RICORDO
Don Bussa, protettore dei piccoli dagli orrori della guerra
Durante il secondo conflitto mondiale il sacerdote ambrosiano fece sfollare da Milano oltre un centinaio di bambini, tra i quali molti ebrei: per questo lo Stato d’Israele lo riconobbe tra i Giusti. A 45 anni dalla morte, il 28 gennaio Messa con l’Arcivescovo nella sua parrocchia del Sacro Volto
«Quando uomini così grandi ci passano accanto non possiamo più vivere come se ciò non fosse accaduto: essi sono un dono e un richiamo all’imitazione e al dono di noi stessi per il bene dei fratelli». A scrivere queste parole su don Eugenio Bussa fu il cardinale Carlo Maria Martini, nell’aprile del 1981, quando le spoglie di questo generoso sacerdote ambrosiano, ordinato nel 1928, vennero traslate in quella che, fin dalla consacrazione nel 1936, era stata la “sua” chiesa: la parrocchia del Sacro Volto nel cuore del quartiere Isola, dove era nato il 3 settembre 1904, “povero tra i poveri” e dove morì improvvisamente il 29 gennaio 1977. Un quartiere – l’Isola – metafora di come e quanto sia mutata Milano: all’inizio del secolo scorso popolare e popoloso, oggi zona cult della movida, affacciato sullo skyline di Porta Nuova-Garibaldi: panorama un po’ avveniristico che si ammira al meglio dal cavalcavia nel 1996 intitolato proprio a don Bussa.
Ribelle per amore
Per raccontarne la figura si potrebbe continuare con i tanti attestati di benemerenza, come quello conferito dal Comune di Milano, il Premio Isimbardi della Provincia e il riconoscimento di Regione Lombardia; con la testimonianza di chi, ancora oggi, ricorda don Eugenio perché magari è stato uno delle migliaia di ragazzi passati per l’oratorio e il Patronato Sant’Antonio, di cui lui fu presidente dal 1937 al 1977; con l’Associazione dei suoi ex-allievi; con la concessione alla memoria della “Medaglia dei Giusti” nel 1990 da parte dello Stato d’Israele, e l’albero a lui dedicato nel viale dei Giusti di Yad Vashem. Sì, perché don Bussa riuscì a proteggere non solo i bimbi della parrocchia, ma anche tanti piccoli che avevano come unica colpa quella di essere nati ebrei. In questo senso fu anche lui uno dei preti ambrosiani «ribelli per amore», seppure il suo nome non compaia nel famoso volume di don Giovanni Barbareschi dedicato ai sacerdoti che si opposero al nazifascismo.
La Colonia di Serina
Peraltro anche don Bussa, come tanti di quei “ribelli”, fu imprigionato a San Vittore nel novembre 1944, dopo la chiusura da parte dell’autorità repubblichine della sospetta e invisa “Colonia di Serina”. Dopo il tremendo bombardamento a tappeto nella notte del 14 febbraio 1943, infatti, il parroco del Sacro Volto decise di far sfollare, nel corso di diversi mesi, 140 bambini a Serina, in Val Brembana, alloggiandoli in un ex convento messo a disposizione grazie all’aiuto del cardinale Schuster e del vescovo di Bergamo, monsignor Bernareggi. Tra loro, nascosti tra i coetanei, alcuni bimbi ebrei (è facile pensare che fossero stati segnalati a don Bussa da famiglie cattoliche amiche, o magari dallo stesso Arcivescovo di Milano). Nessuno – si legge in alcune memorie – sapeva da dove venissero e perché, per espresso volere del parroco, non partecipassero alla Messa o alla preghiera quotidiana. Nessuno comunque osò fare domande, alle quali, peraltro, certamente don Eugenio non avrebbe risposto, così come non disse nulla nemmeno nel dopoguerra.
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(Dal sito dell’Arcidiocesi di Milano, fonte; di Annamaria BRACCINI; PUBBLICATO DOMENICA 23 GENNAIO 2022).