Anni in cui, nel suo servizio, ha incontrato un’umanità varia, di cui si è innamorato. «Ho svolto il mio servizio nella parrocchia di san Basilio, che si trova in una zona che è centrale nello spaccio di droghe della città. Lì ho incontrato tante ferite, tante storie e ho imparato a servire, che poi è il carisma dei Servi della Sofferenza. Un’esperienza di umanità unica, così come quella in una casa famiglia chiamata Ain Karim, dove sono stata accanto a bambini senza genitori. È stato un anno, l’anno dell’accolitato, quello tradizionalmente dedicato alla carità, in cui io vivevo proprio con loro nel fine settimana, in un appartamento attiguo. Ho prestato servizio anche a Santa Maria delle Grazie, al Trionfale, una zona ricca ma al contempo molto povera spiritualmente, nei valori. Ho visto tante persone che sembravano essersi dimenticate di Dio, pensando solo al superfluo eppure proprio lì ho capito che prete vorrei essere: uno che si sappia sedere accanto, portare Gesù alla gente senza mettermi al centro. La gente è assetata di Dio, non di me, di come mi presento, della mia simpatia o del mio carattere. Non mi interessa rendermi accattivante ma mostrare con l’esempio ai ragazzi la bellezza di Gesù che mi ha conquistato e può conquistare anche loro. Ecco, per me il prete è questo. Ora che sono al sesto anno romano mi hanno assegnato alla parrocchia di santa Lucia, nei pressi di piazzale Clodio. Un’esperienza completamente diversa, perché è una comunità molto anziana. Questi vecchietti però sono splendidi, pronti a donare il loro cuore, i loro racconti di vita. Anche da loro sto imparando tanto». Appassionato della storia e della testimonianza di sant’Ambrogio «il mio idolo, senza di lui non ci sarebbe stato Agostino vescovo. Grande profondità ma un modo semplice di parlare, nel libro ‘I doveri’ tratteggia la figura del ministro e traccia una scia», Cosimo ha da poco terminato il quinquennio filosofico-teologico e attualmente si sta specializzando in ricerca teologica patristica, uno studio approfondito sui padri della cristianità. Oggi in famiglia sono tutti felici della sua scelta ma non è stato sempre così. «Non fu facile comunicarlo. L’ho detto prima a mia madre e poi con lei a papà. Ci fu silenzio per mesi a casa mia. I miei credevano ma non erano partecipi della vita di comunità. Passata l’estate, quando dissi che sarei andato a Roma per proseguire gli studi insieme al mio amico Michele Monteleone (anche lui oggi diacono, intervista a parte, ndr) si tranquillizzarono, sentii che era già cambiato qualcosa. Con il passare degli anni, vedendo la mia convinzione e la felicità per il percorso intrapreso, entrambi hanno compreso, fino ad esserne contenti. Ne sono nati anche percorsi di vita nuovi: per esempio da quando anche mia sorella è fuori, a Bologna, mia madre ha cominciato di sua iniziativa a svolgere volontariato alla Caritas diocesana. Anni fa non lo avrei creduto». Per dirla come una celebre canzone italiana, “Come si cambia, per amore”.