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Discussione: Notificazione della Congr. della Dottrina della Fede sulle opere di P. Jon Sobrino

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    Notificazione della Congr. della Dottrina della Fede sulle opere di P. Jon Sobrino

    NOTIFICAZIONE SULLE OPERE DEL P. JON SOBRINO, S.I.: "JESUCRISTO LIBERADOR. LECTURA HISTÓRICO-TEOLÓGICA DE JESÚS DE NAZARET (MADRID, 1991) E "LA FE EN JESUCRISTO. ENSAYO DESDE LAS VÍCTIMAS" (SAN SALVADOR, 1999)

    TRADUZIONE IN LINGUA ITALIANA

    Introduzione


    1. A seguito di un primo esame dei volumi, Jesucristo liberador. Lectura histórico-teológica de Jesús de Nazaret (Jesucristo) e La fe en Jesucristo. Ensayo desde las víctimas (La fe), del Rev. Padre Jon Sobrino S.I., la Congregazione per la Dottrina della Fede, a causa delle imprecisioni e degli errori ivi riscontrati, nell’ottobre del 2001 decise di iniziare su di essi uno studio ulteriore ed approfondito. Considerata l’ampia diffusione di questi scritti, soprattutto in America Latina, e la loro utilizzazione all’interno di seminari e di vari istituti di studio, venne deciso di intraprendere l’Esame con procedura urgente, disciplinato dagli articoli 23-27 del Regolamento per l’esame delle dottrine della medesima Congregazione.

    In seguito a detto esame, nel luglio del 2004 fu inviato all’Autore, per mezzo del Rev. Padre Peter Hans Kolvenbach S.I., Preposito Generale della Compagnia di Gesù, un Elenco di proposizioni erronee e pericolose rilevate nei libri di cui sopra.

    Nel marzo del 2005, il P. Jon Sobrino trasmise una Respuesta al texto de la Congregación para la Doctrina de la Fe. Tale Respuesta fu esaminata nel corso della Sessione Ordinaria del 23 novembre 2005. Venne constatato che, sebbene l’Autore avesse parzialmente modificato il suo pensiero su alcuni punti, la Respuesta non risultava soddisfacente, dal momento che nella sostanza permanevano gli errori che avevano motivato l’invio dell’Elenco di proposizioni sopra menzionato. Nonostante l’apprezzabile preoccupazione che l’Autore manifesta nei suoi scritti per la condizione dei poveri, la Congregazione per la Dottrina della Fede si vede perciò costretta a dichiarare che le suddette opere di P. Sobrino presentano, in alcuni passi, notevoli divergenze con la Fede della Chiesa.

    Si è quindi deciso di pubblicare la presente Notificazione, allo scopo di offrire ai fedeli un criterio di giudizio sicuro, basato sull’autentica dottrina ecclesiale, circa alcune affermazioni contenute negli scritti dell’Autore. Si fa rilevare che, in alcuni casi, le proposizioni erronee sono collocate in contesti in cui si trovano altre espressioni che sembrano contraddirle1; ciò non è però sufficiente a giustificarle. La Congregazione non pretende giudicare le intenzioni soggettive dell’Autore; ciononostante ritiene suo dovere richiamare l’attenzione su alcune proposizioni contenute nei suoi scritti che non risultano conformi con la dottrina della Chiesa. Dette proposizioni riguardano: 1) i presupposti metodologici enunciati dall’Autore, su cui è fondata la sua riflessione teologica; 2) la divinità di Gesù Cristo; 3) l’Incarnazione del Figlio di Dio; 4) la relazione fra Gesù Cristo e il Regno di Dio; 5) l’autocoscienza di Gesù Cristo; 6) il valore salvifico della sua morte.

    I. Presupposti metodologici.


    2. Nel suo libro Jesucristo liberador, P. Jon Sobrino afferma: "La cristología latinoamericana […] determina que su lugar, como realidad sustancial, son los pobres de este mundo, y esta realidad es la que debe estar presente y transir cualquier lugar categorial donde se lleva a cabo" (p. 47). E aggiunge: "Los pobres cuestionan dentro de la comunidad la fe cristológica y le ofrecen su dirección fundamental" (p. 50); la "Iglesia de los pobres es […] el lugar eclesial de la cristología, por ser una realidad configurada por los pobres" (p. 51). "El lugar social, es pues, el más decisivo para la fe, el más decisivo para configurar el modo de pensar cristológico y el que exige y facilita la ruptura epistemológica" (p. 52).

    Sebbene si apprezzi la preoccupazione per i poveri e per gli oppressi, nelle frasi di cui sopra questa "Iglesia de los pobres" risulta di fatto il luogo teologico fondamentale dell’Autore. Ma il luogo teologico fondamentale può esser solo la Fede della Chiesa; in essa trova la giusta collocazione epistemologica qualunque altro luogo teologico.

    Il luogo ecclesiale della cristologia non può essere la "Iglesia de los pobres" bensì la Fede apostolica trasmessa attraverso la Chiesa a tutte le generazioni. Il teologo, secondo la sua peculiare vocazione ecclesiale, deve tener costantemente presente che la teologia è scienza della Fede. Altri punti di partenza del lavoro teologico corrono il rischio dell’arbitrarietà e finiscono per snaturarne i contenuti 2.

    3. La mancanza della debita attenzione alle fonti - a prescindere dal fatto che l’Autore affermi di considerarle come "normative" - è la causa dei problemi presenti nella sua teologia, cui ci si riferirà più avanti. In particolare, le affermazioni del Nuovo Testamento sulla divinità di Cristo, sulla sua coscienza filiale e sul valore salvifico della sua morte – questioni trattate nei paragrafi che seguono - di fatto, non sono sempre tenute nel dovuto conto.

    È ugualmente significativo il modo con cui l’Autore considera i grandi concili della Chiesa antica, che a suo parere si sarebbero allontanati progressivamente dai contenuti del Nuovo Testamento. Ad esempio, egli afferma: "Estos textos son útiles teológicamente, además de normativos, pero son también limitados y aun peligrosos, como hoy se reconoce sin dificultad" (La fe, pp. 405-406). Di fatto, se si deve riconoscere il carattere limitato delle formule dogmatiche, che non esprimono, e non possono esprimere, tutto il contenuto dei misteri della Fede e che devono esser interpretate alla luce della Sacra Scrittura e della Tradizione, non è lecito tuttavia ritenere dette formule "pericolose", poiché esse sono interpretazioni autentiche del dato rivelato.

    Lo sviluppo dogmatico dei primi secoli, incluso quello dei grandi concili, è considerato da P. Sobrino come ambiguo e negativo. Egli non nega il carattere normativo delle formulazioni dogmatiche ma, complessivamente, non riconosce ad esse un valore al di fuori dell’ambito culturale in cui sorsero. L’Autore non tiene conto del fatto che il soggetto transtemporale della Fede è la Chiesa credente e che i pronunciamenti dei primi concili sono stati accettati e vissuti da tutta la comunità ecclesiale. La Chiesa continua infatti a professare ancora oggi il Credo proclamato dai Concili di Nicea (325) e di Costantinopoli (381). I primi quattro concili ecumenici sono accettati dalla maggior parte delle Chiese e comunità ecclesiali di oriente ed occidente. Se utilizzarono termini e concetti della cultura del loro tempo non fu certo per conformarsi ad essa: i concili non significarono infatti una ellenizzazione del cristianesimo bensì il contrario. Infatti, con la inculturazione del messaggio cristiano la stessa cultura greca subì una trasformazione dal di dentro e poté convertirsi in uno strumento per l’espressione e la difesa della verità biblica.

    II. La divinità di Gesù Cristo.


    4. Diverse affermazioni dell’Autore tendono a diminuire la portata dei passi del Nuovo Testamento in cui si afferma che Gesù è Dio: "Jesús está íntimamente ligado a Dios, con lo cual su realidad habrá que expresarla de alguna forma como realidad que es de Dios (cf. Gv 20,28)" (La fe, p. 216). In riferimento a Gv 1,1, l’Autore afferma: "Con el texto de Juan […] de ese logos no se dice todavía, en sentido estricto, que sea Dios (consustancial al Padre), pero de él se afirma algo que será muy importante para llegar a esta conclusión, su preexistencia, la cual no connota algo puramente temporal, sino que dice relación con la creación y relaciona al logos con la acción específica de la divinidad" (La fe, p. 469). Per P. Sobrino, nel Nuovo Testamento non si afferma chiaramente la divinità di Gesù ma si pongono soltanto i suoi presupposti: "En el Nuevo Testamento […] hay expresiones que, en germen, llevarán a la confesión de fe en la divinidad de Jesús" (La fe, pp. 468-469). "En los comienzos no se habló de Jesús como Dios ni menos de la divinidad de Jesús, lo cual sólo acaeció tras mucho tiempo de explicación creyente, casi con toda probabilidad después de la caída de Jerusalén" (La fe, p. 214).

    Sostenere che in Gv 20,28 si afferma che Gesù è "de Dios" è un errore evidente, poiché in tale passo evangelico Gesù viene chiamato "Signore" e "Dio". Ugualmente, in Gv 1,1 si dice che il Logos è Dio. In molti altri passi del Nuovo Testamento si parla di Gesù come "Figlio" e "Signore"3. La divinità di Gesù è stata oggetto della Fede ecclesiale fin dagli inizi e molto prima che nel Concilio di Nicea si proclamasse la sua consustanzialità con il Padre. Il fatto che non si usi questo termine non significa che non si affermi la divinità di Gesù in senso stretto, contrariamente a quanto l’Autore pare insinuare.

    L’Autore, asserendo che la divinità di Gesù è stata affermata solo dopo molto tempo di riflessione credente e che nel Nuovo Testamento essa si troverebbe soltanto "en germen", evidentemente non la nega ma nello stesso tempo non l’afferma con la debita chiarezza, inducendo altresì a pensare che lo sviluppo dogmatico - che a suo parere possiede delle caratteristiche ambigue - sia giunto a questa formulazione senza una chiara continuità con il Nuovo Testamento.

    La divinità di Gesù è invece chiaramente attestata nei passi del Nuovo Testamento sopra citati. Le numerose dichiarazioni conciliari in materia4 si pongono in continuità con quanto il Nuovo Testamento afferma esplicitamente e non solo "in germe". La confessione della divinità di Gesù Cristo è un punto assolutamente essenziale della Fede della Chiesa fin dalle origini e attestata già nel Nuovo Testamento.

    III. L’Incarnazione del Figlio di Dio.


    5. P. Sobrino scrive: "Desde una perspectiva dogmática debe afirmarse, y con toda radicalidad, que el Hijo (la segunda persona de la Trinidad) asume toda la realidad de Jesús, y aunque la fórmula dogmática nunca explica el hecho de ese ser afectado por lo humano, la tesis es radical. El Hijo experimenta la humanidad, la vida, el destino y la muerte de Jesús" (Jesucristo, p. 308).

    Nel suddetto brano l’Autore stabilisce una distinzione fra il Figlio e Gesù, che suggerisce al lettore la presenza di due soggetti in Cristo: il Figlio assume la realtà di Gesù; il Figlio sperimenta l’umanità, la vita, il destino e la morte di Gesù. Non risulta con chiarezza che il Figlio è Gesù e Gesù è il Figlio. Il tenore letterale di queste frasi riflette la nota teologia dell’homo assumptus, la quale risulta incompatibile con la Fede cattolica, che afferma invece l’unità della persona di Gesù Cristo in due nature, divina ed umana, secondo le formulazioni del Concilio di Efeso5 e soprattutto di Calcedonia, che asserisce: "noi insegniamo a confessare un solo e medesimo Figlio: il Signore nostro Gesù Cristo, perfetto nella sua divinità e perfetto nella sua umanità, vero Dio e vero uomo, di anima razionale e di corpo, consostanziale al Padre per la divinità, e consostanziale a noi per l'umanità, simile in tutto a noi, fuorché nel peccato (cf. Ebr 4,15), generato dal Padre prima dei secoli secondo la divinità, e in questi ultimi tempi per noi e per la nostra salvezza da Maria vergine e genitrice di Dio, secondo l'umanità, uno e medesimo Cristo Signore unigenito; da riconoscersi in due nature, senza confusione, immutabili, indivise, inseparabili..."6. In ugual modo si espresse Papa Pio XII nella Lettera enciclica Sempiternus Rex: "…il concilio di Calcedonia, in perfetto accordo con quello di Efeso, afferma chiaramente che entrambe le nature del nostro Redentore si uniscono «in una sola persona e sussistenza» e vieta di affermare due individui in Cristo, in modo che accanto al Verbo sia posto un certo «uomo assunto» dotato di piena autonomia"7.

    6. Un’altra difficoltà, riscontrata nella visione cristologica di P. Sobrino, deriva dalla sua insufficiente comprensione della communicatio idiomatum. Secondo l’Autore, "la comprensión adecuada de la communicatio idiomatum" sarebbe la seguente: "lo humano limitado se predica de Dios, pero lo divino ilimitado no se predica de Jesús" (La fe, p. 408; cf. p. 500).

    In realtà, l’unità della persona di Cristo "in due nature", affermata dal Concilio di Calcedonia, ha come conseguenza immediata la cosiddetta communicatio idiomatum, cioè la possibilità di riferire le proprietà della divinità all’umanità e viceversa. In virtù di questa possibilità, già il Concilio di Efeso definì che Maria era theotókos: "Se qualcuno non confessa che l'Emmanuele è Dio nel vero senso della parola, e che perciò la santa Vergine è genitrice di Dio perché ha generato secondo la carne il Verbo che è da Dio, sia anatema"8. "Se qualcuno attribuisce a due persone o a due sostanze le espressioni dei Vangeli e degli scritti degli apostoli, o dette dai santi sul Cristo, o da lui di se stesso, ed alcune le attribuisce all’uomo, considerato distinto dal Verbo di Dio, altre, invece, come convenienti a Dio, al solo Verbo di Dio Padre, sia anatema"9. Come facilmente può dedursi da questi testi conciliari, la "comunicazione delle proprietà" si applica nei due sensi: l’umano si predica di Dio e il divino dell’uomo. Già il Nuovo Testamento afferma che Gesù "è il Signore"10 e che tutte le cose sono state create per mezzo di lui11. Ad es., nel linguaggio cristiano è possibile dire, e si dice, che Gesù è Dio e che è creatore ed onnipotente. Il Concilio di Efeso sancì l’uso di chiamare Maria "genitrice di Dio". Non è perciò corretto dire che di Gesù non si può predicare "lo divino ilimitado". Tale affermazione dell’Autore si comprenderebbe solo nel contesto di una cristologia dell’homo assumptus, nella quale non risulta con chiarezza l’unità della persona di Gesù: è evidente che non si potrebbero predicare di una persona umana gli attributi divini. Però tale cristologia non è assolutamente compatibile con l’insegnamento dei Concili di Efeso e di Calcedonia sull’unità della persona di Gesù Cristo in due nature. La comprensione della communicatio idiomatum presentata dall’Autore rivela pertanto una concezione erronea del mistero dell’Incarnazione e dell’unità della persona di Gesù Cristo.

    IV. Gesù Cristo e il Regno di Dio


    7. P. Sobrino sviluppa una peculiare visione del rapporto fra Gesù ed il Regno di Dio. Si tratta di un punto che riveste uno speciale interesse nelle sue opere. Secondo l’Autore, la persona di Gesù, come mediatore, non può essere assolutizzata ma va considerata in relazione al Regno di Dio, visto come qualcosa di distinto da Gesù stesso: "Esta relacionalidad histórica la analizaremos después en detalle, pero digamos ahora que este recordatorio es importante […] cuando se absolutiza al mediador Cristo y se ignora su relacionalidad constitutiva hacia la mediación, el reino de Dios" (Jesucristo, p. 32). "Ante todo, hay que distinguir entre mediador y mediación de Dios. El reino de Dios, formalmente hablando, no es otra cosa que la realización de la voluntad de Dios para este mundo, a lo cual llamamos mediación. A esa mediación […] está asociada una persona (o grupo) que la anuncia e inicia, y a ello llamamos mediador. En este sentido puede y debe decirse que, según la fe, ya ha aparecido el mediador definitivo, último y escatológico del reino de Dios, Jesús […]. Desde esta perspectiva pueden entenderse también las bellas palabras de Orígenes al llamar a Cristo la autobasileia de Dios, el reino de Dios en persona, palabras importantes que describen bien la ultimidad del mediador personal del reino, pero peligrosas si adecúan a Cristo con la realidad del reino" (Jesucristo, p. 147). "Mediador y mediación se relacionan, pues, esencialmente, pero no son lo mismo. Siempre hay un Moisés y una tierra prometida, un Monseñor Romero y una justicia anhelada. Ambas cosas, juntas, expresan la totalidad de la voluntad de Dios, pero no son lo mismo" (Jesucristo, p. 147). D’altra parte, la condizione di mediatore proverrebbe a Gesù soltanto per il fatto di essere uomo: "La posibilidad de ser mediador no le viene, pues, a Cristo de una realidad añadida a lo humano sino que le viene del ejercicio de lo humano" (La fe, p. 253).

    L’Autore afferma certamente l’esistenza di una relazione speciale fra Gesù Cristo (mediador) ed il Regno di Dio (mediación), in quanto Gesù è il mediatore definitivo, ultimo ed escatologico del Regno. Tuttavia, nei passi citati, Gesù ed il Regno vengono distinti in modo tale che il vincolo fra di essi risulta privato del suo contenuto peculiare e della sua singolarità. P. Sobrino non spiega correttamente il nesso essenziale che esiste - se si vuole utilizzare il suo stesso linguaggio - fra il "mediatore" e la "mediazione". Inoltre, dicendo che, per Cristo, la possibilità di essere mediatore "le viene del ejercicio de lo humano", si esclude che la sua condizione di Figlio di Dio abbia rilevanza per la sua missione mediatrice.

    Non è sufficiente parlare di una connessione intima o di una relazione costitutiva fra Gesù ed il Regno o di una "ultimidad del mediador", se si rinvia a qualcosa di diverso da lui stesso. Infatti, in un certo senso, Gesù Cristo ed il Regno si identificano: nella persona di Gesù già il Regno si è fatto presente. Tale identità è stata rilevata fin dall’epoca patristica12. Papa Giovanni Paolo II affermava nella Lettera enciclica Redemptoris Missio: "È sull'annunzio di Gesù Cristo, con cui il regno si identifica, che è incentrata la predicazione della chiesa primitiva"13. "Cristo non soltanto ha annunziato il regno, ma in lui il regno stesso si è fatto presente e si è compiuto14. "Il regno di Dio non è un concetto, una dottrina, un programma [...] ma è innanzi tutto una persona che ha il volto e il nome di Gesù di Nazareth, immagine del Dio invisibile. Se si distacca il regno da Gesù, non si ha più il regno di Dio da lui rivelato15.

    D’altra parte, la singolarità e l’unicità della mediazione di Cristo sono sempre state affermate nella Chiesa. Egli, grazie alla sua condizione di "unigenito Figlio di Dio", è "l’autorivelazione definitiva di Dio"16 . Perciò la sua mediazione è unica, singolare, universale ed insuperabile: "…si può e si deve dire che Gesù Cristo ha un significato e un valore per il genere umano e la sua storia, singolare e unico, a lui solo proprio, esclusivo, universale, assoluto. Gesù è, infatti, il Verbo di Dio fatto uomo per la salvezza di tutti"17.

    V. L’autocoscienza di Gesù Cristo.

    8. P. Sobrino, citando L. Boff, afferma che "Jesús fue un extraordinario creyente y tuvo fe. La fe fue el modo de existir de Jesús" (Jesucristo, p. 203). E, di sua propria iniziativa, aggiunge che: "Esta fe describe la totalidad de la vida de Jesús" (Jesucristo, p. 206). L’Autore giustifica la sua posizione adducendo il testo di Ebr 12,2: "En forma lapidaria la carta [a los Hebreos] dice con una claridad que no tiene paralelo en el Nuevo Testamento que Jesús se relacionó con el misterio de Dios en la fe. Jesús es el que ha vivido originariamente y en plenitud la fe (12,2)" (La fe, p. 256). P. Sobrino prosegue, dicendo: "Por lo que toca a la fe, Jesús es presentado, en vida, como un creyente como nosotros, hermano en lo teologal, pues no se le ahorró el tener que pasar por ella. Pero es presentado también como hermano mayor, porque vivió la fe originariamente y en plenitud (12,2). Y es el modelo, aquel en quien debemos tener los ojos fijos para vivir nuestra propia fe" (La fe, p. 258).

    Nei passi appena citati, la relazione filiale di Gesù con il Padre, nella sua singolarità irripetibile, non appare con la dovuta chiarezza; anzi, le suddette affermazioni conducono piuttosto ad escluderla. Considerando l’insieme del Nuovo Testamento, non si può sostenere che Gesù sia "un creyente como nosotros". Nel vangelo di Giovanni si parla della "visione" del Padre da parte di Gesù: "solo colui che viene da Dio ha visto il Padre"18. Ugualmente, l’intimità unica e singolare di Gesù con il Padre è attestata nei vangeli sinottici19.

    La coscienza filiale e messianica di Gesù è la conseguenza diretta della sua ontologia di Figlio di Dio fatto uomo. Se Gesù fosse un credente come noi, sebbene in modo esemplare, non potrebbe esser l’autentico rivelatore, colui che ci mostra il volto del Padre. Sono evidenti le connessioni di questo punto con quanto è stato detto prima nel n. IV, sulla relazione di Gesù con il Regno, e con quanto si dirà più avanti nel n. VI, sul valore salvifico attribuito da Gesù alla propria morte. Nella riflessione dell’Autore viene meno di fatto il carattere unico della mediazione e della rivelazione di Gesù, che in tal modo è ridotto alla condizione di rivelatore attribuibile ai profeti o ai mistici.

    Gesù, il Figlio di Dio fatto carne, gode di una conoscenza intima ed immediata del Padre, di una "visione" che certamente va al di là della fede. L’unione ipostatica e la sua missione di rivelatore e redentore esigono la visione del Padre e la conoscenza del suo piano di salvezza. È ciò che indicano i testi evangelici già citati.

    Tale dottrina è stata espressa in diversi testi magisteriali recenti: "questa amantissima conoscenza, con la quale il divin Redentore ci ha seguiti sin dal primo istante della sua Incarnazione, supera ogni capacità della mente umana, giacché, per quella visione beatifica di cui godeva sin dal momento in cui fu ricevuto nel seno della Madre divina..."20.

    Con una terminologia leggermente diversa, anche Papa Giovanni Paolo II insiste sulla visione del Padre: "I suoi [di Gesù] occhi restano fissi sul Padre. Proprio per la conoscenza e l'esperienza che solo lui ha di Dio, anche in questo momento di oscurità egli vede limpidamente la gravità del peccato e soffre per esso. Solo lui, che vede il Padre e ne gioisce pienamente, misura fino in fondo che cosa significhi resistere col peccato al suo amore"21.

    Anche il Catechismo della Chiesa Cattolica parla della conoscenza "immediata" che Gesù ha del Padre: "È, innanzi tutto, il caso della conoscenza intima e immediata che il Figlio di Dio fatto uomo ha del Padre suo"22. "La conoscenza umana di Cristo, per la sua unione alla Sapienza divina nella Persona del Verbo incarnato, fruiva in pienezza della scienza dei disegni eterni che egli era venuto a rivelare23.

    La relazione di Gesù con Dio non si esprime correttamente dicendo che egli era un credente come noi. Al contrario, sono proprio l’intimità e la conoscenza diretta ed immediata che egli ha del Padre a permettergli di rivelare agli uomini il mistero dell’amore divino. E solo così egli può introdurci in tale amore.

    VI. Il valore salvifico della morte di Gesù.

    9. Alcune affermazioni di P. Sobrino inducono a pensare che, a parere dell’Autore, Gesù non avrebbe attribuito alla propria morte un valore salvifico: "Digamos desde el principio que el Jesús histórico no interpretó su muerte de manera salvífica, según los modelos soteriólogicos que, después, elaboró el Nuevo Testamento: sacrificio expiatorio, satisfacción vicaria […]. En otras palabras, no hay datos para pensar que Jesús otorgara un sentido absoluto trascendente a su propia muerte, como hizo después el Nuevo Testamento" (Jesucristo, p. 261). "En los textos evangélicos no se puede encontrar inequívocamente el significado que Jesús otorgó a su propia muerte" (ibidem). "…puede decirse que Jesús va a la muerte con confianza y la ve como último acto de servicio, más bien a la manera de ejemplo eficaz y motivante para otros que a la manera de mecanismo de salvación para otros. Ser fiel hasta el final, eso es ser humano" (Jesucristo, p. 263).

    In un primo momento, l’affermazione dell’Autore sembra limitata, nel senso che Gesù parrebbe non aver attribuito alla sua morte un valore salvifico secondo le categorie utilizzate nel Nuovo Testamento. Tuttavia, in seguito, egli afferma che "no hay datos para pensar" che Gesù abbia attribuito un senso trascendente ed assoluto alla propria morte. P. Sobrino dice soltanto che Gesù va incontro alla morte con confidenza e le attribuisce valore di esempio motivante per gli altri. In tal modo, i numerosi passi del Nuovo Testamento che parlano del valore salvifico della morte di Cristo24 risultano privati di ogni legame con la coscienza che Cristo ha avuto di sé durante la sua vita soggetta alla morte. L’Autore non prende in debita considerazione i passi evangelici in cui Gesù attribuisce alla sua morte un significato salvifico; in particolare Mc 10,45 25: "il figlio dell’uomo non è venuto per esser servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti"; e le parole di istituzione dell’eucarestia: "Questo è il mio sangue, il sangue dell’alleanza versato per molti26. Qui appare di nuovo la difficoltà, di cui sopra si è fatto menzione, circa l’uso che P. Sobrino fa del Nuovo Testamento. I dati neotestamentari cedono il passo ad una ipotetica ricostruzione storica, che risulta erronea.

    10. Tuttavia il problema non si riduce alla coscienza con cui Gesù ha affrontato la sua morte ed al significato che le avrebbe conferito. P. Sobrino espone anche il suo punto di vista circa il significato soteriologico che si dovrebbe attribuire alla morte di Cristo: "Lo salvífico consiste en que ha aparecido sobre la tierra lo que Dios quiere que sea el ser humano […]. El Jesús fiel hasta la cruz es salvación, entonces, al menos en este sentido: es revelación del homo verus, es decir, de un ser humano en el que resultaría que se cumplen tácticamente las características de una verdadera naturaleza humana […]. El hecho mismo de que se haya revelado lo humano verdadero contra toda expectativa, es ya buena noticia, y por ello, es ya en sí mismo salvación […]. Según esto, la cruz de Jesús como culminación de toda su vida puede ser comprendida salvíficamente. Esta eficacia salvífica se muestra más bien a la manera de la causa ejemplar que de la causa eficiente. Pero no quita esto que no sea eficaz […]. No se trata pues de causalidad eficiente, sino de causalidad ejemplar" (Jesucristo, pp. 293-294).

    Ovviamente, si deve riconoscere tutto il valore all’efficacia dell’esempio di Cristo, che il Nuovo Testamento menziona esplicitamente27: è questa una dimensione della soteriologia che non si può dimenticare. Tuttavia non si può ridurre l’efficacia della morte di Gesù all’esempio o, secondo le medesime parole dell’Autore, alla rivelazione dell’«homo verus» fedele a Dio fino alla morte in croce. Nel testo sopra citato, P. Sobrino usa espressioni come "al menos" e "más bien", che sembrano lasciar aperta la porta ad altre considerazioni. Ma alla fine questa porta si chiude con una esplicita negazione: egli afferma che non si tratta di causalità efficiente bensì di "causalità esemplare". La redenzione sembra così ridursi all’apparizione dell’homo verus, che si manifesta nella fedeltà fino alla morte. La morte di Cristo sarebbe in tal modo exemplum e non sacramentum (dono). La redenzione si riduce al moralismo. Affiorano qui di nuovo le difficoltà cristologiche già notate in relazione con il mistero dell’Incarnazione e con il Regno. Entra qui in gioco solo l’umanità di Gesù e non il Figlio di Dio fatto uomo per noi e per la nostra salvezza. Le affermazioni del Nuovo Testamento, della Tradizione e del Magistero ecclesiale sulla efficacia della redenzione e della salvezza operate da Cristo non possono ridursi al buon esempio da lui dato. Il mistero dell’Incarnazione, morte e risurrezione di Gesù Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo, è la fonte unica e inesauribile della redenzione dell’umanità, che si rende efficace nella Chiesa mediante i sacramenti.

    Il Concilio di Trento, nel Decreto sulla giustificazione, afferma: "il Padre celeste, «padre delle misericordie e Dio di ogni consolazione» (2Cor 1,3), quando giunse la beata «pienezza dei tempi» (Ef 1,10; Gal 4,4), mandò agli uomini Gesù Cristo, suo figlio [...] affinché riscattasse i Giudei, «che erano sotto la legge» (Gal 4,5), e «i pagani che non cercavano la giustizia, raggiungessero la giustizia» (Rm 9,30); e tutti «ricevessero l’adozione di figli» (Gal 4,5). Questo Dio «ha prestabilito a servire come strumento di espiazione per mezzo della fede nel suo sangue» (Rm 3,25), «per i nostri peccati; non solo per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo» (1Gv 2,2)"28.

    Nel medesimo decreto si afferma che la causa meritoria della giustificazione è Gesù, Figlio unigenito di Dio, "il quale, «quando eravamo nemici» (Rm 5,10), «per il grande amore con cui ci ha amati» (Ef 2,4) ci ha meritato la giustificazione con la sua santissima passione sul legno della croce e ha soddisfatto per noi Dio Padre"29.

    Il Concilio Vaticano II insegna: "Il Figlio di Dio, unendo a sé la natura umana e vincendo la morte con la sua morte e resurrezione, ha redento l'uomo e l'ha trasformato in una nuova creatura (cf. Gal 6,15; 2 Cor 5,17). Comunicando infatti il suo Spirito, costituisce misticamente come suo corpo i suoi fratelli, che raccoglie da tutte le genti. In quel corpo la vita di Cristo si diffonde nei credenti che, attraverso i sacramenti, si uniscono in modo arcano e reale a lui sofferente e glorioso"30.

    Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma a sua volta: "Questo disegno divino di salvezza attraverso la messa a morte del «Servo Giusto» era stato anticipatamente annunziato nelle Scritture come un mistero di redenzione universale, cioè di riscatto che libera gli uomini dalla schiavitù del peccato. San Paolo professa, in una confessione di fede che egli dice di avere «ricevuto», che «Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture» (1Cor 15,3). La morte redentrice di Gesù compie in particolare la profezia del Servo sofferente"31.

    Conclusione


    11. La teologia nasce dall’obbedienza all’impulso della verità che tende a comunicarsi e dell’amore che desidera conoscere sempre meglio colui che ama, cioè Dio stesso, la cui bontà riconosciamo grazie alla Fede32. Perciò la riflessione teologica non può aver altra origine se non la Fede della Chiesa. Solo a partire da questa Fede il teologo può acquisire, in comunione con il Magistero, un’intelligenza sempre più profonda della Parola di Dio contenuta nella Scrittura e trasmessa dalla Tradizione viva della Chiesa33.

    La verità rivelata da Dio stesso in Gesù Cristo, e trasmessa dalla Chiesa, costituisce dunque il principio ultimo e normativo della teologia34, e nessun’altra istanza può superarla. Riferendosi a questa sorgente perenne, la teologia è fonte di autentica novità e di luce per gli uomini di buona volontà. Perciò la ricerca teologica offre frutti tanto più abbondanti e maturi, per il bene di tutto il popolo di Dio e di tutta l’umanità, quanto più si inserisce nella viva corrente che, grazie all’azione dello Spirito Santo, procede dagli Apostoli e si è arricchita mediante la riflessione credente delle generazioni che ci hanno preceduto. È lo Spirito Santo che introduce la Chiesa alla pienezza della verità35 e solo nella docilità a questo "dono dall’alto" la teologia è realmente ecclesiale ed al servizio della verità.

    Lo scopo della presente Notificazione è quello di richiamare all’attenzione di tutti i fedeli la fecondità di una riflessione teologica che non teme di svilupparsi nel flusso vitale della Tradizione ecclesiale.

    Il Sommo Pontefice Benedetto XVI, nel corso dell’Udienza concessa al sottoscritto Cardinal Prefetto il 13 ottobre 2006, ha approvato la presente Notificazione, decisa nella Sessione Ordinaria di questa Congregazione, e ne ha ordinato la pubblicazione.

    Dato in Roma, nella sede della Congregazione per la Dottrina della Fede, il 26 novembre 2006, Festa Liturgica di N.S. Gesù Cristo Re dell’Universo.

    William Cardinale LEVADA
    Prefetto

    + Angelo AMATO, S.D.B.
    Arcivescovo titolare di Sila
    Segretario

    ________________________________

    1 Cf. ad es. infra al n. 6.

    2 Cf. Concilio Vaticano II, Decr. Optatam totius, 16; Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Fides et Ratio, 65: AAS 91 (1999), 5-88.

    3 Cf. 1Tess 1,10; Fil 2,5-11; 1Cor 12,3; Rm 1,3-4; 10,9; Col 2,9, etc.

    4 Cf. i Concili di Nicea, DH 125; Costantinopoli, DH 150; Efeso, DH 250-263; Calcedonia, DH 301-302.

    5 Cf. DH 252-263.

    6 Concilio di Calcedonia, Symbolum Chalcedonense, DH 301.

    7 Pio XII, Lett. Enc. Sempiternus Rex: AAS 43 (1951), 638; DH 3905.

    8 Concilio di Efeso, Anathematismi Cyrilli Alex., DH 252.

    9 Ibidem, DH 255.

    10 1Cor 12,3; Fil 2,11.

    11 Cf. 1Cor 8,6.

    12 Cf. Origene, In Mt. Hom., 14,7; Tertulliano, Adv. Marcionem, IV 8; Ilario di Poitiers, Comm in Mt. 12,17.

    13 Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Redemptoris Missio, 16: AAS 83 (1991), 249-340.

    14 Ibidem, 18.

    15 Ibidem.

    16 Ibidem, 5.

    17 Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Dominus Iesus, 15: AAS 92 (2000), 742-765.

    18 Gv 6,46; cf. anche Gv 1,18.

    19 Cf. Mt 11,25-27; Lc 10,21-22.

    20 Pio XII, Lett. Enc. Mystici Corporis: AAS 35 (1943) 230; DH 3812.

    21 Giovanni Paolo II, Lett. Apost. Novo Millennio Ineunte, 26: AAS 93 (2001), 266-309.

    22 Catechismo della Chiesa Cattolica, 473.

    23 Catechismo della Chiesa Cattolica, 474.

    24 Cf. ad es. Rm 3,25; 2Cor 5,21; 1Gv2,2, etc.

    25 Cf. Mt 20,28.

    26 Mc 14,24; cf. Mt 26,28; Lc 22,20.

    27 Cf. Gv 13,15; 1Pt 2,21.

    28 Concilio di Trento, Decr. De justificatione, DH 1522.

    29 Ibidem, DH 1529; cf. DH 1560.

    30 Concilio Vaticano II, Cost. Dogm. Lumen Gentium, 7.

    31 Catechismo della Chiesa Cattolica, 601.

    32 Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum veritatis, 7: AAS 82 (1990), 1550-1570.

    33 Cf. ibidem., 6.

    34 Cf. ibidem., 10.

    35 Cf. Gv 16,13.


    [00346-01.01]
    [Testo originale: Spagnolo]

    fonte: Sala Stampa della Santa Sede
    Ultima modifica di Vox Populi; 14-03-2007 alle 13:24

  2. #2
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    NOTA ESPLICATIVA ALLA NOTIFICAZIONE SULLE OPERE DI P. JON SOBRINO, S.I.

    TRADUZIONE IN LINGUA ITALIANA

    1. L’interesse della Chiesa per i poveri


    La Congregazione della Dottrina della Fede ha il peculiare compito di promuovere e di tutelare la dottrina sulla fede ed i costumi nell’orbe cattolico1. In tal modo si intende servire la fede del popolo di Dio ed in particolare di coloro che in esso sono i più semplici ed i più poveri. La preoccupazione per i più semplici ed i più poveri è fin dall’inizio uno dei tratti che qualificano la missione della Chiesa. Se è vero, come ha ricordato anche il S. Padre, che "la prima povertà dei popoli è non conoscere Cristo"2, ciascun uomo ha diritto di conoscere il Signore Gesù, Colui che è "l’atteso delle genti ed il loro salvatore". A maggior ragione, ciascun cristiano ha diritto di conoscere in modo adeguato, autentico ed integrale, la verità che la Chiesa confessa ed esprime su di Lui. Tale diritto fonda il corrispettivo dovere del magistero ecclesiale di intervenire tutte le volte che tale verità viene messa in pericolo o negata.

    La Congregazione si è perciò trovata nella necessità di pubblicare l’annessa Notificazione su alcune opere di P. Jon Sobrino S.I., nelle quali sono state riscontrate diverse proposizioni che possono nuocere ai fedeli, a causa della loro erroneità o pericolosità. P. Sobrino, nelle sue pubblicazioni, manifesta preoccupazione per la situazione dei poveri e degli oppressi, specialmente in America Latina. Questa preoccupazione appartiene senza dubbio alla Chiesa intera. La stessa Congregazione per la Dottrina della Fede, nella sua Istruzione Libertatis conscientia sulla libertà cristiana e la liberazione, indicava che la miseria umana "ha attirato la compassione di Cristo Salvatore, che ha voluto prenderla su di sé, e identificarsi con «i più piccoli tra i fratelli» (Mt 25, 40. 45)" e che "l'opzione preferenziale per i poveri, lungi dall'essere un segno di particolarismo o di settarismo, manifesta l'universalità della natura e della missione della Chiesa. Questa opzione non è esclusiva. È la ragione per cui la Chiesa non può esprimersi a sostegno di categorie sociologiche e ideologiche riduttrici, che farebbero di tale preferenza una scelta faziosa e di natura conflittuale"3. Già in precedenza, la stessa Congregazione, nella Istruzione Libertatis nuntius sopra alcuni aspetti della teologia della liberazione, aveva osservato che i richiami circa tale corrente teologica, contenuti nel documento, non potevano essere interpretati come un rimprovero verso coloro che desideravano rimanere fedeli alla "opzione preferenziale per i poveri", né in alcun modo esser addotti come scusa da coloro che si mostrano indifferenti ai gravissimi problemi della miseria e dell’ingiustizia 4.

    Tali affermazioni illustrano con chiarezza quale sia la posizione della Chiesa riguardo a questa complessa problematica: "Le inique disuguaglianze e le oppressioni di ogni sorta, che colpiscono oggi milioni di uomini e di donne, sono in aperta contraddizione col Vangelo di Cristo e non possono lasciar tranquilla la coscienza di nessun cristiano. Nella sua docilità allo Spirito, la Chiesa avanza con fedeltà lungo le strade dell'autentica liberazione. I suoi membri hanno coscienza delle proprie manchevolezze e dei ritardi in questa ricerca. Ma una moltitudine di cristiani, fin dal tempo degli Apostoli, ha impegnato le proprie forze e la propria vita per la liberazione da ogni forma di oppressione e per la promozione della dignità umana. L'esperienza dei Santi e l'esempio di tante opere al servizio del prossimo costituiscono uno stimolo e una luce per quelle iniziative liberatrici, che al giorno d'oggi si impongono"5.

    2. La procedura per l’esame delle dottrine


    Alla Notificazione di cui sopra si è pervenuti attraverso un attento esame degli scritti di P. Sobrino, seguendo l’apposito regolamento per l’esame delle dottrine. Ecco in sintesi il modo con cui la Congregazione per la Dottrina della Fede procede nel formulare un giudizio su scritti che paiono problematici. Quando la Congregazione ritiene che gli scritti di un autore pongono dei problemi sotto il profilo dottrinale, al punto che ne derivi o possa derivarne un grave danno per i fedeli, si inizia una procedura regolata da una normativa approvata, in data 29 giugno 1997, da Papa Giovanni Paolo II 6.

    La procedura ordinaria prevede che si chieda il parere di alcuni esperti nella materia in esame. Tali pareri, insieme a tutte le notizie utili per l’indagine in questione, vengono poi sottoposti all’esame della Consulta, vale a dire a quell’istanza della Congregazione costituita da esperti in varie discipline teologiche. Tutta la documentazione relativa, comprendente il verbale della discussione, la votazione generale ed i pareri dei consultori sull’eventuale esistenza, negli scritti in esame, di errori dottrinali e di opinioni pericolose, viene quindi sottomessa al giudizio della Sessione Ordinaria della Congregazione, composta da Cardinali e Vescovi membri del Dicastero. Essa esamina minuziosamente tutta la questione e decide se merita o meno una contestazione all’autore. Le decisioni della Sessione Ordinaria sono, infine, sottoposte all’approvazione del Sommo Pontefice. Se si decide di procedere alla contestazione, un elenco di proposizioni erronee o pericolose viene trasmesso, attraverso il competente Ordinario, all’autore, il quale dispone di un tempo utile di tre mesi per rispondere. Se la Sessione Ordinaria considera la risposta sufficiente, non si procede ulteriormente. Altrimenti si adottano i provvedimenti del caso: ad es. la pubblicazione di una Notificazione, in cui vengono esposte le proposizioni erronee o pericolose riscontrate negli scritti dell’autore.

    Nel caso in cui gli scritti esaminati siano ritenuti evidentemente erronei e dalla loro divulgazione deriva o potrebbe derivare un grave danno per i fedeli 7, la procedura viene abbreviata. Si nomina una Commissione di esperti con l’incarico di individuare le proposizioni erronee e pericolose. Il parere della Commissione viene sottoposto al giudizio della Sessione Ordinaria della Congregazione. Se le proposizioni vengono considerate effettivamente erronee e pericolose, dopo l’approvazione del S. Padre, sempre tramite l’Ordinario, esse sono trasmesse all’autore, affinché le corregga in un tempo utile di due mesi. La risposta è esaminata dalla Sessione Ordinaria, che adotta le opportune misure.

    3. Il caso particolare di P. Sobrino


    Nel presente caso, la stessa Notificazione indica i passi seguiti secondo la procedura urgente. Si è optato per questa procedura, fra l’altro, in considerazione della grande diffusione che, soprattutto in America Latina, hanno avuto le opere del P. Jon Sobrino. In esse si rilevarono gravi difetti, sia metodologici che di contenuto. Senza ripetere qui ciò che già espone per esteso la Notificazione, si rileva anzitutto l’affermazione secondo cui "la Chiesa dei poveri" è il luogo ecclesiale della cristologia ed offre ad essa l’orientamento fondamentale. Così dicendo, l’autore dimentica che è la fede apostolica, trasmessa dalla Chiesa a tutte le generazioni, l’unico "luogo ecclesiale" valido per la cristologia e, più in generale, per la teologia. P. Sobrino tende a diminuire il valore normativo delle affermazioni del Nuovo Testamento e dei grandi concili della Chiesa antica. Tali errori, di indole metodologica, conducono a conclusioni non conformi con la fede della Chiesa riguardo a punti cruciali, come la divinità di Gesù Cristo, l’Incarnazione del Figlio di Dio, la relazione di Gesù con il Regno di Dio, la sua autocoscienza ed il valore salvifico della sua morte.

    A tal proposito, la Congregazione per la Dottrina della Fede già scriveva: "Una riflessione teologica, sviluppata partendo da una particolare esperienza, può costituire un contributo molto positivo, in quanto consente di mettere in evidenza aspetti della Parola di Dio, la cui intera ricchezza non era ancora stata pienamente percepita. Ma affinché tale riflessione sia veramente una lettura della Scrittura, e non già la proiezione sulla Parola di Dio di un significato che non vi è contenuto, il teologo sarà attento a interpretare l'esperienza, da cui parte, alla luce dell'esperienza della Chiesa stessa. Tale esperienza della Chiesa brilla con singolare splendore e in tutta la sua purezza nella vita dei Santi. Spetta ai Pastori della Chiesa, in comunione col Successore di Pietro, discernerne l'autenticità"8.

    Con questa Notificazione si intende perciò offrire ai pastori ed ai fedeli un criterio sicuro, radicato nella dottrina della Chiesa, per valutare correttamente le suddette questioni, assai rilevanti sia sotto il profilo teologico che pastorale.

    ________________________________

    1 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Cost. Apost. Pastor Bonus, 48: AAS 80 (1988), 841-934.

    2 BENEDETTO XVI, Messaggio per la Quaresima 2006.

    3 CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Istr. Libertatis conscientia, 68: AAS 79 (1987), 554-599.

    4 CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Istr. Libertatis nuntius, Proemio: AAS 76 (1984), 876-909.

    5 CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Istr. Libertatis conscientia, 57.

    6 Cf. CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Agendi ratio in doctrinarum examine: AAS 89 (1997) 830-835.

    7 Cf. Ibidem, 23.

    8 CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Istr. Libertatis conscientia, 70.

    [00347-01.01] [Testo originale: Spagnolo]

    [B0128-XX.01]

    fonte: Sala Stampa della Santa Sede

  3. #3
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    14/03/2007 11.59.07
    Notificazione della Congregazione per la Dottrina della Fede su alcune affermazioni erronee del padre gesuita Jon Sobrino



    La Congregazione per la Dottrina della Fede ha pubblicato una Notificazione su alcune opere del padre Jon Sobrino, della Compagnia di Gesù. Il padre gesuita è nato 68 anni fa in Spagna e da 50 anni vive in Salvador. “Diverse proposizioni” di padre Sobrino – afferma la Notificazione – “possono nuocere ai fedeli, a causa della loro erroneità o pericolosità”: tra queste il concetto di Chiesa dei poveri e di opzione esclusiva a loro favore, la negazione del valore normativo delle affermazioni del Nuovo Testamento e dei grandi Concili della Chiesa antica mettendo in dubbio punti cruciali della fede, come la divinità di Gesù Cristo, l’Incarnazione del Figlio di Dio, la relazione di Gesù con il Regno di Dio, la sua autocoscienza ed il valore salvifico della sua morte.
    Le opere in questione sono due: Jesucristo liberador. Lectura històrico-teològica de Jesùs de Nazaret (Jesucristo) e La fe en Jesucristo. Ensayo desde las vìctimas (La fe).
    Sui contenuti della Notificazione Giovanni Peduto ha intervistato il teologo professor don Donato Valentini:

    **********

    R. – Padre Sobrino dà rilievo alla esperienza; si precisa da parte della Congregazione: esperienza sì, ma “letta” secondo la autentica dottrina della Chiesa. Padre Sobrino afferma che “la Chiesa dei poveri” è il luogo ecclesiale per interpretare Cristo e per configurare “fondamentalmente” la cristologia. Si risponde: la Chiesa deve certo prestare attenzione e amore, in senso privilegiato, ma non esclusivo, ai poveri; però il luogo teologico fondamentale per la conoscenza della dottrina della Chiesa è la fede apostolica secondo la Vivente Tradizione della Chiesa. Padre Sobrino sostiene che le formule dogmatiche dei Concili sono “limitate e pericolose”. Si nota: esse sono limitate quanto al loro contenuto; non dicono tutto, né possono dirlo. Però, per il carisma del Magistero ecclesiastico, esprimono realmente verità cristiane e non sono “pericolose” ai fini della reale conoscenza ecclesiale della Parola. Si osserva che i “difetti” metodologici nei due scritti di padre Sobrino sono all’origine di alcuni suoi errori su Cristo.

    D. - Dal punto di vista contenutistico, quali sono, secondo la Notificazione, gli errori circa la divinità di Gesù Cristo e la Incarnazione del Figlio di Dio?

    R. - Primo: contrariamente alla dottrina cattolica, padre Sobrino scrive che nel Nuovo Testamento la divinità di Gesù Cristo è presente solo “in germe”; non ritiene con la “dovuta chiarezza” che in passi dello stesso Nuovo Testamento è affermata la divinità di Gesù in senso stretto e che, perciò, lo sviluppo dogmatico è in una chiara continuità con il Nuovo Testamento. Quanto all’Incarnazione del Figlio di Dio, padre Sobrino “stabilisce una distinzione fra il Figlio e Gesù, che suggerisce al lettore la presenza di due soggetti /due individui/ in Cristo: il Figlio assume la realtà di Gesù; il Figlio sperimenta l’umanità, la vita, il destino e la morte di Gesù. Non risulta con chiarezza che il Figlio è Gesù e Gesù è il Figlio”. Secondo: contrariamente alla errata nota teologia dell’ “homo assumptus” in cui l’Autore appare collocarsi, la Fede cattolica afferma l’unità della persona di Gesù in due nature, quella divina e quella umana (Concili di Efeso e soprattutto di Calcedonia). Gesù di Nazaret è vero perfetto Dio e vero perfetto uomo. L’unità della persona di Cristo “in due nature” fonda in Gesù la cosiddetta comunicatio idiomatum, ossia “la possibilità di riferire le proprietà della divinità all’umanità e viceversa”. Solo sulla base di questa possibilità, Maria è “genitrice di Dio”, Madre di Dio (Concilio di Efeso).

    D. - Quali sono, secondo la Notificazione della Congregazione per la Dottrina della Fede, gli errori che seguono dalla precedente visione cristologica errata di padre Sobrino?

    R. - Nella Notificazione, se ne evidenziano tre: la relazione di Gesù con il Regno di Dio, la autocoscienza di Gesù e il valore salvifico della sua morte. Primo: padre Sobrino “afferma certamente l’esistenza di una relazione speciale fra Gesù Cristo (mediador) ed il Regno di Dio (mediación), in quanto Gesù è il mediatore definitivo, ultimo ed escatologico del Regno”. Però “Gesù e il Regno vengono distinti in modo tale che il vincolo fra essi risulta privato del suo contenuto peculiare e della sua peculiarità”. Nota la Congregazione: in un certo modo il Regno di Dio si identifica con Gesù; esso infatti è presente e si compie in Lui. Inoltre, data la divinità di Cristo, la sua mediazione salvifica è singolare, unica, cioè a Lui solo propria, e assoluta e universale. (Dichiarazione Dominus Jesus). Secondo: padre Sobrino afferma che Gesù di Nazaret è un “credente come ognuno di noi”. Si osserva: ciò non salva la particolare relazione filiale di Gesù con il Padre; essendo Gesù Figlio di Dio fatto uomo, Egli ha, fin dal primo istante della sua esistenza, una visione diretta e immediata del Padre, una visione beatifica. Terzo: padre Sobrino della morte di Cristo enfatizza il valore di esemplarità e non ne afferma sufficientemente, chiaramente il valore di efficacia salvifica. Ora, si rileva nella Notificazione, la morte di Gesù di Nazaret ha certo un valore esemplare, ma non solo esemplare; essendo Dio fatto uomo ha pure un singolare, particolare valore salvifico: è causa di salvezza per tutti gli uomini. Gesù, lo ripetiamo, è vero Dio e vero uomo.
    *********

    Sulla vicenda ascoltiamo la riflessione del nostro direttore generale padre Federico Lombardi:

    **********

    Per comprendere il significato della Notificazione della Congregazione della Fede su alcune opere del Padre Jon Sobrino, penso che sia opportuno ricordare l’importanza della giusta comprensione della natura e dell’opera di Gesù Cristo come cuore stesso della fede cristiana.

    Gesù Cristo è per la Chiesa il “mediatore” fra Dio e l’uomo, è il “pontefice”, cioè il costruttore del ponte che permette agli uomini di rientrare in rapporto di amicizia e unione con Dio, superando la distanza, la impossibilità di comunicazione provocata da una intera storia di peccati.

    Per essere mediatore e ponte, Gesù Cristo deve poggiare saldamente sia sul versante dell’umanità, sia su quello della divinità. Se no, il passaggio da un versante all’altro è interrotto, o perlomeno insicuro. Fin dai primi secoli del cristianesimo questa necessità del ponte è stata affermata con forza e difesa con decisione nei confronti di numerose teorie che di fatto negavano o l’uno o l’altro pilastro fondamentale del ponte stesso: o l’umanità, o viceversa la divinità. Negando l’uno o l’altro aspetto si mette in questione in realtà la stessa salvezza dell’uomo, poiché viene a mancare la via concreta, reale, attraverso cui l’uomo può comunicare con Dio.

    La riflessione teologica su Gesù Cristo ha quindi sempre dovuto tenere in conto i due aspetti, ambedue essenziali, anche se i differenti contesti storici e culturali hanno influito dando toni e accentuazioni caratteristiche alle diverse correnti teologiche o spirituali.

    Spesso il contesto della esperienza cristiana porta a insistere sulla solidarietà fra Gesù e gli uomini, sulla sua partecipazione alle vicende umane: le sue controversie, la sua passione, la sua morte violenta sono cruciali per l’annuncio e per l’accoglienza del Vangelo da parte dei poveri, di chi soffre per la fede e la giustizia.

    Chi vive la sua fede partecipando alle esperienze più drammatiche del popolo, coltiva naturalmente una sintonia spirituale profonda con l’umanità di Cristo, e – se teologo – è portato ad approfondire una “cristologia dal basso”, che fonda in profondità il pilastro del ponte che sta sul versante dell’umanità. E’ certo questa la situazione del P. Sobrino, nel solco caratteristico della teologia latinoamericana, così attenta al contesto del cammino di liberazione umana e spirituale dei popoli del continente. Non dimentichiamo che il P. Sobrino è stato membro di quella équipe dell’Università Centro Americana di San Salvador, sei membri della quale furono barbaramente assassinati nel 1989 proprio per il loro impegno culturale in solidarietà con il popolo salvadoregno.
    Allo stesso tempo, la insistenza sulla solidarietà fra Cristo e l’uomo non deve essere portata al punto da lasciare in ombra o sottovalutare la dimensione che unisce Cristo a Dio. Perché se Cristo non è allo stesso tempo uomo e Dio il ponte manca del suo secondo appoggio e la realtà della nostra comunicazione con Dio viene messa radicalmente in questione.

    Questo è il problema su cui si sviluppa l’argomentazione della “Notificazione”, che manifesta rispetto per l’opera di Sobrino e le sue intenzioni, ma ritiene di non potersi esimere dal mettere in rilievo che in alcune sue opere certe affermazioni su alcuni argomenti cruciali – come la divinità di Cristo, la Incarnazione del Figlio di Dio, l’autocoscienza di Gesù Cristo e il valore salvifico della sua morte – mettono in questione punti veramente fondamentali della fede permanente della Chiesa.

    In altre parole, mettono in questione l’integrità e la stabilità del ponte che permette la comunicazione fra gli uomini e Dio, anche quella dei poveri di tutti i tempi.

    *********

    fonte: Radio Vaticana

  4. #4
    Tommaso
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    Dovrei rispolverare le nozioni di eresie dei primi secoli, ma la posizione di Sobrino mi sembra molto affine all'Adozionismo, con un pizzico di Arianesimo. Qualunque sia la sua definizione, trovo le sue affermazioni molto gravi e incompatibili con gran parte delle confessioni cristiane!

  5. #5
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    Citazione Originariamente Scritto da LDCaterina63 Visualizza Messaggio
    ....e ahimè......alcuni gruppi di cattolici progressisti si stanno schierando in sua difesa sostenendo che "Il Papa deve finirla di CHIUDERE le porte allo Spirito Santo" e che "la CHIESA DEI POVERI TRIONFERA' SU QUELLA FARZOSA DEL VATICANO"........



    no comment!
    Evidentemente per certi gruppi progressisti citare la frase "Lo Spirito soffia dove vuole" ha una sola valenza: soffia dove stiamo noi, ma è impossibile soffi dove state voi...come facciano a dire "noi siamo illuminati dallo Spirito", poi, non riesco bene a comprenderlo.

  6. #6
    Tommaso
    visitatore
    Citazione Originariamente Scritto da LDCaterina63 Visualizza Messaggio
    ....e ahimè......alcuni gruppi di cattolici progressisti si stanno schierando in sua difesa
    E chi sono questi simpaticoni?

  7. #7
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    ma sì, saranno i soliti di adista, "noi siamo chiesa" e altri fanfaroni del genere. Non meritano alcuna considerazione.

  8. #8
    Vecchia guardia di CR
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    Domanda del novizio .

    Non ho letto tutti i documenti da voi riportati, e non so quali affermazioni non sona state gradite , però solo per curiosità non è che tali affermazioni ,portano in luce la Questione Paolina ?

  9. #9
    Vecchia guardia di CR
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    NOTIFICAZIONE SULLE OPERE DEL P. JON SOBRINO, S.I.: "JESUCRISTO LIBERADOR. LECTURA HISTÓRICO-TEOLÓGICA DE JESÚS DE NAZARET (MADRID, 1991) E "LA FE EN JESUCRISTO. ENSAYO DESDE LAS VÍCTIMAS" (SAN SALVADOR, 1999)

    Per due opere definite "contrarie alla dottrina cattolica"
    Dal Vaticano altolà al teologo Sobrino
    Il gesuita salvadoregno è uno dei padri della teologia della liberazione. Troppo valorizzato l'aspetto storico di Gesù


    NOTA ESPLICATIVA ALLA NOTIFICAZIONE SULLE OPERE DI P. JON SOBRINO, S.I.


    Notificazione della Congregazione per la Dottrina della Fede su alcune affermazioni erronee del padre gesuita Jon Sobrino
    A proposito delle opere del teologo Jon Sobrino

    Più che la verità di Cristo interessa la spinta alla liberazione



    Di solito leggo i titoli per cogliere l’ atmosfera e mi aveva colpito il secondo titolo di pagina 1.
    Per gli storici che studiano il fenomeno del cristianesimo, esiste la questione Paolina , l’ associazione è stata immediata e così la domanda.

  10. #10
    Vecchia guardia di CR
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    Alcuni studiosi , sostengono che il Cristianesimo , è potuto diffondersi e svilupparsi, e sopratutto soppravivere alla oppressione dei romana ( che nei territori occupati non avevano la mano leggera) grazie alla intuizione di San Paolo , che produsse una dicotomia ponendo l' accento sullo aspetti spirituale e metafisico , dell' Insegnamento di Gesù , separandolo dagli aspetti legati alla quotidianità sociale che riguardavano più strettamente la difesa dell' osservanza stretta di tale insegnamento nel contesto della società giudaica del tempo, verso la quale l' Insegnamento si pone come novità, " rivoluzionaria " tipica di ogni cambiamento epocale.

    Poichè certe espressioni mi producono difficoltà nell' analisi logica, e questo dovuto alla ristretta esperienza di una terminologia raffinata e colta, spesso lontana dall' uomo della strada, quale io sono, esempio: << Teologia della liberazione >>.

    Per il significato stretto di Teologia quale scienza che ha come oggetto di studio la natura di Dio e delle cose divine, definizione che da sempre ho considerato,e che mi segnala come incongruente una etichetta così formulata ( teologia della liberazione ) in riferimento alle riflessioni che casualmente ho incontrato in lingua originale, prodotto di Leonardo Boff , se non storpio il nome.

    Ho letto il contenuto di tutti i post , ci ho dormito sopra , tornerò a leggerli per cercare di comprendere la motivazione che ha determinato la " Notificazione " termine del quale mi sfugge la esatta valenza tecnica nell' ambito delle organizzazioni religiose.

    Il fine ultimo è di comprendere scientificamente come stanno le cose .

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