
Originariamente Scritto da
minusculus
Caro Fidei Depositum, il tuo post è senz'altro molto articolato, circostanziato e istruttivo, come sempre del resto.
Però, se citi il mio e quello di Lisandro, potrebbe sembrare una sorta di risposta a qualcosa scritta da noi o in particolare da me.
E questo non è vero però.
Mi chiedo se hai letto il mio o se ti sei limitato a citarlo presupponendo qualcosa che in realtà non c'è scritto.
Io non ho affatto parlato di soggettività del peccato.
Soprattutto il paragone tra Freud e Mosè, mi sembra un'attribuzione più derisoria e polemica che reale, non credi?
Freud si occupava di psichiatria e non di Etica e ha realizzato un metodo di indagine che ha permesso di scoprire e, in misura minore, di curare, molte sofferenze che la mente dell'uomo patisce, ma che, non essendo localizzabili anatomicamente e materialmente spesso non venivano neppure prese in considerazione tranne che per i loro effetti devastanti, quando si evidenziavano.
Qualcuno lo ha definito un ossessionato dal sesso, come se fosse lui e non la società vittoriana del suo tempo ad esserlo; sarebbe come accusare un diabetologo d'essere ossessionato dalla glicemia...
Caro Fidei, io ho parlato di latenza e di rimozione, quindi di un'omosessualità che vive e condiziona la persona, ma in modo sotterraneo rispetto alla coscienza.
Non si tratta di tolleranza o di condanna o di situazioni soggettive o di male oggettivo.
Si tratta del fatto che la coscienza non può prendere atto e consapevolezza di questa situazione, perchè troppo in contrasto con la propria idea di bene e di male, legata a questa condizione.
Non è l'omosessuale e la sua relazione con il suo problema, l'oggetto del mio post, ma colui che non "riesce ad esserlo", pena un'angoscia che lo schianterebbe.
Questa persona, trascorrerà la sua esistenza costruendosi una personalità volta tutta a celare il proprio essere reale a quel se stesso che non potrebbe accettarlo.
Magari diventerà uno dei persecutor più agguerriti dei gay, non lo so, talvolta capita così.
In sintesi, il giudice che è dentro di noi, non in un confessionale o in un forum o in un dibattito, ma celato nelle profondità (fino a qualche anno, anzi secolo fa, insospettate), emetterebbe una condanna così totale, che per nulla al mondo si rischierebbe il suo tribunale.
Da questa tragica realtà, si esce solo con una presa di coscienza che è proprio quella che certe esecrazioni sociali e giudizi morali, impediscono di attuare.
Preciso nuovamente: sto parlando di "latenza" e "rimozione".
Due concetti che non trovo presenti nel tuo post, ma che erano e sono l'oggetto del mio.