Lo Staff del Forum dichiara la propria fedeltà al Magistero. Se, per qualche svista o disattenzione, dovessimo incorrere in qualche errore o inesattezza, accettiamo fin da ora, con filiale ubbidienza, quanto la Santa Chiesa giudica e insegna. Le affermazioni dei singoli forumisti non rappresentano in alcun modo la posizione del forum, e quindi dello Staff, che ospita tutti gli interventi non esplicitamente contrari al Regolamento di CR (dalla Magna Charta). O Maria concepita senza peccato prega per noi che ricorriamo a Te.
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Discussione: Omelie, discorsi e messaggi di Papa Francesco.

  1. #111
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    DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
    ALL'ASSEMBLEA GENERALE DELLA
    "UNIÓN MUNDIAL DE LAS ORGANIZACIONES FEMENINAS CATÓLICAS" (UMOFC)


    Aula Paolo VI
    Sabato, 13 maggio 2023


    Do il benvenuto a voi e a quante seguono la trasmissione da remoto, donne che fate parte della Unión Mundial de Organizaciones Femeninas Católicas, venute da diverse parti del mondo con i vostri familiari, per impregnarsi dello spirito ecclesiale e poter tornare con maggiore entusiasmo ai vostri luoghi di provenienza. A tutte porgo il mio più cordiale saluto. Ringrazio per gli interventi che mi hanno preceduto e che hanno presentato il vostro lavoro e le iniziative che state portando avanti. Grazie.

    Con la vostra presenza qui intendete prepararvi a partecipare all’Assemblea Generale che terrete ad Assisi la prossima settimana. Potrete farlo tutte accompagnando con la preghiera le delegate, affinché si lascino illuminare dallo Spirito e sia un’occasione per rinnovare il vostro impulso missionario, seguendo i principi originari che mossero le fondatrici dell’Unión e, al tempo stesso, per guardare al futuro con gli occhi e il cuore aperti al mondo, per ascoltare il lamento di tante donne nel mondo che subiscono l’ingiustizia, l’abbandono, la discriminazione, la povertà, o un trattamento disumano fin da bambine in alcuni procedimenti. L’Osservatorio Mondiale delle Donne che avete avviato vi darà indicazioni per individuare i bisogni e poter così essere “samaritane”, compagne di viaggio, che infondono speranza e serenità nei cuori, aiutando e facendo in modo che altri aiutino ad alleviare i tanti bisogni corporali e spirituali dell’umanità.

    Oggigiorno c’è urgente bisogno di trovare la pace nel mondo, una pace che comincia, soprattutto, dentro al cuore, un cuore malato, lacerato dalla divisione dell’odio e del rancore. Oltre alla pace, a essere in pericolo è anche l’identità antropologica della donna poiché viene usata come strumento, come argomento di dispute politiche e di ideologie culturali che ignorano la bellezza con la quale è stata creata. È necessario valorizzare maggiormente le sue capacità di relazione e di donazione, e che gli uomini comprendano meglio la ricchezza della reciprocità che ricevono dalla donna, per recuperare quegli elementi antropologici che caratterizzano l’identità umana e, con essa, quella della donna e il suo ruolo nella famiglia e nella società, dove non smette di essere un cuore pulsante. E se vogliamo sapere che cos’è l’umanità senza la donna, che cos’è l’uomo senza la donna, lo abbiamo nella prima pagina della Bibbia: solitudine. L’uomo senza la donna è solo. L’umanità senza la donna è sola. Una cultura senza la donna è sola. Dove non c’è la donna, c’è solitudine, solitudine arida che genera tristezza e ogni sorta di danno per l’umanità. Dove non c’è la donna, c’è solitudine.

    Oggi, giorno in cui si commemorano le apparizioni della Vergine Maria ai pastorelli di Fátima — e anche oggi sono molto triste, perché nel Paese in cui apparve la Vergine si promulga una legge per uccidere, un ulteriore passo nella lunga lista di Paesi con l’eutanasia — oggi allora, pensando alla Vergine, guardiamo a Maria come modello di donna per eccellenza, che vive in pienezza un dono e un compito: il dono della “maternità” e il compito di “prendersi cura” dei suoi figli nella Chiesa. Anche voi in quanto donne possedete questo dono e questo compito, in ogni ambito in cui siete presenti, sapendo che senza di voi questi ambiti sono soli. Non è bene che l’uomo sia solo, per questo la donna. Maria vi insegna a generare vita e a proteggerla sempre, relazionandovi con gli altri a partire dalla tenerezza e dalla compassione, e coniugando tre linguaggi: quello della mente, quello del cuore e quello delle mani, che devono essere coordinati. Quello che pensa la testa lo senta il cuore e lo facciano le mani; quello che sente il cuore sia in armonia con ciò che si pensa nella testa e fanno le mani; quello che fanno le mani sia in armonia con ciò che si sente e con ciò che si pensa. Come ho già detto in altre occasioni, credo che le donne abbiano questa capacità di pensare quello che sentono, di sentire quello che pensano e fanno e di fare quello che sentono e pensano. Vi incoraggio a continuare a offrire questa sensibilità al servizio degli altri.

    Tornando a Fátima, in mezzo al silenzio e alla solitudine dei campi, una donna buona e piena di luce incontrò dei bambini poveri e semplici. Come in tutte le cose grandi che Dio fa, a caratterizzare la scena sono la povertà e l’umiltà. In quei pastorelli siamo rappresentati anche noi — tutta l’umanità —, fragili e piccoli, e potremmo addirittura dire un po’ sconcertati e impauriti dinanzi agli eventi che si presentano nella vita e che a volte non riusciamo a capire, poiché quegli eventi ci superano e ci mettono in crisi.

    In questo contesto segnato dalla debolezza ci si deve chiedere: che cosa ha reso forte Maria? Che cosa diede forza ai pastorelli per fare quello che Lei chiese loro? Qual è il segreto che trasformò quelle persone fragili e piccole in testimoni autentici della gioia del Vangelo? Care sorelle, il segreto di ogni discepolato e della disponibilità alla missione sta nel coltivare questa unione, un’unione dal di dentro con l’“ospite dolce dell’anima” che ci accompagna sempre: l’amore a Dio e il restare uniti a Lui, come i tralci alla vite (cfr. Gv 15, 1-11), per vivere — come Maria — la pienezza dell’essere donne con la consapevolezza di sentirsi scelte e protagoniste nell’opera salvifica di Dio.

    Ma ciò da solo non basta. Questa unione interiore con Gesù deve manifestarsi all’esterno, deve manifestarsi rimanendo in comunione con la Chiesa, con la mia famiglia o con la mia organizzazione, che mi aiutano a maturare nella fede. È questo a dare valore a tutte le iniziative che portiamo avanti. Bisogna “pregare” le opere e “operare” la preghiera. In tal modo ci situeremo in sintonia con la missione di tutta la Chiesa. È anche questa l’essenza della sinodalità, ciò che ci fa sentire protagonisti e corresponsabili del “buon essere” della Chiesa, per saper integrare le differenze e lavorare in armonia ecclesiale.

    Vi ringrazio per tutto quello che fate e vi incoraggio ad andare avanti con entusiasmo nei vostri progetti e attività a favore dell’evangelizzazione, seguendo la voce interiore dello Spirito, docili ai tocchi interiori. Che Gesù vi benedica e la Vergine custodisca voi e le vostre famiglie. Prego per i frutti della Assemblea, parlate chiaro, discutete, litigate un po’ perché fa bene, vi fa andare avanti. E vi chiedo, per favore, di continuare ad accompagnarmi con le vostre preghiere. Grazie.

    ______________________________

    L'Osservatore Romano, Anno CLXIII n. 111, sabato 13 maggio 2023, p. 12.


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  2. #112
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    REGINA CAELI

    Piazza San Pietro
    Domenica, 14 maggio 2023


    Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

    Il Vangelo di oggi, sesta domenica di Pasqua, ci parla dello Spirito Santo, che Gesù chiama Paraclito (cfr Gv 14,15-17). Paraclito è una parola che viene dal greco, che significa nello stesso tempo consolatore e avvocato. Lo Spirito Santo, cioè, non ci lascia soli mai, sta vicino a noi, come un avvocato che assiste l’imputato stando al suo fianco. E ci suggerisce come difenderci di fronte a chi ci accusa. Ricordiamo che il grande accusatore è sempre il diavolo, che ti mette dentro i peccati, la voglia di peccato, la malvagità. Riflettiamo su questi due aspetti: la sua vicinanza a noi e il suo aiuto contro chi ci accusa.

    La sua vicinanza: lo Spirito Santo, dice Gesù, “rimane presso di voi e sta in voi” (cfr v. 17). Non ci abbandona mai. Lo Spirito Santo vuole stare con noi: non è un ospite di passaggio che viene a farci una visita di cortesia. È un compagno di vita, una presenza stabile, è Spirito e desidera dimorare nel nostro spirito. È paziente e sta con noi anche quando cadiamo. Rimane perché ci ama davvero: non fa finta di volerci bene per poi lasciarci soli nelle difficoltà. No, è leale, è trasparente, è autentico.

    Anzi, se ci troviamo nella prova, lo Spirito Santo ci consola, portandoci il perdono e la forza di Dio. E quando ci mette di fronte ai nostri sbagli e ci corregge, lo fa con gentilezza: nella sua voce che parla al cuore ci sono sempre il timbro della tenerezza e il calore dell’amore. Certo, lo Spirito Paraclito è esigente, perché è un amico vero, fedele, che non nasconde nulla, che ci suggerisce cosa cambiare e come crescere. Ma quando ci corregge non ci umilia mai e non infonde mai sfiducia; al contrario, ci trasmette la certezza che con Dio ce la possiamo fare, sempre. Questa è la sua vicinanza. È una bella certezza!

    Secondo aspetto, lo Spirito Paraclito è il nostro avvocato e ci difende. Ci difende di fronte a chi ci accusa: di fronte a noi stessi, quando non ci vogliamo bene e non ci perdoniamo, fino magari a dirci che siamo dei falliti e dei buoni a nulla; di fronte al mondo, che scarta chi non corrisponde ai suoi schemi e ai suoi modelli; di fronte al diavolo, che è per eccellenza l’“accusatore” e il divisore (cfr Ap 12,10) e fa di tutto per farci sentire incapaci e infelici.

    Di fronte a tutti questi pensieri accusatori, lo Spirito Santo ci suggerisce come rispondere. In che modo? Il Paraclito, dice Gesù, è Colui che “ci ricorda tutto ciò che Gesù ci ha detto” (cfr Gv 14,26). Egli ci ricorda, dunque, le parole del Vangelo, e così ci permette di rispondere al diavolo accusatore non con parole nostre, ma con le parole stesse del Signore. Soprattutto ci ricorda che Gesù parlava sempre del Padre che è nei cieli, ce lo ha fatto conoscere e ci ha rivelato il suo amore per noi, che siamo i suoi figli. Se invochiamo lo Spirito, impariamo ad accogliere e ricordare la realtà più importante della vita, che ci protegge dalle accuse del male. E qual è questa realtà più importante della vita? Che siamo figli amati di Dio. Siamo figli amati di Dio: questa è la realtà più importante, e lo Spirito ci ricorda questo.

    Fratelli e sorelle, chiediamoci oggi: invochiamo lo Spirito Santo, lo preghiamo spesso? Non dimentichiamoci di Lui che è vicino a noi, anzi dentro di noi! E poi, prestiamo ascolto alla sua voce, sia quando ci incoraggia sia quando ci corregge? Rispondiamo con le parole di Gesù alle accuse del male, ai “tribunali” della vita? Ci ricordiamo che siamo figli amati di Dio? Maria ci renda docili alla voce dello Spirito Santo e sensibili alla sua presenza.

    _______________________

    Dopo il Regina Caeli

    Cari fratelli e sorelle,

    in questi giorni abbiamo assistito di nuovo a scontri armati tra israeliani e palestinesi, nei quali hanno perso la vita persone innocenti, anche donne e bambini. Auspico che la tregua appena raggiunta diventi stabile, che le armi tacciano, perché con le armi non si otterrà mai la sicurezza e la stabilità, ma al contrario si continuerà a distruggere anche ogni speranza di pace.

    Saluto di cuore tutti voi, romani e pellegrini d’Italia e di tanti Paesi, in particolare i fedeli provenienti dal Canada, da Singapore, dalla Malesia e dalla Spagna.

    Saluto i Responsabili della Comunità di Sant’Egidio di 25 Paesi africani; come pure le Autorità e i docenti dell’Università di Radom in Polonia. Saluto la Caritas Internationalis, che si è riunita e ha eletto il nuovo presidente. Avanti, con coraggio, sulla via della riforma!

    Saluto i fedeli di Scandicci e quelli di Torrita di Siena; i ragazzi del Decanato di Appiano Gentile, gli Scout Agesci di Alghero e i giovani di Senigallia; l’Istituto scolastico “Giovanni XXIII” di Cammarata; e i partecipanti alla staffetta podistica solidale a sostegno della Fondazione per la Ricerca sul Cancro.

    Oggi in tanti Paesi si celebra la Festa della mamma; ricordiamo con gratitudine e affetto tutte le mamme, quelle che ancora sono tra noi e quelle che sono andate in cielo. Affidiamole a Maria, la mamma di Gesù. E un forte applauso!

    A Lei ci rivolgiamo chiedendo di alleviare le sofferenze della martoriata Ucraina e di tutte le nazioni ferite da guerre e violenze.

    A tutti auguro una buona domenica. E saluto i ragazzi dell’Immacolata, che sono bravi. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!


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  3. #113
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    PAPA FRANCESCO

    UDIENZA GENERALE

    Piazza San Pietro
    Mercoledì, 17 maggio 2023


    Catechesi. La passione per l’evangelizzazione: lo zelo apostolico del credente. 13. Testimoni: San Francesco Saverio

    Cari Fratelli e sorelle, buongiorno!

    Proseguendo il nostro itinerario delle Catechesi con alcuni modelli esemplari di zelo apostolico… ricordiamo che stiamo parlando della evangelizzazione, dello zelo apostolico, del portare avanti il nome di Gesù, e ci sono nella storia tante donne e uomini che hanno fatto questo in modo esemplare. Oggi, per esempio, scegliamo, San Francesco Saverio: è considerato, alcuni dicono, il più grande missionario dei tempi moderni. Ma non si può dire chi è il più grande, chi è il più piccolo, perché ci sono tanti missionari nascosti che anche oggi fanno tanto più di San Francesco Saverio. E Saverio è il Patrono delle missioni, come Santa Teresa del Bambin Gesù. Ma un missionario è grande quando va. E ci sono tanti, tanti, sacerdoti, laici, suore, che vanno nelle missioni, anche dall’Italia e tanti di voi. Io vedo, per esempio, quando mi presentano la storia di un sacerdote come candidato all’episcopato: ha passato dieci nella missione in tale luogo… questo è grande: uscire dalla patria per predicare il Vangelo. È lo zelo apostolico. E questo noi dobbiamo coltivare tanto. E guardando la figura di questi uomini, di queste donne, impariamo.

    E San Francesco Saverio nasce in una famiglia nobile ma impoverita della Navarra, nel nord della Spagna, nel 1506. Va a studiare a Parigi – è un giovane mondano, intelligente, bravo. Lì incontra Ignazio di Loyola. Gli fa fare gli esercizi spirituali e cambia vita. E lui lascia tutta la sua carriera mondana per diventare missionario. Lui si fa gesuita, fa i voti. Poi diventa sacerdote, e va a evangelizzare, inviato in Oriente. In quel tempo i viaggi dei missionari in Oriente erano un invio verso mondi sconosciuti. E lui va, perché era pieno di zelo apostolico.

    Parte così il primo di una numerosa schiera di missionari appassionati dei tempi moderni, pronti a sopportare fatiche e pericoli immensi, a raggiungere terre e incontrare popoli di culture e lingue del tutto sconosciute, spinti solo dal fortissimo desiderio di far conoscere Gesù Cristo e il suo Vangelo.

    In poco più di undici anni compirà un’opera straordinaria. È stato missionario undici anni più o meno. I viaggi in nave a quel tempo erano durissimi, erano pericolosi. Molti morivano in viaggio per naufragi o malattie. Oggi purtroppo muoiono perché noi li lasciamo morire nel Mediterraneo… Saverio passa sulle navi oltre tre anni e mezzo, un terzo dell’intera durata della sua missione. Sulle navi lui passa oltre tre anni e mezzo, per andare in India, poi dall’India in Giappone.

    Arrivato a Goa, in India, la capitale dell’Oriente portoghese, la capitale culturale e anche commerciale, Saverio vi pone la sua base, ma non si ferma lì. Va ad evangelizzare i poveri pescatori della costa meridionale dell’India, insegnando catechismo e preghiere ai bambini, battezzando e curando i malati. Poi, durante una preghiera notturna presso la tomba dell’apostolo San Bartolomeo, sente di dover andare oltre l’India. Lascia in buone mani il lavoro già avviato e salpa con coraggio per le Molucche, le isole più lontane dell’arcipelago indonesiano. Per questa gente non c’erano orizzonti, loro andavano oltre… Un coraggio avevano questi santi missionari! Anche quelli di oggi, anche se non vanno in nave per tre mesi, vanno in aereo per 24 ore ma poi lì è lo stesso. Si deve mettere lì, e fare tanti chilometri, addentrarsi nelle foreste. E Saverio, nelle Molucche, mette in versi il catechismo nella lingua locale e insegna a cantare il catechismo, perché con il canto lo si apprende meglio. Quali siano i suoi sentimenti lo capiamo dalle sue lettere. Scrive così: «I pericoli e le sofferenze, accolti volontariamente e unicamente per amore e servizio di Dio nostro Signore, sono tesori ricchi di grandi consolazioni spirituali. Qui in pochi anni si potrebbero perdere gli occhi per le troppe lacrime di gioia!» (20 gennaio 1548). Piangeva di gioia vedendo l’opera del Signore.

    Un giorno, in India, incontra un giapponese, che gli parla del suo lontano Paese, dove mai nessun missionario europeo si era ancora spinto. E Francesco Saverio aveva l’inquietudine dell’apostolo, di andare oltre, e decide di partire al più presto, e ci arriva dopo un viaggio avventuroso sulla giunca di un cinese. I tre anni in Giappone sono durissimi, per il clima, le opposizioni e l’ignoranza della lingua, ma anche qui i semi piantati daranno grandi frutti.

    Il grande sognatore, Saverio, in Giappone capisce che il Paese decisivo per la missione nell’Asia era un altro: la Cina. con la sua cultura, la sua storia, la sua grandezza, esercitava di fatto un predominio su quella parte del mondo. Anche oggi la Cina è proprio un polo culturale, con una storia grande, una storia bellissima. Perciò egli torna a Goa e poco dopo s’imbarca di nuovo sperando di poter entrare in Cina. Ma il suo disegno fallisce: egli muore alle porte della Cina, su un’isola, la piccola isola di Sancian, davanti alle coste cinesi aspettando invano di poter sbarcare sulla terraferma vicino a Canton. Il 3 dicembre 1552, muore in totale abbandono, solo un cinese è accanto a lui a vegliarlo. Così termina il viaggio terreno di Francesco Saverio. Era invecchiato, quanti anni aveva? Ottanta già? No…Aveva soltanto quarantasei anni, aveva speso la vita nella missione, con lo zelo. Parte dalla Spagna colta e arriva al Paese più colto del mondo in quel momento, la Cina, e muore davanti alla grande Cina, accompagnato da un cinese. Tutto un simbolo!

    La sua attività intensissima è stata sempre unita alla preghiera, all’unione con Dio, mistica e contemplativa. Non lasciò la preghiera mai, perché sapeva che lì c’era la forza. Dovunque si trovava, aveva grande cura per i malati, i poveri e i bambini. Non era un missionario “aristocratico”: andava sempre con i più bisognosi, i bambini che erano i più bisognosi di istruzione, di catechesi, i poveri, i malati: andava proprio alle frontiere dell’assistenza dove è cresciuto in grandezza. L’amore di Cristo è stato la forza che lo ha spinto sino ai confini più lontani, con fatiche e pericoli continui, superando insuccessi, delusioni e scoraggiamenti, anzi, dandogli consolazione e gioia nel seguirlo e servirlo fino alla fine.

    San Francesco Saverio che ha fatto questa cosa tanto grande, in tanta povertà, e con tanto coraggio, ci dia un po’ di questo zelo, di questo zelo per vivere il Vangelo e annunciare il Vangelo. Ai tanti giovani oggi che hanno un po’ di inquietudine e non sanno che cosa fare con quella inquietudine, dico: guardate Francesco Saverio, guardate l’orizzonte del mondo, guardate i popoli in tanta necessità, guardate tanta gente che soffre, tanta gente che ha bisogno di Gesù. E andate, abbiate coraggio. Anche oggi ci sono giovani coraggiosi. Penso a tanti missionari per esempio nella Papua Nuova Guinea, penso ad amici miei, giovani, che stanno nella diocesi di Vanimo, e tutti quelli che sono andati ad evangelizzare sulla scia di Francesco Saverio. Che il Signore dia a tutti noi la gioia di evangelizzare, la gioia di portare avanti questo messaggio tanto bello che fa felici noi, e tutti.

    ________________________________

    Saluti

    Je salue cordialement les pèlerins de langue française, en particulier les groupes venus de Haïti avec Mgr Dumas et ceux venus de France, notamment du diocèse de La Rochelle avec Mgr Colomb, des écoles de Paris et de Laval ou de diverse paroisses. Chers frères et sœurs, que l’élan et l’exemple de saint François-Xavier nous fassent découvrir dans les fatigues et les difficultés de la mission, la joie profonde que ressentait le missionnaire heureux de porter le Christ aux confins du monde. Que Dieu vous bénisse.

    [Saluto cordialmente i pellegrini di lingua francese, specialmente i gruppi di Haiti con il Vescovo Dumas e quelli provenienti dalla Francia, in modo particolare dalla diocesi di La Rochelle con il Vescovo Colomb, dalle scuole di Parigi e Laval e da varie parrocchie. Cari fratelli e sorelle, lo slancio e l'esempio di San Francesco Saverio ci aiutino a scoprire, nelle fatiche e nelle difficoltà della missione, la gioia profonda del missionario felice di portare Cristo fino agli estremi confini della terra. Dio vi benedica.]

    I extend a warm welcome to the English-speaking pilgrims and visitors taking part in today’s Audience, especially the groups from England, Scotland, India, Indonesia, Korea, Taiwan, Canada and the United States of America. In the joy of the Risen Christ, I invoke upon you and your families the loving mercy of God our Father. May the Lord bless you all!

    [Do il benvenuto a tutti i pellegrini di lingua inglese, specialmente ai gruppi provenienti da Inghilterra, Scozia, India, Indonesia, Corea, Taiwan, Canada e Stati Uniti d’America. Nella gioia del Cristo Risorto, invoco su di voi e sulle vostre famiglie l’amore misericordioso di Dio nostro Padre. Il Signore vi benedica!]

    Herzlich grüße ich die Pilger deutscher Sprache. Christus lädt uns vor seiner Himmelfahrt ein, ihn zu bezeugen bis an die Grenzen der Erde. Folgen wir seinem Ruf, indem wir ihm durch das Gebet, die Sakramente und den Dienst am Nächsten verbunden bleiben. Ich segne euch von Herzen.

    [Saluto di cuore i pellegrini di lingua tedesca. Cristo, prima della sua Ascensione, ci invita ad essere suoi testimoni fino ai confini della terra. Accogliamo la sua chiamata, vivendo uniti a lui nella preghiera, nei sacramenti e nel servizio del prossimo. Vi benedico di cuore.]

    Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española. Pidamos al Señor que envíe su Espíritu Santo sobre nosotros para que, como san Francisco Javier, seamos fieles discípulos y misioneros de su Evangelio, hasta los confines de la tierra. Que Jesús los bendiga y la Virgen Santa los cuide. Muchas gracias.

    Amados peregrinos de língua portuguesa, dou as boas-vindas a todos, nomeadamente aos fiéis da paróquia São Paulo Apóstolo em São Miguel Paulista e ao grupo de Faro. Esta semana trouxe-vos até Roma, e leva-nos até à Festa da Ascensão de Jesus ao Céu. São metas de ordem e nível diversos, mas coexistem no coração do romeiro cristão: sabendo ele que não possui aqui cidade permanente, orienta os seus passos para o Céu. O Espírito Santo abençoe, com os seus dons, cada um de vós e quantos se encontram no vosso caminho.

    [Cari pellegrini di lingua portoghese, do il benvenuto a tutti, in particolare ai fedeli della parrocchia San Paolo Apostolo in “São Miguel Paulista” e al gruppo di Faro. Questa settimana vi ha portati a Roma, e ci porta alla Festa dell’Ascensione di Gesù al Cielo. Sono mete di diverso ordine e livello, ma convivono nel cuore del pellegrino cristiano: lui, sapendo di non avere qui città stabile, dirige i suoi passi verso il Cielo. Lo Spirito Santo benedica, con i suoi doni, ognuno di voi e quanti si trovano sul vostro cammino.]

    […].

    Saluto i fedeli di lingua araba. Nel mese di maggio, mese dedicato alla Madonna, si recita il Santo Rosario, compendio di tutta la storia della nostra salvezza. Il Santo Rosario è un’arma potente contro il male, e un mezzo efficace per ottenere la vera pace nei nostri cuori. Il Signore vi benedica tutti e vi protegga sempre da ogni male!]

    […].

    [Saluto cordialmente i pellegrini polacchi, in particolare il gruppo impegnato nella difesa della vita della Fraternità “Malych stópek”. Ieri la Chiesa in Polonia faceva memoria liturgica di Sant'Andrea Bobola, gesuita, sacerdote e martire. A lui affidiamo tutte le questioni difficili della vostra patria e quelle degli altri paesi, in particolare la questione della pace in Ucraina. Vi benedico di cuore.]

    […].

    [Saluto cordialmente i pellegrini di lingua ungherese partecipanti a questa Udienza Generale, in modo speciale il gruppo dei fedeli provenienti dalla Diocesi di Szombathely con il loro Vescovo Székely János convenuti in occasione del 20° anniversario della beatificazione di Ladislao Batthanyi-Strattmann, medico dei poveri. Il Beato Ladislao attraverso la sua opera in favore dei più bisognosi è diventato un grande missionario, perché testimoniava il Vangelo della carità. Assisteva gratuitamente i poveri, ai quali chiedeva come compenso di pregare per lui. Cari fratelli e sorelle vi incoraggio a imitare questo mirabile esempio di santità. Dio vi benedica.]

    * * *

    Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto l’Azione Cattolica di Lecce con l’Arcivescovo Mons. Michele Seccia: lo Spirito del Risorto vi aiuti a discernere i segni dei tempi, così da testimoniare il Vangelo con fedeltà e gioia in ogni ambiente. Siate costruttori di fraternità!

    Infine, come di consueto, mi rivolgo ai giovani, ai malati, agli anziani e agli sposi novelli. La Solennità dell’Ascensione del Signore, che domani celebreremo, ci invita a guardare al momento in cui Gesù, prima di salire al cielo, affida agli Apostoli il mandato di portare il suo Messaggio di salvezza fino agli estremi confini della terra. Cari giovani – specialmente voi alunni di tante scuole oggi qui presenti – accogliendo il mandato missionario di Cristo, impegnatevi a mettere il vostro entusiasmo a servizio del Vangelo. Voi, cari malati e anziani, vivete uniti al Signore, nella certezza di offrire un contributo prezioso alla crescita del Regno di Dio nel mondo. E voi, cari sposi novelli, fate in modo che le vostre famiglie siano luoghi in cui si impara ad amare Dio e ad essere suoi testimoni nella gioia.

    E tutti noi preghiamo il Signore per l’amata Ucraina: si soffre tanto, lì, si soffre tanto. Preghiamo per i feriti, per i bambini, per quelli che sono morti, perché torni la pace.

    A tutti voi la mia benedizione.


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    SALUTO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
    AI RAGAZZI DELLA CRESIMA DELL'ARCIDIOCESI DI GENOVA


    Piazzale di Santa Marta
    Sabato, 20 maggio 2023


    Papa Francesco:

    Grazie per la visita, sono contento di vedervi – e tanti, tanti! Sono contento. Benvenuti! Vi auguro un bel soggiorno a Roma: conoscere le cose, passeggiare, andare per i giardini… tante cose belle. E soprattutto, essere uniti, non litigare tra voi. Sapete chi è che ha inventato il litigare? Chi lo sa?

    Ragazzi:

    Il diavolo.

    Papa Francesco:

    Il diavolo. Il diavolo vuole che noi litighiamo e lui è felice. No. Noi dobbiamo essere amici e mai sparlare. Sapete cos’è sparlare? Cos’è?

    Ragazzi:

    Parlare male degli altri.

    Papa Francesco:

    Parlare male degli altri. Sparlare è una cosa brutta, una cosa molto brutta. E la gente che sparla è gente che perde la dignità, perché si occupa di sporcare gli altri. Sparlare è sporcare gli altri. Dunque, cos’è sparlare?

    Ragazzi:

    Sporcare gli altri.

    Papa Francesco:

    È bello sporcare gli altri?

    Ragazzi:

    No!

    Papa Francesco:

    “Eh, Padre, io non so come fare a non sparlare perché mi viene…”. Ma io ho una medicina molto buona, sapete? Morditi la lingua, sai? E così non sparlerai.

    Grazie, grazie di questa visita. Adesso vi invito a pregare la Madonna e così vi do la benedizione. Preghiamo la Madonna.

    Ave o Maria,…

    [Benedizione]

    Buon soggiorno!


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    DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
    AI PARTECIPANTI AL CAPITOLO GENERALE DELLA COMPAGNIA DI MARIA (MONFORTANI)


    Sala Clementina
    Sabato, 20 maggio 2023


    Cari fratelli e sorelle, benvenuti!

    Sono lieto di incontrarvi in occasione del vostro trentottesimo Capitolo Generale, negli anniversari della nascita e della canonizzazione del vostro Fondatore. Celebrando più di tre secoli di vita e di servizio, avete scelto come tema per i vostri lavori il motto: «Osare rischiare per Dio e per l’umanità. La nostra fedeltà creativa». E’ vero, non è una fedeltà mummificata, è creativa! Sono parole che ben richiamano i valori che hanno animato San Luigi Maria Grignion de Montfort agli inizi della vostra storia.

    Egli è vissuto in un tempo segnato da sfide impegnative per la Chiesa e per la società: detto “epoca di razionalisti e di libertini” e al tempo stesso “culla del giansenismo”. Di fronte a queste provocazioni, San Luigi Maria si è chiesto prima di tutto quale ne fosse la radice comune, e l’ha individuata in una eccessiva fiducia degli uomini nella sapienza del mondo a scapito del primato della Sapienza di Dio. Per questo si è lanciato in un’intensa attività di predicazione, con creatività e senza paura, incontrando anche incomprensioni dentro e fuori della Chiesa: succede sempre così. E non si è mai arreso, continuando a predicare e a promuovere l’amore per la vera Sapienza, attraverso la devozione a Maria, fino alla sua morte, avvenuta a soli quarantatré anni, in Vandea, durante una missione. Del suo coraggio voi testimoniate i frutti: presenti in trentatré Paesi, con più di settecento religiosi, assieme ai Fratelli di San Gabriele, alle Figlie della Sapienza e ai Laici Associati. È bello, questo!

    Anche oggi le sfide pastorali non mancano: ad esempio l’individualismo che chiude ciascuno nel suo piccolo mondo, il relativismo e l’edonismo che fanno del piacere o del tornaconto personale il metro di ogni scelta, l’egoismo consumistico che inaridisce il cuore dei ricchi e crea ingiuste sperequazioni a danno dei poveri.

    Di fronte a tutto questo, San Luigi Maria vi ha lasciato un programma di vita e di azione che è sempre attuale: «cercare, contemplare, rivelare la Sapienza nel cuore del mondo e denunciarne la falsa sapienza» (Regola di vita, Introduzione), e questo sull’esempio e con l’aiuto di Maria. Vorrei sottolineare tre valori che ritengo importanti e attuali, vostri: l’accoglienza, l’internazionalità e la tenerezza.

    Il Vangelo ci mostra Maria come colei che, per accogliere in sé Gesù, Sapienza del Padre, con coraggio ha accettato di cambiare completamente la sua vita, le sue abitudini, i suoi sogni e le sue scelte. Così ha custodito e donato ai fratelli l’amore che ha ricevuto, a Nazareth, sul Calvario e nel Cenacolo dove, nella luce della Pasqua, ha condiviso umilmente la vita della prima comunità. L’accoglienza – che è la prima cosa di cui vorrei parlare – è stata una dimensione fondamentale dell’esistenza di Maria e nella missione di lei. Sul suo esempio, esorto anche voi ad esercitarla nelle vostre case e verso le persone che Dio vi affida. Il nostro mondo ha tanto bisogno di accoglienza e, nell’accoglienza ha bisogno di creatività, che ci faccia vicini a tutti, anche in situazioni nuove, che richiedono risposte urgenti. Accogliere a cuore aperto per ricevere.

    Per voi questo valore si arricchisce, come testimonia la vostra presenza qui, dei colori dell’internazionalità, della multiculturalità e del dialogo intergenerazionale. In un recente documento avete scritto che il volto vivo di San Luigi Maria oggi ha in voi «i tratti ben marcati dell’Europa, con accenti luccicanti dei Caraibi, dell’America Latina, dell’Africa e dell’Asia» (Lettera dei Capitolari ai Confratelli, Roma, 20 maggio 2017): è vero, è ben musicale, questo, è così; e che è ricco del sorriso, delle lacrime, degli occhi e della bocca di tutte le sorelle e di tutti i fratelli sparsi nel mondo (cfr ivi). E forse qualche canonista vi dirà: “Ma questo non serve, questa non è una definizione canonica di quello che è un istituto”: è una definizione vivace e questo mi piace. È una bella immagine di comunità evangelica, un vero dono per tutti! Fatene tesoro, coltivatela e diffondetela con la vostra testimonianza.

    Infine vorrei ricordarvi che le virtù di cui abbiamo parlato fioriscono, ad ogni livello, quando le persone si sentono amate e rispettate. Il Montfort ce lo ha insegnato indicandoci le braccia tenere di Maria, che ci accoglie tutti come figli (cfr Trattato della vera devozione a Maria, n. 48). Lasciatevi stringere dal suo abbraccio materno e colla stessa tenerezza abbracciatevi gli uni gli altri; la tenerezza. Questo aiuterà voi e le persone che incontrerete a tirar fuori e a condividere il meglio di sé e, nella luce di tale condivisione, a discernere ciò che il Signore vi chiede per il vostro futuro. Se volete essere coraggiosi e creativi, dunque, fate vostra la tenerezza di Maria e donatela a tutti, sempre! Ma la tenerezza non è un dolce che si compra, la tenerezza fa dolcezza, ma è forte. Avere un cuore tenero indica fortezza nel cuore per diventare tenero. Non dimenticatevi che la tenerezza è uno dei tre tratti di Dio. Dio è vicino, tenero e compassionevole. Tenerezza, compassione e vicinanza. Fate l’esame di coscienza con questo: “Io, oggi, sono stato vicino o mi sono difeso un po’? Sono stato compassionevole o ho condannato mezzo mondo? Sono stato tenero?”. Portate avanti questi tre tratti di Dio: vicinanza, compassione e tenerezza.

    Lo ha testimoniato padre Olivier Maire, Missionario Monfortano, morto per aver accolto in comunità un uomo che aveva sbagliato, una persona molto problematica, a cui però voleva donare un tetto e una speranza per il futuro. La sua generosità e il suo coraggio gli sono costati la vita, per un gesto folle e inspiegabile, e mentre mi stringo ai suoi genitori e parenti, qui presenti, invito tutti voi a far tesoro del suo esempio: ha accolto un fratello perdonando il suo passato e abbracciandolo senza fare calcoli, desiderando solo di donargli amore, con tenerezza. Abbiamo tanto bisogno di imparare ad amare così, di crescere in questo amore, di essere vicini, compassionevoli e teneri.

    Per questa ragione lo scorso anno ho voluto consacrare al Cuore Immacolato di Maria la Chiesa e il mondo intero, specialmente l’Ucraina e la Russia. E a voi, che siete la Compagnia di Maria, chiedo di rinnovare questo atto di affidamento e questa supplica. La Madre Celeste ci aiuti tutti a cercare con coraggio e creatività cammini di perdono, di dialogo, di accoglienza e di pace per tutta l’umanità. Vi benedico di cuore e vi chiedo, per favore, di pregare per me.


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    (Fonte, dal sito della Santa Sede).



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  6. #116
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    DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
    AL PELLEGRINAGGIO DELL'ARCIDIOCESI DI SPOLETO-NORCIA


    Aula Paolo VI
    Sabato, 20 maggio 2023


    Cari fratelli e sorelle, fratellini, sorelline, tutti: benvenuti!

    Vi do il benvenuto e vi ringrazio per essere venuti pellegrini a Roma nell’Anno giubilare che state vivendo per l’anniversario della dedicazione della Cattedrale di Santa Maria Assunta a Spoleto.

    So che la sua facciata, apparsa in televisione tante volte negli ultimi anni, è diventata familiare ad ogni italiano. Ma so soprattutto che è una chiesa molto bella. La bellezza attrae, e vorrei dirvi qualcosa proprio sulla bellezza. Perché comunicare la fede è anzitutto questione di bellezza. Ma la bellezza non si spiega, si mostra, si fa vedere; non si può convincere della bellezza, occorre testimoniarla. Perciò nella Chiesa ciò che si testimonia è più importante di ciò che si predica. E il vostro Duomo, con le sue magnifiche cappelle, custodisce storie di vita e di fede, racchiude santità e bellezza. È una testimonianza di storia, di vita, di bellezza, di santità.

    Certo, è una bellezza che va cercata, che va portata alla luce, come fa un restauratore quando riscopre i colori di un affresco antico. Così è nella Chiesa, dove quello che non appare agli occhi è più prezioso di quello che si vede: la preghiera, la carità fatta di nascosto, la forza del perdono non vanno in prima pagina; così pure i sacrifici dei pastori, la vita di tanti “santi della porta accanto”, la testimonianza dei genitori, delle famiglie, degli anziani… Ecco, vi auguro di essere scopritori di bellezza, cercatori dei tesori della fede; di non fermarvi alla superficie delle cose, ma di vedere oltre, apprezzando e abbracciando il patrimonio di santità e servizio che è la ricchezza della Chiesa. E anche di accrescerlo, perché la fede non può rimanere un ricordo del passato, qualcosa di “museale”, no; ma rivive sempre nella gioia del Vangelo, nella comunità fatta di persone, nell’assemblea di quanti sperimentano la misericordia e si riconoscono per grazia fratelli e sorelle amati da Dio.

    Cercare la bellezza è andare al cuore delle cose, non all’apparenza. Nella Chiesa non è più tempo di concentrarsi su aspetti secondari, aspetti esteriori; è tempo di guardare alla comunità delle origini e di focalizzarsi sulle vere priorità, che sono la preghiera, la carità e l’annuncio. So che vi state impegnando per dare vita a un’azione apostolica più genuina. Rinnovare la pastorale richiede scelte, e le scelte devono partire da ciò che più conta. Non abbiate paura di aggiornare le modalità dell’evangelizzazione, la catechesi, il ministero del parroco e il servizio degli operatori pastorali, per passare da una pastorale di conservazione, dove ci si aspetta che la gente venga, a una pastorale missionaria, dove ci si allena a dilatare il cuore all’annuncio, uscendo dalle “introversioni pastorali”. Quando il cuore non resta chiuso e triste a rimuginare le cose che non vanno, ma si apre, come avviene in un sacerdote che si spende per la sua gente, in una famiglia che genera vita, in un giovane che sceglie di non pensare solo a divertirsi ma di mettersi in gioco per Dio e per gli altri, allora il Vangelo passa in modo genuino, attraverso la bellezza della testimonianza. Ricordiamolo sempre: la testimonianza della vita comunica la bellezza della fede. La testimonianza della vita comunica la bellezza della fede. “Ma guarda, studia, quanto bella è la fede nostra …” – “Io non la capisco, non la vedo. Io la vedo nella testimonianza dei cristiani”. Se io mi dico cristiano e faccio testimonianza di non cristiano o di mondano, non serve a nulla. C’è la coerenza tra quello che credo e come vivo quello che credo: questa coerenza di vuole tanto.

    Oltre alla bellezza, vorrei condividere con voi una seconda parola che credo vi riguardi in modo particolare. La parola è intercessione. Il vostro Duomo, dedicato alla Madre di Dio, ha la sua effige più rappresentativa nella “Santissima Icone”. Questa immagine raffigura la Vergine con le mani alzate, mentre intercede per noi: “intercessora”. Ed è “un’icona che parla”: infatti il suo cartiglio dà voce all’immagine. Lo fa attraverso un dialogo tra Gesù e sua Madre, un dialogo quasi drammatico, con Cristo che dice: «Che cosa chiedi, o Maria?», e Lei risponde: «La salvezza dei viventi». Lui ribatte: «Ma provocano a sdegno». E lei: «Compatiscili, Figlio mio». Lui: «Ma non si convertono!», e Lei: «E tu salvali per grazia». È con questa intercessione che la Madonna tocca il cuore del Figlio. E questa non è un’immagine poetica, è la verità. Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi – diciamo nell’Ave Maria. E lei prega per noi. Noi le chiediamo di pregare per noi e lei lo fa, lei parla al Figlio. L’intercessione ha come una dimensione interessante, è portare gli altri davanti al Signore, lottare con Lui attraverso la preghiera, sapendo insistere, non solo e non tanto per i nostri amici e per le persone care, come si fa di solito, ma soprattutto per chi è lontano, per chi non è dei nostri, per chi ci critica, per chi non conosce l’amore di Dio. Una Chiesa che intercede, prega per gli altri, che porta il mondo al Signore senza diventare mondana, è una Chiesa sempre viva, sempre vivace, sempre bella. Quante volte, invece, serpeggia anche tra noi il virus della lamentela, perché “le cose che non vanno sono tante”, “i tempi passati erano migliori”, “il parroco di prima era più bravo”, e questa musica di lamentarsi. La lamentela è una cosa amara, brutta, sai? Ti sembra che sia una cosa dolce? No. Amareggia il cuore, la lamentela. E Santa Teresa, che era brava, sapeva condurre, diceva: «Guai a quelli che si lamentano e dicono: “Mi hanno fatto un’ingiustizia”». Guai. Perché i lamentativi sono come quelle donne che un tempo andavano a piangere alle onoranze funebri, davanti al morto. E piangevano, piangevano … il loro compito era lamentarsi e piangere. Brutto, brutto ufficio e brutta figura della persona che vive lamentandosi sempre. Il cristiano non può lasciarsi intrappolare nei lacci di questa mondanità stanca e snervante, ma è chiamato a riscoprire la bellezza che ha ricevuto per grazia e a intercedere, cioè ad attirare la bellezza sugli altri.

    Cari fratelli e sorelle, questo giubileo vi aiuti a rinsaldare le radici, così che voi della valle spoletana e dei monti nursini, dalla vostra Basilica secolare, alla scuola di Maria e del vostro patrono il martire San Ponziano, possiate gioire per la bellezza dell’amore di Dio e dell’essere Chiesa, e sentirvi chiamati a intercedere. Questo vi auguro mentre di cuore vi benedico. E vi chiedo un favore: sostando nella Cattedrale di Spoleto presso la Santissima Icone, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie.


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    (Fonte, dal sito della Santa Sede).



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  7. #117
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    LETTERA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
    AL VESCOVO DI HIROSHIMA IN OCCASIONE DEL VERTICE G7


    A Sua Eccellenza Reverendissima Alexis-Mitsuru Shirahama
    Vescovo di Hiroshima


    Mentre il vertice del G7 si riunisce a Hiroshima per discutere questioni urgenti dinanzi alle quali si trova attualmente la comunità mondiale, desidero assicurarLe la mia vicinanza spirituale e la mia preghiera affinché il summit sia fruttuoso. La scelta di Hiroshima come luogo dell’incontro è particolarmente significativa alla luce della continua minaccia del ricorso ad armi nucleari. Ricordo la profonda impressione che mi ha lasciato la commovente visita al Memoriale della Pace durante il mio viaggio in Giappone nel 2019. Stando lì in piedi in silenziosa preghiera e pensando alle vittime innocenti dell’attacco nucleare avvenuto decenni prima, ho voluto ribadire la ferma convinzione della Santa Sede che “l’uso dell’energia atomica per fini di guerra è, oggi più che mai, un crimine, non solo contro l’uomo e la sua dignità, ma contro ogni possibilità di futuro nella nostra casa comune” (Discorso al Memoriale della Pace, 24 novembre 2019).

    È a quel futuro che uomini e donne responsabili guardano ora con preoccupazione, specialmente sulla scia della esperienza di una pandemia globale e del persistere di conflitti armati in diverse regioni, tra cui la devastante guerra che si sta combattendo su suolo ucraino. Gli eventi degli ultimi anni hanno reso evidente che solo insieme, in fratellanza e solidarietà, la nostra famiglia umana può cercare di curare le ferite e costruire un mondo giusto e pacifico.

    Di fatto, è diventato sempre più evidente che nel mondo multipolare del ventunesimo secolo la ricerca della pace è strettamente collegata al bisogno di sicurezza e alla riflessione sui mezzi più efficaci per garantirla. Tale riflessione deve necessariamente tenere in considerazione il fatto che la sicurezza globale deve essere integrale, capace di abbracciare questioni come l’accesso a cibo e acqua, il rispetto dell’ambiente, l’assistenza sanitaria, le fonti energetiche e la equa distribuzione dei beni del mondo. Un concetto integrale di sicurezza può servire a rinsaldare il multilateralismo e la cooperazione internazionale tra attori governativi e non governativi, sulla base della profonda interconnessione tra tali questioni, la quale rende necessario adottare, insieme, un approccio di cooperazione multilaterale responsabile.

    Hiroshima, come “simbolo della memoria”, proclama con forza l’inadeguatezza delle armi nucleari per rispondere in modo efficace alle grandi minacce odierne alla pace e per garantire la sicurezza nazionale e internazionale. Basta considerare l’impatto umanitario e ambientale catastrofico che risulterebbe dall’uso di armi nucleari, come anche lo spreco a la cattiva destinazione di risorse umane ed economiche che la loro produzione comporta. Né dobbiamo sottovalutare gli effetti del persistente clima di paura e sospetto generato dal mero possesso delle stesse, che compromette la crescita di un clima di fiducia reciproca e di dialogo. In tale contesto, le armi nucleari e le altre armi di distruzione di massa rappresentano un moltiplicatore di rischio che dà solo un'illusione di pace.

    Assicurando la mia preghiera per Lei e per quanti sono affidati alla sua cura pastorale, mi unisco nella preghiera affinché il vertice del G7 a Hiroshima dia prova di una visione lungimirante nel gettare le fondamenta per una pace duratura e per una sicurezza stabile e sostenibile a lungo termine. Con gratitudine per il suo impegno al servizio della giustizia e della pace, invio di cuore la mia benedizione.

    Roma, San Giovanni in Laterano, 19 maggio 2023

    FRANCESCO


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    (Fonte, dal sito della Santa Sede).



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  8. #118
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    PAPA FRANCESCO

    REGINA CAELI

    Piazza San Pietro
    Domenica, 21 maggio 2023


    Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

    Oggi in Italia e in molti altri Paesi si celebra l’Ascensione del Signore. È una festa che ben conosciamo, ma che può far sorgere alcune domande, almeno due. La prima: perché festeggiare la partenza di Gesù dalla terra? Sembrerebbe che il suo congedo sia un momento triste, non precisamente qualcosa di cui gioire! Perché festeggiare una partenza? Prima domanda. Seconda domanda: cosa fa Gesù adesso in cielo? Prima domanda: perché festeggiare? Seconda domanda: cosa fa Gesù in cielo?

    Perché festeggiamo. Perché con l’Ascensione è accaduta una cosa nuova e bellissima: Gesù ha portato la nostra umanità, la nostra carne in cielo – è la prima volta! –, cioè l’ha portata in Dio. Quell’umanità, che aveva preso in terra, non è rimasta qui. Gesù risorto non era uno spirito, no, aveva il suo corpo umano, la carne, le ossa, tutto, e lì, in Dio, sarà per sempre. Possiamo dire che dal giorno dell’Ascensione Dio stesso è “cambiato”: da allora non è più solo spirito, ma per quanto ci ama reca in sé la nostra stessa carne, la nostra umanità! Il posto che ci spetta è dunque indicato, il nostro destino è lì. Così scriveva un antico Padre nella fede: «Splendida notizia! Colui che si è fatto per noi uomo […], per renderci suoi fratelli, si presenta come uomo davanti al Padre, per portare con sé tutti coloro che gli sono congiunti» (S. Gregorio di Nissa, Discorso sulla risurrezione di Cristo, 1). Oggi festeggiamo “la conquista del cielo”: Gesù che torna al Padre, ma con la nostra umanità. E così il cielo è già un po’ nostro. Gesù ha aperto la porta e il suo corpo è lì.

    La seconda domanda: che cosa fa Gesù in cielo? Lui sta per noi davanti al Padre, gli mostra continuamente la nostra umanità, mostra le piaghe. A me piace pensare che Gesù, davanti il Padre, prega così, facendogli vedere le piaghe. “Questo è quello che ho sofferto per gli uomini: fai qualcosa!”. Gli fa vedere il prezzo della redenzione, e il Padre si commuove. Questa è una cosa che mi piace pensare. Così prega Gesù. Lui non ci ha lasciati soli. Infatti, prima di ascendere ci ha detto, come riporta il Vangelo di oggi: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). È sempre con noi, ci guarda, è «sempre vivo per intercedere» (Eb 7,25) a nostro favore. Per far vedere le piaghe al Padre, per noi. In una parola, Gesù intercede; è nel “luogo” migliore, davanti al Padre suo e nostro, per intercedere a nostro vantaggio.

    L’intercessione è fondamentale. Anche per noi è di aiuto questa fede: ci aiuta a non perdere la speranza, a non scoraggiarsi. Davanti il Padre c’è qualcuno che gli fa vedere le piaghe e intercede. La Regina del cielo ci aiuti a intercedere con la forza della preghiera.

    ___________________________

    Dopo il Regina Caeli

    Cari fratelli e sorelle!

    È triste ma, a un mese dallo scoppio delle violenze in Sudan, la situazione continua ad essere grave. Nell’incoraggiare gli accordi parziali finora raggiunti, rinnovo un accorato appello affinché vengano deposte le armi, e chiedo alla comunità internazionale di non risparmiare alcuno sforzo per far prevalere il dialogo e alleviare la sofferenza della popolazione. Per favore, non abituiamoci ai conflitti e alle violenze. Non abituiamoci alla guerra! E continuiamo a stare vicino al martoriato popolo ucraino.

    Si celebra oggi la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, sul tema Parlare con il cuore. È il cuore che ci muove a una comunicazione aperta e accogliente. Saluto i giornalisti e, gli operatori della comunicazione qui presenti, li ringrazio per il loro lavoro e auspico che sia sempre al servizio della verità e del bene comune. Un applauso a tutti i giornalisti!

    Oggi inizia la Settimana Laudato si’. Ringrazio il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale e le numerose organizzazioni aderenti; e invito tutti a collaborare per la cura della nostra casa comune: c’è tanto bisogno di mettere insieme competenze e creatività! Ce lo ricordano anche le recenti calamità, come le inondazioni che hanno colpito in questi giorni l’Emilia Romagna, alla cui popolazione rinnovo di cuore la mia vicinanza. Adesso in Piazza saranno distribuiti i libretti sulla Laudato si’ che il Dicastero ha preparato in collaborazione con l’Istituto ambientale di Stoccolma.

    Saluto tutti voi, romani e pellegrini dell’Italia e di tanti Paesi… Vedo tante bandiere, benvenuti! Saluto, in particolare le Suore Francescane di Santa Elisabetta dall’Indonesia – da lontano! –, i fedeli di Malta, del Mali, dell’Argentina, dell’Isola Caraibica Curaçao e la Banda musicale di Porto Rico. Ci piacerebbe sentirvi suonare, dopo!

    Saluto inoltre il pellegrinaggio diocesano di Alessandria; i ragazzi della Cresima della diocesi di Genova, che ho incontrato ieri a S. Marta, con il cappello rosso, lì, bravi!; i gruppi parrocchiali del Molise, di Scandicci, Grotte e Grumo Nevano; le associazioni impegnate per la difesa della vita umana; il Coro giovanile “Emil Komel” di Gorizia; le scuole “Caterina di Santa Rosa” e “Sant’Orsola” di Roma e i ragazzi dell’Immacolata.

    A tutti voi auguro una buona domenica. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Per favore, non dimenticatevi. Buon pranzo e arrivederci!


    Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana


    (Fonte, dal sito della Santa Sede.
    Citazioni bibliche:
    La Sacra Bibbia, Conferenza Episcopale Italiana, Fondazione di Religione Santi Francesco d’Assisi e Caterina da Siena, 2008).



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  9. #119
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    DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
    AL PELLEGRINAGGIO DELLA FAMIGLIA VOCAZIONISTA


    Aula Paolo VI
    Lunedì, 22 maggio 2023


    Fratelli e sorelle, buongiorno e benvenuti!

    Vi ringrazio per la vostra visita e sono contento di accogliervi a un anno dalla canonizzazione di San Giustino Maria Russolillo, apostolo delle vocazioni e fondatore della vostra Famiglia Vocazionista.

    Celebrare un anniversario come questo significa per noi, oltre che fare memoria grata dei doni di Dio e del cammino compiuto, anche chiederci quale luce possiamo ricevere per il presente e quale eredità siamo chiamati ad accogliere per il futuro dalla testimonianza di San Giustino. In altre parole: quale messaggio egli ci lascia per rinnovare la nostra sequela del Signore. Ognuno di noi deve farsi questa domanda dentro, interrogarsi.

    La vostra chiamata è quella di offrire un «servizio a tutte le vocazioni» (S. Russolillo, Lo Spirito e il Carisma di Don Giustino, Centro studi vocazionisti, 60). Questo carisma sgorga dal desiderio del giovane Giustino il quale, ancora seminarista, sentì forte nel cuore l’impulso a prendersi cura delle vocazioni, in particolare di quelle al sacerdozio ordinato e alla vita consacrata. E c’è tanto bisogno anche oggi di questo: prendersi cura delle vocazioni. E vi chiedo, per favore: prendetevi cura delle vocazioni: seminare, prepararle, farle crescere, accompagnarle.

    E come fare? Guardando a San Giustino, vorrei indicarvi tre sentieri: la preghiera, l’annuncio, la missione.

    Anzitutto, la preghiera. Ognuno risponda dentro di sé a questa domanda, non ad alta voce, ma dentro il cuore: io prego per le vocazioni? O soltanto dico un Padre Nostro o un Ave Maria un po’ di corsa? Offro una preghiera intensa per le vocazioni? La preghiera è la radice di ogni nostra attività e di ogni apostolato. Il primato non è delle nostre opere, delle nostre strutture e delle nostre organizzazioni, ma è della preghiera. Ha il primato. E per questo la prima domanda è: io prego per le vocazioni? Perché quando entriamo nello spirito della contemplazione e dell’adorazione, il Signore ci trasforma e noi possiamo essere un riflesso dell’amore del Padre per coloro che incontriamo lungo il cammino, essere persone nuove, luminose, accoglienti, gioiose. Quando diventiamo così, offriamo il primo servizio alle vocazioni, perché quelli che incontriamo, in particolare i giovani, vengono attratti dal nostro modo di essere e dalla scelta di vita che abbiamo fatto: possono scorgere la luce di Dio riflessa sui nostri volti, la sua tenerezza e il suo amore nei nostri gesti, la sua gioia nel cuore di chi si è donato e donata interamente a Lui. Le vocazioni, soprattutto quelle di speciale consacrazione, nascono spesso così, a contatto con qualche sacerdote o qualche religiosa che mostrano una bella umanità, una pace del cuore, una gioia invincibile, un tratto amorevole e accogliente. Ed è la preghiera che ci fa diventare così. Non trascuriamola! Pregare per le vocazioni, intensamente.

    Nel vostro apostolato, poi, non bisogna dimenticare l’importanza dell’annuncio. Annunciare il Signore. San Giustino parlava del «dovere della predicazione quotidiana e della ricerca e cultura perpetua delle vocazioni» (Regole e Costituzioni, I, 75, art. 802), raccomandando specialmente l’insegnamento del catechismo. Si tratta di una indicazione che conserva la sua importanza e rende attuale il vostro carisma. Nel contesto culturale odierno, infatti, mentre il senso della presenza di Dio va scomparendo e la fede si affievolisce, può succedere che le persone, in particolare i giovani, non riescano a capire il senso e la direzione della loro vita, e magari si accontentino di vivere alla giornata, oppure la progettino senza interrogarsi su quale sia la loro strada, quale sogno il Signore abbia per loro. E allora si vede la necessità di tornare all’evangelizzazione: annunciare la Parola, comunicare in modo semplice e appassionato i contenuti della fede, e accompagnare le persone nel discernimento. C’è bisogno di questo nella Chiesa: che le energie del nostro apostolato siano soprattutto indirizzate all’incontro e all’ascolto, per accompagnare nel discernimento. Questo vi raccomando: raggiungere tutti con la gioia del Vangelo, aiutare le persone nel discernimento spirituale, spendersi nell’evangelizzazione!

    Infine, vi ricordo di coltivare e rinnovare sempre lo spirito missionario. Il vocazionista, dice San Giustino, è un apostolo, è un missionario, è un testimone del Vangelo, e «tutta la Congregazione Vocazionista deve essere eminentemente missionaria» (Regole e Costituzioni, I, 89, art. 971). Si tratta di mettere in circolo, nella vita della Chiesa ma anche nei diversi ambiti della società in cui operate, tutto ciò che è utile per comunicare la gioia del Vangelo, per dialogare con i giovani, per manifestare vicinanza alle famiglie, per fecondare le attività umane, specialmente quelle che si svolgono in campo educativo. Una missione, questa, per la quale è necessario e prezioso il servizio di tanti laici che condividono il carisma di San Giustino. Ma aggiungo un’altra cosa: Giustino raccomandava che ogni comunità vocazionista diventasse «un chiostro per i religiosi; casa del clero; cenacolo delle vocazioni; ufficio del popolo; dispensario di luce e consolazione; cuore della comunità parrocchiale e diocesana» (Opere, I, p. 363). Anche in questo modo si porta avanti la missione: diventando capaci di accoglienza, di ascolto, di vicinanza.

    Cari fratelli e sorelle, vi auguro di essere sempre uno spazio aperto per l’accoglienza delle persone e la cura delle vocazioni; un luogo di preghiera e discernimento per chi cerca; un luogo di consolazione per chi è ferito; una “bottega dello Spirito” dove chi entra può fare l’esperienza di essere modellato dall’artigiano divino che è lo Spirito Santo. E non scoraggiatevi nelle fatiche e nelle difficoltà: il Signore vi è vicino e San Giustino intercede per voi! Andate avanti con coraggio. Vi benedico di cuore e, per favore, pregate per me.

    Grazie!


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    (Fonte, dal sito della Santa Sede).



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  10. #120
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    PAPA FRANCESCO

    UDIENZA GENERALE

    Piazza San Pietro
    Mercoledì, 24 maggio 2023


    Catechesi. La passione per l’evangelizzazione: lo zelo apostolico del credente.14. Testimoni: Sant’Andrea Kim Tae-gon

    Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

    In questa serie di catechesi ci mettiamo alla scuola di alcuni Santi e Sante che, come testimoni esemplari, ci insegnano lo zelo apostolico. Ricordiamo che stiamo parlando dello zelo apostolico, quello che noi dobbiamo avere per annunciare il Vangelo.

    Un grande esempio di Santo della passione per l’evangelizzazione oggi andiamo a trovarlo in una terra molto lontana, ovvero nella Chiesa coreana. Guardiamo al martire e primo sacerdote coreano Sant’Andrea Kim Tae-gon. Ma l’evangelizzazione della Corea è stata fatta dai laici. Sono stati i laici battezzati che hanno trasmesso la fede, non c’erano preti, perché non ne avevano: vennero più tardi, pertanto la prima evangelizzazione l’hanno fatta i laici. Noi saremmo capaci di una cosa del genere? Pensiamoci: è una cosa interessante. E questo è uno dei primi sacerdoti, Sant’Andrea. La sua vita è stata e rimane una testimonianza eloquente di zelo per l’annuncio del Vangelo.

    Circa 200 anni fa, la terra coreana fu teatro di una persecuzione severissima: i cristiani erano perseguitati e annientati. Credere in Gesù Cristo, nella Corea di quell’epoca, voleva dire essere pronti a dare testimonianza fino alla morte. In particolare, l’esempio di Sant’Andrea Kim lo possiamo ricavare da due aspetti concreti della sua vita.

    Il primo è il modo che lui doveva usare per incontrarsi con i fedeli. Stante il contesto fortemente intimidatorio, il Santo era costretto ad accostare i cristiani in una forma non manifesta, e sempre in presenza di altre persone, come se si parlassero da tempo. Allora, per individuare l’identità cristiana del suo interlocutore, Sant’Andrea metteva in atto questi espedienti: anzitutto, c’era un segno di riconoscimento concordato in precedenza: tu ti incontrerai con questo cristiano e lui avrà questo segnale nell’abito o nella mano; dopo di che, lui poneva di nascosto la domanda – ma sottovoce: “Tu sei discepolo di Gesù?”. Poiché altre persone assistevano alla conversazione, il Santo doveva parlare a voce bassa, pronunciando solo poche parole, quelle più essenziali. Quindi, per Andrea Kim, l’espressione che riassumeva tutta l’identità del cristiano era “discepolo di Cristo”: “Tu sei discepolo di Cristo?”, ma a bassa voce perché era pericoloso. Era vietato essere cristiano.

    In effetti, essere discepolo del Signore significa seguirlo, seguire la sua strada. E il cristiano è per sua natura uno che predica e dà testimonianza di Gesù. Ogni comunità cristiana riceve dallo Spirito Santo questa identità, e così la Chiesa intera, dal giorno di Pentecoste (cfr Conc. Vat. II, Decr. Ad gentes, 2). E da questo Spirito che noi riceviamo nasce la passione, la passione per l’evangelizzazione, questo zelo apostolico grande: è un dono dello Spirito. E anche se il contesto circostante non è favorevole, come quello coreano di Andrea Kim, la passione non cambia, anzi, acquista ancora maggior valore. Sant’Andrea Kim e gli altri fedeli coreani hanno dimostrato che la testimonianza del Vangelo data in tempo di persecuzione può portare molti frutti per la fede.

    Vediamo ora un secondo esempio concreto. Quando era ancora seminarista, Sant’Andrea doveva trovare un modo per accogliere segretamente i missionari provenienti dall’estero. Questo non era un compito facile, poiché il regime dell’epoca vietava rigorosamente a tutti gli stranieri di entrare nel territorio. Per questo era stato – prima di questo – tanto difficile trovare un sacerdote che venisse a missionare: la missione l’hanno fatta i laici. Una volta – pensate a questo che ha fatto Sant’Andrea – una volta egli camminò sotto la neve, senza mangiare, talmente a lungo che cadde a terra sfinito, rischiando di perdere i sensi e di rimanere lì congelato. A quel punto, all’improvviso sentì una voce: “Alzati, cammina!”. Udendo quella voce, Andrea si ridestò, scorgendo come un’ombra di qualcuno che lo guidava.

    Questa esperienza del grande testimone coreano ci fa comprendere un aspetto molto importante dello zelo apostolico. Vale a dire il coraggio di rialzarsi quando si cade. Ma i santi cadono? Sì! Ma dai primi tempi: pensate a San Pietro: ha fatto un grande peccato, ma ha avuto forza nella misericordia di Dio e si è rialzato. E in Sant’Andrea noi vediamo questa forza: lui era caduto fisicamente ma ha avuto la forza di andare, andare, andare per portare il messaggio avanti. Per quanto la situazione possa essere difficile, anzi a volte sembri non lasciare spazio al messaggio evangelico, non dobbiamo demordere e non dobbiamo rinunciare a portare avanti ciò che è essenziale nella nostra vita cristiana, cioè l’evangelizzazione. Questa è la strada. E ognuno di noi può pensare: “Ma io, come posso evangelizzare?”. Ma guarda questi grandi e tu pensa nel tuo piccolo, pensiamo noi nel nostro piccolo: evangelizzare la famiglia, evangelizzare gli amici, parlare di Gesù, ma parlare di Gesù ed evangelizzare con il cuore pieno di gioia, pieno di forza. E questa la dà lo Spirito Santo. Prepariamoci a ricevere lo Spirito Santo nella prossima Pentecoste e chiediamogli quella grazia, la grazia del coraggio apostolico, la grazia di evangelizzare, di portare avanti sempre il messaggio di Gesù.

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    Saluti

    Je salue cordialement les personnes de langue française, en particulier les jeunes venus de France et les pèlerins venus de Belgique. Frères et sœurs, pour être missionnaires et témoins du Seigneur, demandons à l’Esprit de force de toujours nous aider à persévérer dans l’épreuve et à nous relever après les chutes. Que Dieu vous bénisse !

    [Saluto cordialmente le persone di lingua francese, in particolare i giovani venuti dalla Francia e i pellegrini dal Belgio. Fratelli e sorelle, per essere missionari e testimoni del Signore, chiediamo allo Spirito la forza per perseverare nelle prove e poterci rialzare dopo le cadute. Dio vi benedica!]

    I extend a warm welcome to the English-speaking pilgrims and visitors taking part in today’s Audience, especially the groups from England, India, Indonesia, Malaysia, Canada and the United States of America. As we prepare to celebrate the Solemnity of Pentecost, I invoke upon you and your families a rich outpouring of the gifts of the Holy Spirit. May the Lord bless you all!

    [Do il benvenuto a tutti i pellegrini di lingua inglese, specialmente ai gruppi provenienti da Inghilterra, India, Indonesia, Malaysia, Canada e Stati Uniti d’America. Nell’imminenza della Solennità di Pentecoste, invoco su di voi e sulle vostre famiglie un’abbondante effusione dei doni dello Spirito Santo. Il Signore vi benedica!]

    Herzlich grüße ich die Gläubigen deutscher Sprache. Vereint mit der seligen Jungfrau Maria und den Aposteln rufen wir den Heiligen Geist an, er möge unsere Herzen mit seiner Liebe erfüllen und uns anspornen, das Evangelium mutig immer und überall zu verkünden.

    [Saluto cordialmente i fedeli di lingua tedesca. In unione con la beata Vergine Maria e gli Apostoli invochiamo lo Spirito Santo perché ricolmi i nostri cuori del suo amore e ci spinga ad annunciare con coraggio il Vangelo sempre ed in ogni luogo.]

    Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española. Pidamos al Señor el celo que movió a san Andrés, que el Señor nos dé la fuerza de su Espíritu Santo, que en este tiempo pedimos con especial intensidad, para testimoniar su Evangelio en lo cotidiano, simplemente siendo “discípulos de Jesús”, en la vocación a la que Dios nos llamó. Pidámosle también que sea siempre ese amigo que nos sostiene en las dificultades, para perseverar en el camino del bien hasta el final. Que el Señor los bendiga y la Virgen Santa los cuide. Muchas gracias.

    Saúdo cordialmente os fiéis de língua portuguesa, especialmente os peregrinos vindos de Bragança (Portugal) e de Brasília, Rio Grande do Sul, Campo Magro, Divinópolis e Marcos Moura (Brasil). Queridos irmãos e irmãs, é o Senhor que nos sustenta no anúncio do Evangelho. Oxalá possais sentir sempre o conforto do Seu Espírito, que reconstrói a harmonia entre nós e nos abre novos caminhos de evangelização. Que Nossa Senhora proteja a cada um de vós e respetiva família.

    [Saluto cordialmente i fedeli di lingua portoghese, in modo speciale i pellegrini pervenuti da Bragança (in Portogallo) e da Brasília, Rio Grande do Sul, Campo Magro, Divinópolis e Marcos Moura (in Brasile). Cari fratelli e sorelle, è il Signore che ci sorregge nell’annuncio del Vangelo. Possiate dunque sentire sempre il conforto del Suo Spirito, che ricostruisce l’armonia tra noi e ci apre nuove vie di evangelizzazione. La Madonna costudisca voi e le vostre famiglie.]

    […].

    [Saluto i fedeli di lingua araba. La Risurrezione del Signore è la sorgente della forza che ci permette di andare avanti. Per questo non ci scoraggiamo, non lasciamoci rubare la dolce gioia di evangelizzare. Il Signore vi benedica tutti e vi protegga sempre da ogni male!]

    […].

    [Saluto cordialmente i Polacchi. Oggi ricordiamo la Beata Vergine Maria Ausiliatrice. Lei, Madre di consolazione, conceda alla Chiesa in Polonia, ai pastori e ai fedeli, e soprattutto alle famiglie, agli anziani e ai malati, la grazia di essere pronti a testimoniare la fede. Vivete in modo che gli altri possano riconoscere in voi i discepoli di Cristo. Vi benedico di cuore.]

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    APPELLO

    Oggi ricorre la giornata mondiale di preghiera per la Chiesa cattolica in Cina. Essa coincide con la festa della Beata Vergine Maria Aiuto dei cristiani, venerata e invocata nel Santuario di Nostra Signora di Sheshan, a Shanghai. In questa circostanza, desidero assicurare il ricordo ed esprimere la vicinanza ai nostri fratelli e sorelle in Cina, condividendo le loro gioie e le loro speranze. Un pensiero speciale è rivolto a tutti coloro che soffrono, pastori e fedeli, affinché nella comunione e nella solidarietà della Chiesa Universale possano sperimentare consolazione e incoraggiamento. Invito tutti ad elevare la preghiera a Dio, perché la Buona Novella di Cristo crocifisso e risorto possa essere annunciata nella sua pienezza, bellezza e libertà, portando frutti per il bene della Chiesa cattolica e di tutta la società cinese.

    * * *

    Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto le Missionarie della Carità, il Comitato Organizzatore eventi speciali di Roma, il gruppo oncologico pediatrico del Policlinico di Bari, la Scuola Divina Provvidenza di Roma.

    Infine, come di consueto, mi rivolgo ai giovani, ai malati, agli anziani e agli sposi novelli. Oggi è la festa della Madonna venerata con il titolo di Maria Ausiliatrice. Maria aiuti voi, cari giovani, a rinsaldare ogni giorno la vostra fedeltà a Cristo. Ottenga conforto e serenità per voi, cari anziani e cari ammalati. Incoraggi voi, cari sposi novelli, a tradurre nella vita quotidiana il comandamento dell’amore. Il giorno di Maria Ausiliatrice è una vocazione mariana tanto cara a Don Bosco: un saluto e un ricordo alla Famiglia Salesiana, ringraziando per tutto quello che fa per la Chiesa.

    E ancora la tristezza a tutti ci viene per la martoriata Ucraina: si soffre tanto lì, non dimentichiamoli. Preghiamo oggi Maria Ausiliatrice che sia vicina al popolo ucraino.

    E a tutti la mia benedizione.


    Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana


    (Fonte, dal sito della Santa Sede).



    «Vigilate ergo; nescitis enim quando dominus domus veniat»
    (
    Mar. 13, 35).




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