ricordo i bei tempi quando c'era il parroco vecchio, i chierichetti erano un po' meno di adesso e quando si faceva la processione erano tutti ordinati e bravi sia come comportamento e che come "modo di fare" ora invece ce ne sono 40-45 e su questi solo 5 o 6 sono dei verigli altri hanno un diavolo per capello e fanno venire matti anche gli altri (compreso il sottoscritto)!!!!
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Miserere mei
L'uso del termine “concelebrazione” ha avuto una evoluzione storica, per cui, in tempi diversi, s’intendono cose diverse parlando di concelebrazione.
Secondo gli storici, la prima forma di messa che ci è stata tramandata è quella celebrata dal vescovo alla presenza dei suoi presbiteri. Si tratta della forma di culto considerata ideale (cfr. S. Ignazio di Antiochia ed altri). I sacerdoti si trovano nella posizione di cum-celebrare, ovvero di celebrare il culto insieme, ma non di partecipare all’atto consacratorio. Questa partecipazione consisteva nel rispondere al celebrante, anche se, secondo gli ordines romani, i sacerdoti indossavano la pianeta. Nel rito della consacrazione degli oli il giovedì Santo le preci vennero distribuite tra più presbiteri, come pure nel rito dell’incoronazione del Papa le preghiere introduttive vennero suddivise tra diversi cardinali. Non si giunse però a dire insieme le parole della consacrazione (concelebrazione sacramentale). Per giungere a questo bisogna arrivare circa al XIII secolo, quando fu istituita la concelebrazione nei riti delle ordinazioni di preti e vescovi. Di conseguenza, certi testi dei messali antichi riportano un testo dell’Hanc igitur dal quale si deduce che il prete novello era considerato offerente ma non consacrante. All’inizio la cosa cominciò come una consuetudine non vincolante di certe chiese (lo attesta S. Tommaso d’Aquino). Nel pontificale di Durando si legge: “qua oblatione facta, presbiteri vadant ad altare, adstandum a dextera et leva altaris cum missalibus sui se dicunt totum subissa voce, sicut si celebrarent”.
Ecco cosa dice il Pontificale in uso fino al 1962 per la consacrazione episcopale:
Deinde Consecrator lavat manus, et accedit ad altare; Consecratus etiam ad posterius cornu Epistolae altaris ejusdem accedit: et ibi stans medius inter Episcopos assistentes ante se habens Missale suum, simul cum Consecratore dicit, et facit omnia, prout in Missali.
Et ponatur una Hostia consecranda pro Consecrante, et Consecrato, et vinum consecrandum, in Calice, sufficiens pro utroque.
Come potete notare, non sono previsti altarini posticci, e nemmeno un calice a testa. Non è esatto dire che ciascuno, da un certo punto in poi, dice la “sua” messa.
Il Concilio Vaticano II ha previsto la concelebrazione, con le modalità che ben conosciamo, con le seguenti parole:
La concelebrazione
57.
1. La concelebrazione, che manifesta in modo appropriato l'unità del sacerdozio, è rimasta in uso fino ad oggi nella Chiesa, tanto in Oriente che in Occidente. Perciò al Concilio è sembrato opportuno estenderne la facoltà ai casi seguenti:
1• a) al giovedì santo, sia nella messa crismale che nella messa vespertina;
b) alle messe celebrate nei concili, nelle riunioni di vescovi e nei sinodi;
c) alla messa di benedizione di un abate.
2• Inoltre, con il permesso dell'ordinario, a cui spetta giudicare sulla opportunità della concelebrazione:
a) alla messa conventuale e alla messa principale nelle diverse chiese, quando l'utilità dei fedeli non richieda che tutti i sacerdoti presenti celebrino singolarmente;
b) alle messe nelle riunioni di qualsiasi genere di sacerdoti tanto secolari che religiosi.
2. 1• Spetta al vescovo regolare la disciplina della concelebrazione nella propria diocesi;
2• Resti sempre però ad ogni sacerdote la facoltà di celebrare la messa individualmente, purché non celebri nel medesimo tempo e nella medesima chiesa in cui si fa la concelebrazione, e neppure il giovedì santo.
58. Venga redatto un nuovo rito della concelebrazione da inserirsi nel pontificale e nel messale romano.
Come vedete, Il Concilio non ha affatto incoraggiato né autorizzato la frequente e addirittura giornaliera concelebrazione. Come vedete, inoltre, l’unico giusto motivo per praticare la concelebrazione è quello di rendere maggiormente manifesta, in determinate occasioni, l’unità del sacerdozio. Studi teologici approfonditi (Schmitz) hanno evidenziato che nella concelebrazione unico è l’atto sacrificale (vulgo: la Messa è una sola), e di conseguenza i frutti di una messa concelebrata sono gli stessi di una singola messa, e non moltiplicati per il numero dei con celebranti. Di conseguenza, per il bene della Chiesa, è di gran lunga preferibile che si celebrino molte messe piuttosto che poche.
Ma da voi è così tanto frequente la Concelebrazione?.
Sembra quasi che si parli di quotidianità!.
Certo rimane il fatto che una Concelebrazione presieduta da Vescovo non solo richiama l'unità teologica del sacerdozio ministeriale, ma anche la comunione che lega il Pastore (Vescovo) con i suoi collaboratori. Non penso che si possa parlare di concelebrazione solo per una questione estetica o pro-forma altrimenti saremmo fuori da ciò che la Chiesa e il Concilio in particolare hanno voluto trasmettere.
Circa poi l'intenzione... beh ogni sacerdote nella concelebrazione è celebrante e di conseguenza ogni sacerdote applica per una intenzione.
Che 10 preti celebrino in privato o concelibrino sono comunque 10 intenzioni che si innalzano a lode e gloria di Dio.
da noi non dico che sia all'ordine del giorno ma quasi almeno un paio di volte nei giorni feriali e 9 Domeniche su 10
non ho ben capito il par.199 dell'IGMR: cosa vuol l'ultima frase? i sacerdoti il Giovedì santo e nella Veglia Pasquale dovrebbero concentrarsi tutti in un luogo (ad es. cattedrale) e concelebrare? Non credo, qualcuno me lo spiega?
199. La concelebrazione, nella quale si manifesta assai bene l'unità del sacerdozio, del sacrificio e di tutto il popolo di Dio, è prescritta dal rito stesso: nell'ordinazione del Vescovo e dei presbiteri, nella benedizione dell'abate e nella Messa crismale.
È invece raccomandata, se l'utilità dei fedeli non richiede o suggerisce altro:
a) nella Messa vespertina «Nella Cena del Signore»;
b) nella Messa celebrata in occasione di Concili, di raduni di Vescovi e di Sinodi;
c) nella Messa conventuale e nella Messa principale nelle chiese e negli oratori;
d) nelle Messe in occasione di incontri di sacerdoti, secolari o religiosi, qualunque sia il carattere di tali incontri 101.
Al singolo sacerdote sia tuttavia permesso celebrare l'Eucaristia in modo individuale, non però nel tempo in cui nella stessa chiesa o oratorio si tiene la concelebrazione. Ma il Giovedì della Settimana santa nella Messa vespertina «Nella Cena del Signore» e nella Messa della Veglia Pasquale non è permesso celebrare in modo individuale.