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Discussione: Viaggio Apostolico del Papa nella Rep. Dem. del Congo e in Sud Sudan (31/1-05/2/2023)

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    Viaggio Apostolico di Sua Santità Francesco nella Repubblica Democratica del Congo e in Sud Sudan (Pellegrinaggio Ecumenico di Pace in Sud Sudan) (31 gennaio - 5 febbraio 2023) – Preghiera Ecumenica presso il Mausoleo “John Garang”, 04.02.2023


    Preghiera Ecumenica presso il Mausoleo “John Garang”

    […].

    Questo pomeriggio, presso il Mausoleo “John Garang” di Giuba, ha avuto luogo la Preghiera Ecumenica.

    Dopo il saluto liturgico e una breve introduzione del Rev. Thomas Tut Puot Mut, Presidente della South Sudan Council of Churches (SSCC), si è svolto l’Atto Penitenziale, seguito dall’Orazione, dalla Prima Lettura e dalla Lettura del Vangelo.

    Quindi, dopo l’allocuzione dell’Arcivescovo di Canterbury, Sua Grazia Justin Welby, e l’introduzione del Moderatore dell’Assemblea Generale della Chiesa di Scozia, il Pastore Iain Greenshields, è stato recitato il Simbolo degli Apostoli. Ha quindi avuto luogo la preghiera d’intercessione e di misericordia per la nazione nel corso della quale ogni lettore ha versato l’acqua sugli alberi piantati in precedenza come atto di unità.

    Il Santo Padre Francesco ha pronunciato poi il Suo discorso a cui è seguita la recita del Padre Nostro, la benedizione dei tre leaders religiosi e il canto finale. Secondo le autorità locali hanno partecipato alla Preghiera Ecumenica presso il Mausoleo “John Garang” oltre 50.000 persone.

    Al termine, il Papa è rientrato in auto alla Nunziatura Apostolica dove ha cenato in privato.

    Pubblichiamo di seguito il discorso che il Santo Padre ha pronunciato nel corso della Preghiera Ecumenica:

    Discorso del Santo Padre

    Signor Presidente della Repubblica,
    Distinte Autorità religiose e civili,
    Cari fratelli e sorelle!

    Da questa terra amata e martoriata si sono appena levate al Cielo tante preghiere: voci diverse si sono unite, formando una sola voce. Insieme, come Popolo santo di Dio, abbiamo pregato per questo popolo ferito. In quanto cristiani, pregare è la prima e più importante cosa che siamo chiamati a fare per poter bene operare e avere la forza di camminare. Pregare, operare e camminare: riflettiamo su questi tre verbi.

    Pregare, anzitutto. Il grande impegno delle comunità cristiane nella promozione umana, nella solidarietà e nella pace sarebbe vano senza la preghiera. Infatti, non possiamo promuovere la pace senza aver prima invocato Gesù, «Principe della pace» (Is 9,5). Ciò che facciamo per gli altri e condividiamo con gli altri è anzitutto dono gratuito che riceviamo a mani vuote da Lui: è grazia, pura grazia. Siamo cristiani perché gratuitamente amati da Cristo.

    Stamani mi sono ispirato alla figura di Mosè e ora, proprio in relazione alla preghiera, vorrei rievocare un episodio decisivo per lui e per il suo popolo, avvenuto quando aveva appena iniziato ad accompagnarlo nel cammino verso la libertà. Giunti presso le rive del mar Rosso, si presenta ai suoi occhi e a quelli di tutti gli Israeliti una scena drammatica: davanti si staglia la barriera invalicabile delle acque; dietro sta sopraggiungendo l’esercito nemico, con carri e cavalli. Ciò non richiama forse i primi passi di questo Paese, assalito sia da acque di morte, come quelle delle disastrose inondazioni che l’hanno colpito, sia da una violenza bellica efferata? Ebbene, in quella situazione disperata Mosè dice al popolo: «Non abbiate paura! Siate forti e vedrete la salvezza del Signore» (Es 14,13). Ora mi chiedo: da dove veniva a Mosè una simile certezza, mentre il suo popolo continuava a lamentarsi impaurito? Questa forza gli veniva dall’ascolto del Signore (cfr vv. 2-4), che gli aveva promesso di manifestare la sua gloria. L’unione con Lui, la fiducia in Lui coltivata nella preghiera, era il segreto con il quale Mosè ha potuto accompagnare il popolo dall’oppressione alla libertà.

    È così anche per noi: pregare dà la forza di andare avanti, di superare i timori, di intravedere, anche nelle oscurità, la salvezza che Dio prepara. Di più, la preghiera attira la salvezza di Dio sul popolo. La preghiera di intercessione, che caratterizzò la vita di Mosè (cfr Es 32,11-14), è quella a cui siamo tenuti soprattutto noi, Pastori del Popolo santo di Dio. Affinché il Signore della pace intervenga laddove gli uomini non riescono a costruirla, occorre la preghiera: una tenace, costante preghiera di intercessione. Fratelli, sorelle, sosteniamoci in questo: nelle nostre diverse Confessioni sentiamoci uniti tra noi, come un’unica famiglia; e sentiamoci incaricati di pregare per tutti. Nelle nostre parrocchie, chiese, assemblee di culto e di lode preghiamo assidui e concordi (cfr At 1,14) perché il Sud Sudan, come il popolo di Dio nella Scrittura, “raggiunga la terra promessa”: disponga serenamente ed equamente della terra fertile e ricca che possiede e sia colmato di quella pace promessa ma purtroppo ancora non giunta.

    Proprio per la causa della pace siamo chiamati, in secondo luogo, a operare.Perché Gesù ci vuole «operatori di pace» (Mt 5,9), vuole che la sua Chiesa non sia solo segno e strumento dell’intima unione con Dio, ma anche dell’unità di tutto il genere umano (cfr Lumen gentium, 1). Cristo, infatti, come ricorda l’Apostolo Paolo, «è la nostra pace» precisamente nel senso del ristabilimento dell’unità: Egli è colui che “fa di due una cosa sola, abbattendo i muri di separazione, l’inimicizia” (cfr Ef 2,14). Ecco la pace di Dio: non solo una tregua tra i conflitti, ma una comunione fraterna, che viene dal congiungere, non dall’assorbire; dal perdonare, non dal sovrastare; dal riconciliarsi, non dall’imporsi. Talmente grande è il desiderio di pace del Cielo, che fu annunciato già al momento della nascita di Cristo: «sulla terra, pace agli uomini, che egli ama» (Lc 2,14). E tanta fu l’angoscia di Gesù per il rifiuto di questo dono che veniva a portare, che Egli pianse su Gerusalemme, dicendo: «Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace!» (Lc 19,42).

    Noi, cari fratelli e sorelle, operiamo senza stancarci per questa pace, che lo Spirito di Gesù e del Padre ci invita a costruire: una pace che integra le diversità, che promuove l’unità nella pluralità. Questa è la pace dello Spirito Santo, il quale armonizza le differenze, mentre lo spirito nemico di Dio e dell’uomo fa leva sulle diversità per dividere. Al riguardo, la Scrittura dice: «In questo si distinguono i figli di Dio dai figli del diavolo: chi non pratica la giustizia non è da Dio, e neppure lo è chi non ama il suo fratello» (1 Gv 3,10). Carissimi, chi si dice cristiano deve scegliere da che parte stare. Chi segue Cristo sceglie la pace, sempre; chi scatena guerra e violenza tradisce il Signore e rinnega il suo Vangelo. Lo stile che Gesù ci insegna è chiaro: amare tutti, in quanto tutti sono amati come figli dal Padre comune che è nei cieli. L’amore del cristiano non è solo per i vicini, ma per ognuno, perché ciascuno in Gesù è nostro prossimo, fratello e sorella, persino il nemico (cfr Mt 5,38-48); a maggior ragione quanti appartengono al nostro stesso popolo, anche se di etnia diversa. «Che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi» (Gv 15,12): questo è il comandamento di Gesù, che contraddice ogni visione tribale della religione. Che «tutti siano una sola cosa» (Gv 17,21): questa è l’accorata preghiera di Gesù al Padre per tutti noi credenti.

    Adoperiamoci, fratelli e sorelle, per questa unità fraterna tra noi cristiani e aiutiamoci a far passare il messaggio della pace nella società, a diffondere lo stile di non violenza di Gesù, perché in chi si professa credente non vi sia più spazio per una cultura basata sullo spirito di vendetta; perché il Vangelo non sia solo un bel discorso religioso, ma una profezia che diventa realtà nella storia. Operiamo per questo: lavoriamo per la pace tessendo e ricucendo, mai tagliando e o strappando. Seguiamo Gesù e, dietro a Lui, muoviamo passi comuni sulla via della pace (cfr Lc 1,79).

    Ecco allora il terzo verbo: dopo pregare e operare, camminare. Qui, lungo i decenni, le comunità cristiane si sono fortemente impegnate nel promuovere percorsi di riconciliazione. Io vorrei ringraziarvi per questa luminosa testimonianza di fede, nata dal riconoscere non solo a parole, ma nei fatti, che prima delle divisioni storiche c’è una realtà immutabile: siamo cristiani, siamo di Cristo. È bello che, in mezzo a tanta conflittualità, l’appartenenza cristiana non abbia mai disgregato la popolazione, ma è stata, ed è tuttora, fattore di unità. L’eredità ecumenica del Sud Sudan è un tesoro prezioso, una lode al nome di Gesù, un atto di amore alla Chiesa sua sposa, un esempio universale per il cammino di unità dei cristiani. È un’eredità che va custodita nel medesimo spirito: le divisioni ecclesiali dei secoli passati non si ripercuotano su chi viene evangelizzato, ma la semina del Vangelo contribuisca a diffondere una maggiore unità. Il tribalismo e la faziosità che alimentano le violenze nel Paese non intacchino i rapporti interconfessionali; al contrario, la testimonianza di unità dei credenti si riversi sul popolo.

    In questo senso, per finire, vorrei suggerire due parole-chiave per il prosieguo del nostro cammino: memoria e impegno. Memoria: i passi che fate ricalcano le orme dei predecessori. Non abbiate timore di non esserne all’altezza, sentitevi invece sospinti da chi vi ha preparato la strada: come in una staffetta, raccoglietene il testimone per affrettare il raggiungimento del traguardo di una comunione piena e visibile. E poi impegno: si cammina verso l’unità quando l’amore è concreto, quando insieme si soccorre chi sta ai margini, chi è ferito e scartato. Voi già lo fate in tanti campi, penso in particolare a quelli della sanità, dell’istruzione, della carità: quanti aiuti urgenti e indispensabili portate alla popolazione! Grazie per questo. Continuate così: mai concorrenti, ma familiari; fratelli e sorelle che, attraverso la compassione per i sofferenti, i prediletti di Gesù, danno gloria a Dio e testimoniano la comunione che Egli ama.

    Carissimi, i miei fratelli e io siamo giunti pellegrini in mezzo a voi, Popolo santo di Dio in cammino. Anche se distanti fisicamente, vi saremo sempre vicini. Ripartiamo ogni giorno dal pregare gli uni per gli altri e con gli altri, dall’operare insieme come testimoni e mediatori della pace di Gesù, dal camminare sulla stessa strada, muovendo passi concreti di carità e di unità. In tutto, amiamoci intensamente, e di vero cuore (cfr 1 Pt 1,22).

    [00171-IT.02] [Testo originale: Italiano]

    […].

    [B0108-XX.02]


    [Fonte, dal Bollettino quotidiano del: 04.02.2023 della Sala Stampa della Santa Sede.
    © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana.
    Citazioni bibliche:
    La Sacra Bibbia, Conferenza Episcopale Italiana, Fondazione di Religione Santi Francesco d’Assisi e Caterina da Siena, 2008].
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    ad fídei claritátem per mystérium incarnatiónis addúxit».




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    Viaggio Apostolico di Sua Santità Francesco nella Repubblica Democratica del Congo e in Sud Sudan (Pellegrinaggio Ecumenico di Pace in Sud Sudan) (31 gennaio - 5 febbraio 2023) – Santa Messa presso il complesso del Mausoleo “John Garang”, 05.02.2023


    Santa Messa presso il complesso del Mausoleo “John Garang”

    […].

    Questa mattina, dopo essersi congedato dal personale e dai benefattori della Nunziatura Apostolica di Giuba, il Santo Padre Francesco si è trasferito in auto al Mausoleo “John Garang” per la Santa Messa.

    Al Suo arrivo, dopo aver effettuato il cambio di vettura, il Santo Padre ha compiuto alcuni giri in papamobile tra i fedeli insieme a S.E. Mons. Stephen Ameyu Martin Mulla, Arcivescovo di Giuba. e, alle ore 8.30 locali (7.30 ora di Roma) ha presieduto la Celebrazione Eucaristica in lingua inglese, nella V Domenica del tempo ordinario.

    Nel corso della Santa Messa, dopo la proclamazione del Vangelo, il Santo Padre ha pronunciato l’omelia.

    Al termine, dopo l’indirizzo di omaggio dell’Arcivescovo di Giuba e prima della benedizione finale, Papa Francesco ha rivolto agli oltre 100.000 fedeli e pellegrini presenti al Mausoleo per la Santa Messa un saluto finale e alcune parole di ringraziamento.

    Quindi il Santo Padre si è trasferito in auto all’Aeroporto Internazionale di Giuba per il congedo dal Sud Sudan.

    Pubblichiamo di seguito l’omelia e il saluto finale che il Papa ha pronunciato nel corso della Santa Messa:

    Omelia del Santo Padre

    […].

    Testo in lingua italiana

    Le parole che l’Apostolo Paolo ha rivolto alla comunità di Corinto nella seconda Lettura, vorrei oggi farle mie e ripeterle davanti a voi: «Quando venni tra voi, non mi presentai ad annunciarvi il mistero di Dio con l’eccellenza della parola o della sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso» (1 Cor 2,1-2). Sì, la trepidazione di Paolo è anche la mia, nel trovarmi qui con voi nel nome di Gesù Cristo, il Dio dell’amore, il Dio che ha realizzato la pace attraverso la sua croce; Gesù, Dio crocifisso per tutti noi; Gesù, crocifisso in chi soffre; Gesù, crocifisso nella vita di tanti di voi, in molte persone di questo Paese; Gesù il Risorto, vincitore sul male e sulla morte. Vengo a voi a proclamarvi Lui, a confermarvi in Lui, perché l’annuncio di Cristo è annuncio di speranza: Egli, infatti, conosce le angosce e le attese che portate nel cuore, le gioie e le fatiche che segnano la vostra vita, le tenebre che vi opprimono e la fede che, come un canto nella notte, levate al Cielo. Gesù vi conosce e vi ama; se rimaniamo in Lui, non dobbiamo temere, perché anche per noi ogni croce si trasformerà in risurrezione, ogni tristezza in speranza, ogni lamento in danza.

    Vorrei dunque soffermarmi sulle parole di vita che il nostro Signore Gesù ci ha rivolto oggi nel Vangelo: «Voi siete il sale della terra […]. Voi siete la luce del mondo» (Mt 5,13.14). Che cosa dicono queste immagini a noi, discepoli di Cristo?

    Anzitutto, siamo sale della terra. Il sale serve a dare sapore al cibo. È l’ingrediente invisibile che dà gusto a tutto. Proprio per questo, fin dai tempi antichi, è stato visto come simbolo della sapienza, cioè di quella virtù che non si vede, ma che dà gusto al vivere e senza la quale l’esistenza diventa insipida, senza sapore. Ma di quale sapienza ci parla Gesù? Egli utilizza questa immagine del sale subito dopo aver proclamato ai suoi discepoli le Beatitudini: capiamo allora che sono esse il sale della vita del cristiano. Le Beatitudini, infatti, portano in terra la sapienza del Cielo: rivoluzionano i criteri del mondo e del modo comune di pensare. E che cosa dicono? In poche parole, affermano che per essere beati, cioè pienamente felici, non dobbiamo cercare di essere forti, ricchi e potenti, bensì umili, miti, misericordiosi; non fare del male a nessuno, ma essere operatori di pace per tutti. Questa – dice Gesù – è la sapienza del discepolo, è ciò che dà sapore alla terra che abitiamo. Ricordiamoci: se mettiamo in pratica le Beatitudini, se incarniamo la sapienza di Cristo, non diamo un buon sapore solo alla nostra vita, ma anche alla società, al Paese dove viviamo.

    Ma il sale, oltre a dare sapore, ha un’altra funzione, essenziale ai tempi di Cristo: conservare i cibi perché non si corrompano, diventando avariati. La Bibbia, però, diceva che c’era un “cibo”, un bene essenziale che andava conservato prima di ogni altro: l’alleanza con Dio. Perciò a quei tempi, ogni volta che si faceva un’offerta al Signore, si metteva un po’ di sale. Ascoltiamo infatti che cosa dice la Scrittura in proposito: «Nella tua oblazione non lascerai mancare il sale dell’alleanza del tuo Dio; sopra ogni tua offerta porrai del sale» (Lv 2,13). Così il sale ricordava il bisogno primario di custodire il legame con Dio, perché Lui è fedele a noi, la sua alleanza con noi è incorruttibile, inviolabile e duratura (cfr Nm 18,19; 2 Cr 13,5). Perciò il discepolo di Gesù, in quanto sale della terra, è testimone dell’alleanza che Lui ha realizzato e che celebriamo in ogni Messa: un’alleanza nuova, eterna, infrangibile (cfr 1 Cor 11,25; Eb 9), un amore per noi che non può essere incrinato neanche dalle nostre infedeltà.

    Fratelli, sorelle, siamo testimoni di questa meraviglia. Anticamente, quando delle persone o dei popoli stabilivano tra loro un’amicizia, spesso la stipulavano scambiandosi un po’ di sale; noi che siamo sale della terra, siamo chiamati a testimoniare l’alleanza con Dio nella gioia, con gratitudine, mostrando di essere persone capaci di creare legami di amicizia, di vivere la fraternità, di costruire buone relazioni umane, per impedire che prevalgano la corruzione del male, il morbo delle divisioni, la sporcizia degli affari iniqui, la piaga dell’ingiustizia.

    Oggi vorrei ringraziarvi perché siete sale della terra in questo Paese. Eppure, dinanzi a tante ferite, alle violenze che alimentano il veleno dell’odio, all’iniquità che provoca miseria e povertà, potrebbe sembrarvi di essere piccoli e impotenti. Ma, quando vi assale la tentazione di sentirvi inadeguati, provate a guardare al sale e ai suoi granelli minuscoli: è un piccolo ingrediente e, una volta messo sopra un piatto, scompare, si scioglie, però è proprio così che dà sapore a tutto il contenuto. Così, noi cristiani, pur essendo fragili e piccoli, anche quando le nostre forze ci paiono poca cosa di fronte alla grandezza dei problemi e alla furia cieca della violenza, possiamo offrire un contributo decisivo per cambiare la storia. Gesù desidera che lo facciamo come il sale: ne basta un pizzico che si scioglie per dare un sapore diverso all’insieme. Allora non possiamo tirarci indietro, perché senza quel poco, senza il nostro poco, tutto perde gusto. Iniziamo proprio dal poco, dall’essenziale, da ciò che non compare sui libri di storia ma cambia la storia: nel nome di Gesù, delle sue Beatitudini, deponiamo le armi dell’odio e della vendetta per imbracciare la preghiera e la carità; superiamo quelle antipatie e avversioni che, nel tempo, sono diventate croniche e rischiano di contrapporre le tribù e le etnie; impariamo a mettere sulle ferite il sale del perdono, che brucia ma guarisce. E, anche se il cuore sanguina per i torti ricevuti, rinunciamo una volta per tutte a rispondere al male con il male, e staremo bene dentro; accogliamoci e amiamoci con sincerità e generosità, come fa Dio con noi. Custodiamo il bene che siamo, non lasciamoci corrompere dal male!

    Passiamo alla seconda immagine usata da Gesù, la luce: Voi siete la luce del mondo. Una famosa profezia diceva di Israele: «Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra» (Is 49,6). Ora la profezia si è compiuta, perché Dio Padre ha inviato il suo Figlio, ed è Lui la luce del mondo (cfr Gv 8,12), la luce vera che illumina ogni uomo e ogni popolo, la luce che splende nelle tenebre e dissipa le nubi di qualsiasi oscurità (cfr Gv 1,5.9). Ma lo stesso Gesù, luce del mondo, dice ai suoi discepoli che anche loro sono luce del mondo. Ciò vuol dire che noi, accogliendo la luce di Cristo, la luce che è Cristo, diventiamo luminosi, irradiamo la luce di Dio!

    Gesù aggiunge: «Non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa» (Mt 5,15). Si tratta anche in questo caso di immagini familiari a quei tempi: diversi villaggi in Galilea erano sulle colline, ben visibili da lontano; e le lampade, nelle case, erano poste in alto perché facessero luce in tutti gli angoli della stanza; poi, quando dovevano essere spente, si coprivano con un oggetto di terracotta chiamato “moggio”, che faceva mancare l’ossigeno alla fiamma fino a estinguerla.

    Fratelli e sorelle, l’invito di Gesù ad essere luce del mondo è chiaro: noi, che siamo suoi discepoli, siamo chiamati a splendere come una città posta in alto, come un lucerniere la cui fiamma non deve essere mai spenta. In altre parole, prima di preoccuparci delle tenebre che ci circondano, prima di sperare che qualcosa attorno si rischiari, siamo tenuti a brillare, a illuminare con la nostra vita e con le nostre opere le città, i villaggi e i luoghi che abitiamo, le persone che frequentiamo, le attività che portiamo avanti. Il Signore ce ne dà la forza, la forza di essere luce in Lui, per tutti; perché tutti devono poter vedere le nostre opere buone e, vedendole – ci ricorda Gesù –, si apriranno con stupore a Dio e gli daranno gloria (cfr v. 16): se viviamo come figli e fratelli sulla terra la gente scoprirà di avere un Padre nei cieli. A noi è dunque chiesto di ardere d’amore: non accada che la nostra luce si spenga, che dalla nostra vita scompaia l’ossigeno della carità, che le opere del male tolgano aria pura alla nostra testimonianza. Questa terra, bellissima e martoriata, ha bisogno della luce che ciascuno di voi ha, o meglio, della luce che ognuno di voi è!

    Carissimi, vi auguro di essere sale che si sparge e si scioglie con generosità per insaporire il Sud Sudan con il gusto fraterno del Vangelo; di essere comunità cristiane luminose che, come città poste in alto, gettino una luce di bene su tutti e mostrino che è bello e possibile vivere la gratuità, avere speranza, costruire tutti insieme un futuro riconciliato. Fratelli e sorelle, sono con voi e vi auguro di sperimentare la gioia del Vangelo, il sapore e la luce che il Signore, «il Dio della pace» (Fil 4,9), il «Dio di ogni consolazione» (2 Cor 1,3), vuole effondere su ciascuno di voi.

    [00172-IT.02] [Testo originale: Italiano]

    […].

    Saluto finale del Santo Padre al termine della Messa

    […].

    Testo in lingua italiana

    Grazie, caro Fratello Stephen, per queste parole. Saluto il Signor Presidente della Repubblica insieme a tutte le Autorità civili e religiose presenti. Sono ormai giunto alla conclusione di questo pellegrinaggio in mezzo a voi e desidero esprimere riconoscenza per l’accoglienza ricevuta e per tutto il lavoro svolto per preparare questa visita, che era una visita fraterna in tre.

    Sono grato a tutti voi, fratelli e sorelle che siete accorsi qui numerosi da diverse parti, molti facendo tante ore se non giorni di strada! Oltre che per l’affetto che mi avete manifestato, vi ringrazio per la vostra fede, per la vostra pazienza, per tutto il bene che fate e per le fatiche che offrite a Dio senza scoraggiarvi, sapendo andare avanti. In Sud Sudan c’è una Chiesa coraggiosa, imparentata con quella del Sudan, come ci ricordava l’Arcivescovo, il quale ha menzionato la figura di santa Giuseppina Bakhita: una grande donna, che con la grazia di Dio ha trasformato in speranza la sofferenza patita. «La speranza, che era nata per lei e l’aveva “redenta”, non poteva tenerla per sé; questa speranza doveva raggiungere molti, raggiungere tutti», ha scritto Benedetto XVI (Lett. enc. Spe salvi, 3). Speranza è la parola che vorrei lasciare a ciascuno di voi, come un dono da condividere, come un seme che porti frutto. Come ci ricorda la figura di santa Giuseppina, la speranza, qui specialmente, è nel segno della donna e vorrei ringraziare e benedire in modo speciale tutte le donne del Paese.

    Alla speranza vorrei associare un’altra parola, la parola di questi giorni: pace. Con i miei Fratelli Justin e Iain, che ringrazio di cuore, siamo venuti qui e continueremo ad accompagnare i vostri passi, tutti e tre insieme, facendo tutto quello che possiamo perché siano passi di pace, passi verso la pace. Vorrei affidare questo cammino di tutto il popolo con noi tre, questo cammino della riconciliazione e della pace a un’altra donna. È la nostra tenerissima Madre Maria, la Regina della pace. Ci ha accompagnato con la sua presenza premurosa e silenziosa. A lei, che ora preghiamo, affidiamo la causa della pace in Sud Sudan e nell’intero Continente africano. Alla Madonna affidiamo anche la pace nel mondo, in particolare i numerosi Paesi che si trovano in guerra, come la martoriata Ucraina.

    Carissimi fratelli e sorelle, torniamo, ognuno di noi tre, alla propria sede, portandovi ancora di più nel cuore. Lo ripeto: siete nel nostro cuore, siete nei nostri cuori, siete nei cuori dei cristiani di tutto il mondo! Non perdete mai la speranza. E non si perda l’occasione di costruire la pace. La speranza e la pace dimorino in voi, la speranza e la pace dimorino in Sud Sudan!

    [00173-IT.02] [Testo originale: Italiano]

    […].

    [B0109-XX.02]


    [Fonte, dal Bollettino quotidiano del: 05.02.2023 della Sala Stampa della Santa Sede.
    © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana.
    Citazioni bibliche:
    La Sacra Bibbia, Conferenza Episcopale Italiana, Fondazione di Religione Santi Francesco d’Assisi e Caterina da Siena, 2008].
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    Viaggio Apostolico di Sua Santità Francesco nella Repubblica Democratica del Congo e in Sud Sudan (Pellegrinaggio Ecumenico di Pace in Sud Sudan) (31 gennaio - 5 febbraio 2023) – Cerimonia di congedo dal Sud Sudan, Telegramma al Presidente della Repubblica del Sud Sudan e Telegrammi ai Capi di Stato, 05.02.2023



    […].

    Cerimonia di congedo dal Sud Sudan presso l’Aeroporto Internazionale di Giuba

    Questa mattina, al termine della Santa Messa presso il complesso del Mausoleo “John Garang”, il Santo Padre Francesco si è trasferito all’Aeroporto Internazionale di Giuba per la Cerimonia di congedo dal Sud Sudan.

    Al Suo arrivo, insieme all’Arcivescovo di Canterbury, Sua Grazia Justin Welby, e al Moderatore dell’Assemblea Generale della Chiesa di Scozia, il Pastore Iain Greenshields, il Papa è stato accolto dal Presidente della Repubblica, S.E. il Sig. Salva Kiir Mayardit, all’ingresso della VIP Lounge dove ha avuto luogo un breve incontro in privato. Quindi, dopo il saluto delle Delegazioni e la Guardia d’Onore, Papa Francesco è salito a bordo di un A359/ITA Airways per far rientro in Italia.

    L’aereo con a bordo il Santo Padre di ritorno dal Viaggio Apostolico nella Repubblica Democratica del Congo e dal Pellegrinaggio Ecumenico di Pace in Sud Sudan, decollato dall’Aeroporto Internazionale di Giuba alle ore 11.56 locali (10.56 ora di Roma), è atterrato all’Aeroporto Internazionale Leonardo da Vinci di Roma Fiumicino alle ore 16.49.

    [00202-IT.01]

    Telegramma al Presidente della Repubblica del Sud Sudan

    Subito dopo la partenza in aereo da Giuba, il Santo Padre Francesco ha fatto pervenire al Presidente della Repubblica del Sud Sudan, S.E. il Sig. Salva Kiir Mayardit, il seguente telegramma:

    HIS EXCELLENCY SALVA KIIR MAYARDIT
    PRESIDENT OF THE REPUBLIC OF SOUTH SUDAN
    JUBA

    AS I LEAVE SOUTH SUDAN AT THE CONCLUSION OF MY ECUMENICAL PILGRIMAGE OF PEACE, I WISH TO EXPRESS MY HEARTFELT GRATITUDE TO YOUR EXCELLENCY, THE CIVIL AUTHORITIES AND THE BELOVED PEOPLE OF SOUTH SUDAN FOR YOUR WARM WELCOME AND HOSPITALITY. WITH RENEWED ASSURANCES OF MY PRAYERS, I INVOKE UPON THE NATION THE ABUNDANT BLESSINGS OF ALMIGHTY GOD.

    FRANCISCUS PP.

    [00193-EN.01] [Original text: English]

    Telegrammi ai Capi di Stato nel volo aereo da Giuba a Roma

    Nel corso del viaggio aereo da Giuba a Roma, sorvolando il Sudan, l’Egitto, la Grecia e rientrando infine in Italia, Papa Francesco ha fatto pervenire ai rispettivi Capi di Stato i seguenti telegrammi:

    Sorvolo Sudan

    HIS EXCELLENCY ABDEL-FATTAH AL BURHAN
    CHAIRMAN OF THE TRANSITIONAL SOVEREIGNTY COUNCIL OF THE REPUBLIC OF THE SUDAN
    KHARTOUM

    AS MY RETURN FLIGHT FROM SOUTH SUDAN TAKES ME OVER YOUR COUNTRY, I SEND CORDIAL GREETINGS TO YOUR EXCELLENCY AND YOUR FELLOW CITIZENS. IN OFFERING THE ASSURANCE OF A REMEMBRANCE IN MY PRAYERS FOR ALL OF YOU, I WILLINGLY INVOKE THE DIVINE BLESSINGS OF PEACE AND HARMONY UPON THE NATION.

    FRANCISCUS PP.

    [00194-EN.01] [Original text: English]

    Sorvolo Egitto

    HIS EXCELLENCY ABDEL FATTAH EL-SISI
    PRESIDENT OF THE ARAB REPUBLIC OF EGYPT
    CAIRO

    I SEND GREETINGS TO YOUR EXCELLENCY AND THE PEOPLE OF EGYPT AS MY RETURN FLIGHT FROM SOUTH SUDAN TAKES ME OVER YOUR COUNTRY. ENTRUSTING THE NATION TO THE PROVIDENCE OF THE ALMIGHTY, I WILLINGLY INVOKE UPON ALL OF YOU THE DIVINE BLESSINGS OF FRATERNITY AND PEACE.

    FRANCISCUS PP.

    [00195-EN.01] [Original text: English]

    Sorvolo Grecia

    HER EXCELLENCY KATERINA SAKELLAROPOULOU
    PRESIDENT OF THE HELLENIC REPUBLIC
    ATHENS

    AS I FLY THROUGH GREEK AIRSPACE ON MY RETURN JOURNEY TO ROME FROM SOUTH SUDAN, I SEND CORDIAL GREETINGS TO YOUR EXCELLENCY AND YOUR FELLOW CITIZENS. WITH THE ASSURANCE OF MY PRAYERS, I INVOKE UPON THE NATION AND ALL ITS PEOPLE ALMIGHTY GOD’S BLESSINGS OF PEACE AND PROSPERITY.

    FRANCISCUS PP.

    [00196-EN.01] [Original text: English]

    Italia – arrivo

    A SUA ECCELLENZA
    ON. SERGIO MATTARELLA
    PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA
    PALAZZO DEL QUIRINALE
    ROMA

    AL RIENTRO DAL MIO VIAGGIO APOSTOLICO NELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO E IN SUD SUDAN, DOVE HO AVUTO LA POSSIBILITA’ DI INCONTRARE POPOLI ANCORATI A SALDE TRADIZIONI SPIRITUALI E ANSIOSI DI TROVARE FINALMENTE PACE E GIUSTIZIA, FORMULO DI CUORE PER LEI, SIGNOR PRESIDENTE, E PER LA DILETTA NAZIONE ITALIANA UN CORDIALE AUSPICIO DI SERENITA’ ASSICURANDO LA MIA COSTANTE PREGHIERA.

    FRANCISCUS PP.

    [00197-IT.01] [Testo originale: Italiano]

    [B0110-XX.02]


    [Fonte, dal Bollettino quotidiano del: 05.02.2023 della Sala Stampa della Santa Sede].
    «Genus humánum, in ténebris ámbulans,
    ad fídei claritátem per mystérium incarnatiónis addúxit».




  7. #97

  8. #98
    Cronista di CR L'avatar di Laudato Si’
    Data Registrazione
    Jan 2020
    Località
    Bergamo.
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    Questo pomeriggio, di ritorno dalla Repubblica Democratica del Congo e dal Pellegrinaggio Ecumenico di Pace in Sud Sudan, come di consueto al termine di ogni Viaggio Apostolico, Papa Francesco si è recato alla Basilica di Santa Maria Maggiore, sostando in preghiera davanti all’icona della Vergine Salus Populi Romani. Quindi, al termine della visita, ha fatto rientro in Vaticano.


    [Fonte, dal sito della Sala Stampa della Santa Sede].
    «Genus humánum, in ténebris ámbulans,
    ad fídei claritátem per mystérium incarnatiónis addúxit».




  9. #99
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    ad fídei claritátem per mystérium incarnatiónis addúxit».




  10. #100

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