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Discussione: L'opinione di Enzo Bianchi sul Motu Proprio

  1. #1
    Fedelissimo di CR L'avatar di Anselmo
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    L'opinione di Enzo Bianchi sul Motu Proprio

    Se il messale è una bandiera
    (La Repubblica, 8 luglio 2007)

    Molto atteso dai pochissimi cattolici "tradizionalisti" e molto temuto dai
    vescovi e dalle chiese locali, è stato promulgato, dopo molte dilazioni
    indicatrici di incertezze, il motu proprio
    <http://it.wikipedia.org/wiki/Motu_Proprio> Summorum Pontificum che
    "liberalizza" il rito della messa vigente prima della riforma liturgica.
    Preconizzato da più di un anno, ha destato grandi preoccupazioni e ha acceso
    un dibattito di grande qualità: conferenze episcopali, singoli vescovi,
    teologi e liturgisti hanno analizzato con spirito di pace e volontà di
    riconciliazione con i tradizionalisti scismatici i problemi e le derive che
    potrebbero inoculare contrapposizioni e ulteriori divisioni tra i cattolici.
    Sì, perché in questi quarant'anni del post-concilio, le chiese hanno
    percorso un lungo cammino, spesso faticoso, nell'attuazione della riforma
    liturgica, hanno registrato anche qua e là abusi e contraddizioni allo
    spirito dell'autentica liturgia cattolica ma, come ha affermato Giovanni
    Paolo II nel 1988, "questo lavoro è stato fatto sotto la guida del principio
    conciliare: fedeltà alla tradizione e apertura al legittimo progresso;
    perciò si può dire che la riforma liturgica è strettamente tradizionale,
    'secondo i santi padri'" (XXV annus n. 4). Di conseguenza, nel chiarire le
    possibilità offerte ai tradizionalisti Giovanni Paolo II precisava che "la
    concessione dell'indulto non è per cercare di mettere un freno
    all'applicazione della riforma intrapresa dopo il concilio (Udienza generale
    del 28.9.1990).

    Noi cattolici, ma per la convinzione profonda che il vescovo di Roma è il
    servo della comunione ecclesiale, obbediamo anche a prezzo di fatica, di
    sofferenza e di non piena comprensione di ciò che ci vien chiesto
    autorevolmente e che non contraddice il vangelo: siamo anche capaci di
    obbedienza pur dissentendo lealmente e con pieno rispetto. Questa obbedienza
    che vuole essere evangelica e "in ecclesia", richiede che ci esercitiamo a
    pensare e riflettere per capire maggiormente e per animare la comunicazione
    in vista di una comunione matura e salda, per fare di tutto affinché la
    chiesa non soffra di disordine e di ulteriori contrapposizioni: chi ha un
    vero sensus ecclesiae questo soprattutto teme!

    Dunque questo motu proprio deve essere accolto come un atto di Benedetto XVI
    teso a metter fine allo scisma aperto dai lefebvriani e alla "sofferenza" di
    altri pur restati in comunione con Roma. Il papa è consapevole che più
    passano gli anni, più le posizioni si induriscono, più ci si abitua allo
    scisma e si affievolisce il desiderio di una reciproca riconciliazione tra
    chiesa e scismatici. È in questa prospettiva che va compreso e accolto
    questo motu proprio, come dice la lettera personale del papa che lo
    accompagna: "fare tutti gli sforzi affinché, a tutti quelli che hanno
    veramente il desiderio dell'unità, sia reso possibile di restare in
    quest'unità o di ritrovarla nuovamente".

    Per questo il papa autorizza con liberalità la celebrazione della messa
    conformemente al messale detto di Pio V (riedito nel 1962 prima della
    celebrazione del concilio e perciò detto anche "di Giovanni XXIII") sicché
    ora "ogni sacerdote cattolico ... può usare o il Messale Romano promulgato
    nel 1962 dal B. Giovanni XXIII, oppure il Messale Romano promulgato dal Papa
    Paolo VI nel 1970 ... senza alcun permesso, né della Sede apostolica, né del
    suo Ordinario". Si esce così dall'indulto concesso da Giovanni Paolo II nel
    1984 e ribadito nel 1988, perché allora si dava la possibilità di celebrare
    la messa detta di Pio V se il vescovo lo permetteva, mentre ora vi è la
    possibilità di celebrarla e il vescovo non può proibirla. La forma della
    messa di Pio V non è più dunque "eccezionale" ma "straordinaria", non è più
    una deroga alle regole ma permessa dalle regole. Scrive testualmente il
    papa: "Il Messale Romano promulgato da Paolo VI è l'espressione ordinaria
    della 'legge della preghiera' ... tuttavia il Messale promulgato da Pio V
    ... deve venir considerato come espressione straordinaria della stessa
    'legge della preghiera' ... Queste due espressioni sono due usi dell'unico
    rito romano".

    Ma per chi è stata promulgata questa nuova legislazione? La risposta non è
    semplice perché quanti chiedono la possibilità di praticare il messale di
    Pio V sono una galassia numericamente ridotta ma molto variegata. In tutto
    il mondo questi cattolici con sensibilità tridentina sono circa 300.000 con
    circa 450 preti, sul totale di un miliardo e 200 milioni di cattolici, e di
    essi circa la metà appartiene alla porzione scismatica dei seguaci di mons.
    Lefebvre. Nel motu proprio si pensa certo a questi ultimi - per quali,
    afferma la lettera, "la fedeltà al messale antico divenne un contrassegno
    esterno" - ma c'è attenzione soprattutto ai tradizionalisti in comunione con
    Roma, quelli legati al rito diventato per loro familiare fin dall'infanzia.

    Accanto a questi cattolici, scismatici o no, all'orizzonte affiorano anche
    giovani preti che vorrebbero ritornare all'antico rito e alcuni movimenti
    ecclesiali che auspicano una ripresa di un'identità fondamentalista
    cattolica; vi è poi un'appariscente deriva di confraternite e ordini
    cavallereschi vari che attendono di poter celebrare in latino per
    rinvigorire il loro folklore e ridare lustro alle loro livree medievali.

    Ma qui sorge una serie di domande che esigono una risposta evangelica e una
    responsabilità conforme al sensus ecclesiae da parte di tutti: vescovi,
    presbiteri, fedeli cattolici. Non è che questi gruppi si nascondano dietro i
    veli della ritualità post-tridentina per non accogliere altre realtà assunte
    oggi dalla chiesa, soprattutto attraverso il concilio? Il messale di Pio V
    non rischia di essere il portavoce di rivendicazioni di una situazione
    ecclesiale e sociale che oggi non esiste più? La messa di Pio V non è per
    molti una messa identitaria, preferenziale e dunque preferita rispetto a
    quella celebrata dagli altri fratelli, come se la liturgia di Paolo VI fosse
    mancante di elementi essenziali alla fede? C'è oggi troppa ricerca di segni
    identitari, troppo gusto per le cose "all'antica", soprattutto in certi
    intellettuali che si dicono non cattolici e non credenti e misconoscono il
    mistero liturgico. E ancora, perché alcuni giovani che non sono nati
    nell'epoca post-tridentina e non hanno mai praticato come loro messa
    "nativa" quella pre-conciliare, vogliono un messale sconosciuto? Cercano
    forse un messale lontano dal cuore ma praticato dalle labbra? E se la
    celebrazione della messa risponde alle sensibilità, ai gusti personali,
    allora nella chiesa non regna più l'ordo oggettivo, ma ci si abbandona a
    scelte soggettive dettate da emozioni del momento. Non c'è forse il rischio,
    in questo soggettivismo, di incoraggiare ciò che Benedetto XVI denuncia come
    obbedienza alla "dittatura del relativismo"?

    E perché coloro che chiedono il rito di Pio V si sentono i "salvatori della
    chiesa romana"? Salvatori rispetto a cosa? A un concilio ecumenico
    presieduto dal vescovo di Roma? Perché assicurano: "Vinceremo ... tutta la
    chiesa tornerà all'antica liturgia!"? Questo non è un cammino di
    riconciliazione e di comunione, ma di rivincita, di condanna dell'altro, di
    rifiuto di riconoscere le colpe rispettive... Sì, c'è il timore che si
    risvegli nella chiesa una serie di rapporti di forza in cui c'è chi perde e
    chi guadagna. Ma questo risponde più a un'ottica mondana che a un'ottica
    evangelica!

    Ogni cattolico - anche chi come me può testimoniare con gioia per averlo a
    lungo praticato che il messale di Pio V lo ha fatto crescere nella fede,
    nell'intelligenza eucaristica e nella vita spirituale e lo sente come un
    monumento liturgico, un'architettura rituale capace di far vivere la
    comunione diacronica di tutta la chiesa - deve interrogarsi per non lasciare
    spazio a forme di idolatria e, con il cardinale Ratzinger, "ammettere che la
    celebrazione dell'antica liturgia si era troppo smarrita nello spazio
    dell'individualismo e del privato e che la comunione tra presbitero e fedeli
    era insufficiente". Sì, nessun idealismo né sul messale né sulla sua pratica
    e non sia un messale a far guerra all'altro messale, perché così si sfascia
    la chiesa.

    Mons. Fellay (il successore di Lefebvre alla guida della Fraternità San Pio
    X <http://it.wikipedia.org/wiki/Fratern...tale_San_Pio_X> ) ha
    dichiarato che "la liberalizzazione del messale di Pio V provocherà una
    guerra nella chiesa con una deflagrazione pari a quella della bomba
    atomica". Sono parole gravi, ma che ci fanno restare vigilanti! Né si
    dimentichi che è sempre stato ed è tuttora possibile celebrare in latino:
    non è una questione di lingua, perché anche il messale di Paolo VI è in
    latino e in esso è confluito, seppur riformato, il messale di Pio V.

    Benedetto XVI scrive nella lettera che d'ora innanzi non ci sono due riti ma
    "un uso duplice dell'unico e medesimo rito" e tuttavia non si possono tacere
    le differenze: tra un "uso" e l'altro ci saranno letture bibliche sempre
    diverse, si vivranno i tempi liturgici in modo diverso, con feste del
    Signore e dei santi in date diverse; con il messale di Pio V si sarà
    autorizzati a pregare in modo non conforme all'insegnamento ecumenico del
    Vaticano II, così si pregherà per "eretici e scismatici perché il Signore li
    strappi da tutti i loro errori", mentre per gli ebrei si userà l'espressione
    "popolo accecato". Cosa significherà questo nei rapporti ecumenici con le
    chiese e con gli ebrei?

    Sì, verificheremo cosa accadrà nella chiesa e come crescerà o sarà
    contraddetta la comunione. Sarà determinante l'azione dei vescovi, ai quali
    "spetta salvaguardare l'unità concorde, vissuta nelle celebrazioni della
    diocesi" (Sacr. Car. 39). La stragrande maggioranza dei vescovi e intere
    conferenze episcopali nazionali e regionali, anche italiane, hanno
    manifestato la loro opposizione a questo provvedimento, ma ora
    nell'obbedienza e per amore della chiesa dovranno discernere come
    compaginare la comunione che è sempre innanzitutto comunione liturgica. I
    vescovi non smettano di chiedere a quanti vogliono praticare la messa di Pio
    V un'accettazione del concilio e della sua riforma liturgica come legittima
    e conforme alla verità e alla tradizione cattolica: le espressioni possono
    essere diverse, ma uno è il vescovo e il presbiterio attorno a lui. L'unità
    non può essere realizzata a qualsiasi prezzo, né a prescindere dall'autorità
    del vescovo in comunione con il papa. Il viaggio della barca della chiesa
    non è ancora giunto al suo termine e nessun porto può diventare una meta, ma
    solo un luogo di sosta e di transito: anche il messale di Pio V, anche
    quello di Paolo VI... C'è ancora un altro domani anche per la forma della
    liturgia.

    Enzo Bianchi
    Comunità di Bose
    www.monasterodibose.it
    Initium sapientiae timor Domini
    Prima di parlare, pensa; dopo aver pensato, taci. (P.M.) A star zitti si fa sempre bella figura

    .

  2. #2
    Veterano di CR L'avatar di adelmo77
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    - Ogni cattolico - anche chi come me può testimoniare con gioia per averlo a
    lungo praticato che il messale di Pio V lo ha fatto crescere nella fede,
    nell'intelligenza eucaristica e nella vita spirituale e lo sente come un
    monumento liturgico, un'architettura rituale capace di far vivere la
    comunione diacronica di tutta la chiesa -

    Enzo Bianchi

  3. #3
    Barnaba
    visitatore
    O fà finta di non aver capito;
    o lo ha capito e trema....lui e il suo ecumenismo-sincretismo con ortodossi e protestanti in casa insieme a cantar salmi in toni assurdi

    Di certo fà finta di non conoscere la parabola del buon pastore che lascia il gregge per recuperare una sola pecorella smarrita.

  4. #4
    Freddi
    visitatore
    "Ogni cattolico - anche chi come me può testimoniare con gioia per averlo a
    lungo praticato che il messale di Pio V"
    Enzo Bianchi ha praticato il messale di Pio V, che vuol dire praticare?

    Tutta la pseudo dottrina di questo pseudo cattolico non ha senso di esistere, che fra l'altro con il motu proprio e con la successiva nota della Congregazione per la dottrina della Fede ha ricevuto una bella mazzata.

  5. #5
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    Unhappy

    Non capisco perchè prima o poi tutti i fondatori scivolano in opinioni soggettive che creano solo divisioni e malumori.
    Sembra quasi che ad un certo punto loro si considerano LA CHIESA... e il bello che li si considera "santi".

  6. #6
    andrea lippomano
    visitatore
    Di S. Benedetto che -con tutto il rispetto- valeva un po' di più di Enzo Bianchi non è noto nemmeno un episodio, nemmeno uno scritto in cui prende posizione circa il dibattito teologico o ecclesiastico della sua epoca e s'ì che non mancavano le controversie! Si limita a prescrivere che ogni salmo si cocluda con la lode alla Trinità (Gloria Patri e relativa riverenza) e che i libri che i monaci leggono devono essere di provata ortodossia.
    Perché Bose non si riallaccia al venerabile esempio?

  7. #7
    Nuovo iscritto L'avatar di Pierino
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    Vorrei non capire ma purtroppo lo faccio e non a modo mio ma leggendo attentamente le risposte di questa discussione.
    Pretestuosa dato che sapevamo tutti che Enzo Bianchi si sarebbe meritato gli strali di cotanti liturgisti....vabbè, lasciamo perdere.

    Sua Santità nella lettera di presentazione al motu proprio ha usato la citazione di Paolo ai Corinzi:
    “La nostra bocca vi ha parlato francamente, Corinzi, e il nostro cuore si è tutto aperto per voi. Non siete davvero allo stretto in noi; è nei vostri cuori invece che siete allo stretto… Rendeteci il contraccambio, aprite anche voi il vostro cuore!” (2 Cor 6,11–13).

    Non dev'essere un caso..."aprite anche voi il vostro cuore..." così trattate chi lo fa?
    Ah, congratulazioni vivissime!!!

  8. #8
    Fedelissimo di CR L'avatar di Anselmo
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    Citazione Originariamente Scritto da Pierino Visualizza Messaggio
    Non dev'essere un caso..."aprite anche voi il vostro cuore..." così trattate chi lo fa?
    Ah, congratulazioni vivissime!!!
    Guarda che io ho semplicemente riportato un'opinione, quella di Enzo Bianchi, pubblicata su un noto giornale. Il mio giudizio su questo articolo è diverso da quelli precedentemente espressi: nel complesso è negativo, tuttavia trovo anche elementi azzeccati. In primo luogo non ha senso parlare di "ubbidienza" e poi scrivere in pubblico in poche parole che il Papa si è sbagliato e che anzi ha contraddetto le sue stesse idee antirelativiste. Nè penso che la questione della quantità dei tradizionalista, sulla quale Bianchi insiste molto (stimando tra l'altro il tutto al ribasso), sia così rilevante: vista l'importanza di ogni persona, il suo valore assoluto, non credo che si possano fare questi calcoli di ordine meramente quantitativo.
    Accanto a queste affermazioni si trovano degli accenni condivisibili, come il riferimento al cattolicesimo folkloristico degli appassionati delle livree medioevali o all'identitarismo esasperato e spesso così esteriore, che misteriosamente prende anche gli intellettuali non cattolici. Bianchi mette in luce dei problemi reali che chiunque conosce un po' l'ambiente può costatare con mano, tuttavia, a differenza sua, io penso, con il Papa, che la soluzione non sia evitare concessioni, ma venire generosamente incontro a chi ha una sensibilità legata alla Tradizione, per quanto possibile, mettendo dei paletti certi, oltre i quali non si può andare. Il motu proprio porterà, spero, ad un allargamento dello stantio ambiente tradizionalista, questo allargamento, che per molti significherà annacquamento, per me invece porterà una boccata di ossigeno e di sana normalità, lontana dalle beghe politiche o dai vezzi più bizzarri.
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  9. #9
    Iscritto L'avatar di frfrancesco
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    Post ma!!!

    Citazione Originariamente Scritto da andrea lippomano Visualizza Messaggio
    Di S. Benedetto che -con tutto il rispetto- valeva un po' di più di Enzo Bianchi non è noto nemmeno un episodio, nemmeno uno scritto in cui prende posizione circa il dibattito teologico o ecclesiastico della sua epoca e s'ì che non mancavano le controversie! Si limita a prescrivere che ogni salmo si cocluda con la lode alla Trinità (Gloria Patri e relativa riverenza) e che i libri che i monaci leggono devono essere di provata ortodossia.
    Perché Bose non si riallaccia al venerabile esempio?
    ora noi di san Benedetto non sappiamo tutto quello che sappiamo su bianchi e su bose... perciò in tal senso un paragone è improponibile
    tanto più che da quello che si legge dei Dialoghi di san Gregorio non sembra che fosse uno tranquillo e accettato da tutti...
    a leggere le cose prodotte da bose mi pare che la loro fedeltà alla Tradizione ecclesiale sia fuor di dubbio... anzi se non fosse stato per loro!!!
    francesco

  10. #10
    Fedelissimo di CR L'avatar di Anselmo
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    Come al solito quanto dico è travisato, in più mi vengono riportate, come risposta, delle citazioni non pertinenti, che non hanno a che fare col mio discorso.

    Io ho attaccato l'estriorismo di certo tradizionalismo pizzofilo o magari di quelli che si rifiutano di utilizzare il Messale del '62 perchè sarebbe kitsch. E' da tempo che metto in guardia dall'ideologia delle belle forme, e lo ribadisco: quando il demonio non può proprio tenere lontani della Messa cerca di impegnare la mente di chi è lì a Messa in tutto tranne che nell'essenziale. I gesti, i simboli, hanno dei precisi significati (chiari e comprensibili a tutti, MAI esoterici), quando i simboli ripiegano su stessi la Messa diventa solo una forma di estetismo che nasconde il proprio deserto spirituale e il proprio nichilismo di fondo. Non trovo nulla di razionale (figuriamoci di cristiano..) in chi fa della Messa un teatrino ambientato nel settecento, o magari nell'ottocento, o negli anni trenta del '900 (magari in Germania), mi sembra tutto molto alienante, una fuga dalla realtà, che magari per vari motivi è ritenuta spiacevole, brutta, negativa (mentre il passato sarebbe aureo). Le mie osservazioni sono rivolte solo a questi casi di bassa ideologia, non sono certo volte invece a chi si sente sinceramente legato dalla forma tradizionale del rito, ma non cade in queste forme di esagerazioni deformanti.

    Per questo non ho detto che Enzo Bianchi ha ragione, anzi nel complesso gli ho dato torto, tuttavia trovo innegabile che nel suo discorso ci siano degli elementi di verità, che ho tentato di valorizzare. Se Enzo Bianchi ha detto delle cose vere è bene farlo notare, chiaramente: la verità non dipende certo dal soggetto che la esprime. Qualche tempo fa qualcuno mi disse qualcosa del tipo "se un inferiore in grado o un nemico sostiene qualcosa, è evidentemente falsa", penso che non sia nemmeno il caso di commentare questa infelice uscita. Occorre mettere tra parentesi tutti i pregiudizi e guardare alle cose stesse, non a chi le dice.

    Le citazioni del Papa non mi paiono pertinenti (cioè non c'entrano con la questione, non che i contenuti siano sbagliati): il Papa dice che si è rimasti più legati alle forme tradizionali dove l'applicazione della riforma liturgica è stata sbagliata: d'accordissimo, ma non c'entra con la questione.
    Initium sapientiae timor Domini
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