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Cronista di CR
Apertura del nuovo anno pastorale
PUBBLICHIAMO LA LETTERA DI CONVOCAZIONE ECCLESIALE PER L’APERTURA DEL NUOVO ANNO PASTORALE CHE IL VESCOVO GIACOMO INDIRIZZA AL POPOLO DI DIO CHE È IN REGGIO EMILIA-GUASTALLA.
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LA MOLTITUDINE DI COLORO CHE ERANO DIVENTATI CREDENTI AVEVA UN CUORE SOLO E UN’ANIMA SOLA E NESSUNO CONSIDERAVA SUA PROPRIETÀ QUELLO CHE GLI APPARTENEVA, MA FRA LORO TUTTO ERA COMUNE. CON GRANDE FORZA GLI APOSTOLI DAVANO TESTIMONIANZA DELLA RISURREZIONE DEL SIGNORE GESÙ E TUTTI GODEVANO DI GRANDE FAVORE” (AT 4,32-33).
Cari fratelli e sorelle,
è il primo anno che come Vescovo di Reggio Emilia-Guastalla ho la grazia di dare inizio al nuovo anno pastorale insieme a voi, e vi confesso la mia gioia e la mia gratitudine al Signore per il dono di condividere questo cammino con voi.
In questi primi mesi ho percepito il desiderio e anche l’entusiasmo di riprendere a pieno ritmo, dopo l’esperienza dolorosa della pandemia, il percorso di annuncio ed evangelizzazione.
L’inizio di ogni anno pastorale è sempre un momento di grande importanza perché, dopo le numerose e impegnative attività estive, abbiamo bisogno di ritrovarci come comunità diocesana per orientare insieme il nostro cammino. Il mio auspicio è che ognuno di noi possa lasciarsi plasmare e guidare dallo Spirito Santo in modo tale che possiamo vivere la nostra vocazione per essere “un cuore solo e un’anima sola” (At 4,32).
In questa luce, desidero invitare tutta la Chiesa che è in Reggio Emilia-Guastalla il 24 settembre dalle ore 16 in Cattedrale a Reggio Emilia per un momento di comunione ecclesiale che si concluderà con la Celebrazione Eucaristica, per attingere a quella Grazia che sostiene la nostra Fede, e chiedere al Signore che illumini il nostro cuore per essere sempre più efficaci testimoni del suo Amore ai tanti fratelli e sorelle che vivono nelle nostre Città e Diocesi.
L’invito è rivolto a tutti i fedeli cristiani perché la vita della nostra Chiesa deve alimentarsi e costruirsi con il contributo di ogni battezzato.
Chiedo al Signore che questo momento sia per tutta la nostra Chiesa un’occasione in cui rinnovare, in ciascuno di noi, il desiderio di riscoprire la bellezza e il fascino della missione evangelizzatrice che il Signore ci ha affidato.
In attesa di incontrarvi, vi benedico di cuore.
+Giacomo Morandi
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FONTE: sito della Diocesi, che riprende il testo dal settimanale diocesano.
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Cronista di CR
News diocesane
RIAPERTA LA BIBLIOTECA CAPITOLARE
Sabato 10 settembre è stata inaugurata e riaperta la Biblioteca Capitolare di Reggio Emilia, un vero scrigno di cultura e sapere che impreziosice il patrimonio storico della nostra città e non solo.
Al Palazzo Canonici della Cattedrale, tra i vari relatori, è intervenuto anche monsignor Gianotti che nel 1976 iniziò a salvare dal degrado i preziosi volumi trasferendoli in Seminario dall’allora Biblioteca.
Su La Libertà del 14 settembre ampio servizio sulla Capitolare e sulla presentazione del quarto volume della Storia della Diocesi avvenuta nell’Aula Magna di UniMore.
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Fonte: sito diocesano
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Cronista di CR
Per una Chiesa sinodale: analisi e prospettive
Sinodo 2021-2022
PER UNA CHIESA SINODALE: COMUNIONE, PARTECIPAZIONE, MISSIONE DIOCESI DI REGGIO EMILIA - GUASTALLA
Sintesi del percorso svolto
Composizione del gruppo di coordinamento/segreteria del Cammino sinodale diocesano:
Giorgia Pinelli (presidente)
Don Pietro Adani (vicepresidente) Don Stefano Borghi (vicepresidente) Matteo Gandini (segretario)
Introduzione: rilettura dell’esperienza sinodale
Nel momento in cui il Cammino sinodale ha avuto inizio, con l’avvio ufficiale il 17 ottobre 2021, la Diocesi di Reggio Emilia e Guastalla si trovava in un periodo di transizione. Il Vescovo, Mons. Massimo Camisasca, era prossimo alla scadenza del mandato per raggiunti limiti di età (avrebbe compiuto i 75 anni il 3 novembre): egli era quindi consapevole di dover impostare ed avviare un percorso che molto probabilmente non sarebbe toccato a lui concludere.
Da questa contingenza è scaturita la decisione, condivisa con l’équipe da lui nominata, di ipotizzare modalità di lavoro che coniugassero alcuni fattori ritenuti imprescindibili: la garanzia di predisporre luoghi e momenti di effettivo ascolto; la possibilità di una partecipazione il più possibile allargata sul territorio diocesano; l’accortezza di non definire una struttura troppo rigida o costrittiva, lasciando così aperta la possibilità al successore – Mons. Giacomo Morandi, nominato il 10 gennaio 2022 – di ridefinirla o integrarla qualora lo avesse ritenuto opportuno.
A queste esigenze si è risposto identificando un duplice canale, annunciato pubblicamente alla Diocesi già nel corso della giornata di apertura del Cammino sinodale.
a) Su diretto suggerimento di Mons. Camisasca sono state individuate alcune aree, identificate come “rilevanti” o “urgenti” anche a partire dalla lettura e dall’esame dei documenti preparatori e dei materiali di lavoro prodotti dalla Segreteria del Sinodo dei Vescovi e dalla CEI. Dei sette ambiti così identificati, alcuni appaiono come “luoghi sensibili” di per sé, mentre altri lo sono diventati in maniera eminente negli ultimi tempi, anche a causa dei due anni appena trascorsi, nei quali forme e modi della socialità e della vita di fede hanno subito forti ristrutturazioni a causa della situazione pandemica.
Queste le “aree” definite:
1. adolescenti e mondo della scuola;
2. giovani e giovani adulti;
3. famiglie;
4. migranti;
5. carcerati;
6. mondo della salute e della cura;
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7. adulti che vivono differenti esperienze di cammino ecclesiale e che si trovano in diversi stati di vita e di vocazione.
Ciascun ambito è stato affidato ad uno o più responsabili, laici e/o consacrati ed ordinati, individuati di concerto tra il Vescovo e l’équipe sinodale a partire da una riconosciuta esperienza di vita, lavoro e servizio. A loro è stata lasciata anche la costituzione e predisposizione dei rispettivi gruppi di ascolto sinodale, con l’indicazione che questi ultimi fossero composti secondo i criteri tracciati dal Vademecum.
Come Segreteria abbiamo predisposto, ricavandola dal Documento preparatorio e dal Vademecum stesso, una traccia di lavoro che ogni gruppo avrebbe potuto utilizzare (nel modo più libero ed “elastico”) come base di partenza per impostare il proprio cammino. Nella traccia si ribadiva quello che, ai punti 2 e 26 del Documento preparatorio, è proposto nei termini di interrogativo fondamentale (Una chiesa sinodale, annunciando il Vangelo, “cammina insieme”: come questo camminare assieme si realizza oggi nella nostra Chiesa particolare? Quali passi lo Spirito ci invita a compiere per crescere nel nostro “camminare insieme”?). Esso era successivamente sviscerato in alcune ulteriori domande, che avrebbero potuto tradursi – sempre a discrezione dei responsabili di ciascun gruppo, in costante dialogo/interazione col procedere dei lavori - in altrettante piste possibili di lavoro1.
La proposta degli interrogativi di partenza si inseriva in un quadro più generale, nel quale si ribadiva la natura spirituale del percorso e si offrivano alcune indicazioni operative. Particolare rilevanza era attribuita, in linea con i Documenti e con la natura stessa del Cammino sinodale, alla necessità di mettersi innanzitutto in ascolto di Dio e di concepirsi “in cammino verso Dio”. Di qui la proposta di una invocazione iniziale allo Spirito Santo in apertura di ogni incontro, per poi proseguire con la lettura e la meditazione della Scrittura (a partire dal suggerimento dell’episodio che vede protagonisti Pietro e Cornelio in Atti 10, proposto anche dai Documenti sinodali, si lasciava massima libertà nella scelta dei brani su cui meditare e pregare: ad ogni responsabile si chiedeva di individuare quelli più adatti al gruppo effettivamente formatosi). L’indicazione di massima era di cercare di trovarsi almeno mensilmente tra novembre 2021 e marzo 2022.
b) Contestualmente alla creazione dei gruppi, si è voluto lasciare aperto uno spazio di possibile coinvolgimento per tutti coloro che fossero desiderosi di partecipare a questa prima fase del cammino. Nel giorno dell’apertura dei lavori, quindi, la Segreteria diocesana per il Cammino sinodale si è resa pubblicamente disponibile ad incontrare tutti, auspicando che fossero attivati percorsi sinodali presso le Unità Pastorali, “accogliendo la proposta del Cammino Sinodale non tanto per organizzare eventi eccezionali ma per maturare uno stile ecclesiale rinnovato nella vita ordinaria”. Analogo auspicio/invito circa il farsi promotori di percorsi sinodali, secondo quanto il discernimento di ciascuna realtà avrebbe suggerito, è stato rivolto anche alle Associazioni, ai Movimenti, alle Comunità religiose e di vita consacrata e a tutte le diverse realtà ecclesiali, nonché ai singoli fedeli. Con tutte queste esperienze ci siamo dichiarati disponibili a metterci in rete.
1 Cosa è per me la Chiesa, come potrebbe essa esser più vicina innanzitutto alla sua missione, e dunque anche a me? Cos’è l’esperienza cristiana? Come posso approfondire il mio incontro con Cristo, come posso conoscerlo sempre meglio nella Chiesa Sua sposa?
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La modalità prescelta per l’invito, evidentemente, puntava ad evitare che si entrasse in logiche di tipo direttivo o “top-down”, e a promuovere un “fermento dal basso” in linea con lo spirito sinodale, ribaditoci anche dai formatori regionali e nazionali durante gli incontri in itinere.
L’invito è stato raccolto da diverse realtà e fedeli. Abbiamo incontrato alcuni consigli presbiterali vicariali, consigli pastorali parrocchiali o di Unità pastorale, gruppi spontanei di fedeli in contesti parrocchiali o anche informali, associazioni costituite (Azione Cattolica diocesana, Associazione Chiesa Donna, Case della Carità) e associazioni informali (ad esempio, un gruppo di genitori di persone omosessuali). Abbiamo inoltre ricevuto domande e/o contributi tramite l’indirizzo mail debitamente predisposto o, talvolta, tramite incontri diretti e/o telefonate.
Per quanto riguarda la dimensione spirituale del Cammino, ci sembra significativo riportare l’invito rivoltoci dal Vescovo Camisasca. Già in occasione dell’omelia di apertura dell’anno pastorale (8 settembre 2021), egli aveva sottolineato che il “camminare insieme” previsto dal Sinodo consiste in un camminare verso Dio con Cristo, e dunque anche con i fratelli e verso i fratelli. La logica del Sinodo è la logica della Comunione, che appartiene al DNA della Chiesa stessa. Per questo, citando il San Giovanni Crisostomo evocato anche dal Documento preparatorio (n. 11), Mons. Camisasca ricordava che “Chiesa e Sinodo sono sinonimi”2.
Nella stessa direzione, ancor prima del suo ingresso ufficiale in Diocesi (avvenuto il 13 marzo 2022), si è speso Mons. Morandi rilasciando una prima videointervista al settimanale diocesano “La Libertà” all’indomani della sua nomina: “Il Cammino sinodale è un dono, un’opportunità che non dobbiamo far cadere [...]. Certo, noi siamo persone che camminano insieme sempre. [...] Cosa vuol dire camminare insieme come Chiesa? [...] Sarà importante orientare bene, spiritualmente bene, questo nostro camminare insieme come Chiesa”. Mons. Morandi proseguiva osservando che anche le prove, come quelle che gli ultimi due anni ci hanno riservato, costituiscono in tale orizzonte una occasione per “riscoprire ciò che realmente ci fa comunità”3.
Peraltro, la prospettiva tracciata in questa ideale “staffetta” dai nostri Pastori diocesani si collocava pienamente nel solco del Documento preparatorio4 e del monito offerto da Papa Francesco il 9 ottobre, nel momento dell’apertura ufficiale del Sinodo5. Una prospettiva, questa, che ha permesso innanzitutto a noi, componenti dell’équipe sinodale, diversi per temperamento e per vissuto, di imparare a conoscerci, a stimarci reciprocamente, a lavorare insieme: ed anche questo
2 Cfr. Mons. Massimo Camisasca, Omelia per l’inizio dell’anno pastorale, https://laliberta.info/2021/09/08/lomelia-del- vescovo-per-linizio-dellanno-pastorale/
3 Edoardo Tincani, Intervista a Monsignor Giacomo Morandi, https://www.youtube.com/watch?v=SdhFqVw_px4
5 “Ribadisco che il Sinodo non è un parlamento, che il Sinodo non è un’indagine sulle opinioni; il Sinodo è un momento ecclesiale, e il protagonista del Sinodo è lo Spirito Santo. Se non c’è lo Spirito, non ci sarà Sinodo. Viviamo questo Sinodo nello spirito della preghiera che Gesù ha rivolto accoratamente al Padre per i suoi: «Perché tutti siano una sola cosa» (Gv 17,21). A questo siamo chiamati: all’unità, alla comunione, alla fraternità che nasce dal sentirci abbracciati dall’unico amore di Dio”: Papa Francesco, Momento di riflessione per l’avvio del Cammino sinodale, 9 ottobre 2021.
4 “La consultazione del popolo di Dio non comporta l’assunzione all’interno della Chiesa dei dinamismi della democrazia, imperniati sul principio di maggioranza, perché alla base della partecipazione ad ogni processo sinodale vi è la passione condivisa per la comune missione di evangelizzazione e non la rappresentazione di interessi in conflitto. [...] È nel legame fecondo tra il sensus fidei del Popolo di Dio e la funzione di magistero dei Pastori che si realizza il consenso unanime di tutta la Chiesa nella medesima fede”: Segreteria del Sinodo dei Vescovi, Documento preparatorio, n. 14. Al n. 10 del medesimo Documento, del resto, il sinodo è definito come modus vivendi del popolo di Dio.
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primo passaggio, tanto semplice quanto poco scontato, costituisce per noi motivo di sorpresa e di ringraziamento.
Discernimento dei contributi raccolti
Nella sintesi che qui presentiamo confluiscono i resoconti scritti dei gruppi attivati dalla Diocesi (ad eccezione del gruppo dei giovani adulti, circa il quale abbiamo avuto però un resoconto orale, e di quello dei carcerati). Essa include inoltre i contributi scritti ed orali pervenuti spontaneamente da diverse realtà e/o da singoli fedeli della Diocesi.
Alcune osservazioni preliminari
In premessa, alcune osservazioni possono essere estese a tutti coloro che hanno partecipato al Cammino: ai gruppi pensati dalla Diocesi, e alle realtà che si sono spontaneamente proposte.
In primo luogo, un’assonanza – che ricorre tra i diversi racconti – circa il riconosciuto “valore aggiunto” del ritrovarsi insieme. Si tratta per la maggior parte, come si è detto, di gruppi non territoriali (i gruppi diocesani, o realtà di tipo associativo): non è detto, perciò, che tale riconoscimento sia tout court estensibile anche a realtà territoriali come parrocchie o unità pastorali. Tuttavia, emerge in modo trasversale l’apprezzamento e l’interesse per la possibilità di apertura ed incontro, specialmente dopo un tempo percepito come “faticoso”, o addirittura “di decadimento” rispetto a una dimensione sociale, comunitaria e di fede. È diffusa, nei materiali pervenuti, la sorpresa nello scoprire interessanti i rispettivi cammini, e nello scoprire che tale interesse matura e diviene arricchente dentro ad una reale condivisione, che abbandoni i pregiudizi e i campanilismi e lasci spazio alla pluralità di esperienze ed appartenenze che concorrono a delineare il volto della Chiesa.
Altrettanto trasversale nei resoconti è il riconoscimento di un crescente desiderio in ordine ad esperienze di questo tipo. I gruppi ammettono esplicitamente, in alcuni casi, di aver iniziato i lavori sotto il segno di una reciproca diffidenza (o comunque di un atteggiamento “sulla difensiva”); tuttavia, le restituzioni conclusive manifestano l’intenzione o il desiderio di continuare a vedersi, e testimoniano il gusto sperimentato nell’incontrarsi nella fede, nella preghiera e nel confronto. In parte differente il vissuto dell’ambito legato alla realtà sanitaria: in questo caso, infatti, la questione della condivisione e il desiderio di sottrarsi a solitudine ed isolamento appaiono innanzitutto oggetto di una domanda, più che esperienza vissuta fino in fondo.
Lo stesso tipo di dinamica è riscontrabile nei “gruppi di appartenenza”, come alcuni gruppi di donne o come quello dei genitori di persone omosessuali. In questo caso il “collante” è offerto dalla tematica o dal problema che li unisce, e questa circostanza crea una cornice condivisa nella quale diventa più semplice per loro lavorare e camminare insieme, anche se tale cammino è definito e “segnato” dal collante che ha condotto alla nascita del gruppo.
Un aspetto critico emerso, sempre a livello generale e in modo particolare negli incontri informali (di persona, tramite telefono o email), è una certa fatica, da parte di alcuni, nell’intraprendenza. Questo accade soprattutto nelle comunità parrocchiali, che della comunità ecclesiale costituiscono una modalità storica. Abbiamo cioè percepito la tendenza ad aspettarsi di essere attivati e diretti “dall’alto”, ad attendere direzioni ed indicazioni mediate dalle realtà istituzionali. Questo in certi casi può aver contribuito a determinare situazioni di “stallo”, benché
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alcuni fermenti si siano sviluppati e alcuni cammini siano stati intrapresi. Ci è sembrato di leggere, in questo tipo di dinamica, una dialettica non ancora risolta per quanto riguarda il cammino sinodale e la sua natura: una lettura, cioè, per cui il cammino sinodale consisterebbe innanzitutto in iniziative, attività, incontri aggiuntivi, che ci si aspetta debbano essere convocati dai responsabili della comunità (proprio questo a “prospettiva rovesciata”, costituisce un timore rilevabile tra alcuni dei presbiteri che abbiamo incontrato). E certamente il cammino sinodale, nella rilevanza attribuita all’incontrare Dio e i fratelli in Dio, non esclude che si attivino iniziative nuove. Al tempo stesso, sembra sfuggire la consapevolezza – di cui si è accennato in chiusura del primo paragrafo – del Cammino sinodale come invito a riappropriarsi della propria esperienza cristiana, vivendo l’ordinario in modo diverso, nella cifra della comunione con Dio e con ogni fratello.
Un desiderio di comunione
Tendenzialmente i gruppi hanno lavorato utilizzando come traccia l’interrogativo fondamentale e le domande pensate come sua immediata declinazione/prosecuzione (cfr. nota 2, pag. 1 del presente contributo). L’attenzione riservata a queste domande e il tenore delle risposte esprimono, in generale, il desiderio ideale di vivere ciascuno una propria originalità e, al tempo stesso, di poter esprimerla in una piena comunione con gli altri. Questa esigenza emerge fortemente soprattutto nel vissuto degli adulti, e con una declinazione particolare anche in quello dei migranti.
Un altro tema ricorrente è quello relativo alla necessità di superare l’ottica che riduce la Chiesa ad una “agenzia di servizi”. Questo punto entra in una questione-cardine, andando al cuore della riflessione circa l’identità della Chiesa e della comunità. Da un lato è una richiesta pressante, riconosciuta e “teorizzata” come tale; dall’altro, nei fatti sembra di rilevare una concreta difficoltà da parte delle persone in tal senso. A livello teorico, cioè, si riconosce la necessità di vivere la propria esperienza di fede senza l’ansia di moltiplicare eventi ed iniziative; d’altra parte, di questo tema si parla senza riuscire a sganciarsi dalla logica del “si è sempre fatto così”. Lo dimostra anche questo tempo di “ripresa” dopo l’emergenza pandemica. Alcuni ripensamenti o “correzioni di rotta”, sperimentati tentativamente nelle comunità per le necessità indotte dalle restrizioni covid e risultati meritevoli di riflessione, sono stati abbandonati o “riassorbiti” nelle forme precedenti, nonostante di queste ultime si riconosca e si lamenti l’insufficienza o l’inadeguatezza. In altre parole, e specialmente nel caso degli adulti, c’è la richiesta di andare al cuore dell’esperienza cristiana e della fede, riconoscendo l’essenziale in ciò che si vive e in ciò che si fa (ed avendo il coraggio, in entrambi i casi, di “correggere il tiro” e di “tagliare i rami secchi”); nei fatti si apre però una dissonanza/discrepanza con ciò che concretamente si vive e si mette in pratica. “Si fanno cose”, e non si costruiscono relazioni (lavoro, questo, che richiede certamente più tempo e un significativo coinvolgimento personale). L’abbandono di una logica del “fare” fine a sé a vantaggio di una logica di relazione/comunione nella fede è chiesto dagli adulti, ma essi stessi paiono faticare quando devono vivere in prima persona la dimensione del confronto e di una reale confidenza nell’ordinario delle comunità cui appartengono.
Il desiderio/bisogno di comunione emerge in un’ulteriore declinazione come richiesta di riconoscimento e di maggiore visibilità, specialmente per quanto riguarda alcune situazioni di fragilità (che sia essa oggettiva o percepita). In questa direzione vanno, ad esempio, i contributi provenienti dal gruppo dei migranti, come da quello dedicato al mondo della malattia e della cura (specialmente da malati ed anziani), o ancora da parte di un gruppo di donne che vivono diversi tipi
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di appartenenza ecclesiale e che spontaneamente hanno fatto pervenire il proprio contributo alla Segreteria del Cammino sinodale.
In tutti questi casi, il fatto stesso di poter vivere momenti di ascolto è stato percepito come opportunità, e come segno concreto di attenzione e di cura da parte della Chiesa. Proprio in tale ottica è emersa la domanda che esperienze simili possano far parte concretamente di uno “stile” abituale della vita ecclesiale. Strettamente legato a ciò è il bisogno di essere accolti come persone, anche nelle proprie difficoltà. I malati, disabili ed anziani, ad esempio, danno voce a un desiderio di maggior prossimità fisica/concreta della comunità ecclesiale come espressione tangibile del “Vangelo della Speranza”: se la Chiesa è ben rappresentata dalla famiglia, “chiesa domestica”, essa è per sua natura grembo accogliente anche per i suoi figli più fragili, deboli, malati. Accanto a questa richiesta spicca comunque la consapevolezza che la croce vissuta nella carne e portata nella fede può essere testimonianza credibile e annuncio del Vangelo: ma perché ciò accada si avverte il bisogno, ancor più stringente, di poter davvero vivere come parte integrante della comunità.
Analoga richiesta di visibilità e riconoscimento caratterizza il contributo inviato dai genitori credenti di figli omosessuali. Va detto che, in questo caso, il tema si fa particolarmente delicato: anche perché questa domanda è certamente presente nei genitori stessi, che verbalizzano un vissuto di solitudine e una sensazione di isolamento e di distanza rispetto alla comunità ecclesiale; non sappiamo, tuttavia, se essa sia avvertita come tale anche dei loro figli, che dalla Chiesa risultano nella maggior parte dei casi lontani (forse proprio per una percezione di ferita/disillusione).
Fede ed esperienza
Un capitolo particolare è costituito da adolescenti e giovani.
I lavori sinodali hanno lasciato emergere come l’esperienza della fede passi, per loro, attraverso il servizio e l’educazione, coinvolgendo in misura determinante anche aspetti legati alla sfera del sentimento e dell’emotività. I giovani sono affascinati dalle testimonianze incontrate direttamente, così come da quelle raccontate e vissute. Analogamente, nella loro esperienza di Chiesa assume un ruolo rilevante anche la possibilità di raccontare di sé e di partecipare gli uni della vita degli altri, cosa che appare coinvolgerli in profondità. Quest’ultimo aspetto, in particolare, ha offerto ai responsabili l’opportunità di presentare loro il testo evangelico (il racconto dei discepoli di Emmaus; l’incontro di Gesù con la samaritana; il momento drammatico nel quale Cristo domanda ai suoi amici “Volete andarvene anche voi?”) come chiave di lettura per la propria vita e come interlocutore concreto, nel quale incontrare la Persona di Cristo vivo che si rivolge direttamente a ciascuno di loro.
Un peso non meno rilevante assume, nella loro vita di fede e di Chiesa, l’esperienza dell’amicizia. È attraverso una rete di amicizie che alcuni giovani, lontani dalla dimensione ecclesiale, sono stati avvicinati e coinvolti nei gruppi di lavoro sinodali della Diocesi; ed è attraverso la mediazione di un coetaneo che essi sono entrati a contatto con un sacerdote o con una figura consacrata. In diverse verbalizzazioni questi giovani, parlando dell’ “assaggio” di comunione e di amicizia nella fede sperimentato in tale contesto, ammettono che “non sapevo che la Chiesa fosse questo... ma mi piace! Ci sto anch’io!”.
La lettura dei contributi pervenuti lascia intravedere come aspetto di particolare significatività – e come motivo di riflessione e di ripensamento per gli educatori - l’opportunità di rischiare uno spazio di accompagnamento e di reale vicinanza nei confronti dei giovani e degli adolescenti; e, accanto a ciò, la necessità per noi adulti, ribadita recentemente anche da Papa Francesco, di fidarci
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del “fiuto” di Giovanni, che riconosce il Signore ancor prima di Pietro6. Riconoscere, cioè, la sensibilità dei giovani per le cose buone e vere e scommettere su questa. Un accompagnarli, quindi, che non è un lasciarli andare dove vogliono, ma un camminare con loro aiutandoli a non perdere di vista la meta che loro per primi desiderano.
In parte discordante rispetto a questo quadro appare un contributo scritto inviatoci da un docente IRC della Diocesi, che ha attivato un percorso sinodale nelle classi del Liceo in cui insegna. In tale contesto tendono ad emergere in misura maggiore anche le criticità, anche se non sappiamo se e quando esse provengano da soggetti che vivono la vita ecclesiale o da ragazzi che non vi partecipano. I giovani così intercettati lamentano “rigidità” e “bigottismo” come caratteristiche delle comunità parrocchiali e si dichiarano talvolta scoraggiati da alcuni esempi di scarsa coerenza da parte del clero, pur riconoscendo che esistono ancora esempi luminosi di vita sacerdotale e consacrata. In realtà, ci sembra che questi giovani diano voce – sia pure in modo “critico” e dialettico – alle stesse esigenze emerse dai loro coetanei incontrati nei gruppi diocesani. Basti pensare, ad esempio, alla richiesta di poter entrare maggiormente nella comprensione della liturgia; al desiderio che i sacramenti vengano sottratti alla logica del “si fanno” o della “tappa obbligata” a prescindere dall’effettivo percorso di fede della persona; alla fatica della solitudine per chi cerca di rimanere all’interno di un contesto ecclesiale e di una fedeltà al Magistero; o, ancora, all’anelito per una fede che “investa in cultura” e si incarni in una cultura vissuta. Tutto ciò attesta, ci pare, quel “fiuto per la verità” e quel desiderio di infinito di cui già si è detto, e che appare come una prerogativa dell’universo giovanile sul quale vale la pena scommettersi, anche da parte degli adulti. Tale lettura, peraltro, è fatta propria innanzitutto dal docente che ha stimolato e condotto questo lavoro.
Nel mondo, ma non del mondo
Dall’ambito degli adulti emerge un ulteriore punto di lavoro: si tratta della questione relativa all’impegno in ambito sociale e, più in generale, alla testimonianza resa in ogni ambito di vita, a partire da quelli dello studio e del lavoro. Questo capitolo specifico è riconosciuto dai laici interpellati come parte integrante della missione di cui essi si considerano investiti: quello di “esserci”, affiancando con umiltà le persone che quotidianamente si incontrano nei luoghi della propria vita – anche al di fuori della comunità ecclesiale - ed accompagnandole in modo discreto e persino silenzioso, ma custodendo uno sguardo pacificato, capace di leggere ogni avvenimento con cuore affidato, aperto e gioioso (perché memori del bene ricevuto e consapevoli di essere sempre nelle mani di Dio).
In particolare, si fa ripetutamente riferimento alla capacità di ascolto e di attenzione nei confronti di chi è non credente, per poterne sollecitare le domande di senso e per poter intercettare anche le situazioni di sofferenza e di lutto, in cui gli animi sono spesso più sensibili e più disponibili ad un
6 «Cari ragazzi e ragazze, voi non avete l’esperienza dei grandi, ma avete una cosa che noi grandi alle volte abbiamo perduto. Per esempio: con gli anni, noi grandi abbiamo bisogno degli occhiali perché abbiamo perduto la vista o alle volte diventiamo un po’ sordi, abbiamo perduto l’udito... O, tante volte, l’abitudine della vita ci fa perdere “il fiuto”; voi avete “il fiuto”. E questo non perdetelo, per favore! Voi avete il fiuto della realtà, ed è una cosa grande. Il fiuto che aveva Giovanni: appena visto lì quel signore che diceva: “Buttate le reti a destra”, il fiuto gli ha detto: “È il Signore!”. Era il più giovane degli apostoli. Voi avete il fiuto: non perdetelo! Il fiuto di dire “questo è vero – questo non è vero – questo non va bene”; il fiuto di trovare il Signore, il fiuto della verità. Vi auguro di avere il fiuto di Giovanni, ma anche il coraggio di Pietro. Pietro era un po’ “speciale”: ha rinnegato tre volte Gesù, ma appena Giovanni, il più giovane, dice: “È il Signore!”, si butta in acqua per trovare Gesù»: Papa Francesco, Discorso al pellegrinaggio degli adolescenti italiani, Piazza San Pietro, Lunedì dell’Angelo, 18 aprile 2022.
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annuncio di speranza. Prioritaria appare la comunicazione della fede nella Resurrezione, che non solo permette di riconoscere Cristo vivo e presente accanto a noi, oggi, ma conferisce valore eterno a tutto ciò che l’uomo vive, aprendo alla gioia di scoprirsi amati e capaci di amare per sempre.
È stata da più parti sottolineata anche l’importanza della presenza e dell’impegno dei cattolici nell’ambito sociale: il laicato cattolico riconosce come proprio dovere specifico quello di portare la ricchezza del pensiero cristiano nel mondo dell’educazione, della cultura, dell’economia, senza fuggire dai posti di responsabilità e offrendo una testimonianza incisiva, capace di mostrare che la fede non mortifica l’uomo, e che anzi Cristo è la strada della pienezza di ogni vita.
Gli adulti dell’équipe legata alla Congregazione delle Case della Carità, in particolare, esplicitano la sfida dell’evangelizzazione leggendola come “cambio di mentalità” e come profondo rinnovamento, capace di innervare le relazioni comunitarie, secondo il carisma delle tre mense (Parola, Eucaristia, Poveri) tipico della realtà fondata da don Mario Prandi.
Uno sguardo generale
Tentiamo ora di individuare alcuni elementi più generali emersi dalla lettura dei contributi.
In primo luogo, abbiamo potuto toccare con mano diversi frutti di fede “incarnati”, che non sempre sono immediatamente visibili. I resoconti pervenuti appaiono nel complesso animati da amore alla Chiesa, da un sincero desiderio di comunione, da una fede in cammino che cerca vie di sempre più profonda maturazione e che ha vissuto in tale prospettiva anche l’opportunità di prendere parte attivamente al Cammino sinodale.
Inoltre, i partecipanti ai lavori sinodali mostrano di concepirsi non solo e non tanto come meri “utenti” rispetto alla comunità ecclesiale, alle sue “strutture” ed alle sue iniziative, ma come soggetti attivi. Lo dimostra, ad esempio, il riconoscimento più volte ribadito della necessità di vegliare su di sé per evitare la logica della “agenzia”; o, ancora, lo attesta la domanda di una partecipazione sempre più attiva, concreta e “coinvolta”.
Da un certo punto di vista, i contributi lasciano emergere anche una sorta di “disfunzione”. La struttura ecclesiale, che di per sé dovrebbe servire la comunione e la missione del popolo di Dio, nei suoi meccanismi attuali non sembra garantire sempre tale compito, che pure le appartiene per sua natura. Segno di tale “inceppamento”, ad esempio, è il fatto stesso che, per potersi raccontare reciprocamente la propria esperienza di credenti, sia stato necessario attivare gruppi ad hoc.
Ci sembra che questo elemento di riflessione possa contribuire a recuperare una consapevolezza fondamentale circa la vita della Chiesa; contemporaneamente, esso dà voce a un desiderio, vivo e presente nei fedeli benché talvolta “sepolto”, di accompagnamento (o di educazione) alla comunione vissuta, e di un richiamo continuativo in tal senso da parte di chi guida/accompagna gruppi e comunità. Si tratta, come detto efficacemente dal gruppo dei migranti, di “vivere ciò che si celebra” nell’Eucaristia.
Infine, traspare dai resoconti pervenuti il riconoscimento – non privo di gratitudine – della fede come dono, che implica anche una responsabilità:
“Noi siamo anche come missionari, come annunciatori del Vangelo. Secoli fa qualcuno ha portato il Vangelo nei nostri Paesi, ci ha portato la gioia di conoscere il Signore. Noi ora diventiamo missionari a nostra volta”.
“Io oggi rimango qui, nella Chiesa, perché quando sono qui sono la parte migliore di me”.
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“[Siamo] persone di vocazioni diverse e di sensibilità e appartenenze diverse, ma animate tutte dallo stesso amore per Cristo e per i fratelli, e di conseguenza dallo stesso desiderio di partecipare in modo attivo alla missione della Chiesa”.
Conclusioni
Alcuni possibili “passi” concreti, ipotizzabili a partire dal percorso fin qui svolto, sono già emersi nelle pagine precedenti.
Qui ci limitiamo a puntualizzarne alcuni.
In primo luogo, i pareri raccolti sembrano suggerire l’opportunità di pensare alla comunità ecclesiale come luogo della comunione.
Ciò implica, in altri termini, un lavoro nelle comunità e nei gruppi non solo e non tanto nella logica del “fare” e della moltiplicazione di iniziative, ma in ordine alla costruzione di una condivisione vera. Questo passa certamente attraverso il diffondersi di luoghi e contesti di incontro e ascolto, e si traduce in una cura delle relazioni in Cristo: il “Vedi come si amano tra loro” (cfr. Tertulliano, Apologetico, 39, 7) costituisce ancora il segno più eloquente e potente del “tesoro in vasi di creta” di cui la Chiesa, senza suo merito, è depositaria: alcune affermazioni emerse soprattutto tra i giovani, e di cui sopra si è accennato, lasciano intuire la portata di una dinamica di amicizia che tende alla comunione (“Non conoscevo la Chiesa, ma se è questa ci sto anch’io”). Nello stesso solco, quello di una comunione tra diverse vocazioni, stati di vita, condizioni esistenziali e/o di salute, si collocano anche le parole dei migranti, dei malati e degli anziani, degli adulti (ma anche di chi ha scritto spontaneamente alla Segreteria).
In questo, appare ancora significativa la testimonianza personale: come fattore pedagogico per i più giovani, come veicolo di evangelizzazione e, al tempo stesso, come dimensione quotidiana del vivere cristiano alla quale anche gli adulti chiedono di essere continuamente formati ed educati, nella consapevolezza che l’orizzonte del cristiano e della Chiesa è il mondo intero.
Dietro al desiderio di comunione e di vicinanza traspare una grande sete di Dio, che non è meno forte in chi già Lo conosce: gli interventi raccolti sembrano invitare ad un rinnovato slancio nella proposta di momenti in cui il rapporto con Dio possa essere vissuto e coltivato. Nei resoconti scritti, ma anche in tanti feedback orali che abbiamo potuto raccogliere dai responsabili e/o da alcuni partecipanti ai gruppi, è fortissimo l’apprezzamento (e il senso di “scoperta”) rispetto alla proposta di forme di lectio divina e/o di ascolto e meditazione della Parola, di preghiera individuale e comunitaria, così come dell’Adorazione eucaristica.
Grati del percorso svolto fino a questo momento, e riconoscenti a tutti coloro che hanno voluto coinvolgersi nel percorso e condividere con noi quanto sperimentato e vissuto, consegniamo questo breve resoconto ai Pastori della Chiesa in spirito filiale di servizio.
Giorgia Pinelli, Don Pietro Adani, Don Stefano Borghi, Matteo Gandini.
(Dal sito della Diocesi, con qualche adattamento).
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Cronista di CR
Prima lettera alla Diocesi del nostro Vescovo
“UN CUOR SOLO E UN’ANIMA SOLA”, LETTERA DEL VESCOVO GIACOMO ALLA DIOCESI PER IL NUOVO ANNO PASTORALE
IN APERTURA DEL NUOVO ANNO PASTORALE L’ARCIVESCOVO GIACOMO MORANDI HA SCRITTO ALLA DIOCESI. IL VESCOVO STESSO HA PRESENTATO LA LETTERA SABATO 24 SETTEMBRE NELL’AMBITO DELLA CONVOCAZIONE ECCLESIALE DI AVVIO ANNO PASTORALE.
Sabato scorso la Chiesa di Reggio Emilia – Guastalla ha vissuto un’esperienza partecipata ed unificante con la consegna degli orientamenti pastorali da parte del vescovo Giacomo, seguita dalla celebrazione dell'Eucarestia.
L’Arcivescovo Morandi, ispirandosi all'icona celeberrima dell'Ospitalità di Abramo dipinta da Andrej Rublëv, ha indicato per l'anno pastorale 2022/2023 la prima Lettera di San Paolo apostolo ai Corinzi come libro biblico di riferimento.
Su La Libertà Tv è possibile rivedere i diversi momenti di questo appuntamento ecclesiale che diventerà abituale per il mese di settembre dei prossimi anni.
“CON QUESTA MIA PRIMA LETTERA VORREI RIVOLGERMI A VOI PER CONDIVIDERE ALCUNE MIE RIFLESSIONI MATURATE NEGLI INCONTRI DI QUESTI MESI. NON VUOLE ESSERE UNA LETTERA PASTORALE, QUANTO PIUTTOSTO UN’INDICAZIONE DI ALCUNI SPUNTI SPIRITUALI PER IL CAMMINO DI QUEST’ANNO”, ha precisato il vescovo Giacomo.
(Fonte. Testo rielaborato attingendo dal sito diocesano e dal settimanale diocesano “La Libertà”)
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Cronista di CR
Lutto nel clero
DIOCESI IN LUTTO PER LA MORTE DI DON FRANCESCO ALBERI
LA MESSA ESEQUIALE PRESIEDUTA DALL’ARCIVESCOVO GIACOMO MORANDI SARÀ CELEBRATA SABATO 1° OTTOBRE ALLE 9.30 NELLA CHIESA DI MASSENZATICO.
LA CHIESA DI REGGIO EMILIA-GUASTALLA È IN LUTTO PER LA MORTE DI DON FRANCESCO ALBERI, DAL 2015 COLLABORATORE NELL’UNITÀ PASTORALE “SAN PAOLO VI” COMPRENDENTE LE PARROCCHIE DI GAVASSA, MASSENZATICO, SAN PAOLO, SANTA CROCE E PRATOFONTANA.
Il sacerdote settantaquacinquenne è deceduto alle ore 5 di giovedì 29 settembre all’ospedale Franchini di Montecchio, dove era stato ricoverato da alcuni giorni. In precedenza era stato ospite della Casa della Carità San Giuseppe di Montecchio Emilia, dove era stato accolto nel maggio scorso. Nella Messa Crismale di quest’anno don Francesco ha festeggiato i 50 anni di ordinazione presbiterale; in quei giorni era già sofferente e poche settimane dopo aveva ricevuto la diagnosi della malattia che lo ha portato alla morte.
Francesco Alberi era nato il 1° gennaio 1947 a Cerrè Marabino (Toano) e aveva ricevuto l’ordinazione presbiterale il 29 giugno 1972. I primi incarichi pastorali lo videro come aiuto festivo in quell’anno stesso a Civago e vicario cooperatore a Rio Saliceto fino al 1975. Giunse allora per don Francesco la nomina a parroco di Costabona, dove rimase fino al 1987. Durante questo tempo fu pure inviato a Gova prima come vicario economo (1978-1982), quindi come parroco (1982-1987).
Nel 1987 don Alberi venne destinato come parroco a San Faustino di Rubiera, comunità a cui si aggiunsero in seguito Sant’Agata Casale – a partire dal 1992 – e Fontana dal 1994.
Dal 1974 al 2011, inoltre, don Francesco è stato un apprezzato insegnante di religione cattolica nelle scuole pubbliche.
Nel 2015, infine, era iniziata per don Francesco l’esperienza di collaboratore nelle parrocchie dell’unità pastorale che sarebbe stata poi intitolata a San Paolo VI, affiancando fedelmente il parroco don Luciano Pirondini.
La predicazione di don Alberi era impreziosita dalla sua lunga esperienza di insegnamento nelle scuole, con frasi brevi, una forte attenzione alla crescita dell’interiorità, un “feeling” immediato con i più piccoli come per gli anziani e la capacità di individuare i tratti essenziali per accompagnare i fedeli lungo l’anno liturgico.
Don Guerrino Franzoni sottolinea la grande disponibilità a collaborare del confratello, ricordando come, dopo i tanti anni trascorsi come parroco, don Francesco fosse lieto di avere più tempo da dedicare alla preghiera di intercessione per le molte persone che incontrava e alla sua passione per l’orto.
Nel corso della giornata di giovedì la salma di don Francesco viene trasferita nella chiesa di Massenzatico, dove alle ore 20.30 si recita il santo Rosario in suo suffragio, mentre venerdì alle 20.30 sarà celebrata la Messa.
Il funerale del sacerdote avrà luogo sempre nella chiesa di Massenzatico sabato 1° ottobre alle ore 9.30; sarà l’Arcivescovo Giacomo Morandi a presiedere la Messa delle esequie.
Successivamente la salma verrà portata per la sepoltura nel cimitero
- Fonte: sito della Diocesi -
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Cronista di CR
Festa di San Francesco
Festa di San Francesco con il Vescovo Morandi
In occasione della festa di san Francesco d’Assisi, patrono d’Italia, l’Arcivescovo Giacomo Morandi ha presieduto ieri 3 ottobre alle ore 21,00, come da antica consuetudine, il solenne Pontificale nella Concattedrale di Guastalla , mentre oggi martedì 4 ottobre alle ore 18.30 celebrerà nella chiesa dei Frati Cappuccini di Reggio Emilia, in entrambi i casi alla presenza delle autorità civili e militari.
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(dal sito diocesano, con adattamento)
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Cronista di CR
La grande gioia della Chiesa Reggiano-Guastallese
SANT’ARTEMIDE
DOMENICA 9 OTTOBRE Papa Francesco presiederà alle ore 10.15 sul Sagrato della Basilica di San Pietro la celebrazione eucaristica e il rito della canonizzazione dei beati Giovanni Battista Scalabrini e ARTEMIDE ZATTI, ORIGINARIO DI BORETTO.
(Dal sito diocesano)
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Cronista di CR
News diocesane
LA VISITA DELL’AMMALATO A DOMICILIO, PADRE ANGELO BRUSCO CAMILLIANO
“ERO AMMALATO E MI AVETE VISITATO…”
SABATO 22 OTTOBRE 2022, DALLE ORE 09:00 ALLE ORE 12:00, IN CENTRO PASTORALE “SACRO CUORE”, via mons. Baroni, 1 – (Baragalla) Reggio Emilia, l’Ufficio di Pastorale della Salute organizzerà l’incontro con padre Angelo Brusco camilliano con tema sulla visita dell’ammalato a domicilio.
Il programma dell’incontro è di seguito:
9.00 Accoglienza
9.30 Intervento di padre Brusco
10.30 Lavori di gruppo
11.15 Restituzione in assemblea
12.00 Conclusione
A causa della limitazione dei posti a disposizione (la sala contiene non più di 200 posti), è opportuna la prenotazione inviando una e-mail a: pastoraledellasalute.re@gmail.com
Angelo Brusco, religioso camilliano, è direttore del Centro Camilliano di Formazione di Verona. Docente emerito di psicologia pastorale, insegna counseling pastorale presso lo Studio Teologico “San Zeno” di Verona. Ha pubblicato numerose opere, tra cui: La relazione pastorale di aiuto, Camilliane (Torino); Affondare le radici, estendere i rami. Itinerari di crescita umana e spirituale, Camilliane (Torino); (in collaborazione con S. Pintor) Sulle orme di Cristo medico. Manuale di teologia pastorale della salute, EDB (Bologna); Attraversare il guado insieme. Accompagnamento psico-pastorale del malato, (Grabrielli Editori).
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(Dal sito diocesano)
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Cronista di CR
Giornata missionaria
VEGLIA MISSIONARIA DIOCESANA
SABATO 22 OTTOBRE ALLE ORE 21 NELLA CHIESA DI SAN PIETRO A CORREGGIO, IL VESCOVO GIACOMO MORANDI PRESIEDE LA VEGLIA MISSIONARIA DIOCESANA.
NEL CORSO DELLA SERATA INTERVERRANNO DON GABRIELE CARLOTTI, MISSIONARIO IN AMAZZONIA E ENRICA SALSI, MISSIONARIA IN MADAGASCAR.
La Veglia è un momento di preparazione e preghiera per la Giornata Missionaria Mondiale che si celebra domenica 23 ottobre nelle parrocchie.
Il tema scelto per la Giornata Missionaria di quest’anno è “Di me sarete testimoni” (At 1,8).
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(Dal sito diocesano)
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Cronista di CR
News diocesane
CATECHESI BIBLICHE PER I GIOVANI
SONO RIPRESE LE CATECHESI BIBLICHE MENSILI PER I GIOVANI 19-30 ANNI, GIUNTE ORMAI ALLA QUINTA EDIZIONE.
Un venerdì al mese, nell’arco di un’ora, in un clima di ascolto, si attraversano le narrazioni bibliche traendone spunti e provocazioni per la vita personale. Il vertice di ogni serata sono gli ultimi dieci minuti di adorazione silenziosa, dove davanti al Signore si lascia risuonare la Sua Parola.
Un gruppo di giovani anima coi canti la serata e, a seguire, prepara un momento di fraternità con qualcosa da bere e da mangiare, per chi volesse concludere in chiacchiera, vivendo l’amicizia che nasce dall’appartenenza ad un unico popolo.
Gli incontri si svolgono nella chiesa di Sant’Anselmo (conosciuta anche come Buco del Signore), in via Martiri di Cervarolo 49 a Reggio Emilia alle 20.45
Le catechesi bibliche mensili sono pensate per gustare e pregare la Parola di Dio, e per dare la possibilità di costruire un cammino annuale e continuativo, in particolare per quei giovani (sia gruppi che singoli) che non hanno possibilità di vivere occasioni di questo tipo nelle loro comunità.
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(Dal sito diocesano)
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