vontade divina no centro da vossa vida, como a Virgem Maria. Ela, que acolheu e encarnou o Verbo de Deus, seja o vosso guia e conforto. Sobre vós e vossas famílias desça a Bênção de Deus.

    [00175-PO.01] [Texto original: Português]

    In lingua araba

    Speaker:


    أيها الإخوة والأخوات الأعزاء، بعد أن توقّفنا عند طقوس افتتاح القداس نستعرض الآن ليتورجيّة الكلمة التي تشكّل جزءًا أساسيًّا من القداس لأنّنا نجتمع لنصغي إلى ما صنعه الله معنا وما زال ينوي القيام به. إنّها خبرة تحصل "مباشرة" وليس حسب ما قيل لأنّه "عندما يُقرأ الكتاب المقدّس في الكنيسة، هو الله نفسه الذي يُكلِّم شعبه، والمسيح الحاضر في كلمته يعلن الإنجيل". في الواقع، في ليتورجيّة الكلمة تصبح صفحات الكتاب المقدّس كلمة حيّة يلفظها الله نفسه الذي يسائلنا، هنا والآن، نحن الذين نصغي بإيمان. الله يتكلّم ونحن نصغي لنعيش بعدها ما سمعناه؛ لكنّنا بحاجة لسماعه! إنّها في الواقع مسألة حياة كما تذكِّرنا العبارة القاطعة: "ليس بالخبز وحده يحيا الإنسان، بل بكلِّ كلمة تخرج من فم الله". بهذا المعنى، نتحدّث عن ليتورجيّة الكلمة كما عن "مائدة" يُعدُّها الربّ ليغذّي حياتنا الروحيّة. إنها مائدة وافرة تستقي من كنوز الكتاب المقدّس، من العهد القديم ومن العهد الجديد، لأنّه من خلالها تعلن الكنيسة السرّ الوحيد والمتجانس للمسيح. بالتّالي يمكننا أن نفهم لماذا مُنعت الخيارات الشخصيّة كحذف قراءات أو استبدالها بنصوص غير بيبليّة لأنها في الواقع تفقّر وتؤذي الحوار بين الله وشعبه المصلّي. أيها الإخوة والأخوات الأعزاء، كلمة الربّ هي مساعدة ضروريّة لنا لكي لا نضيع، كما يعترف صاحب المزامير الذي وإذ يتوجّه إلى الربّ يعترف: "كلمتك مصباح لخطاي ونور لسبيلي". وبالتالي لا يمكننا أن نواجه حجّنا الأرضي بتعبه ومحنه بدون أن نتغذّى ونستنير من كلمة الله التي يتردّد صداها في الليتورجيّة.

    Santo Padre:

    Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua araba, in particolare a quelli provenienti dal Medio Oriente! Cari fratelli e sorelle, l’azione dello Spirito ha bisogno di cuori che si lascino lavorare e coltivare, siate dunque “di quelli che mettono in pratica la Parola e non ascoltatori soltanto, illudendo voi stessi”. Il Signore vi benedica!

    Speaker:

    أُرحّبُ بالحجّاجِ الناطقينَ باللّغةِ العربيّة، وخاصّةً بالقادمينَ من الشّرق الأوسط. أيّها الإخوةُ والأخواتُ الأعزّاء، إنَّ عمل الرّوح القدس يحتاج لقلوب تسمح بأن يُعمل فيها وتُزرع، فكونوا إذًا "مِمَّن يَعمَلونَ بهذه الكَلِمَة، لا مِمَّن يَكتَفونَ بِسَماعِها فيَخدَعونَ أَنفُسَهم". ليُباركْكُم الربّ!

    [00176-AR.01] [Testo originale: Arabo]

    In lingua polacca

    Speaker:


    Drodzy bracia i siostry, przyjrzyjmy się dzisiaj Liturgii Słowa, integralnej części Mszy Świętej. Gromadzimy się wszak na Eucharystię właśnie po to, by usłyszeć, co Bóg czyni dla nas i co pragnie nam powiedzieć. Pamiętajmy, że Pismo Święte, które czyta się w Kościele, jest słowem samego Boga, który przemawia do swojego ludu. Wsłuchujmy się w to słowo, aby następnie wprowadzać je w życie. O tej części Liturgii mówi się, jako o „stole”, który przygotowuje Pan, aby karmić nasze życie duchowe. Stół Liturgii słowa jest niezwykle obfity. Doceńmy bogactwo trzyletniego cyklu niedzielnych czytań mszalnych i dwuletniego cyklu czytań dni powszednich. To wspaniała lektura, pokarm dla życia chrześcijańskiego. Pragnę przypomnieć znaczenie Psalmu responsoryjnego, który pomaga nam w rozważeniu usłyszanych treści. Dobrze, aby psalm został dowartościowany przez śpiew, przynajmniej refrenu. Mając na uwadze rangę czytań, zaczerpniętych z Pisma Świętego, zawartych w lekcjonarzach, należy przypomnieć, że jest zabronione subiektywne zastępowanie ich dowolnymi tekstami, wziętymi z innych źródeł. Słowo Boga jest dla nas nieodzowną pomocą, abyśmy mogli pokonać trudności i próby naszej ziemskiej pielgrzymki. Nie wystarczy jednak słuchać. Pamiętając przypowieść o siewcy, trzeba ziarno Bożego słowa zasiać w sercu, by przyniosło właściwy plon. Dlatego zgodnie z napomnieniem świętego Jakuba apostoła: „Wprowadzajmy słowo w czyn, a nie bądźmy tylko słuchaczami oszukującymi samych siebie” (por. Jk 1,22).

    Santo Padre:


    Saluto cordialmente i pellegrini polacchi. Fratelli e sorelle, partecipando alla Santa Messa, cercate di essere attenti ascoltatori della Parola di Dio. Sia Essa a formarvi e a trasformarvi. Possa modellare la vita delle vostre famiglie, e in modo particolare ispirare l’educazione dei bambini e della gioventù. Annunciate la Parola di Dio ovunque, non abbiate paura di parlare di Dio, della fede, della Chiesa. Confermatevi a vicenda nella fede per perseverare fedelmente nell’insegnamento di Gesù. Vi benedico di cuore.

    Speaker:

    Witam serdecznie pielgrzymów polskich. Bracia i siostry, uczestnicząc we Mszy świętej, bądźcie uważnymi słuchaczami Bożego słowa. Niech ono was formuje i przemienia. Niech kształtuje życie waszych rodzin, a szczególnie inspiruje wychowanie dzieci i młodzieży. Bądźcie głosicielami tego Słowa, gdziekolwiek jesteście. Nie lękajcie się mówić o Bogu, o sprawach wiary, o Kościele. Umacniajcie się wzajemnie w wierze, trwając konsekwentnie w nauce Chrystusa. Z serca wam błogosławię.

    [00177-PL.01] [Testo originale: Polacco]

    In lingua italiana

    Rivolgo un cordiale benvenuto ai fedeli di lingua italiana.

    Sono lieto di accogliere i Direttori nazionali delle Pontificie Opere Missionarie e le Religiose di Gesù-Maria. Incoraggio tutti voi a vivere la missione con autenticità, spirito di servizio e capacità di mediazione.

    Saluto gli operai del complesso industriale Ideal Standard di Roccasecca e l’Associazione Volontari Italiani Sangue di Potenza. Saluto, inoltre, gli Istituti scolastici e di formazione, specialmente quelli di Santa Maria Ausiliatrice di Roma e di Gesù-Maria di Roma, auspicando che l’insegnamento che si offre sia ricco di valori, per formare persone che sappiano far fruttificare i talenti che Dio ha affidato a ciascuno.

    Mi rivolgo, infine, ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Oggi ricordiamo san Giovanni Bosco, padre e maestro della gioventù. Cari giovani, guardate a lui come all’educatore esemplare. Voi, cari ammalati, sul suo esempio confidate sempre in Cristo crocifisso. E voi, cari sposi novelli, ricorrete alla sua intercessione per assumere con generoso impegno la vostra missione coniugale.

    [00178-IT.01] [Testo originale: Italiano]

    [B0091-XX.02]


    fonte: Sala Stampa della Santa Sede

  10. #30
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    Udienza ai partecipanti alla Conferenza “Tackling violence committed in the name of religion”, 02.02.2018


    Alle ore 9.30 di questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i partecipanti alla Conferenza “Tackling violence committed in the name of religion”.

    Riportiamo di seguito il discorso che il Santo Padre Francesco ha rivolto ai presenti all’incontro:

    Discorso del Santo Padre

    Cari amici,

    vi do il benvenuto e vi ringrazio per la vostra presenza. È molto significativo che i responsabili politici e i capi religiosi si incontrino e discutano tra loro su come contrastare la violenza commessa in nome della religione.

    Vorrei qui richiamare quanto ho avuto modo di dire in diverse circostanze, particolarmente in occasione del mio viaggio in Egitto: «Dio, amante della vita, non cessa di amare l’uomo e per questo lo esorta a contrastare la via della violenza. Ad attuare questo imperativo sono chiamate, anzitutto e oggi in particolare, le religioni, perché, mentre ci troviamo nell’urgente bisogno dell’Assoluto, è imprescindibile escludere qualsiasi assolutizzazione che giustifichi forme di violenza. La violenza, infatti, è la negazione di ogni autentica religiosità. Siamo tenuti a denunciare le violazioni contro la dignità umana e contro i diritti umani, a portare alla luce i tentativi di giustificare ogni forma di odio in nome della religione e a condannarli come falsificazione idolatrica di Dio» (Discorso alla Conferenza Internazionale per la Pace, Al-Azhar Conference Centre, Il Cairo, 28 aprile 2017).

    La violenza propagandata e attuata in nome della religione non può che attirare discredito verso la religione stessa; come tale, dovrebbe essere condannata da tutti e, con speciale convinzione, dall’uomo autenticamente religioso, il quale sa che Dio è soltanto bontà, amore, compassione, e che in Lui non può esserci spazio per l’odio, il rancore e la vendetta. La persona religiosa sa che una delle più grandi bestemmie è chiamare Dio come garante dei propri peccati e crimini, di chiamarlo a giustificare l’omicidio, la strage, la riduzione in schiavitù, lo sfruttamento in ogni sua forma, l’oppressione e la persecuzione di persone e di intere popolazioni.

    La persona religiosa sa che Dio è il Santo e che nessuno può pretendere di appellarsi al suo nome per compiere il male. Ogni leader religioso è chiamato a smascherare qualsiasi tentativo di manipolare Dio per scopi che nulla hanno a che vedere con Lui e la sua gloria. Bisogna mostrare, senza stancarsi, che ogni vita umana ha in sé stessa carattere sacro, merita rispetto, considerazione, compassione, solidarietà, a prescindere dall’etnia, dalla religione, dalla cultura, dall’orientamento ideologico o politico.

    L’appartenenza a una determinata religione non dà nessuna dignità o diritti supplementari a chi vi aderisce, così come la non appartenenza non ne toglie né diminuisce.

    Occorre perciò impegnarsi insieme, leader politici e responsabili religiosi, insegnanti e operatori dell’educazione, della formazione e dell’informazione, per avvertire chiunque venisse tentato da forme perverse di religiosità traviata, che esse nulla hanno a che vedere con la testimonianza di una religione degna di questo nome.

    Questo aiuterà quanti con buona volontà cercano Dio ad incontrarlo veramente, ad incontrare Colui che libera dalla paura, dall’odio e dalla violenza, che desidera servirsi della creatività e delle energie di ciascuno per diffondere il suo disegno d’amore e di pace rivolto a tutti.

    Gentili Signore e Signori, esprimo nuovamente il mio apprezzamento per la vostra volontà di riflessione e di dialogo su un tema così drammaticamente importante, e per aver dato così un qualificato contributo alla crescita della cultura della pace fondata sempre sulla verità e sull’amore. Dio benedica voi e il vostro lavoro. Grazie.

    [00184-IT.01] [Testo originale: Italiano]

    (...)


    fonte: Sala Stampa della Santa Sede

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