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Discussione: Omelie, discorsi e messaggi di Papa Francesco.

  1. #21
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    DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
    ALLA COMUNITÀ DEL PONTIFICIO COLLEGIO URBANO "DE PROPAGANDA FIDE"

    Sala del Concistoro
    Sabato, 21 gennaio 2023


    Cari fratelli, care sorelle, buongiorno e benvenuti!

    Ringrazio il Rettore per le sue parole e saluto i formatori e tutti voi studenti. Come alunni del Collegio Urbano voi siete inseriti nel fiume vivo di una tradizione ricca e antica, che parte dal 1627, anno in cui Papa Urbano VIII decise di fondare a Roma un seminario destinato alla formazione del clero per i territori detti di “missione”. È stata un’intuizione importante, che ancora oggi conserva la sua validità e che voi siete chiamati ad accogliere e interpretare in modo creativo, lasciandovi interpellare dalle tante esigenze e domande del tempo in cui viviamo. In effetti, tutta la Chiesa è chiamata oggi ad una «conversione pastorale e missionaria» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 25), anche nella formazione dei futuri presbiteri [1], e in questa prospettiva voi potete essere di ispirazione e di aiuto a molti altri.

    Quest’anno, quattrocentesimo anniversario della fondazione della Congregazione De Propaganda Fide, nel vostro cammino state riflettendo sul tema della relazione viva e personale con Gesù come sorgente spirituale di ogni missione, ispirati dal motto: «Perché stessero con lui … e per mandarli a predicare» (Mc 3,13). Perciò vorrei soffermarmi brevemente con voi proprio su questo argomento. Possiamo chiederci: quali sono le caratteristiche più importanti da curare e rafforzare nel tempo della formazione iniziale, per poter essere davvero dei discepoli-missionari vicini a Dio e ai fratelli?

    La prima caratteristica che vorrei evidenziare è il coraggio dell’autenticità, il coraggio di essere autentici. Infatti, la nostra vicinanza a Dio e ai fratelli si realizza e si rafforza nella misura in cui abbiamo il coraggio di spogliarci delle maschere che indossiamo, magari per apparire perfetti, impeccabili e ossequiosi, o semplicemente migliori. Le maschere non servono, cari fratelli, non servono! Presentiamoci agli altri senza schermi, per quello che siamo, con i nostri limiti e le nostre contraddizioni, vincendo la paura di essere giudicati perché non corrispondiamo a un modello ideale, che spesso esiste solo nella nostra mente. Coltiviamo «la sincerità e l’umiltà del cuore, che ci donano uno sguardo onesto sulle nostre fragilità e povertà interiori» (Angelus, 23 ottobre 2022). Ricordiamoci che si è missionari credibili non per un abito che si indossa o per atteggiamenti esteriori, quanto piuttosto per la uno stile di semplicità e di sincerità. Questo è trasparenza.

    La credibilità riconosciuta a Gesù dalla gente che lo incontrava (cfr Mc 1,22) veniva dall’armonia che si vedeva in Lui tra ciò che annunciava e ciò che faceva. Armonia e coerenza. Dunque, per favore, non abbiate paura di mostrarvi per quello che siete, soprattutto a quei fratelli maggiori che la Chiesa vi pone accanto come formatori. A volte può venire la tentazione del formalismo, oppure il fascino del “ruolo”, come se questo potesse assicurarvi una piena realizzazione. Non lasciatevi ingannare da queste soluzioni, così a portata di mano, ma false. San John Henry Newman, ex-alunno del vostro Collegio, parlando dell’autenticità metteva in guardia dall’atteggiamento di coloro che «vorrebbero agire con dignità e invece smettono di essere sé stessi» [2]. La dignità deve venire da voi stessi. Ricordiamoci che tra il fariseo, che pregava “davanti a sé stesso”, e il pubblicano che non aveva nemmeno il coraggio di alzare lo sguardo, solo quest’ultimo «tornò a casa sua giustificato» (Lc 18,14).

    Una seconda caratteristica che vorrei richiamarvi è la capacità di uscire da sé stessi. La vita di fede è un continuo “esodo”, un’uscita dai nostri schemi mentali, dal recinto delle nostre paure, dalle piccole certezze che ci rassicurano. Altrimenti rischiamo di adorare un Dio che è solo una proiezione dei nostri bisogni, e quindi un “idolo”, e di non vivere incontri autentici nemmeno con gli altri. Invece ci fa bene accettare il rischio di uscire da noi stessi, come hanno fatto Abramo, Mosè e i pescatori di Galilea chiamati a seguire il Maestro (cfr Mc 1,16-20).

    E voi avete l’opportunità di farlo in questo momento nella vita di comunità, specialmente in una comunità formativa ricca e variegata come la vostra, con tante culture, lingue e sensibilità. È un dono grande, questo, da cui potete essere arricchiti nella misura in cui ciascuno riesce a uscire dal proprio recinto per aprirsi agli altri, al loro mondo e alla loro cultura. Per questo vi incoraggio a vivere senza paura la sfida della fraternità, anche quando richiede fatiche e rinunce. Il nostro mondo e anche la Chiesa hanno bisogno di testimoni di fraternità: che voi possiate essere così, già adesso e poi quando tornerete nelle vostre diocesi e nei vostri Paesi, spesso segnati da divisioni e conflitti. E anche testimoni di gioia: «La gioia del Vangelo che riempie la vita della comunità dei discepoli» (Evangelii gaudium, 21); la «gioia missionaria» che «ha sempre la dinamica dell’esodo e del dono» (ibid.); la gioia del dono.

    Infine vorrei ancora sottolineare un’ultima caratteristica del discepolo-missionario: l’apertura al dialogo. Prima di tutto al dialogo con Dio, nella preghiera, che è pure un esodo dal nostro io per accogliere Lui, mentre parla in noi e ascolta la nostra voce. E poi al dialogo fraterno, in una radicale apertura all’altro. San Giovanni Paolo II ci ha insegnato che il dialogo dev’essere lo stile proprio del missionario (Enc. Redemptoris missio, 55-56). E Gesù ce lo ha mostrato facendosi uomo, abbracciando i drammi, le domande e le attese dell’umanità sofferente e in cerca di pace. Cari fratelli, il mondo ha bisogno di dialogo, ha bisogno di pace. E ha bisogno di uomini e donne che ne siano testimoni. Vi esorto a mettervi alla scuola di quei “martiri del dialogo” che, anche in alcuni dei vostri Paesi, hanno percorso con coraggio questa strada per essere costruttori di pace. Non abbiate paura di percorrerla anche voi fino in fondo, andando controcorrente e condividendo Gesù, comunicando la fede che Lui vi ha donato (cfr Esort. ap. Christus vivit, 176).

    Cari fratelli, care sorelle, l’intercessione di Maria nostra Madre e di tanti ex alunni santi e beati vi accompagni in questo cammino. Di cuore vi benedico e vi porto nella preghiera. E anche voi, per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie!

    _______________________________

    [1] Congregazione per l’Educazione Cattolica, Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis, 19 marzo 1985, Introduzione, n. 3.

    [2] Parochial and Plain Sermons, Vol. V, n. 3.


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    (Fonte, dal sito della Santa Sede.
    Citazione biblica:
    La Sacra Bibbia, Conferenza Episcopale Italiana, Fondazione di Religione Santi Francesco d’Assisi e Caterina da Siena, 2008).



    «Chi ha conservato la fede in Dio non ha perduto niente,
    quand’anche avesse perduto il resto del mondo» (Axel Oxenstierna).




  2. #22
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    DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
    ALL'UNIONE NAZIONALE MUTILATI PER SERVIZIO


    Sala Clementina
    Sabato, 21 gennaio 2023


    Cari amici, buongiorno e benvenuti!

    Ringrazio il Presidente per le sue parole, specialmente per avermi assicurato, a nome di tutti voi, il sostegno nella preghiera. Davvero, ne ho bisogno, questo lavoro non è facile! Grazie della vostra preghiera, è il più bel regalo che potete farmi. Ma vi ringrazio anche di cuore per il dono del Crocefisso che avete fatto realizzare per l’occasione, con l’immagine del Buon Pastore. Così le vostre preghiere sono come condensate in questa scultura.

    Vorrei condividere con voi due semplici pensieri, che mi vengono suggeriti dalla particolare identità della vostra associazione.

    Il primo è che voi, come altre realtà simili – e in Italia grazie a Dio sono molte – con questa vostra Unione vi impegnate a dare un senso sociale a quella che, individualmente, è stata un’esperienza negativa, una limitazione subita in circostanze per ognuno diverse. Questo è un aspetto di grande valore morale e spirituale. Ciascuno è invitato a superare la tendenza a chiudersi in sé stesso, nella propria condizione, per aprirsi all’incontro, alla condivisione, alla solidarietà. E questo può generare un grande cambiamento, voi lo sapete bene. Il limite, il peso da portare rimane tale, non sparisce, ma riceve un senso diverso, un senso positivo: davanti alla vostra condizione, al posto del segno “meno”, voi mettete un segno “più”. E questo è possibile farlo insieme, perché ci si sostiene a vicenda.

    Questa trasformazione del negativo in positivo è uno degli aspetti essenziali del mistero di Gesù Cristo. Qui posso solo accennarlo, ma spero che avrete modo di approfondirlo in qualche vostro incontro. In sintesi, Gesù, con la forza dell’amore di Dio, ha trasformato il male in bene, non però in astratto, in teoria, ma in sé stesso, nella sua esperienza personale, nella sua stessa carne. Il male che ha dovuto subire, culminato nella passione e nella morte di croce, Lui lo ha trasformato in sacrificio di salvezza per noi. L’ha fatto grazie all’amore del Padre suo, ricco di infinita misericordia. Questo mistero Gesù lo ha concretizzato nell’Eucaristia, quando, sapendo ciò a cui andava incontro, cioè la croce, ha reso grazie al Padre sul pane e sul vino e ha lasciato ai discepoli il sacramento del suo sacrificio. Così ha trasformato il male in bene, l’odio in amore, la violenza in guarigione. Come vi dicevo, è solo un accenno, ma merita di essere ripreso sia personalmente che insieme.

    La seconda riflessione, collegata a questa, mi è stata suggerita dal vostro impegno per la pace. So che per alcuni di voi la causa dell’invalidità è legata proprio a una missione di pace, o all’adempimento di un servizio all’ordine pubblico e alla legalità. E questo arricchisce, per così dire, il patrimonio morale della vostra associazione. Ma l’impegno di essere costruttori di pace vale per tutti, indipendentemente dalla storia di ognuno. Anche qui ci viene incontro la parola di Gesù che proclama: «Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5,9). Di fronte a una guerra che sembra un mostro invincibile, che cosa possiamo fare, oltre alla preghiera? Possiamo cercare, nella vita di tutti i giorni, di affrontare i conflitti evitando ogni violenza e sopraffazione, anche verbale. E non è facile! Perché a volte basta una parola per ferire o uccidere un fratello o una sorella. Pensiamo alla calunnia; pensiamo al chiacchiericcio, che è così usuale, è pane di ogni giorno, e fa tanto male, distrugge. Allora l’associazione può e deve diventare una forza di pace nella società, aiutando a risolvere i conflitti in modo pacifico, ricercando il bene comune e richiamando l’attenzione su chi è meno tutelato.

    Cari amici, vi ringrazio della vostra visita e vi incoraggio ad andare avanti nel vostro cammino associativo. Il Signore vi doni la forza di aiutare tante persone a mettere un segno “più” davanti alla loro condizione difficile. Benedico voi, benedico le vostre famiglie. E vi chiedo per favore di non dimenticarvi di pregare per me. Grazie!


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    (Fonte dal sito della Santa Sede.
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    La Sacra Bibbia, Conferenza Episcopale Italiana, Fondazione di Religione Santi Francesco d’Assisi e Caterina da Siena, 2008).



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  3. #23
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    PAPA FRANCESCO

    ANGELUS

    Piazza San Pietro
    Domenica, 22 gennaio 2023


    Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

    Oggi il Vangelo della Liturgia (Mt 4,12-23) narra la chiamata dei primi discepoli che, sul lago di Galilea, lasciano tutto per seguire Gesù. Alcuni di loro Lo avevano già incontrato, grazie a Giovanni il Battista, e Dio aveva posto in loro il seme della fede (cfr Gv 1,35-39). Ed ecco che adesso Gesù torna a cercarli là dove vivono e lavorano. Il Signore sempre ci cerca; il Signore sempre ci avvicina, sempre. E stavolta rivolge loro una chiamata diretta: «Seguitemi!» (Mt 4,19). E loro «subito lasciarono le reti e lo seguirono» (v. 20). Fermiamoci su questa scena: è il momento dell’incontro decisivo con Gesù, quello che ricorderanno per tutta la vita e che entra nel Vangelo. Da allora seguono Gesù e, per seguirlo, lasciano.

    Lasciare per seguire. Con Gesù è sempre così. Si può cominciare in qualche modo ad avvertire il suo fascino, magari grazie ad altri. Poi la conoscenza può diventare più personale e accendere una luce nel cuore. Diventa qualcosa di bello da condividere: “Sai, quel passo del Vangelo mi ha colpito, quell’esperienza di servizio mi ha toccato”. Qualche cosa che ti tocca il cuore. E così avranno fatto anche i primi discepoli (cfr Gv 1,40-42). Ma prima o poi arriva il momento in cui è necessario lasciare per seguirlo (cfr Lc 11,27-28). E lì si deve decidere: lascio alcune certezze e parto per una nuova avventura, oppure rimango dove come sono? È un momento decisivo per ogni cristiano, perché qui si gioca il senso di tutto il resto. Se non si trova il coraggio di mettersi in cammino, c’è il rischio di restare spettatori della propria esistenza e di vivere la fede a metà.

    Stare con Gesù, dunque, richiede il coraggio di lasciare, di mettersi in cammino. Che cosa dobbiamo lasciare? Certamente i nostri vizi e i nostri peccati, che sono come ancore che ci bloccano a riva e ci impediscono di prendere il largo. Per incominciare a lasciare è giusto che partiamo dal chiedere perdono: perdono delle cose che non sono state belle: lascio quelle cose e vado avanti. Ma occorre lasciare anche ciò che ci trattiene dal vivere pienamente, per esempio come le paure, i calcoli egoistici, le garanzie per restare al sicuro vivendo al ribasso. E bisogna anche rinunciare al tempo che si spreca dietro a tante cose inutili. Com’è bello lasciare tutto questo per vivere, ad esempio, il rischio faticoso ma appagante del servizio, o per dedicare tempo alla preghiera, così da crescere nell’amicizia con il Signore. Penso anche a una giovane famiglia, che lascia il quieto vivere per aprirsi all’imprevedibile e bellissima avventura della maternità e della paternità. È un sacrificio, ma basta uno sguardo ai bambini per capire che era giusto lasciare certi ritmi e comodità, per avere questa gioia. Penso a certe professioni, ad esempio a un medico o a un operatore sanitario che hanno rinunciato a tanto tempo libero per studiare e prepararsi, e ora fanno del bene dedicando molte ore del giorno e della notte, molte energie fisiche e mentali per i malati. Penso ai lavoratori che lasciano le comodità, che lasciano il dolce far niente per portare il pane a casa. Insomma, per realizzare la vita occorre accettare la sfida di lasciare. A questo Gesù invita ciascuno di noi oggi.

    E su questo vi lascio qualche domanda. Anzitutto: io ricordo qualche un “momento forte” in cui ho già incontrato Gesù? Ognuno di noi pensi alla propria storia: nella mia vita c’è stato qualche momento forte, in cui ho incontrato Gesù? E qualcosa di bello e di significativo che è avvenuto nella mia vita per aver lasciato altre cose meno importanti? E oggi, c’è qualcosa a cui Gesù mi chiede di rinunciare? Quali sono le cose materiali, i modi di pensare, le abitudini che ho bisogno di lasciare per dirgli davvero “sì”? Ci aiuti Maria a dire, come Lei, un sì pieno a Dio, a saper lasciare qualcosa per seguirlo meglio. Non abbiate paura di lasciare se è per seguire Gesù, sempre ci ritroveremo a stare meglio e ad essere migliori.

    __________________________

    Dopo l'Angelus

    Cari fratelli e sorelle!

    Questa terza domenica del Tempo Ordinario è dedicata in modo speciale alla Parola di Dio. Riscopriamo con stupore il fatto che Dio ci parla, in particolare attraverso le Sacre Scritture. Leggiamole, studiamole, meditiamole, preghiamole. Ogni giorno leggiamo un brano della Bibbia, specialmente del Vangelo: lì Gesù ci parla, ci illumina, ci guida. E vi ricordo quello che ho detto altre volte: abbiate un piccolo Vangelo, un Vangelo tascabile, per portarlo nella borsa, sempre con noi; e quando c’è un momento durante la giornata, leggere qualcosa del Vangelo. È Gesù che ci accompagna. Un piccolo Vangelo tascabile, sempre con noi.

    Oggi desidero formulare voti di pace e di ogni bene a tutti coloro che in Estremo Oriente e in varie parti del mondo celebrano il Capodanno Lunare. In questa gioiosa circostanza, tuttavia, non posso non esprimere la mia vicinanza spirituale a quanti attraversano momenti di prova causati dalla pandemia da coronavirus, nella speranza che le presenti difficoltà vengano presto superate. Infine, auspico che la gentilezza, la sensibilità, la solidarietà e l’armonia, che in questi giorni si sperimentano nelle famiglie tradizionalmente riunite, possano sempre permeare e caratterizzare i nostri rapporti, familiari e sociali, per poter vivere una vita serena e felice. Buon Anno!

    Il mio pensiero, con dolore, va in particolare al Myanmar, dove è stata incendiata e distrutta la chiesa di Nostra Signora dell’Assunzione nel villaggio di Chan Thar, uno dei luoghi di culto più antichi e importanti del Paese. Sono vicino all’inerme popolazione civile, che in molte città è sottoposta a dura prova. Voglia Iddio che finisca presto questo conflitto e si apra un tempo nuovo di perdono, di amore e di pace. Preghiamo insieme la Madonna per il Myanmar. [“Ave Maria…”]

    Inoltre, invito a pregare perché cessino gli atti di violenza in Perù. La violenza spegne la speranza di una giusta soluzione dei problemi. Incoraggio tutte le parti coinvolte a intraprendere la via del dialogo tra fratelli della stessa nazione, nel pieno rispetto dei diritti umani e dello Stato di diritto. Mi unisco ai Vescovi peruviani nel dire: ¡No a la violencia, venga de donde venga! ¡No más muertes! Ci sono peruviani in piazza!

    Giungono dal Camerun segnali positivi, che fanno sperare in un progresso verso la risoluzione del conflitto delle regioni anglofone. Incoraggio tutte le parti firmatarie dell’Accordo a perseverare nella via del dialogo e della comprensione reciproca, perché solo nell’incontro si può progettare il futuro.

    Rivolgo il mio saluto a tutti voi, venuti dall’Italia e da altri Paesi. Saluto i pellegrini di Spalato, Varsavia – ci sono tanti polacchi, vedo le bandiere – e Mérida-Badajoz (Spagna), come anche quelli di Ascoli Piceno, Montesilvano e Gela, il gruppo della Scuola “Angelo Custode” di Alessandria, quello della Gioventù Ardente Mariana di Roma e i membri dell’Associazione di Psicologia Cattolica.

    In questi giorni, mentre preghiamo in particolare per la piena unità di tutti i cristiani, non dimentichiamo, per favore, di invocare la pace per la martoriata Ucraina: il Signore conforti e sostenga quel popolo che soffre tanto! Soffre tanto!

    Auguro a tutti voi una buona domenica. Anche ai ragazzi dell’Immacolata. E per favore non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci.


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  4. #24
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    MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
    AI PARTECIPANTI AL II SIMPOSIO SULLA MALATTIA DI HANSEN
    "NON LASCIARE NESSUNO INDIETRO"


    23-24 gennaio 2023


    Illustri Signore e Signori,
    sorelle e fratelli!


    A tutti voi un cordiale saluto in occasione del secondo Simposio sulla malattia di Hansen. Vi ringrazio per il vostro impegno a favore delle persone affette da questa patologia, spesso dimenticate e scartate dalla società. Siete come il Buon Samaritano che si china per curare i più deboli e restiture loro i diritti negati e la dignità.

    L’odierno simposio viene celebrato a pochi giorni dalla 70ª Giornata Mondiale dei malati di lebbra, iniziata da Raul Follereau nel 1953 per sensibilizzare l’opinione pubblica su una malattia che molti credono estinta. Ciò che deve preoccuparci, oggi più di allora, è che non solo la malattia può essere dimenticata, ma anche le persone.

    La lebbra, nota anche come morbo di Hansen, è una delle malattie più antiche della storia umana. Quello che persino la Bibbia, da sola, non basta a ricordarci è che lo stigma legato alla lebbra continua a provocare gravi violazioni dei diritti umani in varie parti del mondo. «Siamo cresciuti in tanti aspetti ma siamo analfabeti nell’accompagnare, curare e sostenere i più fragili e deboli delle nostre società sviluppate. Ci siamo abituati a girare lo sguardo, a passare accanto, a ignorare le situazioni finché queste non ci toccano direttamente» (Enc. Fratelli tutti, 64). Non possiamo dimenticare questi nostri fratelli e sorelle. Non dobbiamo ignorare questa malattia, che purtroppo colpisce ancora tanti, specialmente in contesti sociali più disagiati.

    Al contrario, convinti della vocazione della famiglia umana alla fraternità, lasciamoci intepellare e interrogare: «Ci chineremo per toccare e curare le ferite degli altri? Ci chineremo per caricarci sulle spalle gli uni gli altri? Questa è la sfida attuale, di cui non dobbiamo avere paura» (ibid., 70).

    Dobbiamo allora cogliere l’occasione della Giornata Mondiale dei malati di lebbra per rivedere i nostri modelli di sviluppo e denunciare e cercare di correggere le discriminazioni che essi provocano. Questa è un’occasione propizia per rinnovare il nostro impegno di costruire una società inclusiva, che non lasci nessuno ai margini.

    Alla denuncia, infatti, deve accompagnarsi sempre la proposta, come sintesi tra il bene che silenziosamente già esiste e visioni profetiche, capaci di ispirare una carità strutturata e una convivenza più giusta. In questo è prezioso il vostro contributo, lo stimolo e l’aiuto che date alle Chiese locali, perché siano a fianco di chi è scartato e sappiano accompagnare fattivamente processi di inclusione e di sviluppo umano integrale.

    Dobbiamo chiederci, nello specifico, come collaborare al meglio con le persone affette da lebbra, trattandole pienamente come persone, riconoscendole quali protagoniste principali nella loro lotta per partecipare dei diritti umani fondamentali e vivere come membri a pieno titolo della comunità.

    Auspico che questo convegno contribuisca a raccogliere le voci da tutto il mondo e discutere le misure che possono essere adottate per promuovere ulteriormente il rispetto della dignità umana.

    Esprimo la mia vicinanza a quanti soffrono del morbo di Hansen e incoraggio a continuare a operare perché non manchino loro il sostegno spirituale e l’assistenza sanitaria. Le comunità crsitiane si lascino evangelizzare da questi fratelli e sorelle e siano in prima linea nell’impegno per la loro piena integrazione.

    Cari amici, vi sostengano Maria Santissima e i numerosi santi e sante che hanno servito Cristo nelle persone affette dalla lebbra. Di cuore vi benedico e prego per voi, per i malati, le loro famiglie e quanti se ne prendono amorevolmente cura. Tutti possiate sperimentare che Gesù è venuto perché ogni uomo e donna abbia la vita e l’abbia in abbondanza (cfr Gv 10,10).

    Roma, San Giovanni in Laterano, 17 gennaio 2023, memoria di Sant’Antonio Abate.

    FRANCESCO


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  5. #25
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    DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
    AI VOLONTARI DELL'OPERA DI PROMOZIONE DELL'ALFABETIZZAZIONE NEL MONDO

    Sala Clementina
    Lunedì, 23 gennaio 2023


    Cari amici dell’OPAM, buongiorno e benvenuti tutti!

    Ringrazio il Presidente per il saluto rivolto a nome di tutti voi. È significativo il fatto che tu, Don Robert, sia prima di tutto un testimone, perché quando eri bambino hai potuto studiare grazie all’aiuto dell’OPAM. Non potevi immaginare che un giorno saresti stato a Roma a dirigere questa opera… Sono le sorprese di Dio! Ma Dio vuole avere bisogno della nostra solidarietà.

    Avete da poco festeggiato i 50 anni da quando Don Carlo Muratore diede vita a questo servizio, perché, nella sua esperienza missionaria, si era reso conto che una parte essenziale dell’evangelizzazione e della promozione umana è l’educazione. Erano gli anni in cui Paolo VI scrisse l’Enciclica Populorum progressio, indicando a chiare lettere lo sviluppo come via della pace. E non può esserci sviluppo umano integrale senza educazione. Rendiamo grazie a Dio per lo zelo apostolico di Don Carlo, per il suo cuore grande e la sua mente aperta. Come pure per il suo successore Don Aldo Martini, che ha guidato l’Opera per vent’anni, recependo le sollecitazioni che venivano dalla realtà storica e dal magistero della Chiesa. E altrettanta gratitudine va ai collaboratori e ai tanti volontari e sostenitori, che in questi 50 anni hanno permesso all’OPAM di realizzare e portare avanti migliaia di progetti e adozioni a distanza in più di ottanta Paesi.

    Desidero riprendere l’appello della Populorum progressio. Quando rileggiamo questi grandi documenti pontifici degli anni Sessanta – lo stesso vale per la Pacem in terris di San Giovanni XXIII – ci rendiamo conto di quanto siano attuali e di quanto, purtroppo, il loro messaggio non sia stato recepito! Sì, a parole, molti hanno espresso consensi, ma di fatto il modello di sviluppo non è cambiato, fino ad oggi. Il che significa che, malgrado le tante e generose opere di solidarietà realizzate a livello civile ed ecclesiale, le cause del sottosviluppo non sono state eliminate. Ebbene, il vostro lavoro punta proprio a togliere una delle cause del sottosviluppo, che è proprio l’analfabetismo. Scriveva Paolo VI: «L’educazione di base è il primo obiettivo d’un piano di sviluppo. La fame d’istruzione non è in realtà meno deprimente della fame di alimenti» (n. 35). Infatti, ho visto che nel vostro logo sta scritto: OPAM – Pane dell’educazione. Sì, è così. E il Papa aggiungeva: «Vogliamo anche rallegrarci del buon lavoro svolto in questo campo ad opera di iniziative private, di poteri pubblici e di organizzazioni internazionali: sono i primi artefici dello sviluppo, perché mirano a rendere l’uomo atto a farsene egli stesso protagonista» (ibid.). Ecco, qui si è inserito il vostro lavoro.

    Ora vorrei dirvi: il “sogno” della Populorum progressio è lo stesso dell’Enciclica Fratelli tutti. È il sogno della Chiesa, o meglio, il sogno di Dio, che vuole un mondo in cui tutti possiamo vivere come fratelli e sorelle in piena dignità. Vi ringrazio perché con il vostro impegno quotidiano cooperate a realizzare questo sogno «di fraternità e di amicizia sociale che non si limiti alle parole» (Fratelli tutti, 6). Quando voi, in collaborazione con tanti missionari e missionarie che lavorano “sul campo”, studiate e realizzate un progetto educativo, o di sostegno scolastico, o delle adozioni a distanza, voi contribuite a «generare un mondo aperto» (ibid., 87), dove «tutti siano accompagnati nel percorso della loro vita, non solo per provvedere ai bisogni primari, ma perché possano dare il meglio di sé» (ibid., 110).

    Per questo, cari fratelli e sorelle, andate avanti! Cercate di tenere alta la qualità della vostra azione, perché sia sempre promozionale. Alimentatela continuamente con la linfa del Vangelo, perché lo Spirito Santo tenga viva l’ispirazione, le motivazioni e lo stile del vostro impegno. La Madonna vi accompagni e vi doni la gioia di “andare in fretta” incontro a tante situazioni che hanno bisogno di aiuto. Di cuore benedico voi e tutto coloro che in ogni modo collaborano con l’OPAM. E vi chiedo per favore di pregare per me. Grazie!


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    (Fonte, dal sito della Santa Sede).



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    quand’anche avesse perduto il resto del mondo» (Axel Oxenstierna).




  6. #26
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    MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
    IN OCCASIONE DELLA V CONFERENZA INTERNAZIONALE
    "PER L'EQUILIBRIO DEL MONDO"


    [L'Avana, 24-28 gennaio 2023]


    Stimati delegati,

    Anche quest’anno siete riuniti in questa Conferenza per commemorare la nascita di José Martí, presentando la sua figura come stimolo per risvegliare le coscienze di quanti nel mondo sono chiamati a creare un clima di dialogo e di fratellanza che possa promuovere cambiamenti significativi nelle attuali circostanze sociali e politiche.

    Tali circostanze, come ho detto nel mio ultimo discorso al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, sono motivo di allarme e devono suscitare in noi un interesse per questo cambiamento di rotta. A tal fine ritengo quindi importante che il nostro sguardo non si fissi tanto su quello che ognuno di noi, con le migliori intenzioni, potrebbe proporre, ma sull’assoluto bisogno di sederci ad ascoltare gli altri. È urgente costruire ponti che possano aiutarci a trovare insieme soluzioni praticabili che non escludano nessuno. E tutto a partire dal dialogo e con l’orizzonte ampio della fratellanza universale (cfr. Lettera enciclica Fratelli tutti, n. 142).

    Mi ha colpito rileggere alcune parole di José Martí davanti alla tomba del venerabile Félix Varela, che possono essere significative in questo contesto. Martí ammira di Varela certamente l’amore per la sua terra e il coraggio nel denunciare quello che riteneva incompatibile con il bene sociale — «Disse senza paura ciò che vide» —, ma, al tempo stesso, ne evidenzia la mitezza, virtù essenziale del governante, che deve guidare il dialogo sociale e politico: «Senza impazzire o affrettarsi», mostrando il «giusto rispetto» per il nostro interlocutore, per poter giungere a una soluzione concordata (cfr. Ante la tumba del Padre Varela, in Patria, 6 agosto 1892).

    Si tratta quindi di guardare al passato, di non rinnegare le nostre radici, che ci portano a imparare dai nostri anziani, dalla fede che li ha animati, dalla coerenza di vita che questa fede ha imposto loro, da quella dedizione al popolo che non è altro che il comandamento del Signore di amarci come Lui ci ha amati (cfr. Gv 13, 34-35). Partendo da queste radici, Martí afferma che la figura di Padre Varela è capace di far convergere volontà per uno sforzo comune.

    In questo scritto si parla di rendere omaggio a Padre Varela costruendogli un monumento. È un atteggiamento lodevole, ma al di là del dato storico, ci farebbe bene a tutti chiederci anche se effettivamente questi modelli sono usati come esempio di valori o piuttosto come bandiera di interessi.

    Stimati delegati, nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace di quest’anno, ho ripreso questa idea cruciale: durante la pandemia molti eroi hanno dato prova della fede, della speranza, e della dedizione generosa che nascono dall’amore di Dio impresso sulla natura di ogni uomo (cfr. Gn 1, 26.27). Essi ci chiedono, come i padri della patria che oggi vi riuniscono, di «rimettere al centro la parola “insieme”. Infatti, è insieme, nella fraternità e nella solidarietà, che costruiamo la pace, garantiamo la giustizia, superiamo gli eventi più dolorosi» (n. 3). È questa la chiave per recuperare l’equilibrio che dà il nome al vostro incontro, poiché solo insieme potremo affrontare le diverse crisi morali, sociali, politiche ed economiche che stiamo vivendo e che sono tutte interconnesse (cfr. n. 5).

    Che questi auspici possano aiutarvi nei lavori che state iniziando per il bene di tutti gli uomini.

    Vaticano, 20 gennaio 2023

    Francesco

    ________________________________

    L'Osservatore Romano, Anno CLXIII n. 19, martedì 24 gennaio 2023, p. 7.


    Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana


    (Fonte, dal sito della Santa Sede).



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  7. #27
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    Aula Paolo VI
    Mercoledì, 25 gennaio 2023


    Catechesi. La passione per l’evangelizzazione: lo zelo apostolico del credente. 3. Gesù maestro dell’annuncio

    Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

    Mercoledì scorso abbiamo riflettuto su Gesù modello dell’annuncio, sul suo cuore pastorale sempre proteso agli altri. Oggi guardiamo a Lui come maestro dell’annuncio. Lasciamoci guidare dall’episodio in cui Lui predica nella sinagoga del suo villaggio, Nazaret. Gesù legge un passo del profeta Isaia (cfr 61,1-2) e poi sorprende tutti con una “predica” brevissima, di una sola frase, una sola frase. E dice così: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato» (Lc 4,21). Questa è stata la predica di Gesù: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Ciò significa che per Gesù quel passo profetico contiene l’essenziale di quanto Egli vuole dire di sé. Dunque, ogni volta che noi parliamo di Gesù, dovremmo ricalcare quel suo primo annuncio. Vediamo allora in che cosa consiste questo primo annuncio. Si possono identificare cinque elementi essenziali.

    Il primo elemento è la gioia. Gesù proclama: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; […] mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio» (v. 18), cioè un annuncio di letizia, di gioia. Lieto annuncio: non si può parlare di Gesù senza gioia, perché la fede è una stupenda storia d’amore da condividere. Testimoniare Gesù, fare qualcosa per gli altri nel suo nome, è dire tra le righe della vita di aver ricevuto un dono così bello che nessuna parola basta a esprimerlo. Invece, quando manca la gioia, il Vangelo non passa, perché esso – lo dice la parola stessa – è buon annuncio, e Vangelo vuol dire buon annuncio, annuncio di gioia. Un cristiano triste può parlare di cose bellissime ma è tutto vano se l’annuncio che trasmette non è lieto. Diceva un pensatore: “un cristiano triste è un triste cristiano”: non dimenticare questo.

    Veniamo al secondo aspetto: la liberazione. Gesù dice di essere stato mandato «a proclamare ai prigionieri la liberazione» (ibid.). Ciò significa che chi annuncia Dio non può fare proselitismo, no, non può far pressione sugli altri, ma alleggerirli: non imporre pesi, ma sollevare da essi; portare pace, non portare sensi di colpa. Certo, seguire Gesù comporta un’ascesi, comporta dei sacrifici; d’altronde, se ogni cosa bella ne richiede, quanto più la realtà decisiva della vita! Però chi testimonia Cristo mostra la bellezza della meta, più che la fatica del cammino. Ci sarà capitato di raccontare a qualcuno un bel viaggio che abbiamo fatto. Per esempio, avremo parlato della bellezza dei luoghi, di quanto visto e vissuto, non del tempo per arrivarci e delle code in aeroporto, no! Così ogni annuncio degno del Redentore deve comunicare liberazione. Come quello di Gesù. Oggi c’è la gioia, perché sono venuto a liberare.

    Terzo aspetto: la luce. Gesù dice di essere venuto a portare«ai ciechi la vista» (ibid.). Colpisce che in tutta la Bibbia, prima di Cristo, non compaia mai la guarigione di un cieco, mai. Era infatti un segno promesso che sarebbe giunto con il Messia. Ma qui non si tratta solo della vista fisica, bensì di una luce che fa vedere la vita in modo nuovo. C’è un “venire alla luce”, una rinascita che avviene solo con Gesù. Se ci pensiamo, così è iniziata per noi la vita cristiana: con il Battesimo, che anticamente era chiamato proprio “illuminazione”. E quale luce ci dona Gesù? Ci porta la luce della figliolanza: Lui è il Figlio amato del Padre, vivente per sempre; e con Lui anche noi siamo figli di Dio amati per sempre, nonostante i nostri sbagli e difetti. Allora la vita non è più un cieco avanzare verso il nulla, no: non è questione di sorte o fortuna. Non è qualcosa che dipende dal caso o dagli astri, e nemmeno dalla salute o dalle finanze, no. La vita dipende dall’amore, dall’amore del Padre, che si prende cura di noi, suoi figli amati. Che bello condividere con gli altri questa luce! Avete pensato voi che la vita di ognuno di noi – la mia vita, la tua vita, la nostra vita – è un gesto di amore? È un invito all’amore? Questo è meraviglioso! Ma tante volte dimentichiamo questo, davanti alle difficoltà, davanti alle brutte notizie, anche davanti – e questo è brutto – alla mondanità, al modo di vivere mondano.

    Quarto aspetto dell’annuncio: la guarigione. Gesù dice di essere venuto «a rimettere in libertà gli oppressi» (ibid.). Oppresso è chi nella vita si sente schiacciato da qualcosa che succede: malattie, fatiche, pesi sul cuore, sensi di colpa, sbagli, vizi, peccati… Oppressi da questo: pensiamo per esempio ai sensi di colpa. Quanti di noi hanno sofferto questo? Pensiamo un po’ a un senso di colpa di quello, dell’altro… A opprimerci, soprattutto, è proprio quel male che nessuna medicina o rimedio umano possono risanare: il peccato. E se uno ha senso di colpa di qualcosa che ha fatto, e questo si sente male… Ma la buona notizia è che con Gesù questo male antico, il peccato, che sembra invincibile, non ha più l’ultima parola. Io posso peccare perché sono debole. Ognuno di noi può farlo, ma questa non è l’ultima parola. L’ultima parola è la mano tesa di Gesù che ti rialza dal peccato. E padre, questo quando lo fa? Una volta? No. Due? No. Tre? No. Sempre. Ogni volta che tu stai male, il Signore sempre ha la mano tesa. Soltanto bisogna aggrapparsi e lasciarsi portare. La buona notizia è che con Gesù questo male antico non ha più l’ultima parola: l’ultima parola è la mano tesa di Gesù che ti porta avanti. Dal peccato Gesù ci guarisce sempre. E quanto devo pagare per la guarigione? Niente. Ci guarisce sempre e gratuitamente. Egli invita quanti sono «stanchi e oppressi» – lo dice nel Vangelo – invita ad andare a Lui (cfr Mt 11,28). E allora accompagnare qualcuno all’incontro con Gesù è portare dal medico del cuore, che risolleva la vita. È dire: “Fratello, sorella, io non ho risposte a tanti tuoi problemi, ma Gesù ti conosce, Gesù ti ama, ti può guarire e rasserenare il cuore”. Chi porta dei pesi ha bisogno di una carezza sul passato. Tante volte sentiamo: “Ma io avrei bisogno di guarire il mio passato… ho bisogno di una carezza su quel passato che mi pesa tanto…” Ha bisogno di perdono. E chi crede in Gesù ha proprio questo da donare agli altri: la forza del perdono, che libera l’anima da ogni debito. Fratelli, sorelle, non dimenticare: Dio dimentica tutto. Come mai? Sì, dimentica tutti i nostri peccati, di essi non ha memoria. Dio perdona tutto perché dimentica i nostri peccati. Soltanto bisogna avvicinarsi al Signore e Lui ci perdona tutto. Pensate a qualcosa del Vangelo, di quello che ha incominciato a parlare: “Signore ho peccato!” Quel figlio… E il papà gli mette la mano in bocca. “No, va bene, niente…” Non gli lascia finire… E questo è bello. Gesù ci aspetta per perdonarci, per risanarci. E quanto? Una volta? Due volte? No. Sempre. “Ma padre, io faccio le stesse cose sempre…” E anche lui farà le sue stesse cose sempre: perdonarti, abbracciarti. Per favore, non abbiamo sfiducia in questo. Così si ama il Signore. Chi porta dei pesi e ha bisogno di una carezza sul passato, ha bisogno di perdono, sappia che Gesù lo fa. Ed è questo che dà Gesù: liberare l’anima da ogni debito. Nella Bibbia si parla di un anno in cui si era liberati dal peso dei debiti: il Giubileo, l’anno di grazia. Come fosse l’ultimo punto dell’annuncio.

    Gesù dice infatti di essere venuto «a proclamare l’anno di grazia del Signore» (Lc 4,19). Non era un giubileo programmato, come quelli che stiamo facendo adesso, che tutto è programmato e si pensa a come fare come non fare… No. Ma con Cristo la grazia che fa nuova la vita arriva e stupisce sempre. Cristo è il Giubileo di ogni giorno, di ogni ora, che ti avvicina, per accarezzarti, per perdonarti. E l’annuncio di Gesù deve portare sempre lo stupore della grazia. Questo stupore… “Non posso credere, sono stato perdonato, sono stata perdonata” Ma così grande è il nostro Dio! Perché non siamo noi a fare grandi cose, ma è la grazia del Signore che, anche attraverso di noi, compie cose imprevedibili. E queste sono le sorprese di Dio. Dio è un maestro delle sorprese. Sempre ci sorprende, sempre ci aspetta. Noi arriviamo, e Lui sta aspettando. Sempre. Il Vangelo si accompagna ad un senso di meraviglia e di novità che ha un nome: Gesù.

    Lui ci aiuti ad annunciarlo come desidera, comunicando gioia, liberazione, luce, guarigione e stupore. Così si comunica Gesù.

    Un’ultima cosa: questo lieto annuncio, che dice il Vangelo, è rivolto «ai poveri» (v. 18). Spesso ci dimentichiamo di loro, eppure sono i destinatari esplicitamente menzionati, perché sono i prediletti di Dio. Ricordiamoci di loro e ricordiamoci che, per accogliere il Signore, ciascuno di noi deve farsi “povero dentro”. Con quella povertà che fa dire…“Signore ho bisogno di perdono, ho bisogno di aiuto, ho bisogno di forza”. Questa povertà che tutti noi abbiamo: farsi povero da dentro. Si tratta di vincere ogni pretesa di autosufficienza per comprendersi bisognoso di grazia, e sempre bisognoso di Lui. Se qualcuno mi dice: Padre, ma quale è la via più breve per incontrare Gesù? Fatti bisognoso. Fatti bisognoso di grazia, bisognoso di perdono, bisognoso di gioia. E Lui si avvicinerà a te.

    ____________________________________

    Saluti

    Je salue cordialement les pèlerins de langue française. Frères et sœurs, en ce jour où nous fêtons la Conversion de saint Paul, clôture de la Semaine de prière pour l’unité des chrétiens sur le thème : « apprenez à faire le bien ! Recherchez le droit » (Is 1, 17), demandons la grâce d’être revêtus de la lumière du Christ, porteurs d’une joyeuse annonce à toutes les personnes qui ont besoin de libération et de guérison. Que Dieu vous bénisse !

    [Saluto cordialmente i pellegrini di lingua francese. Fratelli e sorelle, in questo giorno in cui celebriamo la Conversione di San Paolo, chiusura della Settimana di Preghiera per l’unità dei cristiani sul tema: «Imparate a fare il bene, cercate la giustizia» (Is 1,17), chiediamo la grazia di essere rivestiti della luce di Cristo, portatori di un gioioso annuncio a tutti coloro che hanno bisogno di liberazione e di guarigione. Dio vi benedica!]

    I extend a warm welcome to the English-speaking pilgrims taking part in today’s Audience, especially those from Australia and the United States of America. In the context of this Week of Prayer for Christian Unity, I offer a special greeting to the group from the Bossey Ecumenical Institute. Upon all of you, and upon your families, I invoke the joy and peace of our Lord Jesus Christ. God bless you!

    [Do il benvenuto a tutti i pellegrini di lingua inglese, specialmente a quelli provenienti dall’Australia e dagli Stati Uniti d’America. Nel contesto della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani, rivolgo un saluto particolare agli alunni dell’Istituto Ecumenico di Bossey. Su tutti voi e sulle vostre famiglie invoco la gioia e la pace del Signore Gesù. Dio vi benedica!]

    Von Herzen grüße ich die Gläubigen deutscher Sprache. Heute feiern wir das Fest der Bekehrung des heiligen Paulus. Aus Gnade von Gott erwählt, hat er als Apostel der Völker das Evangelium verkündet. Seine Fürsprache helfe uns, in der Liebe Christi zu leben und sie allen weiterzugeben. Der Herr segne euch!

    [Saluto con affetto i fedeli di lingua tedesca. Oggi celebriamo la Festa della Conversione di San Paolo. Scelto per grazia di Dio, ha proclamato il Vangelo come Apostolo delle genti. La sua intercessione ci aiuti a vivere nell’amore di Cristo e a trasmetterlo agli altri. Dio vi benedica!]

    Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española. Hoy celebramos la Conversión del apóstol san Pablo y concluimos la Semana de Oración por la Unidad de los Cristianos. En este día tan especial, pidamos a Jesús maestro que nos enseñe a ser artesanos de comunión, anunciándolo con alegría y sencillez de corazón. Que Dios los bendiga. Muchas gracias.

    Saúdo cordialmente os peregrinos de língua portuguesa, de modo particular o grupo do Brasil, invocando sobre cada um de vós as bênçãos do Senhor. Encorajo-vos a que, banindo qualquer aparência de indiferentismo, confusão e odiosa rivalidade, possais colaborar com todos os cristãos por amor de Cristo. Obrigado!

    [Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini di lingua portoghese, in particolare al gruppo del Brasile, invocando su ognuno di voi le benedizioni del Signore. Vi incoraggio affinché, bandendo ogni parvenza di indifferentismo, confusione e odiosa rivalità, collaboriate con tutti i cristiani per amore di Cristo. Grazie!]

    […].

    [Saluto i fedeli di lingua araba. Per accogliere il Signore, ciascuno di noi deve farsi “povero dentro”, cioè, vincere ogni pretesa di autosufficienza per comprendersi bisognoso di grazia, sempre bisognoso di Lui. Il Signore vi benedica tutti e vi protegga sempre da ogni male!]

    […].

    [Saluto cordialmente i pellegrini polacchi. Domenica scorsa abbiamo celebrato la “Domenica della Parola”. Come discepoli di Gesù, abbiamo il privilegio e il dovere di ascoltare e meditare la Parola di Dio, contenuta nella Sacra Scrittura. La felicità che desideriamo nella nostra vita personale, familiare e sociale, la troveremo aprendoci alla saggezza che viene dal Signore e che porta all'amore, alla pace e alla fratellanza reciproca. Vi benedico di cuore.]

    ____________________________________

    APPELLO

    Dopodomani, 27 gennaio, si celebra la Giornata internazionale di commemorazione delle vittime dell’Olocausto. Il ricordo di quello sterminio di milioni di persone ebree e di altre fedi non può essere né dimenticato né negato. Non può esserci un impegno costante nel costruire insieme la fraternità senza aver prima dissipato le radici di odio e di violenza che hanno alimentato l’orrore dell’Olocausto.

    * * *

    Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto e ringrazio i partecipanti al simposio promosso dal Dicastero dello Sviluppo Umano Integrale, sul morbo di Hansen (la lebbra), dal titolo “Non lasciare indietro nessuno”.

    Il mio pensiero va infine, come di consueto, ai giovani, ai malati, agli anziani e agli sposi novelli. Oggi si conclude la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Incoraggio a vivere, ognuno nel proprio stato di vita, le esigenze dell’unità cristiana che ci provengono dal battesimo. Consapevoli del dono di questo sacramento, operiamo, preghiamo e offriamo i nostri sacrifici ogni giorno per l’unità di tutti i credenti in Cristo.

    Nei nostri pensieri e nelle nostre preghiere non manchi la martoriata Ucraina, così tanto afflitta. Questa mattina ho avuto un incontro con i Capi delle diverse Confessioni di fede che sono in Ucraina – tutti uniti – e mi hanno raccontato il dolore di quel popolo. Non dimentichiamo mai, ogni giorno, di pregare per la pace definitiva in Ucraina.

    A tutti la mia benedizione.


    Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana


    (Fonte, dal sito della Santa Sede.
    Citazioni bibliche:
    La Sacra Bibbia, Conferenza Episcopale Italiana, Fondazione di Religione Santi Francesco d’Assisi e Caterina da Siena, 2008).



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  8. #28
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    Laudato, ti è già stato ripetuto una infinità di volte che dovresti aggiungere qualche riga di commento/riassunto agli interventi del Santo Padre, anche a beneficio di chi non li ha letti!!
    Grazie!!
    E poi, potresti anche selezionare gli interventi, mettendo solo quelli più significativi, anche perché se uno vuole leggerli ha comunque la possibilità di andare sul sito della Santa Sede e leggerli, eviterei di fare un doppione!!
    Hai già subito un ban per questo, fosse in te vorrei evitarne altri!!
    Quid quaeritis viventem cum mortuis? (Lc 24, 5)

  9. #29
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    Intervengo per una piccola precisazione:
    condivido l'invito a riportare in questa discussione solamente i principali interventi del Santo Padre, come del resto viene riportato ogni anno nel messaggio di apertura: le omelie, le riflessioni all'Angelus, le catechesi alle udienze generali, o comunque qualsiasi intervento che interessi la Chiesa universale e/o la Chiesa italiana. Mi chiedo se, tanto per fare un esempio, il discorso ai monaci buddisti possa rientrare tra i "principali interventi".
    L'invito a esprimere riflessioni e commenti personali è ovviamente benvenuto in ogni sezione del forum, ma in questa specifica discussione credo vadano postati i testi senza commento. Per i commenti esiste l'apposita discussione.
    Oboedientia et Pax

  10. #30
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    Sala Clementina
    Giovedì, 26 gennaio 2023


    Cari amici, buongiorno!

    Ringrazio la Presidente, Dottoressa Stefania Mancini, per le sue parole e do il benvenuto a tutti voi, soci dell’Associazione Assifero.

    Avete chiesto questo incontro nel ventesimo anniversario della vostra Associazione, e così ho potuto conoscere la vostra realtà. Mi congratulo con voi per il lavoro compiuto in questi anni, e per l’impostazione, di chiara ispirazione cristiana, con cui avete strutturato la vostra attività.

    Come ha ricordato poco fa la Dottoressa Mancini, voi raggruppate numerose fondazioni private che, in Italia e all’estero, si adoperano in svariati ambiti, per la promozione della persona e per lo sviluppo di modelli sociali ed economici sani e solidali, mettendo in sinergia competenze e risorse diverse. Infatti, una prima cosa che colpisce della vostra azione è proprio la sua ricchezza e varietà. Siete di provenienze, estrazioni e confessioni cristiane diverse, portate con voi il patrimonio di sfere di attività, competenze e modalità operative di vario tipo, rivolgete la vostra attenzione e il vostro aiuto a realtà e contesti di ogni genere. La vostra è una carità “a tutto campo”, che richiede apertura mentale e capacità di coordinamento; per usare un’immagine paolina, come membra di un corpo (cfr 1 Cor 12,1-13).

    Per questo vorrei raccomandarvi di curare particolarmente, nei vostri programmi, tre valori importanti che, del resto, avete già ben presenti: primo, la promozione del bene integrale della persona, secondo, l’ascolto delle comunità locali, terzo, la vicinanza agli ultimi. Sulla vicinanza non dimenticatevi che è una delle qualità di Dio: vicinanza, compassione e tenerezza. Dio è così: vicino, compassionevole e tenero. Sono i tre “atteggiamenti” per dire così, di Dio. Questa vicinanza ti porta alla compassione e alla tenerezza.

    Anzitutto la promozione del bene integrale della persona, nelle sue dimensioni fondamentali: materiale, intellettuale, morale e spirituale. È qualificante, infatti, che l’assistenza materiale miri ad emancipare le persone, rendendole protagoniste della loro crescita, nello sviluppo delle loro capacità e delle loro doti, sia a livello individuale che comunitario. Il tutto poi secondo sani principi etici, perché la crescita economica avvenga nella solidarietà e nella giustizia. Vi possono ispirare le parole di Gesù che disse: «Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10,10).

    Secondo valore: l’ascolto delle comunità locali. Mi avete parlato di questa attenzione che vi proponete come metodo: ascoltare le realtà territoriali. È molto importante, perché il vostro intervento non si riduca ad un aiuto sporadico, ma ponga semi per il futuro là dove la gente vive, nelle situazioni che la Provvidenza vi indica (cfr Lc 13,18-21). E l’umiltà dell’ascolto, così inteso, è un elemento fondamentale dell’agire per il bene comune, a maggior ragione quando vi permette di farvi portavoce delle istanze dei più deboli presso le pubbliche istituzioni.

    Terzo valore: la vicinanza agli ultimi. C’è un proverbio che dice che “una catena è tanto forte quanto il suo anello più debole”. Farsi vicini agli ultimi, chinarsi sulle loro ferite, farsi carico dei loro bisogni, è porre buone fondamenta nella costruzione di comunità unite e solide, per un mondo migliore e per un futuro di pace. È Cristo stesso che nel povero ci viene incontro, per indicarci la via del Regno dei Cieli, Lui che «si è fatto povero per arricchirci con la sua povertà» (cfr 2 Cor 8,9).

    Cari amici, vi ringrazio di essere venuti oggi e soprattutto per tutto il bene che fate. Vi incoraggio ad andare avanti sempre con entusiasmo e con saggezza. Vi benedico di cuore. E vi chiedo per favore di pregare per me. Grazie!


    Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana


    (Fonte, dal sito della Santa Sede.
    Citazione biblica:
    La Sacra Bibbia, Conferenza Episcopale Italiana, Fondazione di Religione Santi Francesco d’Assisi e Caterina da Siena, 2008).



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    quand’anche avesse perduto il resto del mondo» (Axel Oxenstierna).




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