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Discussione: Cronache dell’Arcidiocesi Metropolitana di Milano

  1. #31
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    MILANO
    Visita pastorale a Milano. «Un pellegrinaggio alla ricerca dei segni del Regno tra noi»

    Nella basilica di sant’Ambrogio si è svolta la celebrazione di apertura della Visita pastorale dell’Arcivescovo alla città di Milano. «Cerco quello che abbiamo perduto e quello che sta preparando il futuro della città, cerco quelli che si fanno avanti perché la missione continui»


    «Così voglio visitare la città: le parrocchie e le istituzioni, le organizzazioni di carità, le iniziative educative, i luoghi di preghiera e della cultura, le attività produttive e gli ambienti della sofferenza. Cerco Dio, cerco i segni del Regno, cerco quello che abbiamo perduto e quello che sta preparando il futuro della città, cerco quelli che si fanno avanti perché la missione continui».

    A dirlo è l’Arcivescovo, definendo lo spirito con cui intende vivere la Visita pastorale alla città di Milano che, dopo tanti mesi di rinvio a causa della pandemia, prenderà inizio il 13 gennaio da Affori, il primo dei 12 decanati in cui si svolgerà. Nella basilica di sant’Ambrogio, nel nome del santo Patrono, si celebra, con una liturgia della Parola, tale apertura con i decani, i membri dei Gruppi Barnaba, i rappresentanti delle parrocchie. A spiegare il senso di questo ritrovarsi beneaugurante è monsignor Carlo Azzimonti, vicario Episcopale della Zona pastorale I, appunto, Milano.

    Il saluto del Vicario episcopale per la città

    «Siamo qui convocati dallo Spirito santo per metterci in ascolto della Parola e per pregare per tutti gli abitanti del nostra Milano, anche per coloro che non vediamo nelle nostre celebrazioni, ma che, come persone pensose, si interrogano sul perché e per chi vivere, sul desiderio di solidarietà e di giustizia. In un tempo ancora così difficile e complicato, siamo certi che la Visita potrà essere un’occasione di grazia che ci sosterrà anche nelle nostre paure, incertezze e individualismi con la gioia del Vangelo e ci aiuterà a sollevare lo sguardo verso l’alto», conclude il Vicario, prima della liturgia della Parola con le letture degli Atti al capitolo 11 – l’invio di Barnaba ad Antiochia – e del Vangelo di Luca 15, 8-9, la parabola della donna che perse e ritrovò la dracma.

    L’omelia

    «Sono qui a pregare con voi e a chiedere collaborazione, ma come prima parola desidero ringraziare. Passando di parrocchia in parrocchia, di territorio in territorio, interpreto la Visita come un pellegrinaggio, cercando l’incontro con i segni di Dio che sono in mezzo a noi e vorrei essere benedizione», sottolinea subito il vescovo Mario.

    «In questo tempo particolarmente complicato per la pandemia, in questa città, in questi territori, il Regno di Dio è vicino. Vengo come un pellegrino – il programma per alcuni decanati e già definito e per altri, magari imparando via via, si preciserà -, e voglio visitare in primo luogo i preti, i confratelli che portano con me la responsabilità del missione e i diaconi, i componenti dei Gruppo Barnaba. Vorrei non soltanto vedere cose o partecipare a riunioni, ma stare con le persone in dialogo e ascolto reciproco. Non ho nuove direttive da indicare, ma sono come un mendicante che chiede aiuto perché la missione che mi è stata affidata possa continuare. Vorrei essere come uno che non disturba troppo: un povero che ha bisogno di sentire il frutto che, nelle comunità, ha portato la parola di Dio. E vengo come la donna della parabola che cerca la moneta perduta», prosegue l’Arcivescovo in riferimento al Vangelo appena proclamato: l’icona biblica scelta per la Visita.

    […].



    (Dal sito dell’Arcidiocesi di Milano, fonte; di Marta VALAGUSSA; PUBBLICATO VENERDÌ 7 GENNAIO 2022).



    «Chi ha conservato la fede in Dio non ha perduto niente,
    quand’anche avesse perduto il resto del mondo» (Axel Oxenstierna).




  2. #32
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    VISITA PASTORALE
    «Affori, la sfida di cercare la fede nei luoghi del quotidiano»

    Il decano don Tommaso Castiglioni presenta il territorio che dal 13 gennaio accoglie l’Arcivescovo: «Il tempo della pandemia ha risvegliato forze e carismi che si erano un po’ assopiti: le nostre parrocchie hanno risposto con generosità creativa e intraprendente»


    Con la serata con i giovani del 13 gennaio l’Arcivescovo inizia la Visita pastorale nel Decanato di Affori, il primo toccato nella città di Milano. «Guardando la piantina di Milano, il nostro Decanato occupa lo spicchio che da piazzale Maciacchini va verso nord, ai confini con Bresso e Cormano – spiega don Tommaso Castiglioni, parroco all’Annunciazione e Decano di Affori -. Fino a un secolo fa, parte di questo territorio non apparteneva al Comune di Milano. Ciò spiega perché dal punto di vista urbano il territorio non sia unitario: ciascun quartiere (Affori, Bovisa, Bruzzano, Comasina, Dergano) ha una sua vita e originalità. È attraversato dalla linea gialla della Metropolitana, che ha migliorato la comunicazione con il centro città e reso molto più appetibili gli affitti delle case. In tutte le parrocchie è forte la presenza di cittadini di origine straniera e in alcuni casi sono forti le problematiche economiche delle famiglie. Alcuni partecipano anche alla vita delle parrocchie, espressione in questo senso della “Chiesa dalle genti”. Negli ultimi anni la sede del Politecnico presso il quartiere Bovisa è andata ingrandendosi e ha acquistato sempre più importanza. Attrae moltissimi studenti da tutta Italia (e non solo): una provocazione interessante per la nostra Chiesa.

    Come è organizzata la vita pastorale?
    Nel Decanato abitano circa 90 mila persone e sono presenti 8 parrocchie. Di esse tre sono storiche (Beata Maria Vergine Assunta in Bruzzano, San Nicola in Dergano e Santa Giustina ad Affori), le altre sono state fondate nel Novecento (nel 1913 Santa Maria del Buon Consiglio alla Bovisa, le rimanenti dalla fine degli anni Cinquanta). Di queste, le due del quartiere della Bovisa sono unite in Comunità pastorale dal 2014. I sacerdoti che vivono e operano in decanato sono 17. Al cimitero di Bruzzano il cappellano è un diacono permanente. Collaborano con la pastorale ordinaria tre Ausiliarie diocesane. Nel territorio del decanato sorge anche il Santuario della Madonna di Fatima, retto dai Comboniani, importante riferimento per le confessioni.”

    Quali i problemi che vive il territorio?
    Difficile dar loro un nome. Le dimensioni delle parrocchie rendono molto intenso il lavoro “interno” a scapito di iniziative comuni, che sono diminuite nel tempo. Il nostro Decanato non è stato “associato” ad altri: resta una realtà tutto sommato ristretta. Ciò favorisce i rapporti personali tra i sacerdoti, ma forse ostacola il reperimento di forze per iniziative sovraparrocchiali.

    […].


    (Dal sito dell’Arcidiocesi di Milano, fonte; di Cristina CONTI; PUBBLICATO DOMENICA 9 GENNAIO 2022).



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  3. #33
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    AFFORI
    «L’Arca di Noè» di fratel Ettore

    Tra le realtà che l’Arcivescovo incontrerà durante la Visita pastorale al Decanato c’è il Villaggio della Misericordia, dove il religioso accoglieva poveri, malati di Aids, immigrati e senza dimora e dove ora i suoi eredi si prendono cura anche di altre marginalità


    Gli ospiti del Villaggio della Misericordia attendono l’Arcivescovo sabato 22 gennaio alle 14.30. La struttura di 90 posti letto, gestita da sorella Laura, fa parte dell’Opera Fratel Ettore, che il fondatore aveva ricevuto in comodato dalla Provincia di Milano nel 1989-90 come azienda agricola.

    Ospiti dall’Est

    «Era la Cascina dei prati – spiega la responsabile -, esisteva già prima dell’ospedale psichiatrico Paolo Pini che, quando è sorto, lo ha inglobato nelle sue proprietà». Dopo la legge Basaglia del 1980 e la chiusura dei manicomi l’immobile è caduto in disuso e fratel Ettore lo ha rilevato sistemandolo per accogliere i primi ospiti. «Aveva iniziato con i malati di Aids e i poveri, che sono i nostri ospiti abituali – dice sorella Laura -, ma quando c’è stata la caduta del Muro di Berlino nel 1989, fratel Ettore ha accolto anche le donne che negli anni successivi arrivavano dall’Est, fino a riempire il dormitorio con 180 persone».

    Una presenza molto variegata tra stranieri, immigrati, sieropositivi e malati anche di altre patologie pur di rispondere alle varie esigenze. Non a caso in alcuni video degli anni Novanta fratel Ettore definiva questo luogo «l’arca di Noè». Da allora il Villaggio della misericordia, come tutte le case dell’Opera, ospita anche una piccola comunità residenziale di persone senza fissa dimora che «aiutano all’interno e sono il cuore pregante delle nostre attività», assicura la responsabile.

    […].


    (Dal sito dell’Arcidiocesi di Milano, fonte; di Luisa BOVE; PUBBLICATO DOMENICA 9 GENNAIO 2022).



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  4. #34
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    PERCORSI
    «Così i Gruppi Acor aiutano le persone a ritrovare il senso di Chiesa»

    L’assistente diocesano don Gianluigi Frova illustra la natura e gli obiettivi degli organismi che sostengono chi vive separazioni, divorzi e nuove unioni. I coniugi Alessandra Doneda e Giulio Gaetani presentano la Due giorni di Eupilio del 15 e 16 gennaio


    «Un percorso di preghiera e di incontro, frutto remoto dell’esperienza del cardinale Martini, della lettera del cardinal Tettamanzi Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito e della decisione del cardinale Scola di rilanciarli e sostenerli». Sono i Gruppi Acor, attivi da alcuni anni, come racconta don Gianluigi Frova, prevosto di Rho, che ne è l’assistente diocesano.

    Come si concretizza l’impegno dei Gruppi?
    Offriamo la possibilità di incontri di preghiera per coloro che vivono situazioni di separazione, di divorzio e nuova unione, sentendosi, talvolta, emarginati dalla Chiesa e quasi lontani da Dio. Sono incontri che aiutano queste persone a ritrovare il senso di Chiesa e, spesso, anche la fede. Il percorso, triennale, viene accompagnato da alcuni animatori. Parallelamente a questo, negli ultimi anni è nato un itinerario per elaborare le tensioni che, inevitabilmente, ogni separazione porta con sé. Inoltre sono sorte anche altre esperienze, finalizzate a comprendere che anche chi vive questa condizione può avere una fede viva, riconoscendo il volto benevolo di Dio.

    Con quale spirito si vive questa vicinanza?
    È un cammino splendido non solo per chi lo vive in prima persona, perché aiuta tutti a comprendere cosa significa il volto misericordioso e accogliente di Dio e, di conseguenza, della Chiesa che, in questo contesto, deve fare ancora passi avanti, per diventare maggiormente accogliente, nella linea indicata da Amoris laetitia, nella quale il Papa raccomanda un discernimento che può portare anche alla possibilità di accedere ai Sacramenti. Si tratta di un itinerario esemplare, perché coloro che, con troppa facilità, si accostano a Dio, ai Sacramenti, alla preghiera, non hanno che da imparare dalla sensibilità e dal desiderio espressi dalle persone che hanno il cuore ferito. È qualcosa di utile per loro e di pedagogico per tutta la Chiesa. Non a caso, la Due giorni in programma il 15 e 16 gennaio a Eupilio sarà dedicata all’ascolto dell’altro.

    I coniugi Alessandra Doneda e Giulio Gaetani, coordinatori dei referenti Acor di tutte le Zone pastorali spiegano come si articolerà il convegno: «Il primo giorno don Davide Caldirola proporrà una riflessione sulla figura biblica di Eli, diventa capace di aiutare Samuele a crescere come profeta dopo un’esperienza di fallimento. Domenica 16, invece, guiderà la riflessione un formatore alla mediazione familiare, che ci aiuterà a capire come ascoltare. Abbiamo scelto il tema dell’ascolto perché, in queste situazioni, è difficile ascoltarsi, in quanto spesso l’altro viene identificato con la persona che ha causato dolore, essendosi preso la responsabilità di esplicitare, per primo o prima, la rottura matrimoniale».

    […].


    (Dal sito dell’Arcidiocesi di Milano, fonte; PUBBLICATO DOMENICA 9 GENNAIO 2022).



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  5. #35
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    RAGAZZI
    Carate Brianza, la sfida di educare «con gentilezza»

    Venerdì 14 gennaio, al CineTeatro L’Agorà e in streaming, serata con l'Arcivescovo promossa da Le Ali, servizio decanale di counselling psicologico per gli adolescenti e i loro genitori. Raffaele Crippa ne illustra l'attività


    “La gentilezza dell’educare” è il titolo del convegno in programma venerdì 14 gennaio, alle 21, presso il CineTeatro L’Agorà di Carate Brianza, a cui sarà presente anche l’Arcivescovo. L’appuntamento è promosso dal servizio Le Ali del Decanato di Carate Brianza, una realtà che da tre anni accompagna ragazzi e adolescenti, con i loro genitori, attraverso percorsi di counselling psicologico, educativi e formativi.

    «Per noi la presenza di monsignor Delpini è segno della provvidenza – spiega Raffaele Crippa, tra i promotori e gli organizzatori del progetto Le Ali -. Mi ha fatto molto riflettere il suo ultimo Discorso di Sant’Ambrogio: in particolare un passaggio sottolineava il suo disagio di fronte a così tanti casi di ragazzi in difficoltà a causa della pandemia e alla fatica di tutta la comunità educante, che non riesce a dare risposte efficaci e adeguate».

    Ma in realtà voi fate qualcosa…
    Esatto. Abbiamo scritto una lettera al Vescovo, invitandolo a conoscere la nostra piccola realtà che – insieme a tante altre, ne siamo sicuri – opera ogni giorno per il bene dei più piccoli… Poco dopo abbiamo ricevuto la sua risposta e la conferma della sua presenza al nostro abituale convegno.

    Ogni anno, nel mese di gennaio, durante la Settimana per l’educazione, svolgete un convegno di restituzione alla Comunità educante locale. Nel 2019 era presente don Antonio Mazzi, nel 2020 don Claudio Burgio e lo scorso anno il professor Alberto Pellai…
    Quest’anno il nostro ospite d’onore sarà proprio l’Arcivescovo, a cui chiederemo orizzonti e linee guida. Sono invitati tutti i protagonisti della Comunità educante: genitori, allenatori, docenti, catechisti, operatori socio-educativi, operatori Caritas, professionisti che nella loro giornata si trovano a relazionarsi con ragazzi e adolescenti.

    Quali sono i punti salienti che condividerete in occasione del convegno?
    Restituiremo dati e numeri, illustrando la fenomenologia del territorio. Abbiamo decisamente incrementato l’utenza. Nel 2020 abbiamo intercettato 38 famiglie, mentre nel 2021 ne abbiamo avute in carico 60. I nostri operatori racconteranno alcuni casi, con l’obiettivo di individuare le tipologie di situazioni, che potrebbero essere a noi molto vicine.

    Nel 2022 vi aspettano anche tantissime novità…
    Sì, le illustreremo con precisione la sera del 14 gennaio, ma siamo ormai pronti per coinvolgere in maniera attiva altre realtà territoriali che ci hanno contattato per lavorare in rete con noi.

    […].


    (Dal sito dell’Arcidiocesi di Milano, fonte; di Marta VALAGUSSA; PUBBLICATO DOMENICA 9 GENNAIO 2022).



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  6. #36
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    RIFLESSIONE
    La musica sacra “è” liturgia

    Nel dibattito animato dalla lettera dell’Arcivescovo interviene la salesiana suor Elena Massimi, docente ed esperta


    Sono rimasta piacevolmente sorpresa di come la lettera «Cantate, cantate al Signore!» dell’arcivescovo Delpini abbia suscitato un iniziale dibattito proprio sulla vexata quaestio della musica per la liturgia (qui la riflessione di Guido Meregalli). Tutto ciò è segno della consapevolezza del valore e dell’importanza della musica nel celebrare cristiano per la partecipazione attiva dei fedeli. Desidero a tale proposito offrire ulteriori riflessioni, per mettere ancor più in luce la profondità e la complessità della questione, che non può risolversi semplicemente con l’uso di alcuni canti o strumenti al posto di altri.

    Cosa dice il Concilio

    Innanzitutto, è opportuno richiamare il dettato conciliare (ripreso anche dai Vescovi italiani nella Presentazione alla terza edizione italiana del Messale Romano, n. 3) sulla musica liturgica: «Il canto sacro, unito alle parole, è parte necessaria ed integrante della liturgia solenne […] Perciò la musica sacra sarà tanto più santa quanto più strettamente sarà unita all’azione liturgica» (SC 112).

    La musica non è, quindi, una aggiunta alla liturgia semplicemente per renderla più festosa, gioiosa, per coinvolgere i fedeli, per risolvere il problema della eventuale “noia” causata dalla ripetitività rituale. Se la musica è parte integrante della liturgia, significa che essa stessa è liturgia, che non è qualcosa di esterno che si aggiunge al rito, ma che contribuisce alla realizzazione/manifestazione del Mistero della salvezza. La domanda che dovremmo porci è perché, a quasi 60 anni dal Concilio, consideriamo ancora la musica come qualche cosa di esterno alla liturgia, di accessorio, e quindi “meritevole” di poca attenzione.

    Un’armonia fondamentale

    Il Concilio mette in luce come la santità della musica dipenda dalla relazione con l’azione liturgica, cioè i canti, le melodie, ogni intervento cantato deve divenire un elemento integrante e autentico della celebrazione. Infatti, è di fondamentale importanza l’armonia tra i diversi linguaggi liturgici: musica, parola, gesto dovrebbero sostenersi a vicenda, suscitando i medesimi pensieri, sentimenti. La musica deve aderire ai testi, essere in consonanza con il tempo e il momento liturgico, corrispondere ai gesti liturgici. «I vari momenti liturgici esigono, infatti, una propria espressione musicale, atta di volta in volta a far emergere la natura propria di un determinato rito, ora proclamando le meraviglie di Dio, ora manifestando sentimenti di lode, di supplica o anche di mestizia per l’esperienza dell’umano dolore, un’esperienza tuttavia che la fede apre alla prospettiva della speranza cristiana». (Giovanni Paolo II, Chirografo per il centenario del Motu proprio “Tra le sollecitudini” sulla musica sacra (22 novembre 2003, n. 5).

    Favorire e non allontanare

    Per questo motivo bisogna anche guardarsi da quei canti eccessivamente “invadenti”, carichi a livello emotivo, che invece di favorire la preghiera, allontanano dal senso del gesto a cui corrispondono.

    A tale proposito è di fondamentale importanza considerare come la musica porti con sé i contesti in cui viene ascoltata; le melodie utilizzate nella liturgia e soprattutto il modo con cui vengono suonate e cantate, non devono richiamare esperienze lontane dall’orizzonte liturgico. Cosa vive un giovane quando nella preghiera si utilizzano melodie e modalità esecutive molto simili a quelle di cantautori contemporanei, alla musica utilizzata in altri contesti? I canti e la musica nella liturgia, relativamente ai testi, alle melodie, alla modalità esecutiva (è molto diverso suonare la chitarra arpeggiando dal suonare “zappando” con forza sulle corde) devono mantenere una “differenza” rispetto all’utilizzo della musica in altri contesti (questo non significa che non debbano intercettare la sensibilità culturale ed ecclesiale dei fedeli). Pensiamo al modo di cantare il salmo responsoriale: la voce non deve essere impostata come nella lirica, deve essere modulata in modo da servire la Parola, per favorire la meditazione dei fedeli e non per mostrare le doti del salmista.

    […].


    (Dal sito dell’Arcidiocesi di Milano, fonte; di Elena MASSIMI, FMA; PUBBLICATO LUNEDÌ 10 GENNAIO 2022.
    Citazioni: © Libreria Editrice Vaticana).



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  7. #37
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    COVID
    Cei: per le Messe raccomandata la mascherina FFP2

    Non è richiesto il Green pass, ma si continua a osservare quanto previsto dal Protocollo del 2020: lo si legge in una lettera ai vescovi italiani che richiama le ultime norme introdotte


    Per le celebrazioni liturgiche «non è richiesto il Green Pass, ma si continua a osservare quanto previsto dal Protocollo Cei-Governo del 7 maggio 2020, integrato con le successive indicazioni del Comitato Tecnico-Scientifico: mascherine, distanziamento tra i banchi, niente scambio della pace con la stretta di mano, acquasantiere vuote». Lo scrive la Segreteria generale della Cei in una lettera ai vescovi italiani che richiama le norme introdotte dagli ultimi decreti legge legati all’emergenza Covid.

    Le raccomandazioni

    In particolare, si legge nel testo, «occorre rispettare accuratamente quanto previsto, in particolar modo: siano tenute scrupolosamente le distanze prescritte; sia messo a disposizione il gel igienizzante; siano igienizzate tutte le superfici (panche, sedie, maniglie…) dopo ogni celebrazione. Circa le mascherine, il Protocollo non specifica la tipologia, se chirurgica o FFP2; certamente quest’ultima ha un elevato potere filtrante e viene raccomandata, come peraltro le autorità stanno ribadendo in questi giorni».

    Quanto al catechismo, «chi è sottoposto a “sorveglianza con testing” non potrà partecipare» pur «risultando negativo al primo test, fino all’esito negativo del secondo test da effettuarsi cinque giorni dopo il primo. Per gli operatori (catechisti, animatori ed educatori…) è vivamente raccomandato l’utilizzo della mascherina FFP2». Anche ai partecipanti alla catechesi tale tipologia di mascherina sia raccomandata e «può essere opportuno che le parrocchie tengano alcune mascherine FFP2 di scorta da far utilizzare a chi ne fosse sprovvisto o l’abbia rotta, sporca o eccessivamente usurata». La Segreteria generale, dunque, consiglia l’utilizzo delle mascherine FFP2 «per tutte le attività organizzate da enti ecclesiastici».

    […].


    (Dal sito dell’Arcidiocesi di Milano, fonte; di Riccardo BENOTTI (AgenSIR); PUBBLICATO MARTEDÌ 11 GENNAIO 2022).



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  8. #38
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    NOMINA
    Campiotti nuovo Vescovo di Volterra

    Varesino, 66 anni, sacerdote ambrosiano dal 1979, dal 2010 Rettore del Collegio ecclesiastico internazionale “S. Carlo Borromeo” di Roma. La comunicazione dell’Arcivescovo in Curia


    Oggi, in un incontro con i membri del Consiglio episcopale milanese e con presbiteri, dipendenti e collaboratori della Curia, l’Arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, ha comunicato la nomina del Reverendo Roberto Campiotti a Vescovo di Volterra.

    Chi è

    Nato a Varese il 31 ottobre 1955, entrato nel Seminario diocesano nel 1974 e ordinato sacerdote nel 1979, dopo alcune esperienze come vicario parrocchiale a Laveno Mombello (VA), Milano e Cassano Magnago (VA), dal 1995 al 2006 don Roberto Campiotti è stato parroco a Sumirago (VA) e dal 2006 al 2010 responsabile della Comunità Pastorale “S. Benedetto” in Sumirago. Dal 2010 è Rettore del Collegio Ecclesiastico Internazionale “S. Carlo Borromeo” di Roma, che accoglie sacerdoti e studenti da tutto il mondo, lì inviati dai loro vescovi per completare la formazione sacerdotale. Qui la biografia completa.

    Le parole dell’Arcivescovo

    Nel suo breve discorso, l’Arcivescovo si è rivolto direttamente a don Campiotti, presente in sala, sottolineando in particolare di voler «esprimere a nome di tutta la Diocesi il mio augurio e apprezzamento per il suo ministero, che io ho conosciuto soprattutto quando è stato responsabile della Comunità pastorale di Sumirago, vicino al mio paese natale, e poi in questi anni a Roma come Rettore del Collegio San Carlo Borromeo».

    […].


    (Dal sito dell’Arcidiocesi di Milano, fonte; PUBBLICATO MERCOLEDÌ 12 GENNAIO 2022).



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  9. #39
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    RIFLESSIONE
    L’animazione musicale deve saper incarnare il rito

    Capire il linguaggio sacro è il primo presupposto per accompagnarlo in modo adeguato in celebrazioni coinvolgenti e partecipate


    Nel dibattito avviato dalla lettera dell’Arcivescovo «Cantate, cantate al Signore!», dopo le riflessioni di Guido Meregalli e suor Elena Massimi, ecco l’intervento dei docenti di chitarra dei corsi Te laudamus

    Mi viene in mente quel giorno che Ida…

    Mi viene in mente quel giorno che Ida si alzò di buon mattino con l’adrenalina a mille: era il suo diciottesimo compleanno. Da molto sognava questo giorno pregustando come si sarebbe svolto e soprattutto desiderava tanto il momento in cui lo avrebbe festeggiato con i suoi più cari amici.

    In effetti, proprio i suoi amici le avevano preparato una grande cena a casa di Furio, avevano apparecchiato la tavola con una bella tovaglia e piatti davvero carini, mettendo anche le candeline per fare più atmosfera. Avevano addirittura messo un foglietto con le parole del canto Tanti auguri a te, in modo che tutti gli invitati avrebbero potuto partecipare meglio e sentirsi più coinvolti.

    Dopo la cena arrivò il momento tanto atteso dell’ingresso della torta con le candeline. Armido, amico di vecchia data, prese la parola e cominciò a descrivere quello che sarebbe successo: «Grazie per essere venuti a festeggiare Ida, adesso spegneremo le luci e la torta entrerà. Sulla torta troverete diciotto candeline, ciascuna candelina rappresenta un anno della vita di Ida, poi Ida le spegnerà. Le candeline spente rappresentano gli anni che sono passati …».

    Armido continuò con la sua descrizione e spiegazione per una bella decina di minuti. Poi disse: «Adesso spegnete le luci, prendete il foglietto a pagina uno e mentre entra la torta leggiamo tutti insieme: tanti auguri a te, tanti auguri a te, tanti auguri a Ida, tanti auguri a te!». Purtroppo Armido era l’unico che non riusciva a leggere in sincrono con gli altri (sic!) e cercava di rallentare la recitazione in modo da rendere più intenso il momento così importante. Terminata la recitazione, Armido ricominciò il pistolotto descrivendo il momento della consegna del regalo, anticipando a parole il contenuto del pacchetto, perché aveva un grande significato simbolico… e così passò un altro quarto d’ora.

    A questo punto Giovanni – vedendo che la festa era un po’ spenta e noiosa – imbracciò la chitarra che aveva portato con sé e cominciò a cantare un’antica canzone che parlava del tempo che passa; Fabrizio, che non sopportava la musica antica, ma era amante del pop raffinato, cominciò a cantare una canzone di stile più moderno. Ma Fiammetta che amava il rap non ne fu molto soddisfatta e propose una sequenza di rime improvvisate, che però non lasciò molto contento Achille che invece amava l’hip hop. Quindi Achille propose una canzone hip hop che però non lasciò contento Gennarino che, se non sentiva una canzone neomelodica napoletana, non riusciva a provare nessuna emozione.

    Infine arrivò Furio, che propose musica nuova con strumenti brillanti come i tamburelli, i violini… argomentando così la sua proposta: «Le feste di compleanno da sole ormai non reggono più: ci vuole una musica che sappia coinvolgere! Altrimenti sono dei mortori».

    La morale

    Sì, è proprio possibile. Il poco funzionamento della liturgia è spesso responsabilità nostra: pur con le più buone intenzioni nel renderla affettivamente accessibile, vaghiamo in ricerca di soluzioni a essa esterne ed estrinseche, non lasciandoci coinvolgere fino in fondo dall’incanto che quei riti e quelle parole cantate – intimamente abbracciati e indissolubili – portano con sé. Occorre sintonizzarsi sulla sua lunghezza d’onda, capirne il linguaggio autenticamente umano e simbolico.

    Anche il compleanno di Ida è un rito, anche il cantare Tanti auguri a te mentre il festeggiato spegne le candeline lo è, a tal punto che nessuno si sognerebbe di recitarlo o sentirebbe in sé l’esigenza di cambiare la melodia. In quel momento tutta l’attenzione è su Ida. Per certi versi la liturgia è fatta in maniera simile: essa è composta per lo più da canti, l’importante è non cercarne innanzitutto altri senza prima aver usato quelli di cui è costituita.

    Se la diffusione del canto del Salmo (ritornello e strofe solistiche) è diventata col tempo una buona prassi delle nostre comunità, tanti passi possono essere ancora fatti nella ricerca di rendere autentiche altre parti che rischiano di subire il logorìo del ripetizionismo e dell’incoerenza rituale. Solo a mo’ di esempio si citano alcuni miglioramenti ancora attesi: la cantillazione più incisiva dei dialoghi presidenziali; il grido iniziale del Kyrie che dia conto della sua duplice natura dossologica e penitenziale; l’acclamazione all’Evangelo che faccia scattare in piedi e desti il cuore all’ascolto di una Parola sempre nuova; il canto del Santo che faccia percepire la comunione tra cielo e terra nel memoriale eucaristico; l’Amen della dossologia cantato da tutta l’assemblea, sigillo di quanto proclamato dal celebrante presidente – a nome di tutti – durante la preghiera eucaristica.

    […].


    (Dal sito dell’Arcidiocesi di Milano, fonte; PUBBLICATO MARTEDÌ 11 GENNAIO 2022).



    «Chi ha conservato la fede in Dio non ha perduto niente,
    quand’anche avesse perduto il resto del mondo» (Axel Oxenstierna).




  10. #40
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    ANNIVERSARIO
    Il 2022 ha il volto di Santa Gianna

    Pronte le iniziative celebrative del centenario della nascita. In Basilica e nelle altre chiese di Magenta è disponibile l’immaginetta con la preghiera


    È di Santa Gianna Beretta Molla l’immaginetta sacra che dall’1 gennaio 2022 è a disposizione dei fedeli, presso la Basilica di San Martino e nelle altre chiese di Magenta. Una scelta dettata dalla volontà di marcare l’approssimarsi del centenario della nascita della santa (4 ottobre 1922), evento che verrà celebrato con un ricco programma di appuntamenti approntato dalle due Comunità, ecclesiali e civili, di Magenta e di Mesero, in collaborazione con la Diocesi di Milano.

    Amare la vita

    Nella preghiera sul retro dell’immagine, che «come ogni preghiera è rivolta direttamente a Dio per intercessione della Santa» – fa notare il parroco don Giuseppe Marinoni -, si chiede un aiuto «ad amare la vita e a saperla donare senza sconti», come ha fatto Gianna fino al sacrificio estremo per salvare la figlia che aveva in grembo.

    Negli scorsi anni, come da tradizione, il primo giorno dell’anno, al termine della Messa veniva consegnata a ogni fedele l’immaginetta di un santo, pescata a caso da un cesto dal parroco, come protettore dell’anno. Ai tempi della pandemia è stato necessario interrompere questa apprezzata consuetudine per ridurre i contatti interpersonali. Pertanto, si è pensato di mettere a disposizione un’immagine uguale per tutti: nel gennaio 2021 l’immaginetta di San Giuseppe e quest’anno quella di Santa Gianna.

    […].


    (Dal sito dell’Arcidiocesi di Milano, fonte; PUBBLICATO GIOVEDÌ 13 GENNAIO 2022).



    «Chi ha conservato la fede in Dio non ha perduto niente,
    quand’anche avesse perduto il resto del mondo» (Axel Oxenstierna).




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